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 24 febbraio 2011 - 20 Adar 5771
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Alfonso Arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano


Leggiamo in questi giorni le ultime parashòt sulla costruzione del Mishkàn. Sono parashòt che descrivono con grande meticolosità gli oggetti e gli ornamenti del Mishkàn, oggetti di grande bellezza ma soprattutto di grande valore simbolico. I simboli fondamentali rappresentati nel Mishkàn sono la Torah e l'educazione ebraica che secondo i Chakhamìm è rappresentata dalla Menorah. Abbiamo bisogno di simboli perché l'uomo ha bisogno di concretizzare gli ideali. Bisogna stare attenti però che la bellezza non diventi fine a se stessa, non diventi vuota di significati. La bellezza vuota è solo apparenza ed è ciò che nel libro di Kohèlet viene chiamato hèvel - vanità. I Chassidè Gur però ci propongono un gioco di parole sul termine hèvel che può essere vanità ma esiste anche un hèvel pihem shel tikonòt - il fiato dei bambini che studiano Torah e su questo hèvel, secondo il Talmùd, è fondato il mondo. 
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
Brutti tempi per l'Europa. Facebook è un'invenzione americana. I supporti mediatici sono in gran parte prodotti in Cina, Giappone, Corea. L'insurrezione si svolge in Nord Africa e in Asia occidentale, e con un occhio guarda alla Mecca ma l'altro occhio non guarda all'Europa. Il ruolo dell'Europa sarebbe quello di dare il buon esempio, di suggerire nobili idee, di educare alla democrazia, di illuminare al pluralismo e alla tolleranza, ma questo compito non è stato svolto, anzi è stato cancellato. L'Europa non ha la minima nozione di come si possa creare una strategia politica coordinata, se non unificata. L'unico obiettivo, per lo meno per i paesi rivieraschi mediterranei, è come evitare un'epica transumanza dalla sponda sud. Chi vuole evitare la caduta di Gheddafi dopo aver festeggiato la caduta di Mubarak dimostra di avere abbandonato ogni principio non solo di coerenza e moralità, ma anche di ingegnosità politica. Con grande imbarazzo abbiamo visto in altra occasione un presidente del Consiglio europeo baciare la mano di un tiranno nord-africano. Le stragi nelle piazze del mondo islamico non sono sufficienti a sollecitare interventi del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, mentre con perfetta sincronizzazione di tempo nel medesimo Consiglio di Sicurezza il voto anti-israeliano dei paesi europei - Regno Unito, Francia, Germania, Portogallo - sembra un classico gesto di appeasement. La parola appeasement suscita commiserazione e ripugnanza. La crisi in Medio Oriente è anche e non meno crisi dell'Europa.

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davar
Hollywood attende le nomination
Accademy AwardDomenica, al teatro Kodak di Hollywood, Los Angeles, California, si terranno gli Academy Awards, il più importante premio cinematografico del mondo. In alcuni ambienti del tempio del cinema serpeggia un sentimento ostile nei confronti di Israele e delle sue politiche, che in diverse occasioni ha assunto la forma del boicottaggio. Ciò, tuttavia, non ha impedito il pieno riconoscimento dei meriti artistici conseguiti dagli ebrei nel mondo dello spettacolo americano. La lista dei candidati ai premi Oscar della varie categorie consta infatti di numerose personalità appartenenti al mondo ebraico, il quale ha sempre svolto un ruolo centrale nel Locandina filmcinema americano, da che Hollywood è Hollywood.
Il drappello dei produttori ebrei ha piazzato ben tre pellicole in nomination per la categoria Miglior film.
Scott Rudin ha riscosso un successo mondiale con The social network, che racconta la storia di Mark Zuckerberg e la genesi della sua creatura, Facebook. Che gli incassi siano stati soddisfacenti è dire molto poco. Ora Rudin non aspetta altro che l'Oscar.
I fratelli Coen hanno scritto, diretto e prodotto un nuovo western, Il Grinta, rifacimento del film del 1969 interpretato da John Wayne.
Locandina filmIl Grinta ha ottenuto ben dieci nomination questa edizione degli Academy Awards: Miglior film, Miglior regia, Miglior attore protagonista (Jeff Bridges), Miglior attrice non protagonista, Miglior sceneggiatura non originale, Miglior fotografia, Miglior scenografia, Migliori costumi, Miglior sonoro e Miglior montaggio sonoro. Come se non bastasse i due fratellini del nuovo surrealismo americano hanno sbancato i botteghini di mezzo pianeta.
Il terzo dei produttori ebrei che incrociano le dita affinché il loro film sia giudicato il migliore dell'anno è Mike Medavoy con Il cigno nero, diretto da Darren Aronofsky e apprezzatissimo dalla critica, tanto che è stato scelto come film d'apertura per la 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.
Locandina filmDarren Aronofsky, quarantunenne cineasta di successo, divenuto famoso per la conturbante pellicola incentrata sul dramma dell'eroina Requiem for a dream (2000), ha ricevuto anch'egli la nomination per la Miglior regia con Il cigno nero. Durante un recente viaggio in Israele Aronofsky è stato intercettato dalla stampa locale. “È da quando, diciottenne, sognavo di vivere in un kibbutz raccogliendo e mangiando avocado, che non torno in questo paese”, ha confidato ai giornalisti israeliani. Incalzato sull'argomento, Aronofsky ha quindi condannato senza appello il boicottaggio artistico di Israele: “Non si può boicottare un'intera nazione”, ha dichiarato. “La società israeliana è estremamente diversificata, il suo mondo artistico in particolare non è certo appiattito sulle posizioni governative”. Il cigno nero, giudicato finora il suo capolavoro, ha fatto guadagnare la nomination all'Oscar come Miglior attrice protagonista la bellissima Natalie Portman. La giovane attrice dai natali israeliani, grazie alla toccante interpretazione ne Il cigno nero ha già vinto il Golden Globe, il secondo più prestigioso riconoscimento per le star di Hollywood. Ora attende il primo.

Manuel Disegni

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pilpul
Il punto
Il Tizio della SeraSecondo l'analisi strategica di un sito anti-imperialista italiano, la sequenza africana che ora è arrivata in Libia e sta demolendo Gheddafi, ha come primo obiettivo la distruzione del gasdotto Eni, avversato da sempre dall'imperialismo Usa. Ma attenzione, nella messa in scena della crisi, il bersaglio nascosto è l'incenerimento dell'Iran e naturalmente la fine della Palestina. Come non averci pensato: 1962, la misteriosa morte di Mattei. 2011, i misteriosi bombardamenti di Gheddafi.  Per capirlo, prima inghiottire una parte di martini, poi due di gin, e se non basta, tre di vodka con dentro una salsiccia di cinghiale. 

Il Tizio della Sera

Il metodo zarista nelle scuole ebraiche
Riccardo Di SegniLa formazione delle guide religiose sta a cuore (abbastanza) non solo alle varie comunità ma anche ai governi, che ogni tanto vogliono decidere quello che succede. Una storia emblematica è quella della prestigiosa Yeshiva di Volozhin in Bielorussia, aperta nel 1803, che chiuse le sue attività in modo drammatico nel 1892. I motivi della chiusura non sono molto chiari; apparentemente il suo famoso direttore, il Natziv, acronimo di Naftali Zvi Yehuda Berlin non volle piegarsi agli ordini del governo zarista che imponeva studi secolari nel curriculum formativo. La questione non è così semplice, perché forse intervennero altri fattori e la questione di principio non era il rifiuto degli studi secolari, ma il modo in cui venivano imposti: obbligo degli studenti ad avere un diploma civile, orario esclusivo di studi civili dalle 9 alle 3 del pomeriggio, studi notturni proibiti, massimo ore giornaliere di studio dieci. Neppure in Italia, dove il principio delle scuole rabbiniche era che dovesse esserci un diploma e non c'era mai stata opposizione a studi secolari, sarebbe stata concepibile una tale forma di imposizione. Ma se invece di scuole rabbiniche pensiamo alle scuole ebraiche possiamo vedere che il metodo zarista non è così lontano dalla sua applicazione.

Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

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Trecento palestinesi, minacciati in Libia,
avranno il permesso di rientrare nei Territori

Gerusalemme, 23 febbraio 2011 

 
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Trecento palestinesi, che si trovano il Libia, avranno il permesso di entrare nei Territori nei prossimi giorni. Lo ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu che si tratta di una scelta umanitaria concordata con il presidente Abu Mazen dato che i palestinesi in Libia sono minacciati.  "A causa delle attuali violenze in Libia - ha affermato il premier israeliano - ho ricevuto una richiesta personale dal presidente Abbas per questo consentiremo a trecento palestinesi di entrare nelle aree palestinesi".

 
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