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13 gennaio 2011 - 8 Shevat
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Una
vasca da bagno bollente. Nessuno le si avvicina, perché scotta. Poi
arriva "il matto", ci si butta dentro, si ustiona. Ma dopo di lui tutti
quanti possono farci il bagno. Sembra strano, ma è con questa immagine
che il midrash spiega la storia di Amalek che attacca gli ebrei dopo
l'uscita dall'Egitto, che leggeremo questo Shabbat. La Torà (in un
altro brano, Dev. 25:18) dice che Amalek "qarekhà baderekh", che può
significare "ti ha incontrato per strada" oppure "ti ha contaminato"
oppure "ti ha raffreddato". Amalek è il matto che anche facendosi male
ti ha raffreddato, trasformandoti da inattaccabile a esposto a ogni
rischio. Cosa c'è dietro questa strana esposizione? Amalek rappresenta
il pericolo permanente per Israele, quello che si fa vivo quando uno
pensa di stare tranquillo perché ormai le ha passate di tutte, quello
che pur di farti del male non si preoccupa di far male a se stesso. Ma
chi è Amalek? Troppo facile identificarlo con il male esterno, con
l'antisemita di turno. Amalek sta fuori, ma è anche dentro di noi,
dentro ognuno di noi. E' quello che raffredda la vasca bollente, che
indica, secondo rav Hutner colui che sottovaluta, deride e banalizza
ogni momento di grandezza.
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Sergio
Della Pergola
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Aharon Cohen ci ha lasciati
all'inizio del mese ebraico di Shvàt che gli era particolarmente caro
per la gioiosa ricorrenza del Séder di Tu-Bisvhàt – il Capodanno degli
Alberi – quando si consumano abbondanti quantità di frutta secca e di
buone primizie di stagione. Aharon è stato una figura esemplare,
paradigmatica, del rinascimento ebraico in Israele – semplice e
immediato, sensibile, ottimista, accessibile, trasparente, idealista,
grande lavoratore. La sua storia familiare è una miniatura della grande
epopea del ritorno e della creazione di una nuova generazione
attraverso i movimenti giovanili, l'incoraggiamento all'aliyah,
l'attività politica, e l'insegnamento. Dalle origini paterne nello
Yemen, al lavoro di emissario in Italia che ha portato in Israele
intere generazioni di Bne' Akiva; dall'impegno, all'epoca molto
controcorrente, a favore dell'immigrazione e dell'inserimento sociale
della comunità ebraica dall'Etiopia (che, attenzione, va definita "Beta
Israel" evitando l'ostile termine di "Falascià"), alla fondazione e
presidenza del liceo femminile Amalia a Gerusalemme – con il suo forte
impegno di integrazione fra le diverse comunità e i diversi ceti
sociali; fino all'opera di riscoperta e di promozione, insieme alla
moglie Matilde Sarano, della cultura e della lingua Ladino. Aharon fu
tra i fondatori della "Corrente dei Giovani" nel Partito Nazionale
Religioso (Mafdal) che avrebbe prodotto numerosi deputati e ministri,
salvo poi vedere il partito scomparire nelle gore del radicalismo
nazionalista. In politica Aharon fu tipicamente il primo dei non
eletti, e duole dirlo, questo va a onore e merito della sua onestà. E
anche nei rari momenti della sconfitta, mai ci fu amarezza – sempre
pacato umorismo e amore.
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Qui Roma - Dieci anni di Giorno della Memoria
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E'
possibile fare un bilancio a distanza di dieci anni dall'istituzione
della legge sul Giorno della Memoria? E se sì in quali termini e con
quali risultati? Su questo si sono interrogati Furio Colombo, Victor
Magiar, Roberto Olla, Leone Paserman, Stefania Buccioli ed Enrico
Modigliani moderati dalla direttrice del Centro di Cultura della
Comunità Ebraica di Roma, Miriam Haiun intervenendo all'incontro
dibattito dal titolo "Una riflessione sul Giorno della Memoria a
10 anni dalla sua istituzione" che si è svolto al Palazzo della
Cultura al Portico d'Ottavia in Roma. E' Furio Colombo ad aprire
il dibattito raccontando il clima politico e sociale attraverso il
quale si è giunti all'approvazione della legge 20 luglio 2000, n.
211, che ha istituito il Giorno della Memoria chiarendo che nella sua
idea iniziale aveva pensato al 16 ottobre, il sabato nero del ghetto di
Roma, data in cui i tedeschi strapparono alle proprie case e
condussero nei campi di concentramento 1043 ebrei romani di cui solo 15
fecero ritorno, ma sottolinea che il suo desiderio era proprio di fare
in modo che nella vita di tutti i giorni ci fosse questa "pietra
d'inciampo", che costringesse a riflettere.
Fra
le varie iniziative organizzate in questi anni per celebrare la
giornata, Colombo cita l'iniziativa del Liceo Plauto di Roma che ha
dato vita ad un “anno della Memoria” “ e questo, - rileva il politico e
giornalista – in un paese smemorato come l'Italia è un fatto davvero
straordinario”. Subito dopo il giornalista Rai Roberto Olla, parla
dell'immagine televisiva della Shoah, “con la legge di istituzione del
Giorno della Memoria, - osserva - non è cambiata solo la parola,
dal momento che essa è entrata nel lessico comune, sostituendo il
termine improprio di Olocausto, ma è cambiato anche il modo di
percepire la Shoah. La legge che Colombo ha fatto nascere, ha fatto
sorgere un cambiamento nella realtà televisiva” chiarisce Olla,
mettendo in guardia dal fatto che i filmati e i documentari
trasmessi, oltre a dover essere sottoposti ad accertamento per
verificarne la provenienza (dal momento che anche i tedeschi filmavano
quanto accadeva nei campi di concentramento ma con tutt'altro scopo),
possano creare stanchezza nel pubblico televisivo. Il
Consigliere Ucei Victor Magiar parla della commissione informale di
riflessione sulla Shoah, sorta in seno all'Ucei, cui hanno partecipato
numerosi studiosi, ricercatori, e operatori nel mondo della scuola e
dei media per permettere di avere una valutazione plurale e a
largo spettro su come viene percepito il Giorno della Memoria per
allontanare il pericolo di disaffezione da parte della società o
di “saturazione” del tema . “Quello che è uscito dallo
studio di questa commissione – sottolinea Magiar – è che il Giorno
della Memoria ha avuto un ottimo impatto in ambito scolastico, una
grandissima sensibilizzazione da parte di Comuni e Municipi, ma abbiamo
anche capito che la nota dolente era il rapporto con i mass media e che
dovevamo prendere delle contromisure. Abbiamo, quindi,
organizzato un incontro con i giornalisti e da questo incontro è emerso
che il sistema dei mass media è un sistema complicato e molto
articolato, che c'è molta differenza fra televisione d'intrattenimento
e televisione di approfondimento, ma anche che questo argomento va
trattato lungo il corso di tutto l'anno e non in un solo giorno” . Magiar
conclude esprimendo la necessità di coinvolgere maggiormente il
mondo universitario sul significato del Giorno della Memoria. “Il
Giorno della Shoah per riprendere il pensiero di Elie Wiesel, costringe
tutte le sfere della società a fare in modo che il nostro passato non
diventi il futuro dei nostri figli” osserva subito dopo Leone
Paserman presidente della Fondazione Museo della Shoah che plaude
a tutte le iniziative organizzate per celebrare e ricordare la Shoah:
“Dopo Auschwitz – sottolinea il presidente – si pensava che
l'antisemitismo non ci sarebbe più stato purtroppo non è così”. E
ancora di studenti e del loro coinvolgimento nei progetti sulla
Memoria, viaggi ad Auschwitz, interviste ai testimoni, approfondimenti
di studio, ha parlato la professoressa Stefania Buccioli,
dell'assessorato alle Politiche educative e scolastiche del Comune di
Roma. Per concludere Enrico Modigliani, responsabile del progetto
Memoria ha posto l'accento sul rapporto fra Storia e Memoria e
sul significato che la Memoria ha assunto nel corso di questi anni: "
E' stato importante – ha rilevato – inserire il concetto di interesse
per il Giorno della Memoria e non solo quello di dovere”.
Lucilla Efrati
La nostra intenzione rivolta al futuro
Istituito
con legge dello Stato dieci anni fa, il Giorno della Memoria è divenuto
un importante appuntamento della vita culturale e sociale del nostro
Paese: nato come evento di carattere istituzionale, in un momento in
cui forti erano le tensioni negazioniste, è oramai divenuto l’occasione
per una riflessione su temi di carattere storico, politico, educativo e
valoriale. Nel corso dei primi dieci anni abbiamo però assistito a una
“mutazione di senso” di questa giornata e del suo impatto sulla società
italiana. Accolto in principio con curiosità, il Giorno della Memoria è
stato vissuto con grande emozione come un momento di verità e in certo
senso di riscatto della coscienza collettiva. Nell’arco di qualche anno
una comunicazione non molto indovinata (a volte troppo marcata se non
addirittura macabra), accompagnata da una forte retorica e da tentativi
di strumentalizzazione politica, hanno però generato una sorta di
distacco, con il rischio di vanificare quest’importante occasione di
riflessione. La consapevolezza della “mutazione di senso” e dei rischi
di disaffezione, se non addirittura di una paventata “saturazione” del
tema, ha indotto la dirigenza UCEI a istituire nel 2006 un informale
“gruppo di riflessione sul Giorno della Memoria” - cui hanno
partecipato numerosi studiosi, ricercatori, e operatori nel mondo della
scuola e dei media - per permettere di avere una valutazione plurale e
a largo spettro. Il risultato in progress di questa indagine-
riflessione è stato molto interessante ed ha guidato la nostra azione,
politica e culturale, a sostegno del Giorno della Memoria che è, e deve
rimanere, un appuntamento delle istituzioni e dalla società italiana
tutta. Molto schematicamente, possiamo affermare che, quando abbiamo
iniziato a lavorare, Il Giorno della Memoria rappresentava per il mondo
della scuola e dell’università una forte occasione di crescita,
consolidando sempre più una corretta narrazione della Shoah e
contribuendo alla formazione fra i più giovani di una sana coscienza
civica. Molto importanti in questo contesto tanto i Viaggi della
Memoria che le occasioni di studio e d’incontro con i testimoni. Per le
istituzioni politiche più decentrate (Comuni, Province e Regioni) era
un’occasione di maggior impegno reale segnato da una positiva e
crescente perdita di retorica (per esempio sostenendo attività
didattiche o con il recupero di specifici episodi storici legati ai
propri territori). Per le istituzioni politiche nazionali, invece, si
trattava di un’importante occasione di vetrina che generava una
moltitudine di iniziative spesso in “competizione” fra loro, ed infine
per il mondo dei media era una ghiotta occasione per riempire i propri
spazi di comunicazione con messaggi ripetitivi, retorici e imprecisi,
spesso con effetti controproducenti. Da questa disamina abbiamo tratto
un bilancio sufficientemente positivo che confermava però i timori
riguardo la ripetitività dell’evento, i rischi di retorica e di
saturazione nella comunicazione. Per questi motivi abbiamo avanzato due
iniziative che hanno dato da subito degli ottimi risultati. Abbiamo
suggerito alla Presidenza del Consiglio di costituire un coordinamento
delle istituzioni dedicato all’evento, ed è così nato il “Comitato di
coordinamento interministeriale per il Giorno della Memoria”.
Presieduto dall’onorevole Gianni Letta, il Comitato è la sede in cui si
armonizzano le manifestazioni che le istituzioni principali del Paese
tengono in occasione del 27 gennaio. Da quest’azione è discesa la
possibilità di dare un taglio uniforme e coerente alle iniziative.
Abbiamo inoltre incoraggiato una nuova relazione con i principali
operatori del mondo dei media che si occupano stabilmente di Shoah,
promuovendo con alcuni di loro momenti di riflessione e chiedendo loro
suggestioni e opinioni. A quattro anni dalla nostra iniziativa,
possiamo dire che la questione più delicata rimane sempre quella
dell’esposizione mediatica del Giorno della Memoria. Con soddisfazione
registriamo una maggiore attenzione e una partecipazione responsabile
da parte dei mass media: i giornalisti che si occupano del tema lo
fanno con sempre maggiore consapevolezza della difficoltà di raccontare
questo pezzo di storia. In generale, la modalità d’informazione è
sempre più ricercata mentre diminuiscono le espressioni retoriche e
d’effetto: si cerca una comunicazione meno retorica o tendente al
macabro. Un impegno più qualificato da parte delle istituzioni, ad
esempio nella diffusione dei Viaggi della Memoria, per non parlare poi
dell’impegno profuso dal Quirinale, hanno consentito negli ultimi anni
di recuperare il significato più autentico di questa giornata. Dieci
anni dopo possiamo dunque dire che il bilancio del Giorno della Memoria
è senz’altro positivo. Istituito in una fase di forte contrapposizione
politica e di rilettura della recente storia italiana, il Giorno della
Memoria, ha assunto in una prima fase la funzione di “spazio politico”
utile a definire cultura politica e sistemi valoriali: il tema della
Memoria ha avuto il grande merito di unire il nostro Paese su alcuni
contenuti e valori, diventando di fatto uno dei pochi momenti
unificanti, uno dei pochi pezzi di memoria condivisa del Paese. Il
“Giorno” è divenuto un modello per comunicare vicende importanti che
devono essere ricordate. E se dieci anni fa la parola memoria era un
termine tipicamente ebraico e fortemente legato alla vicenda della
Shoah, oggi è un termine che appartiene anche ad altre grandi questioni
e ha aiutato a costruire consapevolezza e coscienza. Un altro risultato
d’importanza fondamentale è il fatto che da un decennio nelle scuole si
realizzano importanti attività di divulgazione e di approfondimento.
Abbiamo visto anche che l’esperienza dei viaggi nei luoghi simbolo
della Shoah, se preceduti da un’adeguata preparazione, rappresentano
per i ragazzi una delle esperienze più formative e più forti. L’impatto
sulle nuove generazioni di tutte queste iniziative è molto forte. I
ventenni di oggi sanno della Shoah cose che i coetanei delle
generazioni precedenti ignoravano. E sapendo cos’è la Shoah comprendono
le ragioni profonde del vivere in una società democratica e libera:
capire la Shoah immunizza infatti da rischi di demagogia o intolleranza
e crea giovani cittadini democratici. La soddisfazione di riscontrare
una costante crescita d’attenzione e di coscienza civica, soprattutto
nei giovani, grazie alla narrazione della vicenda della Shoah, ci
obbliga a un salto di qualità: non solo raccontare quanto accaduto ma
fare sì che il racconto serva a capire come ciò è potuto avvenire,
quale sia stata la logica che ha generato questa tragedia, perché solo
questo ci può aiutare a prevenire che avvenimenti di questo genere
abbiano a ripetersi. La stessa naturalezza
con cui oggi, davanti ai nuovi timori delle società europee, alla
grande confusione e demagogia sui temi del razzismo, dell’immigrazione
e del terrorismo, possono prevalere indifferenza, irresponsabilità,
paura. Quando si analizza un disastro si scopre sempre che questo
avviene perché l’opinione pubblica non ha vigilato e le istituzioni
pubbliche non hanno fatto il proprio dovere. Se la Shoah è stata un
punto di svolta nella storia, il Giorno della Memoria deve essere un
momento apicale, una sorta di vedetta da cui osservare la nostra
esperienza storica e la nostra società. Noi tutti, non solo gli ebrei,
siamo come sentinelle che non devono vigilare sul passato ma proteggere
il futuro. Non dobbiamo diventare guardiani della memoria, non siamo
conservatori di un museo. L’intenzione va rivolta al futuro.
Victor Magiar, Consigliere Ucei, Pagine Ebraiche, gennaio 2011
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Qui Roma - Sette autori e un reportage per raccontare la Shoah con Parole chiare |
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“La
Memoria non è una cosa positiva di per sé, né negativa. Semplicemente,
è come respirare, inevitabile.” Lo ha detto Alessandro Portelli,
professore di letteratura americana all’Università La Sapienza di Roma
ed esperto di storia e memoria, alla presentazione del libro “Parole
chiare – Luoghi della memoria in Italia 1938 – 2010”, avvenuta
alla Biblioteca Romana Sarti ieri pomeriggio. Un piccolo, grande
evento nel cuore della capitale, che ha coinvolto un folto pubblico e
che ha visto succedersi ai microfoni, oltre a Portelli, il Consigliere
dell’Ucei con delega alla Memoria della Shoah Victor Magiar, il Preside
del liceo Newton (e Presidente dell’Associazione Nazionale Presidi)
Mario Rusconi, e cinque dei sette autori dei reportage contenuti in
“Parole chiare”: Eraldo Affinati, Elena Stancanelli, Emanuele Trevi,
Fulvio Abbate e Gianfranco Goretti. Presente anche il fotografo Luigi
Baldelli, che ha dato un contributo sostanziale al libro con le sue
evocative fotografie, e le curatrici del volume Sira Fatucci e Lia
Tagliacozzo, che lo hanno promosso e realizzato per l’Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane. “Parole chiare”, pubblicato dalla
casa editrice Giuntina e da ieri in libreria, contiene sette “reportage
letterari” da altrettanti luoghi d’Italia teatro di tragici eventi
durante il secondo conflitto mondiale. Da Fossoli, “anticamera” in
Italia delle deportazioni verso Auschwitz, alle isole Tremiti, luogo
dove venivano confinati gli omosessuali; da Agnone, dove vennero
imprigionati rom e sinti italiani “colpevoli”, come gli ebrei, di
essere “diversi”, alle Fosse Ardeatine e via Tasso, dove si espresse la
ferocia dell’occupazione nazista a Roma; da Meina, teatro di una strage
efferata, a Ferramonti di Tarsia, posto di confino per diverse persone
e categorie invise al regime. Infine, la risiera di San Sabba a
Trieste, vero e proprio campo di sterminio su territorio italiano. “Quando
ero giovane, negli anni ’60, quel che era accaduto solo pochi anni
prima era stato completamente rimosso. Ricordo la sorpresa e lo stupore
di alcune persone che, durante un mio viaggio giovanile in Germania,
vennero a sapere che ero andato in visita a Mauthausen. Erano quasi
arrabbiate, come se avessi violato un tabù”, ha detto Mario Rusconi.
“Oggi la situazione è molto diversa. Le scuole fanno un forte lavoro
sulla Memoria, che trovo tra i momenti più emozionanti del mestiere di
insegnante. Anche se dobbiamo essere coscienti di un fatto: che ogni
anno si ricomincia da capo, con nuovi ragazzi da formare e a cui
insegnare i valori del rispetto, della dignità delle persone.” La
formazione è un tema centrale. In questo periodo – ogni anno
maggiormente dilatato – di forte attenzione per la Memoria della Shoah
occorre, anno dopo anno, parlarne con la maggiore precisione e
cognizione di causa possibile. Per non banalizzare, per coglierne la
portata universale e valoriale. Come ha detto Victor Magiar,
fortunatamente “si è passati da una fase quasi liturgica, quella dei
primi anni di celebrazione, ad una di approfondimento, di maggiore
attenzione ai concetti e alle sfumature. E’ in questa direzione
dell’apprendere cose che non sapevamo, di andare più in profondità che,
a mio avviso, si muove questo libro di racconti sui luoghi della
memoria in Italia.” Luoghi che, come è stato notato nel corso
della presentazione, sono spesso abbandonati a se stessi, come
dimostrano le fotografie di Luigi Baldelli che ritraggono soprattutto
macerie e posti privi di visitatori, di persone. Ha detto ieri Emanele
Trevi: quando scompariranno i sopravvissuti, a testimoniare quel che è
accaduto saranno i luoghi. Di certo “Parole chiare” è uno stimolo a
prestarvi maggiore attenzione.
Marco Di Porto
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Conversioni
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"Con
la sua intrusione violenta, il sionismo è giunto a porre la sua
capitale a Gerusalemme". Lo ha scritto il più celebre editorialista
cattolico. Chiudete gli occhi, tornate indietro con il pensiero. Dite
se non sembra un proclama di Bin Laden o Ahmadinejad.
L'uomo che scriveva le interviste ai papi, potrebbe essersi convertito
all'Islam e aver dimenticato di farcelo sapere. Basta
distrazioni.
Il
Tizio della Sera
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele - Shalit, ripresa la mediazione 13 gennaio 2011
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Secondo i media locali,
il mediatore tedesco Gerhard Konrad ha ripreso i suoi sforzi di
mediazione per ottenere la liberazione del soldato israeliano Ghilad
Shalit, prigioniero di Hamas a Gaza dal giugno del 2006, in cambio di
circa un migliaio di palestinesi detenuti in Israele. Fonti di Hamas a
Gaza, citate dalla radio pubblica israeliana, hanno confermato la
notizia, precisando che l' inviato tedesco è stato ieri a Gaza per la
terza volta in tre mesi sottoponendo non meglio precisate "nuove idee".
Il padre del soldato israeliano, Noam Shalit, ha dichiarato alla stessa
emittente di non avere informazioni su nuovi sforzi per ottenere la
liberazione del figlio.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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