In
questi giorni ho letto pensieri e scritti di e su Guido Lopez, mio
padre, come non mi era mai capitato prima. Lui stesso, forse, si
sarebbe meravigliato di cotante lusinghiere recensioni e
commemorazioni. Spulciando qua e là fra i suoi appunti che ha lasciato
fra i suoi scaffali pieni zeppi di libri traboccanti di ritagli e di
“pizzini”, come si usa dire adesso, ho trovato il conto di un
ristorante triestino - 1982 - con un’annotazione sul retro, scritta di
getto durante il viaggio di ritorno a casa. Una riflessione sui tanti
“avrei voluto, ma non…” che si conclude con queste parole: “… il
successo - letterario, di giornalista, di persona tra le persone… è
andata un po’ così. Ne rimpiango quel di più che non mi è riuscito di
avere, e meritavo. Ma ho avuto tante altre cose: alcune, forse,
inconciliabili con le prime. Sicché tutto sommato, è un conto come
questo, saldato.” Cose ricevute e cose date, tante e non solo
apparenti: alcune note agli amici ed estimatori che lo hanno circondato
(molti più di quanti lui pensasse), altre meno. Per esempio il vizio o
virtù di annotare tutto e conservare tutto; una penna felice non solo
nello scrivere, ma anche nel disegnare, abbozzare, ritrarre. Vi sono
cartellette piene di schizzi e caricature di persone su fogli notes,
sul retro di inviti a convegni o di relazioni a simposi.
La
sua partecipazione al mondo che lo circondava esce intrigante dagli
appunti quasi quanto dai libri e dagli scritti pubblicati. Guido ha
avuto alcune matrici dominanti nella sua vita: le figure di suo padre
Sabatino e di suo fratello Roberto, l’essere italiano ed ebreo insieme.
Il padre, commediografo protagonista del primo Novecento, e il
fratello, storico medioevista professore a Yale, erano molto più
anziani di lui: di 50 anni il primo, di 12 anni il secondo.
Entrambi
noti nel loro tempo e nel loro ambito: Guido ne era rimasto affascinato
e condizionato in ogni istante del suo pensiero. Da loro ha appreso il
mestiere dello scrivere, del dialogare con il lettore e con l’uditorio,
nonché quello di scout nella storia e nelle storie. Da mamma Sisa Tabet
ha appreso la carica immediata di simpatia, assieme all’amore verso il
Sionismo, soprattutto quello pionieristico e socialista. Si usa dire:
fu un ebreo italiano, ma mi parrebbe più corretto fu un italiano ebreo.
Questo perché Guido ha rappresentato la sintesi completa delle due
matrici, un duplice imprinting, cedendo vicendevolmente licenze
culturali diverse da cui è emersa la sua anima critica, sorniona e
ironica, assolutamente laica, ma altrettanto vicina alla tradizione e
al rispetto dei fondamentali dell’ebraismo, anche se per niente shomér
mitzvòt. I suoi scritti sono abbastanza conosciuti, i suoi appunti no;
le caricature ancora meno. In questa pillola di memoria ne ho estratte
alcune perché raccontino attraverso l’ironia la sua partecipazione
assidua e continua agli appuntamenti della comunità ebraica, quale
attento osservatore e critico, talvolta determinato. Ecco Rav
Schaumann: fu lui che celebrò il suo matrimonio con Gigliola Colombo
(papà imprenditore cartaio, mamma dal mondo Bassani), 61 anni di
splendida vita insieme, senza alcuno screzio (se si eccettuano le
furiose discussioni al volante). Ecco Rav Kopciowsky: fu lui che
condusse me al Bar Mitzvah. E poi Arturo Colombo, Elio Toaff, Noè Foà e
tanti altri. Partecipava alle sedute del Consiglio della Keilàh o al
Congresso dell’Unione sempre con un taccuino dove, a fianco di commenti
e appunti d’impressioni o promemoria, schizzava, cancellava,
correggeva. Non per questo fu mai distratto o disattento alle
discussioni. Non era uomo che amasse stare al centro dell’arena, non
era il suo pane, ma era un libero pensatore e ricercatore nelle cose
più nascoste: questo sì. Ecco perché i suoi scritti di judaica vanno
quasi sempre a cercare dentro gli intellettuali e gli scrittori, senza
mai fermarsi all’esteriorità. Di Italo Svevo e Umberto Saba, per
esempio, è andato a riscoprire la matrice culturale ebraica spesso
dissimulata nelle opere intrise di culture e saperi, attorno a quel
crocevia d’Europa che si chiama Trieste. Il suo ambiente di lavoro e di
riflessione preferito è sempre stata casa propria; quella casa di
Milano al quarto piano di una tranquilla via a fianco di corso Buenos
Aires che aveva un grande salone, con un pianoforte Steinway
proveniente da casa Colombo posto al centro. Piano che fu suonato da
Rosetta Ely in un memorabile concerto domestico pro Cdec con Gualtiero
Morpurgo al violino e Vittorio Basevi al violoncello. Nella nostra casa
sono passate tante esperienze e personalità che anche noi figli abbiamo
potuto condivivere crescendo in un bagno di cultura e culture tanto
italiane quanto ebraiche. Ricordo il passaggio di Linuccia Saba anziana
figlia del poeta (“la mia bambina con la palla in mano e con gli occhi
grandi colore del cielo”) quando papà lavorava scavando nell’io ebraico
del poeta triestino. Ricordo gli intensi colloqui e scambi di idee,
riflessioni e pensieri quando Primo Levi veniva da noi per un convegno
o per una trasmissione radiofonica o televisiva; Guido era affascinato
dalle sue opere e non solo da quelle più note: vedeva in lui - e a
ragione - non solo il testimone, ma uno fra i più grandi della
letteratura del Novecento. E con lui non mancava mai Euge Gentili,
amico fraterno di entrambi. Ada Sereni arrivò in Italia e approdò in
casa Lopez lasciando un segno indelebile in tutti noi. Mi immaginavo
d’incontrare la mite consorte del più conclamato eroe del sionismo
italiano, ed invece facemmo conoscenza con una donna straordinaria
dalla personalità fortissima, protagonista di quella grande avventura
che fu l’Aliah Beth, di cui allora si sapeva tutto sommato poco. Stava
scrivendo il libro I clandestini del mare. Guido aiutò Ada nel suo
lavoro, la accompagnò nei suoi rapporti con l’editore Mursia, che ben
conosceva per via di “Milano in Mano”; ne curò la presentazione. Lunghe
discussioni anche accese si tenevano in casa o altrove con gli amici
ebrei di sinistra, da Sco Franchetti a Stefano Levi Della Torre, da
Janiki Cingoli a Edo Milano sempre alla ricerca di un sostegno critico,
non asettico, dello Stato d’Israele. Molta politica, nel senso di
polis, non partitica, almeno non per lui. Aveva intrattenuto un solido
rapporto con Israele, soprattutto con gli Italkim, da Giorgio Romano ad
Umberto Nahon, da Joel De Angeli a Dario e Renata Navarra. Ma Guido ha
mantenuto sempre stretta la propria italianità, nel legame con la sua
città in primo luogo. Quella Milano che è stata per tanti anni il campo
delle sue esplorazioni e ricerche, quando scavava nei rapporti fra
Leonardo e Ludovico il Moro, fra questi e il duca d’Este. Anche allora
non ha mai dimenticato la propria matrice ebraica. Non poteva così
mancare una divertente scoperta fra le carte dell’ambasciatore Trotti
di casa d’Este: una lettera al duca ferrarese in cui egli chiedeva che
fossero inviati al Moro altri salami d’oca delli zudei che al Signore
di Milano tanto piacevano. Con buona pace di Mortara, dove all’oca si
mescola il maiale. Tra un appunto e l’altro, un articolo ed uno
scritto, fra migliaia di libri uno sull’altro, Guido ci ha lasciato un
sapere profondo e determinato, il rispetto per il prossimo, l’essere
come una cosa seria: ma senza esagerare. Più ebreo di così..
Fabio Lopez, Pagine Ebraiche, gennaio 2011
Il grande sorriso di un figlio di padre noto
All’ebraismo
italiano Guido Lopez ha dedicato non poche energie, come ognuno potrà
constatare scorrendo gli indici della Rassegna mensile di Israel ora
disponibili. Alla sua città aveva dedicato il suo libro più famoso
Milano in mano, più volte ristampato e accresciuto. La Milano di oggi
ci è sfuggita di mano, come l’autore di quel libro che ha precorso le
guide letterarie delle città in catalogo oggi presso grandi editori. Il
suo animo di scrittore lo portava spesso verso la Toscana, l’adorata
Bolgheri, nel ricordo di suo Papà, il grande Sabatino Lopez, cui nella
vecchiaia Guido venne ad assomigliare in modo sorprendente (“figlio di
padre noto”, amava dire di sé). Scrisse di Saba e di Svevo in un
libretto delizioso che s’intitola I verdi, i viola e gli arancioni
(Mondadori, 1971). Sull’ebraismo di Saba vi sono in quel libro pagine
molto illuminanti collocate accanto alla storia dei primordi della casa
editrice Mondadori, dove a lungo Guido sarà a capo dell’Ufficio Stampa.
Rimase sempre vivo in lui il ricordo dello sfollamento ad Arona, della
sua famiglia e della casa editrice, mentre a pochi metri in linea
d’aria si consumava l’eccidio di Meina. Gli sono stato vicino
nell’ultima sua apparizione in pubblico, circa un anno fa, in una
serata sulla Resistenza a Milano organizzata da una sede dell’Anpi. Di
quella fredda serata invernale, in mezzo ad una discussione bloccata su
schemi ideologici molto rigidi, il suo sorriso era lo stesso che avevo
conosciuto molti anni fa. Un vero toccasana. Fu amico e interlocutore
privilegiato di Primo Levi. A lui è indirizzato l’epigramma dello
scrittore torinese più citato senza fare riferimento al destinatario:
“Difficile essere ebrei, ma anche divertente”.
Alberto Cavaglion, Pagine Ebraiche, gennaio 2011
|
|
|
 |
Il bet ha-keneset mancato
|
 |
E’
difficile, visitando l’interno della Mole Antonelliana, che ospita il
Museo del Cinema di Torino, ricordare che la costruzione inizialmente
doveva essere una sinagoga. Come sarebbe oggi se le cose fossero andate
diversamente e se la comunità di Torino fosse stata in grado di far
fronte all’impegno economico esagerato che si era assunto? Ci
troveremmo ancora oggi (almeno nelle festività principali) in poche
centinaia a dire tefillà in quell’immenso salone che oggi si anima di
suoni e luci tra centinaia di turisti? Come sarebbero disposti i
banchi? E le donne dove starebbero? Guardando la sala dalla balconata
in salita che oggi ospita la mostra temporanea mi domando quanto in
alto saremmo state collocate e cosa riusciremmo a vedere e sentire. E’
curioso affacciarsi da quello che avrebbe potuto essere il matroneo e
vedere troneggiare un gigantesco idolo (è vero che nessuno lo ha mai
considerato davvero una divinità, e ha una connotazione negativa nello
stesso film Cabiria che gli ha dato i natali, ma il contrasto tra
quello che vediamo e quello che lo stesso luogo avrebbe potuto essere
resta comunque stridente). Tutto sommato, considerati i costi di
gestione che avremmo (non oso immaginare le assemblee comunitarie sul
bilancio), e i problemi di acustica, per non parlare della sicurezza,
possiamo dire che ci è andata bene così. Rimane una curiosa pagina di
storia, che smentisce clamorosamente i pregiudizi sul nostro innato
senso degli affari (già solo per questo è utile farla conoscere) e ci
racconta di una comunità così integrata nella società e orgogliosa di
sé da diventare persino un po’ megalomane. E ancora oggi in fin dei
conti fa piacere pensare che siamo stati all’origine di quello che poi
è diventato il monumento simbolo della nostra città.
Anna
Segre, insegnante
|
|
 |
torna su ˄
|
notizieflash |
|
rassegna
stampa |
Gaza: Haniyeh impone il rispetto della tregua con Israele
Secondo un comunicato diffuso dal suo ufficio, Ismail Haniyeh, premier
del governo di fatto di Hamas a Gaza, ha ordinato ai suoi servizi di
sicurezza di imporre di nuovo il rispetto del cessate il fuoco con
Israele, ripetutamente violato nelle scorse settimane da gruppi armati
di diverse fazioni palestinesi. Haniyeh, incontrando le diverse fazioni
oltranziste, le aveva già ripetutamente invitate nei giorni scorsi a
rispettare la tregua di fatto instaurata nei confronti di Israele dopo
l'offensiva militare Piombo Fuso di due anni fa.. »
|
|
|
|
 |
torna su ˄
|
 |
è il giornale dell'ebraismo
italiano |
 |
|
 |
 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
|
L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare
con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete
comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it
indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI -
Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo
aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione
informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale
di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.
|
|
|
|