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28
gennaio 2011 - 23 Shevat
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Roberto
Colombo,
rabbino
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“Colui
che colpisce un padre e una madre… Colui che rapisce un uomo…
Colui che maledice un padre e una madre…”(Es. XXI, 15-17). Chi
commette queste azioni è colpevole davanti a Dio e davanti
agli uomini. Perché separare i due versetti che parlano del
rapporto figli genitori con il divieto di rapire? Tante
risposte. Propongo quella di Rabbì Halter di Gur: “Chi porta nella
Comunità un’ideologia che allontana anche un solo ebreo dalla
Torà per la quale i padri e le madri di Israele hanno dato la vita, è
colpevole davanti a Dio e davanti agli uomini”.
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Sonia
Brunetti Luzzati,
pedagogista
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“Oggi, Dante.” Timidamente uno
studente chiede “Scusi professore ma oggi è il 27 gennaio, è il Giorno
della Memoria”.“Te lo dò io il Giorno della Memoria!” Dei sei docenti
che si erano alternati alla cattedra quella mattina uno solo,
l’insegnante di ecologia, accenna qualcosa sul tema ai ventuno ragazzi
dell’ultimo anno di superiori. Scandaloso? Deprimente? Normale?
Prevedibile. Da anni i guru dell’educazione si interrogano su “le
difficoltà create dalla scuola” nello studio delle discipline
umanistiche. Si chiedono per quale motivo studenti che
dimostrano interesse per gli argomenti proposti e manifestano un buon
livello di comprensione – intesa come capacità di orientarsi
all’interno di testi o fatti storici - non riescano a mutare
sostanzialmente alcune loro convinzioni palesemente contraddittorie con
ciò che hanno appena studiato. Oppure perché lo stereotipo si riveli
assai più robusto delle informazioni statistiche formali e del pensiero
logico. Nel nostro caso purtroppo non possiamo neppure porci queste
domande perché la chiusura della mente corrisponde alla chiusura dei
“cancelli” con tutte le conseguenze che essa comporta.
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torna su ˄
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Qui Roma
- La parola ai sopravvissuti |
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Sono centinaia le mostre, i
convegni, gli incontri e i dibattiti organizzati in queste ultime
settimane e che si svolgeranno ancora nei prossimi giorni, per
ricordare la Shoah. Diversi fra loro in quanto a ospiti, contenuti e
temi trattati ma tutti ugualmente stimolanti e interessanti, trascinati
da un unico obiettivo: il ricordo di ciò che fu, per tramandare alle
nuove generazioni i valori di chi, pagando di persona, contribuì alla
speranza di un mondo migliore.
E ieri sera finalmente la parola è stata data a loro, ai sopravvissuti
ebrei dei campi di sterminio nazisti. A coloro che in prima persona
hanno subito le leggi razziste, le deportazioni, la fame, le violenze e
sono stati privati di ogni diritto.
Il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, il presidente della
Comunità ebraica della Capitale Riccardo Pacifici, la presidente della
Consulta della Comunità Elvira Di Cave,il presidente Ucei Renzo
Gattegna, il direttore del futuro Museo della Shoah di Roma
Marcello Pezzetti, che ne ha anche coordinato gli interventi, assieme
alle altre autorità, agli studenti e alle persone comuni, li hanno
accolti ieri sera nel Tempio Maggiore di Roma.
E' stato un momento molto atteso, l'evento culmine del Giorno della
Memoria, che la cittadinanza romana partecipando in gran massa
all'evento ha dimostrato di saper apprezzare. Un successo ancora
maggiore di pubblico rispetto allo scorso anno. L'affluenza è stata
difficile, lenta ma il desiderio di entrare nella Sinagoga era tanto e
la gente educatamente ha saputo aspettare e affluire in maniera
ordinata, rispettando gli uomini della sicurezza.
Fra il pubblico esponenti
del mondo della cultura, della politica, ebrei e non ebrei, tutti in
rigoroso silenzio ad ascoltare le parole di quelli che sono fra gli
ultimi testimoni di quel periodo buio della storia.
Sono stati racconti toccanti, drammatici, ci hanno fatto piangere ma
soprattutto riflettere. Ci siamo sentiti vicini, solidali, uniti,
centinaia di persone in una sola che ha trasmesso il calore e la
solidarietà di chi ha capito che quei momenti devono essere ricordati
affinché non si ripetano mai più.
Ognuno a suo modo, ognuno con il suo tremendo
bagaglio di ricordi, molti di loro combattuti fino a pochi anni fa sul
se fosse giusto raccontare o dimenticare, ma ieri sera erano tutti lì,
a parlare con la gente a ricordare con loro e a rispondere alle domande
degli studenti.
Nelle loro storie nessun sentimento di odio, rancore, risentimento,
richiesta di vendetta, ma solo il racconto sofferto di ciò che fu.
E' anche per questo che nei giorni scorsi, intervenendo in un convegno
dell'associazione Hans Jonas sulla proposta di istituire una legge sul
negazionismo il presidente della Comunità, Riccardo Pacifici, aveva
replicato all'invito del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, di
partecipare "a un gruppo tecnico di lavoro per valutare la scrittura
materiale di una norma che affermi il reato di negazionismo”,
affermando che "giusto sarebbe far partecipare a questo gruppo di
lavoro i sopravvissuti". Sono loro che hanno subito quelle tremende
atrocità e da loro che traiamo un grande insegnamento: aver messo da
parte l'odio e il rancore, per lavorare sul futuro della Memoria.
Ma c'è una cosa su cui dovremmo tutti riflettere: al Tempio Maggiore
non si è svolta una manifestazione per gli ebrei romani, che vivono
quotidianamente e in maniera diretta dai racconti dei propri familiari
il ricordo della Shoah, ma per tutta la cittadinanza. Eppure a
differenza di tanti altri raduni fuori dall'edificio decine di uomini
in divisa dovevano difendere la sicurezza dei partecipanti. Nel giorno
del ricordo tutti avrebbero preferito cancellare i simboli di una
cautela ancora necessaria per combattere l'odio e l'intolleranza.
Valerio
Mieli
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Qui Torino - Dal
ricordo alla Memoria
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Qui Roma - Arte in
Memoria alla sinagoga di Ostia
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Qui Trieste - Con i
bambini alla Risiera
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Qui Roma - Mai più? Chi
progetta lo sterminio degli ebrei
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Qui Firenze - Franco Ventura: "Il dovere di ricordare"
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Qui Livorno - Ricordare
tutti i nomi
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Qui Roma - Memoria in
musica
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Qui Torino - Il popolo
del silenzio
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Qui Roma - Arte per non dimenticare
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Perché il 27 gennaio?
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Mi permetto di portare due o
tre considerazioni in favore della data scelta per il Giorno della
Memoria, rafforzate anche dal confronto con i miei studenti a cui ieri
ho provato a porre il problema.
A mio parere non esiste un momento che abbia a che fare specificamente
con l’Italia dotato di altrettanto valore simbolico; il 16 ottobre è
sentito come una data che riguarda esclusivamente gli ebrei romani, e
se pure lo si potesse assumere come simbolo della Shoah italiana
resterebbe comunque legato essenzialmente agli ebrei. Invece credo che
sia importante non dimenticare che la giornata, come recita la legge
211 del 20 luglio 2000, invita a ricordare non solo “la Shoah
(sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione
italiana dei cittadini ebrei” ma anche “gli italiani che hanno subìto
la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in
campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio,
ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i
perseguitati.” Credo che sia un errore gravissimo, soprattutto per noi
insegnanti, dare l’impressione ci interessiamo solo di quello che è
successo agli ebrei. Invece Auschwitz è sentito, a torto o a ragione,
come una cosa di tutti, un luogo dove sono state deportate persone di
diverse provenienze e culture e, proprio per questo, un patrimonio di
memoria collettiva. In fin dei conti, poi, la memoria della liberazione
di Auschwitz è legata nell’immaginario comune alla testimonianza di
Primo Levi, tra i pochi non evacuati e ancora presenti nel campo il 27
gennaio 1945. Credo che questa circostanza contribuisca a far sentire
come propria dagli italiani (e in particolare dagli studenti) una data
così strettamente legata all’opera di uno scrittore italiano.
Infine, credo che sia stata molto opportuna la scelta di una data che
ricorda una liberazione, non l’inizio dell’orrore ma l’inizio della sua
fine. Anche nella cultura ebraica i ricordi tristi non sono mai chiusi
in se stessi: il Messia nascerà proprio il 9 di Av, nell’anniversario
della distruzione del Tempio, e la lettura delle Lamentazioni deve
concludersi con un verso di speranza. Allo stesso modo, pur senza
negare la memoria del passato, il 27 gennaio apre una porta verso il
futuro.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Fini
in Sinagoga - Riccardo Pacifici:
"Al presidente un dossier
sul
razzismo nel web"
“Consegniamo ufficialmente al
presidente Fini il dossier che raccoglie fotografie e commenti razzisti
e antisemiti che circolano sul web. C’é anche lui”. Così il presidente
della Comunità Ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, nel corso della
conferenza stampa che si è svolta durante la visita del presidente
della Camera alla comunità ebraica romana in occasione del Giorno della
Memoria. Pacifici prende una raccolta di fogli e la offre a Fini. »
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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