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3 marzo
2011 - 27 Adar 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Una
Sinagoga sequestrata dal governo comunista e adibita ad altri scopi,
che viene restituita alla Comunità ebraica che ne fa un centro vitale
di preghiera e di studio. E' quanto ho visto tempo fa a Odessa e ora in
quella che era Berlino est. Nessuno avrebbe scommesso che in
quell'edificio oggi ci sarebbe stato un "Rabbinerseminar". Questo
succede proprio mentre nel parlamento olandese rischia di passare una
legge contro la shechità. La situazione degli ebrei europei che poteva
sembrare ferma si rivela in realtà oggi quanto mai mutevole e
imprevedibile. Se ci aggiungiamo l'imminente ondata nord africana....
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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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Chiaramente la sommossa nei
paesi arabi è stata concertata dai cospiratori di Tel Aviv. Israele, lo
stato fantoccio di Obama, ne trae il massimo vantaggio. Anzi, Israele e
Obama escono massimamente svantaggiati dalla sommossa. Israele è il
paese che maggiormente si oppone ai cambiamenti nei regimi arabi. Forse
per via della nonna ebrea di Gheddafi. Perché l'insurrezione è stata
causata da Facebook che è un'invenzione dell'ebreo americano Mark
Zuckerberg. Ma la vera causa è stato Wikileaks di Julian Assange,
istigato dai cospiratori di Tel Aviv con l'appoggio del Guardian. Anzi,
sono gli ebrei che stanno dando la caccia a Assange con l'appoggio del
Guardian. Ecco la prova: questa settimana l'ebreo Rahm Emanuel,
ex-scudiero di Obama e figlio di israeliani, è stato eletto sindaco di
Chicago; l'ebrea Natalie Portman, figlia di israeliani, ha vinto il
premio Oscar come migliore attrice; l'ebrea Yael Naim, figlia di
israeliani, è stata eletta migliore cantante in Francia. Sono sempre
loro.
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Qui Roma
- I tesori del Museo ebraico della Capitale
e l'inestimabile lavoro di Daniela Di Castro z.l.
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Molto più di una guida,
molto più di un catalogo, ma piuttosto la testimonianza di una vita di
lavoro e di ricerca, il punto di riferimento capace di offrire nuovi
spunti di conoscenza e di contatto con la società. L'opera postuma di
Daniela Di Castro z.l.: “I tesori del museo ebraico di Roma. Guida alla
visita e alle collezioni”, è stata presentata ieri, introdotta dal
direttore dell'Archivio storico della Comunità romana Claudio
Procaccia.
Un lavoro che è durato diversi anni e che, come ha spiegato la sua
collaboratrice e conservatrice del Museo, Olga Melasecchi, è nato con
il progetto del rinnovamento e ampliamento della raccolta di reperti e
collezioni e proseguito con il restauro degli oggetti preziosi.
Il libro è molto più che una guida o un catalogo poiché, come hanno
commentato la storica Anna Foa e la dottoressa Andreina Draghi della
sovrintendenza ai Beni Culturali, è il risultato di un'operazione
complessa che non raccoglie soltanto le foto e le descrizioni, ma
introduce il visitatore alla vita ebraica nel suo complesso, collocando
gli oggetti nella storia. Una contestualizzazione, quindi, che,
accompagnata da una scrittura narrativa piacevole, rende il libro uno
strumento utile anche agli studenti di scuole e università.
Secondo l'architetto Gianni Ascarelli si può trarre da questa
pubblicazione una triplice lettura: è una guida utile a tutti i
visitatori, soprattutto ai non ebrei che non conoscono nulla della
nostra cultura, è un racconto della storia e delle vicissitudini del
museo nato negli anni '60 e infine è una narrativa importante che
evidenzia il contrasto tra la reclusione nel ghetto e quindi la
mancanza di libertà della nostra Comunità nell'epoca papalina e la
volontà di espressione attraverso creazioni artistiche complesse e
preziose.
Rav Amedeo Spagnoletto, accennando al furto avvenuto recentemente a
Milano e ad altri verificatisi in passato in diverse località italiane,
ha posto alcuni interrogativi sulle apparenti dicotomie: da una parte
tra il dovere di accogliere con fiducia gli estranei e il rischio che
questi possano avere intenzioni non benevoli e dall'altra il problema
della conservazione affinché non si deteriorino, ma di offrire al
contempo la possibilità ai religiosi di usufruire degli oggetti durante
le celebrazioni.
Daniela Di Castro è stata ricordata per il suo infaticabile lavoro per
il Museo, svolto con metodo serio e scientifico, anche dal marito
Giacomo Moscati, a cui è dedicata la pubblicazione, da Riccardo
Pacifici, presidente della Comunità Ebraica di Roma, e dalla sua
collega e amica, curatore archeologo dei Musei Capitolini, Marina
Mattei.
Elena Lattes
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Qui Siena
- Donne ebree dell’Unità d’Italia
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Un intenso percorso nei
volti, per celebrare i centocinquanta anni dell’Unità d’Italia e per
ricordare le tante donne ebree che hanno contribuito in vario modo alla
nascita e allo sviluppo del paese. La sezione senese della Comunità
ebraica di Firenze inaugura questo pomeriggio alle 17 alla Biblioteca
degli Intronati di Siena la mostra fotografica Donne ebree dell’Italia
unita a cura del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea CDEC di
Milano. Promossa nell’ambito delle iniziative dedicate dall’assessorato
alle Pari opportunità della Provincia all’Otto Marzo, festa della
donna, l’iniziativa è la prima di un calendario di attività
che si svolgeranno nel corso dell'anno su proposta del nucleo ebraico
senese. Ad aprire l’incontro odierno sarà una conferenza di Monica
Miniati, autrice del libro Le “emancipate”. Le donne ebree in Italia
nel XIX e XX secolo. Seguirà un tuffo nelle immagini, per una serata
declinata interamente al femminile. “La nostra - spiega Paola Mortara,
responsabile dell’Archivio Fotografico del CDEC - è una storia per
immagini che inizia come tutte le storie con “C’era una volta…”
prendendo l’avvio da volti di donne ritratte nei gesti quotidiani come
nei momenti dell’intimità familiare. Il racconto prosegue con figure
emblematiche dell’impegno sociale e politico che ha contraddistinto i
primi decenni del Novecento, quando la donna ebrea, imbevuta degli
ideali risorgimentali e amor patrio, si è fatta promotrice di
iniziative educative e si è impegnata nelle lotte sindacali e di
emancipazione femminile. Fino ad arrivare ad esempi di impegno sociale
e politico dei giorni nostri”. Dall’uscita dei ghetti all’Unità
d’Italia, il Risorgimento ha segnato una stagione di nuovi diritti e
libertà per la minoranza ebraica che partecipò con entusiasmo ai moti
che affrancarono il paese da secolari schiavitù. Sull’onda delle
conquiste risorgimentali iniziò il percorso di integrazione e
affermazione delle donne ebree italiane. Folta è la schiera di quante
tra loro si dedicarono alla scrittura dando vita a una straordinaria
saga di letteratura per l’infanzia, libri di cucina, novelle e romanzi.
Ma non mancano esempi di donne ebree commercianti, artiste, stiliste di
moda, scienziate, giornaliste e perfino pilote d’aereo. Conquiste
affascinanti raccontate dalla mostra fotografica del CDEC in cui si
fondono sfide professionali e identitarie. “Tanta strada - conclude
Mortara - è passata dall’epoca in cui il ruolo della donna ebrea era
prevalentemente limitato all’interno del nucleo familiare. Allo stesso
tempo però la donna rimane la figura centrale della famiglia ebraica,
depositaria e trasmettitrice della vita religiosa quotidiana dalla
stretta osservanza delle regole alla celebrazione delle festività fino
al semplice mantenimento di ricette tradizionali. Tante vite vissute
diversamente: tante donne, tante cittadine, anche quando il paese nel
periodo della persecuzione non le ha più riconosciute come tali. Per
questo raccontando 150 anni di vita nazionale in questa storia per
immagini non possono mancare i volti di quelle vittime di colpe
indelebili di un passato che non va rimosso ma trasformato in monito
contro ogni forma di discriminazione”. La mostra Donne ebree
dell’Italia unita resterà aperta al pubblico fino al 15 marzo con
orario 10-13 e 15-18.30.
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Questioni di
stile
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La stilista John Galliano,
celebre per le creazioni con Dior, e ora per l'antisemitismo che ha
creato in un bar sotto Dior, è divenuto altresì celebre per il suo
immediato licenziamento avvenuto qualche piano sopra il bar, negli
uffici di Dior, e per la rapidità estrema delle sue scuse agli ebrei, e
probabilmente a Dior, forse nell'ascensore di Dior.
Dopo avere negato di avere mai detto le frasi antisemite nel bar sotto
Dior che frequenta tutti giorni, litro dopo litro, ha chiesto subito
scusa per le frasi antisemite dette nel bar sotto Dior. Ci si domanda
come faccia uno stilista a mancare così tanto di stile. Forse è il suo
stile. In ogni caso, gli rivolgiamo l'estremo saluto. Addior.
Il
Tizio della Sera
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Lezioni a una Preside
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Fra le molte forme di
“diversità” in relazione alle quali le maggioranze elaborano
atteggiamenti di ansia e di avversione, di pregiudizio e di
intolleranza, l’handicap fisico e mentale occupa una posizione
particolare, complessa e sfuggente. Probabilmente, io credo, a causa di
due o tre ragioni di fondo. A differenza di altre identità ascritte (e
talvolta immaginate) l’handicap fisico e mentale comporta una
condizione di minorità “reale” rispetto agli standard dei normodotati,
sia pure - spesso - in termini e in misura diversa da quello
che questi ultimi si rappresentano. Ma, a parte questo, una ragione
importante di questa specifica capacità ansiogena dell’handicap sta nel
fatto che il confine che lo delimita è precario, provvisorio, sfumato:
la diversità dell’handicap è, in qualche misura, sempre possibile e
incombente, perfino difficile da definire. Non è possibile riservarsi
rispetto a esso un “noi” definitivamente immune, una zona franca, un
altrove assolutamente sicuro dove collocare se stessi, come accade
invece - nella realtà o nella rappresentazione ideologica - per molte
altre forme di diversità e di pregiudizio. E, soprattutto, si tratta di
una diversità percepita come irreversibile. A coloro che esibiscono
“diversità” di altro genere, etniche o culturali, si può rivolgere la
richiesta pressante di integrazione, come contropartita di una promessa
di accoglienza: “diventa come noi - suona semplificato il ragionamento
- e (a certe condizioni ed in certa misura) potrai essere trattato come
uno di noi”. Il fatto che anche in quel caso l’accoglienza rimanga
spesso una promessa non mantenuta, una finzione ideologica, non riduce
il valore dell’argomento come alibi giustificatorio ed
auto-assolutorio.
Questo tipo di razionalizzazione ha una funzione centrale nel processo
di formazione e di stabilizzazione del pregiudizio. Essa infatti
permette di scaricare la colpa dell’intolleranza sulla vittima,
“colpevole” di rimanere quello che è, rifiutandosi di “cambiare” e di
“integrarsi” (o di “non farlo fino in fondo”), consentendo in questo
modo l’autoassoluzione del portatore di pregiudizio. Nel caso
dell’handicap una rappresentazione di questo tipo non può ovviamente
funzionare con la stessa efficacia, dal momento che l’handicap non
costituisce una linea di demarcazione superabile “volontariamente”,
neanche nella logica stravolta della costruzione fantastica. Il
meccanismo di colpevolizzazione della vittima e della conseguente
assoluzione del portatore di pregiudizio si inceppa a questo punto e
produce ansia ulteriore.
E che la percezione “quotidiana” dell’handicap fisico e mentale sia
intessuta di ansia non sembra esservi dubbio. Lo dimostra fra l’altro
una indagine recente (“La disabilità oltre l’invisibilità
istituzionale”, ottobre 2010) sulla percezione sociale delle
disabilità, curata dal Censis e dalla Fondazione Serono. Se il dato
generale è che “la disabilità rimane ancora per moltissimi aspetti un
modo poco conosciuto”, paura, disagio e difficoltà relazionali
risultano costituire una dimensione importante dell’atteggiamento delle
persone “normali” nei confronti di questo mondo. In particolare
rispetto alla sindrome di Down molti luoghi comuni sono duri a morire.
E le dimostrazioni di cronaca non mancano certo, dal filmato sul tiro
al bersaglio sul ragazzo Down apparso su Facebook nel febbraio
dell’anno scorso, all’esclusione dei ragazzi Down dal parco di
Gardaland qualche mese fa.
Sarà forse per il persistere di simili luoghi comuni che la Preside (la
Preside!) di una scuola media di Catanzaro ha deciso nei giorni scorsi
che un alunno affetto dalla sindrome di Down non dovesse partecipare
all’annuale gita scolastica. Non solo: che i compagni non dovessero
neppure fargli sapere le date previste, perché in caso contrario tutte
le uscite sarebbero state annullate. Ci aveva già provato qualche tempo
prima la stessa Preside, nel caso di un’altra uscita, a dispetto delle
norme ministeriali che stabiliscono espressamente che “le gite
scolastiche rappresentano un’opportunità fondamentale per la promozione
dello sviluppo relazionale e formativo di ciascun alunno e per
l’attuazione del processo di integrazione scolastica dello studente
diversamente abile”. In quel caso era intervenuta la madre del ragazzo,
pretendendo il rispetto della legge. Questa volta sono stati i compagni
di classe a rifiutarsi di partecipare se il loro compagno fosse stato
escluso. Chissà se la signora Preside ha capito le lezioni?
Enzo
Campelli, sociologo
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Il premio Oscar Natalie Portman e gli insulti antisemiti di Galliano
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Leggi la rassegna |
"Sono profondamente scossa e disgustata dal video che mostra i commenti
di John Galliano. Alla luce di questo video, e come una persona
orgogliosa di essere ebrea, non voglio essere associata al signor
Galliano in nessun modo. Spero almeno che questi terribili commenti ci
facciano ricordare che è necessario riflettere e agire per combattere
questi pregiudizi che esistono ancora e che sono l'opposto di ogni cosa
bella". Sono queste le parole del premio Oscar Natalie Portman, che fra
gli altri, ha espresso sdegno per i commenti contro gli ebrei
pronunciati dallo stilista John Galliano in un video apparso sulla
Rete. L'attrice recente trionfatrice come Migliore attrice
protagonista grazie al suo ruolo nel film Il cigno nero di Darren
Aronofski è la testimonial di uno dei profumi della casa di moda
francese: Miss Dior Cherie. Non si sa ancora se il contratto che lega
la Portman alla Dior sia terminato, ma la casa di moda francese ha
deciso di sospendere lo stilista a causa dei diversi testimoni che
accusano John Galliano di aggressioni verbali e insulti contro gli
ebrei in più occasioni a Parigi. L'attrice, secondo alcune fonti,
proprio per la notte degli Oscar doveva indossare un abito Dior ma ha
preferito scegliere una creazione di Rodarte per la cerimonia di
premiazione più importante dell'anno.
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Le
vicende delle aree che si
affacciano sulla costa sud del Mediterraneo sono al centro dei commenti
nei quotidiani di oggi, e la situazione sembrerebbe potersi modificare
da un momento all’altro. Quale sia la reale situazione in Libia oggi è
incerto, e ancora di più lo sono le prospettive che si presentano ai
rivoltosi libici che non potranno fare affidamento su aiuti americani
ed europei. Gli USA stanno portando due navi da guerra di fronte alle
coste, ma queste potranno fare ben poco. Si è parlato di imporre una no
fly zone nei cieli libici, ma anche questa prospettiva sembra
tramontata. All’ONU qualsiasi decisione si scontrerebbe contro il veto
di russi e cinesi che vedono aprirsi la prospettiva di occupare i pozzi
petroliferi abbandonati dalle compagnie occidentali, ENI in testa. In
una Tripoli apparentemente tranquilla, Gheddafi ha dato il meglio di sé
con un discorso di due ore nel quale all’ex amico Berlusconi è stato
ricordato che l’Italia ha preso immensi impegni per compensare le colpe
della guerra colonialista...»
Emanuel
Segre Amar
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italiano |
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Dafdaf
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