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15 febbraio
2011 - 11 Adar 5771 |
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Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino
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"Se io sono io perché tu sei tu, allora io non sono io e tu non sei tu.
Ma se io sono io e tu sei tu, allora io sono io e tu sei tu" (R.
Menachem Mendel di Kozk).
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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La discussione accesa attorno
all’opportunità o meno di lamentare una perdita di identità ebraica
come una delle conseguenze del Risorgimento in Italia rischia di
prendere una piega personale che non fa giustizia delle questioni messe
sul tavolo dall’intervento di David Bidussa. Purtroppo, l’insistere
sull'assenza di identità non costituisce di per sé un'affermazione
dell'identità stessa: magari la “cura” potesse essere solo questa.
Quando Dante Lattes scriveva - certamente con passione - a proposito
della perdita di conoscenze e di coscienza dell'ebraismo diasporico,
non aveva in mente neppure il vocabolo “identità”, che è patrimonio
della sociologia contemporanea. Il suo era un disegno culturale alto,
fatto di apertura e confronto in una prospettiva nazionale dichiarata
(il sionismo spirituale alla Achad Ha'am) in cui ebrei secolari e
religiosi si confrontavano costruendo una nuova pagina di ebraismo e
affermandone la modernità. “E’ il problema dell’individuo - scriveva
Lattes - è quell’interiore dissidio e laceramento che tormenta gli
ebrei moderni, abbeveratisi alla cultura del mondo europeo eppur
ansiosi di risolvere in sé il loro essere ebraico innegabile. E’ la
posizione dell’individuo di fronte al passato, di fronte alla gloria
del suo popolo, in sostanza di fronte a sé medesimo. Ma c’è anche il
problema dell’ebraismo nei rispetti degli altri popoli e dell’umanità;
si tratta cioè di vedere ciò che in questo popolo vi ha di eterno e di
singolare; quale forma fondamentale della vita umana si sia effettuata
nell’ebraismo più fortemente che in qualsiasi altro popolo; per qual
fine l’umanità ebbe bisogno ed ha ancora bisogno di questa gente. Son
cose che non riguardano più l’individuo singolo né gli interessi
speciali di una data collettività, ma son cose che riguardano l’umanità
intera”. Il ragionamento su cui si è invece accesa la discussione mi
sembra volto a criticare forme insistite di richiamo a identità perdute
non ben definite, che rischiano di trovarsi accanto, nella povera
Italia che abbiamo la ventura di vivere, all'invenzione dei 'padani'
delle valli bergamasche. E in questo caso non sembra molto appropriato
il richiamo al lavoro di Dante Lattes (mio bisnonno, affettuosamente
chiamato il 'nonno barba'), il quale nei circoli della ‘pro-cultura
ebraica’ predicava negli anni '10 e '20 del '900 la rinascita di una
coscienza ebraica nelle comunità italiane.
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Facebook - Arma contro i regimi e passione dei
giovani
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Dal 2007 fra i dieci siti
più visitati al mondo. Oggi al secondo posto, dietro al gigante Google,
nella graduatoria del traffico dei siti mondiali, almeno secondo Alexa,
una delle compagnie più autorevoli che si dedicano all’analisi del
mondo del web, Facebook, rete sociale globale che in pochi anni ha rivoluzionato il
mondo della comunicazione continua a far discutere.
Da strumento di banale socializzazione fra giovani, oggi è divenuto
anche lo strumento per raccogliere consensi politici e combattere i
regimi totalitari, che non a caso cercano di contrastarlo e di inibirlo
bloccando il traffico in Rete e procedendo per discutibili vie legali.
Come è accaduto per esempio in Pakistan dove pendono su Facebook e Mark
Zuckerberg (nell'immagine), il ventiduenne ebreo inventore del social
network, pesanti capi di imputazione: il pubblico ministero pakistano
ha accusato il sito web, di aver violato il codice penale del Paese dal
momento che uno dei milioni di utenti di Facebook ha pubblicato
un’immagine di Maometto, mentre la legge del luogo lo vieta
espressamente e prevede per atti di questo tipo la pena di morte. La
Corte pakistana ha bloccato l’accesso al sito web (nonché ad altri 450
siti definiti dal governo antislamici).
Decisione accolta con favore
da tutte quelle figure estremiste del mondo islamico, convinte che
l’ultima evoluzione del web, detto Web 2.0, che sta ad indicare
l’insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno
spiccato livello di interazione sito-utente, di condivisione e scambio
fra utenti in rete, sia frutto di una cospirazione ebraica.
Chi sa se Mark Zuckerberg, quando inventò Facebook, avesse immaginato
questo sviluppo degli strumenti informartici, che si innalzano alla
difesa della democrazia.
Una cosa è certa molti studiosi dei nuovi media sono pessimisti sul
futuro del web. “Internet è un arma anche per chi reprime”, ha
avvertito Carlo Formenti in un articolo di pochi giorni fa comparso sul
Corriere della Sera.
Gli fanno eco Massimo Gaggi
e Marco Bardazzi, due giornalisti che hanno scritto un libro sul futuro
della carta stampata, “L'ultima notizia, dalla crisi degli imperi di
carta al paradosso dell'era di vetro” che, fra le altre cose, tratta
anche questo tema e si domandano retoricamente: "I teorici di Internet
come 'tempio di tutte le libertà' avrebbero mai immaginato qualche anno
fa, che la polizia religiosa dell'Arabia Saudita sarebbe sbarcata su
Facebook con il Comitato per la promozione delle virtù e la prevenzione
del vizio?" .
Ogni giorno i maggiori quotidiani italiani ed esteri dedicano articoli
all'invenzione di Zuckerberg e alle “Cyber rivoluzioni”.
Oggi l'autorevole quotidiano
israeliano Haaretz, dedica una vignetta al tema, sottolineando la
preoccupazione dei leader dei Paesi arabi nei confronti di questa
fastidiosa arma nelle mani del popolo, di cui fino a poco tempo fa
riuscivano a tenere totalmente le redini con la repressione. Ma oggi
gli oppositori hanno un strumento in più per unirsi e costituire una
massa, un popolo, che reagisce unanime alle nefandezze del regime.
E il New York Times, dal canto suo, stamane ribadisce come Facebook
abbia giocato un ruolo da protagonista nelle rivolte che hanno
rovesciato i governi di Tunisia ed Egitto e pubblica un'immagine
scattata dai manifestanti di piazza Tahrir, che con delle pietre hanno
scritto “Facebook” in strada, riconoscendo ed esaltando la loro arma
primaria per la rivolta.
Ma Facebook non è solo uno strumento per le repressioni è molto di più
ed è per questo che si presta a vari dibattiti su temi differenti fra
loro: la democrazia, il diritto alla privacy e alla trasparenza, ma
anche il rapporto fra giovani e Rete.
Questa sera al Palazzo della Cultura ebraica di Roma alle 20,30
Alessandro Schwed, autore del libro Mio figlio mi ha aggiunto su
Facebook, Gavriel Levi, studioso di ebraismo e neuropsichiatra
infantile, e Alex Zarfati, webmaster, discuteranno appunto
sull'utilizzo che gli adolescenti fanno di Facebook e si chiederanno
non solo il motivo di tanto successo fra i giovani ma anche se il suo
utilizzo debba destare preoccupazione.
Valerio Mieli
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Comuni denominatori ed
evoluzioni
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Domenica pomeriggio ho
visitato la favela di Rocinha, la più grande e storicamente più
degradata di Rio de Janeiro. Tutto mi sarei immaginato, scoprendo
questo luogo interessante e sorprendente, tranne che trovarmi di fronte
a un muro completamente ricoperto di Magen David (Stelle di David) e
scritte in ebraico: canzoni, salmi, frasi bibliche. Il nostro cicerone
ci spiega che ad aver dipinto quel tripudio di simboli è stato l’ebreo
della zona, conosciuto da tutti in quanto tale. Un ebreo molto
importante, a dire la verità, il migliore fabbricatore di chiavi di
tutta la favela, tra le 180 e le 200 mila persone.
Senza fare sociologia d’accatto, né pretendere di trovare una morale in
qualunque storia, è difficile immaginare una rappresentazione più
plastica dell’adattabilità della religione ebraica (e delle religioni
in generale) a qualunque contesto. Anche a quello più estremo. E,
dunque, cosa è l’ebraismo? Si tratta di una tradizione immutabile nel
tempo e nello spazio, la cui sopravvivenza è stata garantita nel tempo
dalla conoscenza e dal rispetto dei precetti religiosi? Forse anche.
Ma l’ebraismo è sempre maturato e cresciuto in un contesto di
relazioni, influenzandosi reciprocamente col mondo che incontrava sul
suo percorso. L’ebraismo è stato diverso in ogni epoca e si è
trasformato in funzione dei paesi e dei luoghi, e questa capacità lo ha
reso longevo. Il che, naturalmente, non significa negare minimi comuni
denominatori tra tutti gli ebrei - anzi! - ma sottolineare che una
tradizione religiosa è frutto di commistioni, evoluzioni, digressioni.
Quando si ragiona del futuro dell’ebraismo, spesso con preoccupazione,
bisognerebbe tenerlo a mente: spesso si ottengono più risultati con
adattamento e flessibilità che non con una rassicurante rigidità.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele
- Benny Ganz,
nuovo
capo di stato maggiore
Approvata all'unanimità la
nomina del nuovo capo di stato maggio d'Israele, l'incarico è andato al
tenente generale Benny
Ganz (nell'immagine assieme alla figlia). Il cinquantunenne Ganz ha
prestato servizio nell’esercito in
qualità di diplomatico militare di Israele negli Usa e come vice capo
di stato maggiore.
Iran: "Oppositori del regime
strumento degli Usa e di Israele"
Iran. Alcuni deputati
conservatori hanno gridato oggi in Parlamento slogan in cui chiedevano
di "impiccare Mussavi e Karrubi", i leader dell'opposizione. Lo
riferisce l'agenzia Fars. Altri deputati dello stesso schieramento,
aggiunge l'agenzia, hanno gridato 'Morte a Mussavi', 'Morte a Karrubi'
e 'Morte a Khatami', l'ex presidente riformista. Le manifestazioni di
collera verso i leader della protesta anti-governativa sono avvenute
dopo che, in un discorso davanti all'assemblea, il presidente del
Parlamento, Ali Larijani, aveva definito gli oppositori che ieri sono
tornati a scendere a migliaia nelle strade di Teheran e di altre città
di essersi fatti "strumenti degli Stati Uniti e del regime sionista",
cioè Israele.
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italiano |
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Dafdaf
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delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
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