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24 gennaio 2010 - 19 Shevat 5771
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l'Unione informa
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

La lunga e intensa vita di Tullia Zevi e il suo lucido impegno politico riassumono le vicende di un secolo di storia tormentata e il ruolo vigile e sofferto dell'ebraismo nella difesa dei diritti umani. Ma riassumono anche i paradossi della condizione ebraica. E' stata Tullia Zevi a portare a compimento la stipula delle Intese con lo Stato, grazie alle quali il diritto di professare la propria religione non è una dichiarazione generica che si limita al diritto a pregare in una Sinagoga, ma si estende a forme di osservanza più radicali come il Sabato. Gli ebrei italiani sono davanti allo Stato una minoranza religiosa, non una minoranza etnica o linguistica o culturale. Il paradosso è che chi li rappresenta è spesso, come la stessa Tullia Zevi, qualcuno che ha con la religione ebraica un rapporto critico, un "diversamente religioso" o forse neppure religioso nell'ambito dell'ebraismo, e ci si chiede allora che senso abbia definirsi rispetto allo Stato come minoranza religiosa. Eppure sono testimone personale dell'attenzione ai dettagli, della precisione e della fortissima determinazione con le quali Tullia si applicò sistematicamente al controllo del testo dell'Intesa, nelle parti che si riferivano ai diritti religiosi, in modo che vi fosse garantita una tutela piena e indiscutibile. Al di là e al di sopra di concezioni identitarie anche radicalmente opposte, che spesso portavano a conflitti inevitabili, vi era la coscienza di una unità di fondo e della necessità di lavorare insieme.

Anna
Foa,
storica

   
Anna Foa
Con Tullia Zevi, se ne va una degli ultimi della sua generazione, una generazione che ci appare di giganti. Tutti la compiangono, e molte di queste voci sembrano riconoscerne l'eccezionalità, rimpiangerne la perdita. C'è commozione. Di lei, in questo momento, vorrei solo dire che riconoscevo nel suo pensare e nel suo agire la passione della politica, una passione sincera e divorante, quale avevo visto in altri a me molti vicini, che era passione di una politica quanto mai lontana da ciò che oggi porta questa etichetta, una volontà di fare, di creare, di darsi al mondo. Non l'ho mai ritrovata in coloro che vengono dopo, nella mia generazione o in quelle che seguono.

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Qui Roma - L'ultimo saluto a Tullia Zevi
Tullia Zevi«Di Tullia non dimenticherò mai l'intelligenza, la cultura, l'umanità e lo stile, quelle della Zevi erano qualità dietro le quali si intuivano la fermezza e il carattere. Si è spesa molto per il ricordo e l'istituzione del Giorno della Memoria per far sì che i giovani non dimenticassero e avessero testimonianza di ciò che è accaduto». Renzo Gattegna, presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ricorda così, nel giorno del funerale, Tullia Zevi, scomparsa sabato. A fare eco alle parole del presidente Gattegna è stato, fra gli altri, anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, che ricordandola ha affermato: “Tullia Zevi ha rappresentato con eleganza una delle anime laiche dell'ebraismo italiano, è stata una grande leader, una grande ebrea italiana immersa nella realtà politica italiana, una testimone antifascista e contro l'intolleranza».
Il nipote Tobia Zevi nel suo discorso ha invece messo l'accento sui valori che la nonna gli ha trasmesso quelli, appunto, del rispetto di tutti.
Tullia Zevi"Un ricordo affettuoso e riconoscente per una persona che ha svolto un ruolo importante con una dedizione e una intelligenza straordinari", aveva affermato, dal canto suo, ieri, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all'uscita della camera ardente all'ospedale Fatebenefratelli. "Un ricordo - ha aggiunto Napolitano che si è intrattenuto con i figli di Tullia, Luca e Ada Chiara Zevi - per una persona alla quale ho voluto molto bene".
Prima del funerale, che è stato celebrato oggi al Verano, il quartiere ebraico ha salutato l'ex presidente delle Comunità Ebraiche Italiane. La salma è stata accompagnata intorno alla Sinagoga per suggellare l'omaggio della Comunità. A inviare l'ultimo saluto alla Zevi, assieme al Presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, fra le centinaia di presenti, oltre a Gattegna, al rav Riccardo Di Segni e ai familiari di Tullia Zevi, c'erano il rabbino emerito di Roma Elio Toaff, l'ambasciatore israeliano Gideon Meir, il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti, la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini, il presidente dell'Api Francesco Rutelli, Giovanni Maria Flick, Arrigo Levi, Piero Fassino e Furio Colombo (PD).
Alle parole di cordoglio dei presenti alla cerimonia si sono aggiunte poi le parole di Benedetto XVI, che in un messaggio inviato a Renzo Gattegna, tramite il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, ha affermato: “Appresa la mesta notizia della scomparsa della signora Tullia Zevi, il Pontefice partecipa spiritualmente al lutto dei familiari e delle Comunità ebraiche, assicurando le preghiere e ricordandone l'alto profilo morale e l'autorevole contributo alla crescita nella società italiana dei valori della democrazia, della pace e della libertà e del sincero e fecondo dialogo tra ebrei e cristiani”.


Memoria - Iniziative e appelli per ricordare la Shoah
A Palazzo Chigi parte la raccolta delle testimonianze
Palazzo ChigiUn bimbo entra in una stanza dove si trovano, raccolti in alcuni scatoloni, oggetti, vecchi libri, documenti, fotografie d'epoca, dell'epoca della Shoah, un foglio cade in terra. E' il nuovo spot, pochi secondi di immagini, che verrà lanciato a partire dal Giorno della Memoria, per sensibilizzare le famiglie alla Campagna promossa dal Comitato di coordinamento delle celebrazioni in ricordo della Shoah, volta a realizzare una raccolta di materiali e documenti sulla Shoah che arricchiranno i Musei della Shoah e dell'ebraismo di Roma e di Ferrara e del CDEC di Milano. Lo spot che andrà in onda fino al 30 giugno 2011, è stato realizzato a cura del Dipartimento per l'informazione e l'editoria. Quattro i testimonial scelti, Piero Angela, Alain Elkann., Giovanni Maria Flick e Massimo Ranieri per il lancio del breve filmato, ideato da Robert Hassan, la cui musica di sottofondo è stata composta e donata da Giovanni Allevi. Lo spot è stato mostrato al pubblico in sala nel corso della Conferenza stampa che si è svolta a palazzo Chigi per presentare gli eventi promossi dal comitato per le celebrazioni in ricordo della Shoah della Presidenza del Consiglio dei Ministri in vista del giorno della Memoria, dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e dal Presidente Ucei Renzo Gattegna.

Palazzo ChigiNel prendere la parola e dare il benvenuto al pubblico in sala fra cui sedevano molte autorità, fra cui la vicepresidente della fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Raffaella Mortara, il presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, l'onorevole Alessandro Ruben, l'amministratore delegato delle Poste italiane Massimo Sarmi, il magistrato e giurista Giovanni Maria Flick presidente onorario del Museo della Shoah di Roma, il giornalista Piero Angela, gli storici Marcello Pezzetti (direttore del Museo della Shoah di Roma) e Riccardo Calimani (presidente del Museo della Shoah di Ferrara), Letta ha voluto ricordare Tullia Zevi presidentessa Ucei dal 1983 al 1998, scomparsa lo scorso sabato. "Tullia Zevi - ha detto - ha segnato i rapporti é colei che ha sottoscritto l'intesa con lo Stato italiano nel 1987. Io la conoscevo da diversi anni e posso testimoniare la sua passione, la cultura e la competenza. E' un omaggio che faccio come rappresentante del governo a cui unisco un sentimento personale di stima e considerazione. Vorrei ricordare la sua sensibilità e cultura. Al di là della professione, ha sempre fatto le cose con una passione e applicazione che le fanno onore. Tullia Zevi è stata inoltre tra coloro che hanno promosso l'istituzione del giorno della memoria".Letta ha anche illustrato, fra le tante iniziative organizzate per celebrare il Giorno della Memoria, quattro eventi centrali su cui il comitato di coordinamento istituito appositamente da palazzo Chigi per evitare sovrapposizione di più eventi ha deciso di puntare: quest'anno, oltre alla cerimonia che si tiene al Quirinale, è in programma per domani una tavola rotonda dal titolo "Informazione, Mistificazione, falsi storici: il pregiudizio antiebraico nell'epoca di internet"; a Venezia invece sarà allestita una mostra che aprirà ufficialmente il 27 gennaio dal titolo '”1938-1945. La persecuzione degli ebrei in Italia. Documenti per una storia''. Sempre nel Giorno della Memoria verrà organizzato un incontro tra gli studenti romani e gli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio nazisti. A Milano invece, presso il Conservatorio, sempre il 27 gennaio, sono previste una serie musiche letture e riflessioni sul giorno della Memoria. Il presidente Gattegna unendosi alle parole poco prima espresse dal sottosegretario Letta, ha sottolineato che grazie al comitato di coordinamento vi è stato una migliore organizzazione nella successione delle varie iniziative che quest'anno ha potuto contare anche sull'aiuto dei Musei della Shoah, ricordando anche il concorso rivolto alle scuole che negli ultimi anni ha coinvolto circa centomila studenti. 

Qui Roma - Pedalando per la Memoria
immagine giornata Pedalando per la MemoriaA giudicare dalla manifestazione che si è svolta ieri a Roma “Pedalando nella Memoria” in ricordo di Settimia Spizzichino, unica donna tornata dalla retata nazista  del 16 ottobre, si direbbe di sì.  “Perché la Memoria - secondo la Presidente del IX Municipio, Susana Ana Maria Fantino, che ha contribuito alla realizzazione dell'iniziativa e da dove sono partiti i ciclisti - non deve essere solo il racconto di un passato lontano, ma deve essere anche un monito per il rischio di un presente vicino. La bicicletta è uno strumento accessibile a tutti, uno strumento di movimento e di comunicazione, ma anche un modo per stare insieme. Ecco come lo sport per tutti si può legare ad un futuro e ad una democrazia più diffusa”.
L'iniziativa, ideata dal professor Massimo Marzano, docente di Lettere e Storia all'Istituto d'Istruzione Superiore Leopoldo Pirelli, è stata realizzata da Carla Di Veroli, assessore alla cultura dell'XI Municipio e nipote di Settimia Spizzichino, e dalla UISP (Unione Italiana Sport Per tutti).
AlemannoUn'ottantina di ciclisti di ogni età, strato sociale e provenienti da diversi quartieri della città sono partiti dalla Villa Lazzaroni sull'Appia per pedalare insieme attraverso tre quartieri, fermandosi in alcuni dei luoghi più dolorosamente significativi per i romani: le Fosse Ardeatine, Via Licia (dove abitava Gioacchino Gesmundo, professore del Liceo Cavour, ucciso nell'eccidio del 24 marzo 1943), Via Tasso e infine Largo 16 Ottobre 1943 in ghetto. Durante le tappe sono intervenuti esponenti delle associazioni di partigiani e deportati, gli assessori dei Municipi che hanno contribuito all'iniziativa, Riccardo Pacifici presidente della Comunità Ebraica di Roma, l'assessore allo sport del Comune di Roma, Alessandro Cochi, e il sindaco Gianni Alemanno.
Carla Di Veroli ha ricordato la figura della Spizzichino, una donna che ha subito raccontato quanto aveva visto e vissuto, che non si è mai tirata indietro e che con testardaggine ha saputo superare le prove atroci in cui si era trovata. “Settimia era un po' scettica sull'istituzione del Giorno della Memoria perché temeva che diventasse una celebrazione stanca e ripetitiva vuota di senso, mentre la memoria doveva essere tutti i giorni e non solo una volta  l'anno”.
Pedalando per la Memoria - immaginiSu questo concorda l'assessore dell'XI Municipio, “perché una giornata sola non può bastare, ma in ogni caso è un'opportunità che non va lasciata al caso e per questo è necessario da parte di tutti ricordare le vittime e chi ha lottato per difendere la città”
Ha proseguito, in ghetto, la testimonianza di Vera Michelin Salomon, presidente della sezione romana dell'Aned che ha ricordato la figura di Tullia Zevi scomparsa sabato scorso. Il Giorno della Memoria, ha concluso, è dedicata a tutte le vittime dei campi di sterminio, oppositori politici e rom inclusi.
Il Presidente Pacifici ha ricordato poi diversi episodi che legano lo sport alla Shoah: l'importante contributo di Gino Bartali nel salvare molti perseguitati; gli allenatori ebrei allontanati dalle loro squadre e poi deportati e uccisi nei campi nazisti e il viaggio effettuato con quei calciatori che hanno partecipato al Torneo della Memoria durante il quale sono stati ricordati quei prigionieri del campo di sterminio di Auschwitz costretti cinicamente a giocare a pallone con i loro carnefici. Ha poi auspicato il coinvolgimento di sportivi professionisti come testimonial di un'iniziativa che leghi varie discipline alla Memoria per andare oltre le cerimonie sterili che non riescono ad entrare nel cuore delle persone e tentare di ribaltare, in questo modo, in una sorta di contrappasso, il messaggio per le nuove generazioni: coltivare attraverso le commemorazioni un senso di giustizia priva di odio e rivendicazioni che testimoni la continuazione, nonostante tutto, di una presenza ebraica che non piange, ma inneggia alla vita. “Questo è il miglior messaggio - ha concluso Pacifici - che possiamo mandare ai negazionisti, ai razzisti e a coloro che ogni tanto provano a risorgere non solo contro gli ebrei, ma anche verso altri gruppi umani e per costruire un mondo migliore.”
Infine il sindaco Alemanno, che ha partecipato per la prima volta a questa manifestazione iniziata sette anni fa, ha ringraziato Carla Di Veroli che lo ha coinvolto e ha lodato l'iniziativa che “mette insieme gli episodi quotidiani con i fatti più terribili avvenuti nella storia dell'umanità, ricordando le vittime, ma anche coloro che hanno saputo resistere e dimostrare i loro valori umani nelle situazioni più atroci.”

Elena Lattes


Roma abbraccia i suoi sopravvissuti
SopravvissutiStudenti, autorità, persone comuni, fianco a fianco per ascoltare le parole dei sopravvissuti, dei testimoni dell’orrore di Auschwitz, per raccogliere “Il dono del racconto” di questi preziosi testimoni. Nel Giorno della Memoria le porte del Tempio Maggiore di Roma, alle ore 20, si aprono, per il secondo anno consecutivo, a un evento dal grande valore storico quanto educativo: un incontro con i sopravvissuti ebrei ai campi di sterminio nazisti. È un momento di grande significato, un’occasione in cui ricordare quanto è stato e riflettere sul passato, ma con lo sguardo rivolto al futuro perché, come dice il sottotitolo dell’incontro “il loro ieri non sarà il nostro domani”. Un evento fortemente voluto dalla Consulta della Comunità ebraica di Roma, presieduta da Elvira Di Cave, e moderato dal direttore del futuro Museo della Shoah della Capitale Marcello Pezzetti che nelle interviste in queste pagine ne raccontano le motivazioni. I protagonisti, però, sono i testimoni, che fra commozione, difficoltà, sorrisi, raccontano la propria esperienza, trovando finalmente un pubblico che li ascolta. Per molti anni, infatti, il rumoroso silenzio dei sopravvissuti ha accompagnato la società italiana; silenzio rotto inizialmente solo da pochi fra cui, ovviamente, Primo Levi. Impossibile comprendere, per chi non l’ha vissuta, la traumatica esperienza di Auschwitz. Altrettanto difficile, dunque, parlarne all’esterno, persino alla propria famiglia. La paura di non essere capiti, ascoltati o addirittura creduti ha accompagnato a lungo molti testimoni ma negli ultimi dieci anni c’è stata un’inversione di tendenza: voglia di raccontare al mondo che sono vivi, nonostante tutto; un riscatto morale sugli aguzzini ma anche un monito per le future generazioni. In questo contesto rientra pienamente l’importante incontro romano che assume ancor più rilievo in un periodo storico in cui il negazionismo comincia a farsi sempre più pericoloso. Contro questa ignoranza, l’antisemitismo, la stupidità, i testimoni rispondono con i loro sorrisi, con le loro esperienze di vita vissuta, di dolore tangibile. Non solo quello sofferto nei campi di concentramento ma anche il grande rimorso nei confronti di chi non è tornato. In molti, infatti, hanno spiegato di essersi chiesti “perché io; perché sono sopravvissuto all’orrore e gli altri no”. Un senso di colpa difficile da comprendere, espresso con dignitosa lucidità davanti ad un pubblico attento e commosso. “Quando sono tornato mi sono sentito in colpa per essere scampato alla Shoah e mi sono chiesto perché proprio io – raccontava Sami Modiano nell’incontro del 2009 - Solo adesso capisco il perché e lo vedo ogni volta che incontro i ragazzi e gli studenti nelle scuole per raccontare la mia storia”. Roma ricorda ancora la ferita del 16 ottobre 1943, il giorno del rastrellamento del ghetto della Capitale in cui tantissimi ebrei furono catturati e poi deportati ai campi di concentramento nazisti. Il Giorno della Memoria serve a portare l’attenzione del grande pubblico su questi fatti, storie che fanno parte del passato italiano e che è necessario ricordare; perché, come sostengono in molti, un Paese che non conosce il suo passato, che non fa i conti con esso, non può avere un futuro. Per questo le testimonianze dei sopravvissuti, di cui in queste pagine, a partire da oggi e per i prossimi giorni, fino al 27 gennaio, giorno in cui cade l'evento, potete leggere alcuni preziosi stralci raccolti da Lucilla Efrati, sono un momento fondamentale di confronto e riflessione. Il loro è il racconto in prima persona della realtà, un monito contro chiunque sostenga le aberranti tesi negazioniste. E i testimoni, si rivolgono con attenzione ai giovani, alle future generazioni, perché combattano per i diritti e il rispetto delle persone, perché non si lascino avvelenare dall’indifferenza.


Giuseppe Di Porto

Giuseppe Di PortoQuando sono tornato, ho maledetto il momento in cui ho messo piede a Roma, ho subito tante domande imbarazzanti, la gente voleva sapere che cosa mi era accaduto, come avevo fatto a salvarmi, però dentro di me mi sentivo offeso, avvertivo in loro il dubbio che avevo fatto qualcosa di male perché io ero vivo e tanti altri no. Mi sono chiesto spesso se si rendevano conto che avevo rischiato la vita decine di volte. Sono l'unico internato che è riuscito a scappare dal campo di concentramento, la mia storia ha dell'inverosimile, Nel Gennaio del 1945 l’Armata Rossa aveva invaso la Polonia. Il 18 Gennaio, i nazisti decidevano scappare e di evacuare i detenuti. Iniziava una lunga marcia della morte. Dopo tre giorni di cammino, molti uomini erano già morti per il freddo o per le violenze subite. I tedeschi si fermarono in una grande radura. Dopo avere accerchiato il nostro gruppo, iniziarono a sparare all’impazzata. Vidi mio cugino morire, iniziai a correre senza fermarmi, una lunga corsa in mezzo ai boschi, dove incontrai uno sconosciuto che mi disse di essere jugoslavo anch'egli prigioniero con il quale riuscii a superare le linee tedesche e mettermi in salvo. Di quell'uomo non ho mai saputo il nome e non non ne ho saputo più nulla, non sono riuscito a rintracciarlo, ma oggi ogni volta che posso parlare, raccontare, spiegare quello che abbiamo vissuto nei campi di concentramento, mi tolgo un peso dallo stomaco. Solo chi lo ha vissuto può far capire quello che abbiamo sofferto, come fa un uomo che è abituato al clima di Roma a vivere a 15-20 gradi sotto zero, con la fame e la fatica? Io ho rischiato la vita per un mestolo di acqua calda, per rubare un tozzo di pane duro sporco degli escrementi dei maiali e ogni volta che posso raccontare tutto questo e far capire ai giovani quello che è stato, lo voglio fare per gridare che niente di tutto questo deve più accadere.

testimonianza raccolta da Lucilla Efrati

Qui Milano - Una fitta agenda per il Giorno della Memoria
Il Giorno della Memoria si avvicina e il capoluogo lombardo onorerà questo appuntamento di riflessione con molte iniziative, che vedono in prima fila tra gli organizzatori la Comunità e gli altri enti ebraici milanesi, supportati dalle istituzioni cittadine.
Già nella serata di lunedì 24 la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea invita al cinema Anteo, per l’anteprima italiana del film “Il Vento di primavera”, dedicato alle vicende degli ebrei francesi nella Parigi occupata dai nazisti, con la regia di Rose Bosch. Alla storica Liliana Picciotto, colonna portante del Cdec, il compito di introdurre la pellicola “Questo film è molto interessante perché racconta una retata tragicamente famosa e realizzata esclusivamente dalla Gendarmeria francese, non direttamente dai nazisti - spiega la professoressa - Una verità che in Francia, prima del 1995, quando è avvenuta una ufficiale assunzione di responsabilità, non veniva in alcun modo riconosciuta. Anche in Italia abbiamo problemi analoghi, legati alla fatica con cui il nostro paese fa i conti con le proprie colpe”.
Martedì 25 alle ore 17, l’Adei-Wizo propone nella sua sede la proiezione di un altro film “II falsario-Operazione Bernhard”, vincitore del Premio Oscar 2008 come miglior film straniero, mentre nella sinagoga Beth Shlomo, per il ciclo di incontri “A Tempio aperto”, alle 20.45 andrà in scena “Il processo di Norimberga” con la Compagnia Teatro al 7.
Nell’aula magna della scuola ebraica, la Comunità di Milano e il Dipartimento di educazione e cultura dell’UCEI, in collaborazione con Kesher, presentano nella serata di mercoledì 26 un appuntamento dedicato a “Luoghi della Memoria e Percorsi di identità”, con riflessione introduttiva di rav Roberto Della Rocca e interventi di Sonia Brunetti Luzzati, David Bidussa, Michele Sarfatti, e Haim Baharier.
Il Giorno della Memoria, giovedì 27 gennaio, l’Associazione Figli della Shoah, la Comunità Ebraica di Milano, il Conservatorio Verdi di Milano, la
Fondazione Cdec, la Fondazione Memoriale della Shoah e Radio 3, invitano la cittadinanza al concerto-evento “Questo è stato” alla Sala Verdi del Conservatorio alle ore 20. Durante la serata condotta dal direttore artistico di Radio 3 Marino Sinibaldi, interverranno Ferruccio de Bortoli, Presidente della Fondazione Memoriale della Shoah, Liliana Picciotto e Michele Sarfatti
del Cdec, Goti Bauer e Liliana Segre, sopravvissute ad Auschwitz, e verranno eseguiti brani di Gentili, Sinigaglia, Greif, Massarani e Castelnuovo Tedesco, a cura degli allievi del Conservatorio, in collaborazione con la Filarmonica della Scala.
Da sottolineare infine l’impegno profuso dall’Unione giovani ebrei d’Italia, che giovedì allestirà, insieme alla Comunità ebraica di Milano, uno stand dedicato al Giorno della Memoria nella centralissima Galleria Vittorio Emanuele, mentre per la mattinata di venerdì 28 ha organizzato un convegno al Circolo della Stampa sul tema “Il ricordo della Shoah: i testimoni e la terza generazione” cui seguirà una tavola rotonda su “Il razzismo oggi”, con il patrocinio di Comunità e Comune di Milano.
A chiudere le giornate di riflessione sulla Shoah, lunedì 30 gennaio, alle ore 18 all’ingresso della Stazione centrale di via Ferrante Aporti 3, la Comunità di Sant'Egidio con la Comunità ebraica, ricorderanno la deportazione degli ebrei dal capoluogo lombardo avvenuta esattamente 67 anni fa, il 30 gennaio 1944.
Dunque la città di Milano ricorda la Shoah con un programma molto variegato, per coinvolgere l’intera cittadinanza, compresi e soprattutto gli studenti delle scuole e delle università, nell’impegno a non dimenticare. Senza però trascurare un avvertimento che lancia Liliana Picciotto, che insieme al Cdec si è occupa di Memoria da molto prima che il Giorno della Memoria fosse istituito “Gli appuntamenti legati al 27 gennaio sono importanti, però non dobbiamo scordarci che la Memoria, ancora più che con le manifestazioni, si costruisce con gli studi, e con lo studio”.

Rossella Tercatin


Qui Torino - Tre mesi per ricordare
Per Torino e la sua comunità ebraica, il periodo racchiuso tra le date del Giorno della Memoria, 27 gennaio 2011, e della festa della Liberazione, 25 Aprile, sarà contrassegnato da un intenso lavoro sul ricordo della Shoah.
Un programma fatto di mostre, incontri e libri che va oltre la volontà di onorare il Giorno istituzionale della Memoria.
“Il tema di quest'anno è la vita – spiega la responsabile delle iniziative culturali della Comunità ebraica di Torino Sarah Kaminski – la vita che non si è fermata con la Shoah”.
Per la mattina del 27 è previsto il consueto appuntamento al cimitero Monumentale, in cui la cittadinanza e le autorità municipali e regionali commemoreranno i caduti in guerra e renderanno omaggio alle loro lapidi. Alla presenza del sindaco uscente Sergio Chiamparino verrà recitato il Kaddish sulla lapide dei deportati. Le celebrazioni ufficiali della città proseguiranno, nel corso della mattinata, nella Sala Rossa di Palazzo di città, il municipio torinese, dove interverrà la storica Anna Bravo. Anna Bravo che, insieme a Federico Cereja è autrice del libro edito da Einaudi Intervista a Primo Levi, ex deportato, presenterà alla Comunità ebraica di Torino il suo lavoro. A introdurre gli autori, la sera del 26 gennaio al Centro sociale adiacente al tempio, sarà lo storico contemporaneista dell'Università di Torino Fabio Levi.
Il 27 gennaio le iniziative comunitarie si concentreranno soprattutto nel pomeriggio per non accavallarsi con quelle istituzionali. Alle 17.00, verrà inaugurata in piazzetta Primo Levi l'installazione realizzata da Antonio Catalano. L'opera di questo artista potentino, intitolata Il popolo del silenzio, consta di trentasei “sculture-contenitori di vari oggetti, foglie, semi, scritti e pensieri”, spiega la dottoressa Kaminski. Tali sculture “simboleggiano i trentasei Giusti tra le nazioni che secondo la tradizione ebraica sono presenti in ogni generazione”. L'intento è quello di commemorare coloro che compirono “gesti di altruismo e coraggio durante la Shoah”. Il popolo del silenzio vuol dunque essere un omaggio a quei “più di quattrocento italiani insigniti della medaglia di Giusto fra le nazioni”. I trentasei contenitori realizzati da Catalano, anticipa la Kaminski, “potranno essere riempiti dai visitatori e dalle scolaresche con diversi contenuti: scritti, lettere, libri, ricordi che svelano emozioni, sogni e pensieri sul Giorno della Memoria”.
All'inaugurazione dell'opera di Catalano seguiranno letture sceniche di Bobo Nigrone, regista dello spettacolo teatrale Io ti racconto...settembre 1943, una strage dimenticata. La pièce taetrale che racconta la prima strage di ebrei avvenuta in Italia, nei pressi del lago Maggiore, ha ripetuto al teatro Baretti il successo dell'anno precedente.
Infine è previsto un momento di raccoglimento in sinagoga, al quale faranno seguito la preghiera serale e la recitazione del Kaddish. Al momento forse più solenne della giornata, la Comunità ha invitato a partecipare la rappresentante della comunità Rom Vesna Vuletic.
In serata prosegue il percorso teatrale indicato dalla Comunità di Torino per questa edizione del Giorno della Memoria: alla Casa del Teatro Ragazzi e Giovani andrà in scena l'opera da camera per sopranno, attori e cinque strumenti Il gioco delle sorti. Realizzata dalla scrittrice Sandra Reberschak e dal compositore Gilberto Bosco, quest'opera racconta, con un articolato intreccio dei piani temporali, la storia di Purim interpretandola “quale paradigma religioso della persecuzione”, nelle parole di Bosco. L'innovativa idea di raccontare la Shoah allusivamente e nella forma dell'opera da camera sarà proposta anche ai bambini delle scuole torinesi nella replica mattutina del 28 gennaio.
L'arte si riconferma quest'anno il canale privilegiato dalla Comunità ebraica subalpina e dalla sua consigliera Sarah Kaminski per parlare di Shoah al pubblico esterno. A partire dal Giorno della Memoria, infatti, il Centro sociale comunitario ospiterà la mostra del pittore neofuturista di origini egiziane Daniel Schinasi: tra le principali opere esposte Omaggio ai martiri dei campi di sterminio, Le témoin du ghetto de Varsovie, L'arrotino del ghetto e Il sacrificio di Isacco.
Numerose e prolifiche le collaborazioni intrattenute con i principali enti e associazioni culturali della città: il Goethe Institut Turin, il principale centro di cultura tedesca della città, presenta martedì 25 gennaio lo spettacolo musicale Per la vita, realizzato da Esther Béjarano, una delle ultime musiciste viventi dell'orchestra femminile di Auschwitz, e accompagnato dal gruppo hip hop teutonico Microphone Maphia.
Prosegue inoltre il connubio sperimentato l'anno scorso con il Consolato polacco, col quale la Comunità ebraica aveva allestito un percorso di approfondimento sulla storia e sull'opera di Bruno Schultz. Martedì 25 gennaio alle ore 17.00, nella sede del Museo diffuso della Resistenza, saranno presentati il libro Il testimone inascoltato, “in cui l'autore francese Yannick Haenel ripercorre la vita di Jan Karski, messaggero della Resistenza polacca che nell’agosto del 1942, con grande rischio per la sua vita, entrò nel ghetto di Varsavia, riuscendo a documentare il piano di sterminio degli ebrei polacchi perpetrato dai nazisti”, spiega il console Ulrico Leiss de Leimburg ; e il libro di Marco Patricelli, Il volontario. “Il volontario, spiega il console Leiss de Leimburg, racconta la storia del tenente di cavalleria Witold Pilecki, il quale si fece volontariamente arrestare dalla Gestapo imprigionare ad Auschwitz per organizzarvi la rete di resistenza e inviare i rapporti sulla situazione nel campo”. Alla presentazione interverranno, con gli autori dei due volumi, l'Ambasciatore polacco Wojciech Ponichiewski, l'assessore alle Relazioni Internazionali del Comune di Torino Giovanni Maria Ferraris, Carla tonini, docente dell'Università di Bologna, lo storico Marco Brunazzi, la rappresentante della comunità polacca di Torino Krystyna Jaworoska e la consigliera della comunità ebraica Sarah Kaminski. Nel mese di febbraio la comunità polacca offrirà al pubblico Intrecci culturali, un concerto che verrà eseguito il 16 febbraio al teatro Vittoria di via Gramsci: il musicologo della Comunità ebraica torinese Enrico Fubini introduce la pianista di Cracovia Gaja Kunce, la quale eseguirà due sonate composte da Jòzef Wieniawski e Aleksander Tansman.
Anche l'Accademia Albertina di Belle Arti darà il suo contributo alla memoria: viene infatti inaugurata nella settimana precedente il 27 gennaio la mostra Arte e Shoah, che proseguirà fino al venti febbraio: si tratta dell'esibizione di lavori delle allieve e degli allievi dell'Accademia, ospitata nei locali del Museo diffuso della Resistenza.
Non farà mancare il suo apporto alla causa della memoria della Shoah una storica istituzione torinese impegnata del dialogo interreligioso: l'Amicizia ebraico-cristiana. Il 2 febbraio sarà inaugurata la mostra 17 novembre 1938: lo Stato italiani emana le leggi razziali, curata da Franco Debenedetti e allestita nella biblioteca Passerin d'Entreves da Cynthia Burzi. Dal 9 di febbraio partirà la rassegna cinematografica dell'Amicizia ebraico-cristiana. “Il ciclo di pellicole proposto vuole meditare sulla percezione storica attraverso il mezzo cinematografico”, spiega la curatrice Sarah Kaminski. I titoli sono Il gabinetto del dottor Caligari (Robert Wiene, Germania, 1920); L'uomo che verrà (Giorgio Diritti, Italia, 2009); O' Jerusalem (Elie Chouraqui, Usa, 2006); Yitzhak Rabin cineasta (Limor Pinchasov, Israele); La masseria delle allodole (Paolo e Vittorio Taviani, Italia, 2007); e Codice genesi (Albert e Allan Hughes, Usa, 2010).
Febbraio vedrà altre iniziative collegate al Giorno della Memoria: il secondo del mese, alla libreria Torre di Abele, Alberto Cavaglion e Claudio Vercelli presenteranno il libro di Mario Avigliano e Marco Palmieri, edito da Einaudi, Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia: diari e lettere 1938-1945. Lo stesso giorno si terrà un convegno in Comunità dal titolo Incontro: i nostri partigiani ebrei, moderato dal presidente Tullio Levi, dallo storico Brunello Mantelli e da Elena Ottolenghi. Saranno ricordate le figure di Sergio Piazza e Rinaldo Laudi, partigiani ebrei piemontesi. Brunello Mantelli sarà nuovamente in Comunità in occasione della festa della Liberazione, il 25 aprile, per presentare il quarto volume del Libro dei deportati, la monumentale opera sulla storia della deportazione dall’Italia ai Lager nazisti nata da un'idea del compianto Bruno Vasari.

Manuel Disegni


Memoria - Lo Stato italiano e le leggi razziste
copertina - La difesa della razzaLe leggi razziste in Italia, storie di famiglie, immagini di documenti originali, foto di famiglia, estratti di articoli di leggi, è quanto riproduce l'interessante mostra curata dal piemontese Franco Debenedetti Teglio, dal titolo “ 17 novembre 1938 -Lo Stato italiano emana le leggi razziali” che giunge oggi a Roma, alla Biblioteca nazionale centrale, dove è stata inaugurata dal presidente della Comunità Ebraica della Capitale, Riccardo Pacifici, dal professor Marcello Pezzetti, dallo scrittore Mario Avagliano il cui volume “ Gli Ebrei sotto la persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938 – 1945” edito da Einaudi,è stato presentato ieri sera al palazzo della Cultura.
Il curatore della mostra, all'epoca della persecuzione razzista è un bimbo che vive insieme alla sua famiglia il dramma di dover scappare di luogo in luogo, alle prime avvisaglie di pericolo di essere riconosciuti come appartenenti alla “razza ebraica”, ma è solo in età matura che questo drammatico passato torna prepotentemente nella vita di Debenedetti che inizia a scrivere racconti, ad interessarsi alle vicende della Shoah e ad andare a parlare nelle scuole ai ragazzi per spiegare il dramma delle leggi razziste.
Signor Debenedetti come è nata la mostra che presenta oggi a Roma?
Non sono uno storico ed ho un passato da perito meccanico, le biblioteche civiche torinesi conoscevano la mia storia, sapevano che mi interessavo di queste cose e nel settembre 2008 mi chiesero di realizzare una piccolissima mostra sulle leggi razziste. Il tempo che avevo a disposizione era pochissimo ed i fondi per realizzarla inesistenti, ma mi sono subito messo al lavoro, inviando centinaia di mail in tutta Italia per reperire il materiale.
Da novembre 2008 a febbraio 2009, la mostra è stata esposta con buon successo di visitatori alla Biblioteca civica centrale di Torino per poi trasformarsi in mostra itinerante Carmagnola, Casale Monferrato, Buttiglieri, dove viene ospitata nelle scuole e in altri enti, quattrocento giorni di esposizione.
Di che cosa si compone la mostra?
La mostra si compone di diciotto pannelli, (inizialmente erano quattordici). Storie inedite o poco conosciute di alcune famiglie ebraiche fra cui Cingoli, Vitale, Pacifici, Weisz, Debenedetti, tagliacozzo, per dirne alcune, costituiscono la struttura portante di questa mostra che si concentra nel periodo storico che va dal 1938 al 1945.. A fianco alle storie vi sono immagini di documenti originali dell'epoca, foto di famiglia, estratti di articoli di legge che hanno determinato il singolo accadimento. Vi è poi un pannello in cui ho riprodotto una sintesi di tutte le leggi razziste promulgate durante gli anni della persecuzione e poi vi è una serie di pannelli letterari sul tema della paura con contributi di Primo Levi, Amos Oz ed altri scrittori ed infine alcuni pannelli storici, per mostrare i provvedimenti di Mussolini.
Quale è l'intento di questa mostra?
Si parla tanto di Shoah ma quello delle leggi razziste è un capitolo della nostra storia scarsamente conosciuto, in particolare dai giovani. L'intento è quello di sollecitare la riflessione sugli effetti devastanti che ebbero sulla maggioranza delle famiglie ebraiche italiane le leggi razziste. Esse furono promulgate dal regime fascista nel 1938 su iniziativa autonoma "tutta italiana". Gli ebrei che erano pienamente integrati nel tessuto sociale, economico e culturale della loro patria, l'Italia, e che avevano partecipato attivamente e con grandi meriti a tutte le vicende della nostra recente storia, dal risorgimento alla prima guerra mondiale, si sono ritrovati a un tratto privati dei diritti civili, del diritto al lavoro e successivamente del diritto alla vita, grazie a leggi e normative emanate dallo stato di cui facevano parte. Gettare un fascio di luce su questi drammatici eventi mi sembra doveroso.

Lucilla Efrati


Qui Alessandria - La forza di pochi riapre il tempietto
Sinagoga AlessandriaAlessandria e gli ebrei. Un binomio che dura da oltre cinquecento anni; un legame che la Shoah e le persecuzioni hanno quasi completamente spezzato via. La forza di pochi, Peppino Vitale su tutti, ha permesso alla piccola realtà alessandrina di non rimanere relegata nella storia. Ieri, con l’inaugurazione del restauro del Tempio Piccolo di via Milano, si è avuta una prova di questa vitalità, esigua nei numeri ma mai sopita.
Decine le persone presenti all’evento fra cui Tullio Levi, presidente della Comunità di Torino ( di cui la Comunità ebraica alessandrina è una sezione), il vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti, il rabbino capo di Torino Eliahu Birnbaum, il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano e il sindaco di Alessandria Piercarlo Fabbio. Un occasione per ricordare il secolare legame tra la città e l’ebraismo ma anche, alla vigilia del Giorno della Memoria, per ricordare le vittime della Shoah con una commemorazione dedicata ai deportati della città. “26 ebrei di Alessandria furono deportati e uccisi nei campi di sterminio durante la Shoah – ricorda il presidente Tullio Levi - Una tragedia che ha colpito in modo irrimediabile questa, come tante altre piccole comunità di questo nostro Piemonte, rappresentando per molte l’anticamera dell’estinzione. Oggi – ha continuato Levi - gli ebrei di Alessandria si contano sulle dita di una mano, ma hanno rappresentato per secoli una realtà di primissimo piano non solo nella vita di questa città ma per l’intero ebraismo piemontese e italiano”.
Fra coloro che non si rassegnarono, nonostante la guerra, nonostante la Shoah, è stato ricordato Peppino Vitale z.l., a lungo presidente e figura emblematica della Comunità alessandrina. Vitale lottò caparbiamente perché il Beth HaKnesset continuasse ad avere ogni Shabbat minian. Accolse decine di ragazzi di altre Comunità, portandoli a sue spese ad Alessandria. E fra quei giovani c’era anche rav Giuseppe Momigliano, che ha voluto ricordare la grande determinazione e umanità di Vitale. Il suo profondo impegno ricade ora suoi pochi ebrei alessandrini, aiutati nel portare avanti la propria tradizione dalla Comunità ebraica di Torino di cui diventò negli anni Ottanta una sezione. “Posso garantire – ha sottolineato il presidente Levi - che abbiamo svolto questo compito con grande serietà, potendo sempre contare sulla preziosa collaborazione degli ebrei alessandrini, Silvio Norzi e Paola Vitale innanzitutto”.
Il restauro della sinagoga piccola rientra in un più ampio progetto, iniziato diversi anni fa, per portare allo splendore di un tempo l’edificio di via Milano, epicentro della secolare realtà ebraica cittadina. Finanziamenti statali e di diversi enti (Compagnia di San Paolo su tutte ma anche Regione Piemonte, Fondazione CRT e Città di Alessandria) hanno permesso di arrivare al quasi totale completamento del restauro dell’edificio.
Sull’importanza e il valore simbolico del complesso sinagogale e, in generale, della presenza ebraica per Alessandria si è soffermato il sindaco Fabbio. “Da questi locali rinnovati e restituiti alla città – ha affermato il sindaco - in cui le storie si intersecano, partiamo insieme per un futuro di speranza più intenso. Perché la Memoria non sia solo ricordo degli orrori ed errori commessi dall’uomo ma base per un’integrazione e una convivenza concrete e costruttive. Oggi iniziamo un percorso insieme per un futuro di speranza più intenso”.
La presenza del vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti ha portato lo spunto per ricordare Tullia Calabi Zevi, uno degli esponenti più autorevoli e rispettati del mondo ebraico italiano, a lungo presidente dell’Unione, scomparsa il 22 gennaio scorso.

Daniel Reichel 


Qui Firenze - Regione e Fiorentina contro il razzismo
Immagine VideoInsieme per la Memoria e contro ogni forma di discriminazione. Nelle ore che ci avvicinano al Giorno della Memoria, ricorrenza che ricorda l’apertura dei cancelli del lager di Auschwitz, Regione Toscana e Fiorentina sottolineano l’importanza e l’attualità della lotta al razzismo alle nuove generazioni e a tutti gli uomini di sport. Nei minuti che precedevano l’avvio della partita Fiorentina-Lecce, incontro svoltosi allo stadio Franchi ieri pomeriggio, alcuni ragazzi della squadra giovanile hanno portato in campo uno striscione recante la seguente scritta “Giorno della Memoria 2011 – No al razzismo”. Applaudita con partecipazione dagli spalti dell’impianto fiorentino, l’operazione ha la regia di Ugo Caffaz, coordinatore della Regione per le iniziative toscane legate Giorno della Memoria, ed è stata accolta con grande sensibilità dalla società gigliata che ha inteso riproporre una formula già sperimentata lo scorso gennaio quando uno striscione analogo era stato esposto prima del match che opponeva i padroni di casa alla Roma. Per quest’anno inoltre il contributo della Fiorentina alla Memoria è doppio: protagonista di un filmato pubblicato sul sito ufficiale it.violachannel.tv, il capitano dell’undici viola Riccardo Montolivo ricorda l’importanza di non dimenticare l’orrore dei campi di sterminio mentre alle sue spalle scorrono alcune immagini di persecuzione e di speranza accompagnate dal suono struggente del violino di Yitzak Perlman e dalle note malinconiche della cantante israeliana Noa.

Guarda il video messaggio di Montolivo, clicca qui


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pilpul
«Banalità del male»? Un concetto da rivedere
Donatella Di CesareIn quella che è stata chiamata «l’era del testimone» gli storici hanno svolto senza dubbio un ruolo indispensabile e decisivo. Ma «i lumi della storia», per citare Levinas, non sono in grado «di risolvere tutto». E la Shoah non si riduce all’oggettività dei fatti, ma costituisce una sfida che in Europa, e soprattutto in Germania, il pensiero non ha ancora davvero raccolto.
Così restano non discussi, e quasi indiscutibili, alcuni concetti che con coraggio e originalità gli ebrei tedeschi cercarono di delineare «risvegliati» dai «racconti» dei sopravvissuti. Riflettendo sul male radicale fu Hannah Arendt a parlare di «banalità del male» nei suoi articoli sul processo Eichmann che seguì come inviata del «New Yorker». Già allora, nel 1963 e negli anni successivi, i suoi scritti suscitarono aspre discussioni, in particolare all’interno del mondo ebraico. Poi però la tesi sostenuta da Arendt fu non solo accettata, ma ripresa e ripetuta - talvolta senza riflessione. Eichmann rappresenta per Arendt un tedesco «comune» e «normale», a ben guardare «incapace di distingue il bene dal male». Quel che insomma contraddistingue il carnefice sarebbe la mancanza di spontaneità, di libertà, l’assenza di un pensiero personale, o addirittura l’incapacità di pensare se non sulla base di parole e schemi precostituiti. La «banalità» del male sarebbe la mancanza di autenticità, la docilità con cui obbedisce agli ordini dei superiori. In breve: il bravo tedesco dalla «coscienza pulita» che mise in pratica il nazismo (la grande maggioranza - come sappiamo) condivise questa «banale» condizione di rinuncia al giudizio personale.
Certo nel lessico di Arendt «banalità» non vuol dire innocenza; ma è un modo per spiegare la malvagità umana in termini di manipolazione totalitaristica. Senza essere perversi o sadici, si possono commettere i crimini più efferati in perfetta buona fede, cioè restando individui «spaventosamente normali». La «colpa» verrebbe dunque dalla «obbedienza».
Più passa il tempo, più si acquista distanza e si fanno valere le ragioni della filosofia, più riesce difficile condividere questa tesi che andrebbe finalmente rivista. Non solo perché sottovaluta la barbarie nazista e il terreno che l’ha alimentata. Non solo perché, non volendo, deresponsabilizza il colpevole. Ma perché finisce per privare il male di una dimensione ontologica profonda rendendolo un fenomeno di superficie o addirittura nullificandolo: «il pensiero - così Arendt - cerca di raggiungere la profondità, di andare alle radici, e nel momento in cui cerca il male è frustrato perché non trova nulla».
Di fronte alla minaccia costituita dal negazionismo affermazioni del genere non sono più accettabili. E con Arendt, oltre Arendt, una nuova riflessione sul male e sulla sua presunta banalità è divenuta indispensabile.

Donatella Di Cesare, filosofa

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Memoria - Lo Yad va-Shem
lancia un nuovo canale in farsi

Gerusalemme, 23 gennaio
 
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Il Museo dello Yad va-Shem ha lanciato un nuovo canale su YouTube in lingua farsi. Lo ha fatto in occasione delle prossime celebrazioni del Giorno della Memoria. Con esso intende mettere a disposizione della popolazione iraniana una documentazione storica sullo sterminio degli ebrei europei, che viene sistematicamente negato dal presidente Mahmud Ahmadinejad. Negli anni scorsi Yad va-Shem aveva già attivato un proprio sito web in farsi, che adesso è stato arricchito di documenti e testimonianze. Il nuovo canale mostra brevi filmati, di una lunghezza compresa fra due e dieci minuti, che includono testimonianze di sopravvissuti, conferenze sulla Shoah, nonché filmati di dirigenti mondiali in visita allo Yad va-Shem.
 
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