se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

10 marzo 2011 - 4 Adar Shenì 5771
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
Alfonso Arbib
Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano


Nella parashà di Pekudè Moshè fa un rendiconto delle spese della costruzione del Mishkàn. Secondo alcuni commentatori lo fa per allontanare qualunque sospetto. Ma Moshè è veramente sospettabile? Ovviamente no. Rav Moshè Feinstein sostiene che l'azione di Moshè vuole essere un insegnamento. Fare un rendiconto significa mettere in discussione le proprie azioni davanti agli altri ma soprattutto davanti a se stessi. Questa capacità di mettersi in discussione è fondamentale: quando la perdiamo corriamo dei grossi pericoli. In questo ci possono aiutare perfino i sospetti infondati di chi ci vuole male. Rabbi Israel Salanter interpretava in questo senso un verso dei Tehillìm che dice: "Quando mi assalgono i malvagi ascoltino le mie orecchie". 
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
Gli avvenimenti tumultuosi di queste ultime settimane nel mondo musulmano hanno svelato tre importanti e preoccupanti problemi. Il primo è che il mondo occidentale - gli Stati Uniti e l'Unione Europea - hanno dimostrato di non possedere una visione strategica complessiva ma solamente interessi limitati e a breve termine, soprattutto riguardo alle fonti di energia ma anche all'emigrazione, e oltre a tutto in conflitto fra un paese e l'altro. L'occidente ha perso il ruolo di guida nella situazione e ha favorito il caos, con enormi incognite a più lungo termine. Il secondo problema è che gli esperti hanno fallito nelle loro previsioni, o meglio non hanno previsto nulla, guidati nelle loro analisi da speranze, timori, ideologie e interessi più che da un metodo rigoroso e imparziale in grado di produrre visibili vantaggi di lettura rispetto al semplice e sprovveduto cittadino. Il terzo problema è che, secondo i teorici della modernizzazione, la trasformazione delle società segue storicamente precisi percorsi alternativi, ma la rivolta araba non si sta muovendo in questo senso. I due assi portanti del cambiamento dovrebbero essere il passaggio dalla necessità di soddisfare i bisogni materiali quotidiani alla capacità di esprimere esigenze e aspirazioni individuali non materiali; e il passaggio dal predominio di un'autorità religiosa e tribale tradizionale allo sviluppo di valori civili improntati a razionalità. Quando anche le riforme economiche mettessero in moto la prima di queste due dimensioni, la seconda rimane ancorata al punto di partenza, e, nonostante tutti i tumulti nelle piazze, non preannuncia una reale emancipazione del mondo musulmano.

torna su ˄
davar
Qui Firenze - Un progetto per la moschea
Qui Firenze, pubblico e relatori“Il progetto di David Napolitano? Sembra la chiesa di Santa Maria Novella con due minareti. Caro Rav Levi, visto che la sinagoga di Firenze è in stile arabeggiante non è che potete scambiarla con il loro scantinato?”. Quella di Francesco Margiotta Broglio, tra i massimi esperti al mondo di diritto costituzionale ed ecclesiastico nonché membro della commissione governativa che portò alla stipulazione delle Intese tra Stato italiano e minoranza ebraica, è ovviamente una battuta ma riassume tutto il disagio per l’eterna discussione sull’opportunità o meno di costruire una moschea a Firenze. Discussione che a detta di molti sarebbe una palese offesa alla libertà di culto sancita dalla nostra Costituzione e un problema giuridicamente inesistente. Il dibattito coinvolge da tempo istituzioni politiche e comunità religiose, piani regolatori e tutele architettoniche del paesaggio urbano, magri bilanci comunali e leggi di partecipazione regionale in un continuum di proposte e controproposte da cui non sarà facile uscire in tempi rapidi. Si è discusso di questo e delle nuove sfide del dialogo interreligioso alla luce della crescente presenza islamica in un incontro organizzato dall’associazione Dialoghi nella sede della Fondazione Stensen. Tra i vari relatori chiamati a portare un contributo, oltre al professor Margiotta Broglio, c’erano anche l’imam di Firenze e presidente Ucoi Izzedin Elzir, il rabbino capo Joseph Levi e l’ex sindaco Mario Primicerio, presidente della fondazione che porta il nome di Giorgio La Pira. Fuori dall’istituto si respirava aria di grande tensione. Era infatti previsto un presidio di Forza Nuova contro la costruzione del luogo di culto anche se di militanti di quel gruppo non vi sarà traccia per tutta la serata, probabilmente spaventati dall'ingente spiegamento di forze di polizia in servizio sul viale Don Minzoni. “L’identità fiorentina è da sempre fondata sull’accoglienza. Da parte nostra chiediamo semplicemente di uscire dagli scantinati per pregare in un luogo degno della nostra città”. È questa la richiesta dell’imam Elzir, responsabile di una comunità che conta ormai 30mila fedeli e che combatte quotidianamente per ottenere maggiori diritti e il riconoscimento giuridico delle sue istanze. Un progetto di moschea c’è già. Affidato all’architetto David Napolitano, è stato presentato a inizio settembre. Vasto loggiato di ingresso, sei archi, un grande rosone, sala di preghiera e due minareti: il complesso rinvia a Leon Battista Alberti per la facciata e al Campanile di Giotto per i minareti ed ha fatto molto discutere per le sue caratteristiche estetiche. In linea teorica va detto che tre moschee sorgono già sul territorio fiorentino anche se è davvero difficile definirle tali nella loro veste di garage riadattati per essere adibiti a luogo di preghiera. “Non è una situazione sostenibile ancora a lungo” chiosa Elzir.
Nel corso della serata i relatori si soffermano ripetutamente sull’importanza del dialogo interreligioso invitando a combattere la cultura della paura e a guardare al domani con fiducia. Il discorso cade inevitabilmente sui rapporti tra comunità ebraica e islamica, legate a Firenze da strettissimi rapporti di vicinato. La moschea-garage di Piazza dei Ciompi si trova infatti a poche centinaia di metri dalla sinagoga e le occasioni di confronto tra le due comunità sono spesso incoraggiate dalle parti in causa oltre che dalle istituzioni. La vicinanza empatica dell’ebraismo fiorentino alla comunità islamica nel merito della "questione moschea" è stata più volta ribadita in questi mesi e il fatto che ieri sera in sala fossero presenti vari suoi rappresentanti, tra cui il presidente Guidobaldo Passigli e la vicepresidente Daniela Misul, è immagine palese di questo coinvolgimento. La proposta scherzosa di Margiotta Broglia difficilmente verrà accolta, scherza Rav Levi, ma se non altro la disponibilità a dare una mano c’è ed è concreta. Erano stati proprio due ebrei fiorentini, entrambi presenti all’incontro dello Stensen, a lanciare alcuni anni fa sulla stampa locale una campagna di sensibilizzazione per la costruzione della moschea sostenendo il suo facile inserimento nel contesto urbano: l’architetto e presidente dell’Opera del Tempio Ebraico Renzo Funaro e l’antropologo Ugo Caffaz. Tra gli altri anche Alberto Boralevi, architetto e presidente della Fondazione Ambron Castiglioni, si è detto favorevole al progetto. “Non vedo – spiega Boralevi – perché non si possa costruire una moschea a Firenze. Il discorso architettonico-paesaggistico è un falso problema che si può risolvere affidando il progetto a un architetto competente e di buon senso. Quanto poi al discorso politico non mi ci voglio addentrare. Credo comunque che da parte ebraica ci debba sempre essere particolare attenzione alla libertà di espressione del proprio credo religioso qualunque esso sia”. Sul finire di incontro Funaro racconta un aneddoto in qualche modo legato al dibattito in corso sulla moschea. Riferendosi alla costruzione della grande sinagoga ottocentesca di via Farini, simbolo evidente dell’emancipazione ebraica, l’architetto ricorda le grandi polemiche scatenatesi al tempo con il progetto iniziale che venne  letteralmente massacrato dall’opinione pubblica fiorentina tanto da essere rivisto e modificato più volte e tanto da imporre all'architetto Marco Treves il supporto di due colleghi che lo “aiutassero” a rispettare le direttive dell’Accademia delle Belle Arti dove era diffusa la preoccupazione che il nuovo edificio potesse avere scarsa aderenza con la skyline cittadina. “Firenze è una città meravigliosa ma spesso restia al cambiamento. Vi auguro quindi buon lavoro perché ho il timore che ne servirà davvero molto” conclude Funaro tra gli applausi.

Adam Smulevich


Qui Milano - Confronto aperto su scuola e contributi
SitInMilanoProsegue serrato e alterna momenti di tensione e di dialogo, in seno alla comunità ebraica di Milano, il confronto su scuola, contributi e gestione della crisi economica. Nella stessa mattinata del sit in di protesta che aveva visto un gruppo di studenti, genitori e Consiglieri d'opposizione raccogliersi fuori dalla Scuola ebraica, si è svolto un lungo incontro nei locali della scuola per analizzare le possibili soluzioni alle problematiche avanzate da una famiglia che si attende una riduzione delle rette scolastiche a proprio carico. Nella serata dello stesso giorno, il Consiglio della Comunità è tornato ad analizzare questi ed altri problemi, rinnovando fra l'altro all'unanimità l'invito ai Consiglieri dimissionari Walker Meghnagi e Daniela Zippel di ritirare le dimissioni presentate negli scorsi giorni.
Sulla questione è intervenuto anche il presidente della Comunità milanese Roberto Jarach: “Il notiziario 'l'Unione informa' di martedì - scrive il Presidente - riporta un breve pezzo intitolato “Sit in per le rette scolastiche”, che si limita a segnalare l’iniziativa motivata dalle dimissioni di un’insegnante in polemica contro la politica di gestione delle rette scolastiche dell’istituto. Desidero - aggiunge Jarach - per chiarezza integrare la notizia con alcune informazioni e segnalando che sin dal giorno precedente i membri della Giunta avevano dato la disponibilità ad incontrare una delegazione dei dimostranti per chiarire alcuni aspetti della questione. Innanzitutto già alle 8.30 il Presidente, con l’assessore alle scuole Paola Sereni e il vicepresidente Daniele Nahum, si è incontrato con una delegazione guidata dal Consigliere UCEI Raffaele Turiel, alcuni genitori e sette ragazzi per un sereno ed aperto scambio di idee durato circa un’ora e mezza. Durante l’incontro i rappresentanti del Consiglio hanno ribadito la massima stima per la professoressa al centro del caso, l’auspicio di riuscire a far revocare alla docente le dimissioni, la preoccupazione condivisa per il fenomeno di uscita degli allievi verso alternative esterne per le superiori (e non solo). La discussione in corso su come impostare una seria analisi della situazione generale della scuola e della possibilità di aumentare gli iscritti, anziché limitarsi all’analisi delle motivazioni di abbandono".
"Per il tema specifico oggetto del sit in - aggiunge Jarach - i rappresentanti del Consiglio hanno esternato lo stato di forte disagio causato dal fatto che la docente in questione abbia voluto intrecciare le proprie vicende famigliari, relative ai sussidi comunitari, con il proprio rapporto di lavoro come insegnante della scuola".
"La partecipazione spontanea di genitori e alunni - ha aggiunto dal canto suo Raffaele Turiel - è valsa a testimoniare concretamente la preoccupazione per la possibile perdita di un'insegnante eccellente capace di sviluppare percorsi di innovazione riconosciuti e apprezzati. Una defezione che va assolutamente scongiurata. Ho apprezzato moltissimo la testimonianza di genitori e ragazzi del liceo e, come tale, considero sia stata apprezzata anche dall'insegnante perché, pur nel difficile momento, ritengo che non via sia soddisfazione maggiore del vedere riconosciuto dagli utenti il valore del proprio contributo apportato negli anni alla scuola ebraica".

Qui Milano - Ottolenghi: "La sfida della democrazia"
Emanuele OttolenghiUna mancanza di reazione potrebbe costituire un errore fatale. Le democrazie occidentali farebbero bene ad agire velocemente per aiutare le rivoluzioni che stanno cambiando il volto del Medio Oriente a prendere forma. E' questo il monito di Emanuele Ottolenghi (nell'immagine), senior fellow alla Foundation for Defence of Democracies, lanciato a una serata milanese del gruppo di studi Keshet. "E' entusiasmante applaudire la caduta dei dittatori dagli spalti. Ma ora, mentre i paesi cadono come birilli, c'è da temere che i soli gruppi nella regione con una strategia siano le forze radicali islamiche. E quando la situazione si sarà calmata saranno le uniche a emergere se l’Occidente resterà neutrale”.
“Gli europei tentennano”, ha detto Ottolenghi, che lavora a Bruxelles per il centro di ricerca statunitense. “Per anni la loro politica per il Medio Oriente li ha visti anzitutto divisi tra la necessità di costruire un fronte comune con gli Stati Uniti e la tradizionale simpatia popolare per i palestinesi nel conflitto arabo-israeliano. Difettano - ha incalzato Ottolenghi - di un pensiero strategico. Contemporaneamente, la maggior parte dei paesi arabi esprime due obiettivi, la sopravvivenza dei loro regimi e il contenimento dell’Iran. Anche loro non hanno strategie. Le sole a pensare strategicamente sono le forze radicali in Iran, Siria e Hezbollah, perché vedono un’opportunità di rafforzare la loro posizione. Queste forze radicali si stanno ammassando e l’Iran fornisce loro protezione”.
Ottolenghi ha affermato che le recenti ondate rivoluzionarie che hanno scosso la Tunisia, l’Egitto e la Libia “non sono sollevazioni democratiche”. “Si tratta di popolazioni disperate che invocano una vita migliore, per un governo più giusto, per maggior trasparenza e opportunità. E’ sicuramente uno sviluppo incoraggiante. Le priorità di un governo nuovo possono cambiare. Se la sua attenzione è rivolta a creare lavoro, scuole e ospedali, ad esempio, potrebbe dedicare meno risorse a programmi nucleari clandestini”.
“Ma, perché non siamo davanti a una reale svolta democratica come siamo abituati a conoscerla, la situazione è fragile e dobbiamo chiederci quali saranno le conseguenze se l’Occidente non si schiera. Preferiamo rimanere neutrali - ha detto - ma la neutralità non è davvero neutrale oggi. In Libia aiuta Gheddafi. I ribelli libici hanno chiesto una 'no fly zone', ma i Paesi occidentali si sono rifiutati”. “Se il Sudan, l’Iraq e la Siria sono i paesi che forniscono ai ribelli le armi e li aiutano - ha denunciato - ci saranno conseguenze di lungo termine. Non schierarsi è miope, con mezzi finanziari e forse anche militari, con le forze che sono più vicine al nostro modo di pensare. Le democrazie occidentali non dovrebbero abbandonare l'avanzata di queste rivoluzioni senza un contributo”.
Un golpe estremista avrebbe ripercussioni maggiori in alcuni paesi rispetto ad altri. Se il Bahrein, dove si trova la Quinta flotta americana, dovesse cadere in mano a un partito sciita islamico vicino all’Iran, gli Stati Uniti potrebbero esse costretti a una risposta militare.
“Il paese dove una rivoluzione sarebbe più auspicabile - ha aggiunto Ottolenghi - è anche quello dove la scintilla del cambiamento appare più debole nonostante significative proteste. In Iran occorre sostenere l’opposizione. Invece gli Stati Uniti hanno promesso di non approfittare della situazione per aumentare le pressioni su Teheran”. Ottolenghi ha suggerito che il regno di terrore e lo stato di polizia, assieme alla memoria della passata rivoluzione seguita da otto anni di sanguinosa guerra, ha reso anche l’opposizione riluttante a parlare apertamente di rivoluzione.
L’Iran è una delle ragioni per le quali Ottolenghi avrebbe voluto che Natanyahu estendesse il congelamento degli insediamenti. Una simile scelta potrebbe consolidare il sostegno di alleati statunitensi e europei a Israele in caso di minacce da Teheran. Ma non ritiene questa diplomazia poco sensibile responsabile né di una percezione critica nei confronti dello stato ebraico da parte dei media, né della paralisi dei negoziati di pace. “Esistono piuttosto – ha affermato -  ancora troppi accademici e intellettuali che non ritengono Israele abbia il diritto di esistere, che credono sia illegittimo e illegale. E lo stanno insegnando alle nuove generazioni. Questo problema rimarrebbe anche se Netanyahu si esprimesse al meglio”.

Jill Goldsmith
 

Qui Roma - Negazionismo: Alfano risponde a Pacifici
Angelino AlfanoNegare la Shoah "non è una mera opinione che come altre può essere facilmente contestata, ma il risultato di una ideologia che si colloca all'opposto dei valori alla base della nostra costituzione e degli ordinamenti democratici del dopoguerra". Lo afferma il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, in un suo intervento ospitato nel numero di marzo del mensile della Comunità ebraica di Roma "Shalom", sulla proposta di introdurre anche in Italia il reato di negazionismo. Alfano si impegna poi a "promuovere presso il ministero della Giustizia un comitato di esperti che provveda alla stesura di un apposito disegno di legge" in materia.
Riccardo Pacifici"Lo stesso ragionamento è sostenuto dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, secondo cui - prosegue Alfano - coloro che fanno un uso perverso della libertà di espressione non possono pretendere di avvalersi di tale beneficio. Per utilizzare una locuzione cara agli studiosi potremmo parlare di un vero e proprio abuso del diritto che in quanto tale non può ricevere tutela e deve essere anzi contrastato". "Non è la manifestazione di pensiero in sé ad essere oggetto di incriminazione - spiega Alfano - quanto l'offensività non astratta, ma concreta contro il sentimento comune e la riprovazione che la negazione della Shoah produce''.
Sulla proposta di Alfano, il giornale mette in evidenza l'opinione favorevole del presidente della Comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: ''E' una scelta che ritengo urgente anche in considerazione del fatto che il numero dei sopravvissuti diminuisce e fra pochi anni non vi saranno più testimoni diretti. Si tratta di introdurre questo reato non per assolvere a un impegno verso gli ebrei, ma per garantire che non sia distorta e negata la verità storica di ciò che è accaduto". "Con l'introduzione del reato di negazionismo - spiega Pacifici - non si ha alcuna intenzione di punire e di perseguire chi nel privato, anche in una chiacchierata in un luogo pubblico, vuole negare la Shoah. In questi casi non ci potrebbe essere nessuna denuncia, così come nessuno potrebbe denunciare chi a casa sua nega o banalizza l'Olocausto. Queste persone sarebbero dei cretini, ma non sarebbero dei criminali". "Ma se la negazione avviene nei luoghi dove si insegna o in un luogo Istituzionale allora assume una veste di grande rilievo che per me va perseguita, per far comprendere dove è lo spartiacque tra chi insegna la verità e chi diffonde le menzogne'', conclude Pacifici.
Contrario dalle stesse pagine alla proposta si dimostra il Consigliere d'opposizione della Comunità di Roma Tobia Zevi: ''Il reato di negazionismo potrebbe paradossalmente trasformarsi in un assist per questi signori, del tutto screditati nella comunità degli studiosi. Se in effetti esistesse una fattispecie penale, l'accusato avrebbe diritto a tre gradi di giudizio e a una difesa. Come in ogni procedimento la sentenza dovrebbe tenere conto delle sfumature, delle attenuanti, delle incertezze. E, con i tempi biblici della Giustizia, il negazionista otterrebbe il suo palcoscenico e potrebbe addirittura, immaginiamo con quali conseguenze, essere assolto''. "Chi decide - scrive Zevi - quale massacro sta nel recinto protetto dalla legge e quale no? Se venisse tutelata per legge la Memoria della Shoah, chi potrebbe negare uno status simile ai crimini subiti dagli italiani in Istria o Dalmazia, o a quelli commessi dai nostri soldati all'epoca della guerra d'Etiopia? E, dunque, l'effetto di questa 'banalizzazione' non rischia alla lunga di rivelarsi dannoso?''. 
 

torna su ˄
pilpul
I legami fra Risorgimento italiano ed ebraico
Riccardo Di SegniIn questi giorni di doverose celebrazioni dell'unità italiana non deve mancare una riflessione sui legami storici e culturali tra il Risorgimento italiano e quello ebraico, che sono stati intrecciati in vari modi, anche strani e imprevedibili. I patrioti italiani si ispiravano alle storie dell'esilio ebraico e alla patria perduta d'Israele. Più tardi i sionisti presero il Risorgimento italiano come modello politico. Benedetto Musolino, patriota calabrese e combattente risorgimentale, scrisse mezzo secolo prima di Herzl un progetto per la ricostruzione dello Stato ebraico. Si riparlerà molto nei prossimi giorni del Va' pensiero, che si è prestato recentemente a molti usi impropri, dall'inno dei leghisti alla reclame di un ferro da stiro. Ma le parole, scritte da Temistocle Solera, si ispiravano alla Bibbia:  "Arpa d'or dei fatidici vati,/Perché muta dal salice pendi? /Le memorie nel petto riaccendi, /Ci favella del tempo che fu! "  Il Salmo 137, 'al naharot Bavel, che quotidianamente recitiamo nelle nostre preghiere, dice: Lungo i fiumi di Babilonia, sedemmo e piangemmo, ricordandoci Sion; sui suoi salici appendemmo le nostre cetre...

rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma

L'ingorgo
Il Tizio della SeraIl fatto è, pensa il Tizio alla finestra mangiando i taralli salati di zia Marghitta, che la Storia sta ancora facendo le sue domande e noi vorremmo già avere le nostre risposte. E' quasi sera e dal davanzale guarda il serpeggiare del viale. Col crepuscolo, sfuggono i pini e le macchine incolonnate che vanno avanti a sussulti. Mastica i taralli. Da giorni e giorni ci sono parole incolonnate e brividi surriscaldati. Se poi Gheddafi vince, se il popolo perde la libertà o se finalmente  la conquista; se la loro libertà e quella conquistata al Cairo non fossero quello che intendiamo noi, lo vedi che hanno riammazzato i cristiani; pensa proprio  "la loro libertà" e un poco si vergogna, perché la libertà è di tutti e gli dispiace essere così guardingo.
Giù per l'esofago un altro tarallo dal pacco di quelli piccanti: se sia giusto pensare che la libertà, sgranocchia il Tizio, percorra solo le strade che dice il telegiornale; e se dietro la gigantesca turbolenza che non cessa, ci sia davvero Al Quaeda e il Manigoldo dice la verità; e come sia, si domanda il Tizio bevendo dal bicchiere appannato un sorso di struggente coca ghiacciata, e come sia  la verità eventualmente detta dal Manigoldo, e come sia bere la coca deliziosa mentre a poche centinaia di chilometri i mig vecchi ma efficaci bombardano le città; se sia possibile che un tiranno sia meno carogna di altre carogne e in che strettoia siamo finiti. E se la libertà di un popolo possa avere colore, o l'esigenza di pensare senza essere frenati sia da considerare superiore a qualsiasi ideologia ed è giusto proteggere questa esigenza dei popoli, e se a proteggerla ci sia il rischio che un giorno questa tolleranza si ritorca contro l'Occidente, gli Ebrei, i Cristiani, l'Europa, l'Italia solitaria davanti all'Africa e contro il Tizio alla finestra che mangia i taralli - e così i taralli vengono proibiti per sempre. O potrebbe succedere che l'ondata della libertà araba cambi il nostro tempo in un tempo nuovo, di inesplorate possibilità.
E' buio. Nel viale, gli autobus e le auto hanno le luci accese. Ah, sapere già tutto.  

Il Tizio della Sera

torna su ˄
notizieflash   rassegna stampa

Davide Assael sulla Milà
Per una svista avvenuta al momento dell'impaginazione del notiziario quotidiano di ieri nell'area AlefTav, il commento del ricercatore Davide Assael dedicato al dibattito sulla Milà (circoncisione) in Germania è stato erroneamente attribuito al professor Alfredo Mordechai Rabello. I due autori coinvolti ne hanno cavallerescamente sorriso, vedendo nell'involontario scambio di firme l'occasione di nuovi confronti e nuove amicizie. Alla redazione resta il dovere di scusarsi con il lettore.

Maratona di Roma
in onore di Gilad Shalit

“Correremo per Gilad Shalit”. Lo ha affermato il presidente della Maratona di Roma Angelo Castrucci nel corso della conferenza stampa odierna di presentazione del grande evento podistico in programma nella Capitale domenica 20 marzo. Con questa iniziativa Roma dà ulteriore seguito all’impegno finora dimostrato al fianco di Gilad Shalit, il giovane caporale dell’esercito israeliano tenuto prigioniero dai terroristi di Hamas da quasi cinque anni. Un impegno che è stato scandito da momenti di grande intensità e partecipazione tra cui il conferimento della cittadinanza onoraria di Roma a Gilad in occasione del terzo anniversario del suo rapimento e il più recente spegnimento delle luci del Colosseo su istanza di Ugei e Bene Berith giovani prontamente raccolta dal sindaco Alemanno. .



 
torna su ˄
linee
Pagine Ebraiche 
è il giornale dell'ebraismo italiano
ucei
linee
Dafdaf
Dafdaf
  è il giornale ebraico per bambini
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.