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24 marzo 2011 - 18 Adar Shenì 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma


Per la prima volta dopo 67 anni questa mattina il nome di Marco Moscati è stato citato nella lunga lista dei caduti alle Fosse Ardeatine e intorno alla sua tomba, non più di ignoto, è stato possibile recitare un Izkor e un Kaddish. Per arrivare a questo risultato è stato necessario un lungo iter burocratico e una ricerca del DNA sui resti dei caduti e sui familiari superstiti. E' il progresso scientifico che rende possibili oggi accertamenti un tempo impossibili. Ma questo pone dei problemi nell'ambito della halakhà, la legge religiosa. Una prima questione è l'attendibilità del DNA; su questo c'è molta discussione, che dipende in particolare dalla finalità degli accertamenti; se l'indagine serve a liberare dal vincolo matrimoniale una presunta vedova, la prova, insieme ad altre più tradizionali, è considerata affidabile; è quanto è successo ad esempio per alcune vittime dell'attacco alle Torri Gemelle di New York, non altrimenti riconoscibili. Un altro problema è se sia lecito aprire una tomba, prelevare (per il tempo necessario all'indagine) un piccolo campione di osso e farlo esaminare, perché tutto questo potrebbe essere offensivo per il corpo della vittima; la risposta anche in questo caso è quella della finalità; se lo scopo è quello di onorare la vittima, identificandone finalmente il corpo e dandogli una sepoltura decorosa con un nome, dove si possa far visita e pregare, la procedura è permessa; è quanto ha stabilito per esempio il precedente Rishon LeZion rav Bakshi Doron per le vittime dell'attacco al convoglio diretto all'Hadassa nel 1948. E' sulla base di queste considerazioni che è stata consentita l'indagine alle Fosse Ardeatine.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme

Della Pergola
Per chi in Israele ancora ritiene possibile una normalizzazione - se non una vera pace - in Medio Oriente, non è facile esprimere un giudizio sulle sommosse che nelle ultime settimane hanno agitato una decina di paesi musulmani. Da un lato, la diffusa rivolta popolare ci insegna che nel corso degli anni la politica di ostilità nei confronti di Israele è stata portata avanti da regimi dittatoriali, poco rappresentativi, e insensibili ai veri interessi della popolazione. D'altra parte, non è chiaro chi andrà al potere dopo eventuali libere elezioni in quei paesi: una coalizione moderata e pragmatica, o un gruppo di potere fondamentalista islamico? Onestamente, vista anche l'ondeggiante e contraddittoria strategia mediorientale dei paesi occidentali, nessuno lo può dire. Con chi condurre il dialogo di pacificazione, dunque? Con chi spara sulla folla e così impedisce la riforma? O con con chi tra poco sarà spazzato via dalla volontà riformatrice? Intanto andiamo a cercare sul dizionario come si dice in arabo "società civile".

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davar
Qui Roma - Un Kaddish per Marco Moscati zl
Cerimonia Fosse ArdeatineL'identificazione, solo poche ore fa, nel partigiano ebreo di Roma Marco Moscati di una delle vittime delle Fosse Ardeatine che erano rimaste ancora ignote getta un ponte terribile ed emozionante fra passato e futuro, fra Storia e Memoria, fra coraggio e destino.
Ma soprattutto restituisce a un eroe della libertà il primo diritto fondamentale di ogni essere umano, quello di veder riconosciuto il proprio nome, quello di essere una persona e non una cifra. Su quella tomba, per sessantasette anni designata solo da un numero, da oggi torna un nome a ricordarci da dove veniamo e dove vogliamo andare. A dirci che apparteniamo a una concatenazione di generazioni attraverso la quale si tramandano gli ideali e si dipanano i destini. Il primo Kaddish, dopo un così lungo silenzio, è una riconquista. Che il ricordo di Marco Moscati sia, assieme a quello degli altri che erano con lui, di benedizione.

gv

Qui Roma - Marco Moscati con i Mille del coraggio
Cerimonia Fosse ArdeatineMarco Moscati, classe 1916, era uno dei mille partigiani di origine ebraica, pari al 4 per cento della popolazione ebraica italiana, percentuale superiore a quella dell’intera popolazione del nostro Paese. Gli ebrei furono tra i primi ad aderire alla Resistenza e il loro sacrificio per la Patria fu altissimo, visto che fra di essi vi furono circa 100 morti tra fucilati e uccisi in combattimento (il 10 per cento del totale). La storia di Moscati, partigiano delle bande dei Castelli, amico e collaboratore del famoso comandante Pino Levi Cavaglione, anche lui ebreo, è esemplare, anche per il contesto familiare: il fratello Emanuele fu assassinato assieme a lui dai tedeschi alle Fosse Ardeatine e il fratello Davide morì ad Auschwitz. Marco fu uno dei protagonisti di una delle azioni più importanti della Resistenza nel Lazio e in Italia, la distruzione della linea ferroviaria Roma-Cassino, che provocò centinaia di morti e feriti tra i tedeschi. L’identificazione della sua salma e la riscoperta di una vicenda dimenticata è l’ennesima dimostrazione di quanto lavoro vi sia ancora per gli storici e quanti documenti vi siano ancora da esplorare e analizzare.

Mario Avagliano, giornalista

Qui Roma - Fosse Ardeatine, i nomi del dolore
Cerimonia Fosse ArdeatineTantissimi giovani, studenti delle scuole della Capitale, ma anche di istituti di altre città d'Italia, da Parma a Ostuni a Torino per partecipare alla celebrazione del sessantasettesimo anniversario dell'eccidio delle Fosse Ardeatine.
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha deposto una corona in onore delle 335 vittime dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, delle quali sono stati poi letti i nomi. Da ieri se ne sono aggiunti due: sono quelli di Marco Moscati e Salvatore La Rosa, riconosciuti grazie all'esame del Dna. Per la prima volta Angelo Moscati, insieme alla sua famiglia, i figli Cesare e Marco, il rabbino capo di Roma rav Riccardo Di Segni, il rav Alberto Funaro e il presidente della Comunità romana Riccardo Pacifici, hanno potuto recitare, subito dopo le cerimonie ufficiali, il kaddish per suo fratello Marco che per sessantasette anni giaceva sepolto sotto l'indicazione di ignoto. Poco prima c'era stato l'abbraccio con il capo dello Stato Giorgio Napolitano che si era soffermato sulla tomba per rendere omaggio a Marco.
Cinque anni fa, il 24 marzo 2006, Carla Di Veroli, allora consigliere delegato alle politiche
Cerimonia Fosse Ardeatineculturali e alla Memoria dell'XI Municipio partecipò alla stessa cerimonia. Nel rendere omaggio alle 335 tombe del Sacrario si trova a parlare con il nipote di Marco Moscati, Cesare Israel, che da molti anni accompagna suo padre Angelo a pregare sull'unica tomba con la stella ebraica su cui è scritto “sconosciuto”, la numero 329 da sempre pensano che sia quella la tomba di suo zio ed insieme decidono di fare qualcosa per esserne sicuri.
Nel giugno 2006, parte la prima lettera di Carla Di Veroli e della famiglia Moscati al ministero della Difesa, che fra la documentazione prodotta include una lettera autografa di un altro dei fratelli Moscati, ucciso anch'egli alle Fosse Ardeatine, Emanuele, che dal carcere di Regina Coeli fa sapere alla famiglia di stare bene e di non preoccuparsi, che insieme a lui c'è anche Marco. Molti gli adempimenti burocratici da mettere in atto, ma finalmente si giunge all'apertura della tomba e al prelievo di un campione per fare l'esame del Dna che viene svolto all'Università di Tor Vergata. Purtroppo tutte le aspettative vengono deluse quando si scopre che chi riposa nella tomba numero 329 non è Marco Moscati.
Cerimonia Fosse ArdeatineMa Carla Di Veroli non demorde, coinvolge la Comunità Ebraica di Roma, l'Anpi e il ministero, e si giunge alla decisione di aprire le rimanenti undici tombe rimaste senza nome. Gli ostacoli incontrati lungo questo periodo sono tantissimi, una corsa contro il tempo. La battaglia coinvolge anche l'allora sindaco di Roma, Walter Veltroni. Ma alla fine ci si riesce e i Dna delle undici salme sono prelevati e conservati in una banca dati. Il resto è storia attuale le analisi che questa volta sono state svolte dal Ris, il Reparto investigazioni scientifiche dell'arma dei Carabinieri, giungono a scoprire a chi appartengono i Dna di due vittime dell'eccidio: Marco Moscati che riposa nella tomba 283 e Salvatore La Rosa, nella 273.
Ora si riparte per scoprire dove sono sepolti anche tutti gli altri. Mancano all'appello fra gli ebrei Cesare Calò, Marian Reicher, Bernard Soike e Heinz Erich Tuchmann, e fra i cattolici Alfredo Maggini, Remo Monti, Michele Partiti e Cosimo De Marco, che probabilmente sarà il prossimo corpo riconosciuto dal momento che i familiari si sono appena sottoposti all'esame
Cerimonia Fosse Ardeatinedel Dna. “Il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha promesso che farà un appello alle Comunità ebraiche europee visto che alcuni degli scomparsi appartenevano probabilmente a famiglie residenti all'estero”, dichiara Carla Di Veroli a margine della cerimonia.
"La ricerca storica va avanti ed è fondamentale per alimentare la cultura della Memoria: si spera che presto, grazie alle indagini sul Dna, oltre all'identificazione di due vittime delle Fosse Ardeatine che non avevano ancora un nome altre possano essere riconosciute" ha dichiarato il sindaco Gianni Alemanno partecipando alla cerimonia. “Dobbiamo fare in modo - ha aggiunto Alemanno - che attraverso la ricerca storica si recuperino tanti frammenti di verità: è un dovere che dobbiamo compiere fino in fondo". “Le vittime delle Fosse Ardeatine "si sono sacrificate per mantenere viva l'identità italiana", insieme a tante altre persone che "anche nei momenti più bui e drammatici hanno combattuto per i valori profondi della nostra democrazia".

Lucilla Efrati

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pilpul
Cinema 
Il Tizio della SeraIl tempo si riavvolge come una vecchia pellicola e riparte il film. La fermata degli autobus, barelle che passano, Gerusalemme. Lo sguardo si appunta su chi è vivo: un hassid è uguale al atri hassidim; un giovane con la barba incolta urla a un poliziotto, il poliziotto non fa niente; un infermiere si muove con calma tra le lamiere contorte, come in un familiare spazio domestico: al posto dei mobili, macerie.    
La vita è bella?   

Il Tizio della Sera

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notizie flash   rassegna stampa
Pacifici: Itamar,
solidarietà dopo la strage
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''Il dramma è che questo attentato impone a noi tutti di alzare il livello dell'attenzione''. Cosi' il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici commenta l'attentato di oggi a Gerusalemme. ''Nell'arco di 10 giorni - spiega ancora - Israele si ritrova sotto il mirino del terrorismo fondamentalista che abbandonando lo stile dei terroristi suicidi, gli shahid, riprende lo stile tradizionale degli attentati dell'era Olp con Arafat''. Pacifici annuncia che nei prossimi giorni si recherà, con una piccola delegazione, in Israele per portare la solidarietà e l'aiuto ai superstiti della famiglia di coloni uccisa a Itamar e ''i loro figli sgozzati, compreso un bambino di tre mesi''. ''Andremo - afferma - nell'insediamento di Itamar, dormiremo con i cittadini di quell'insediamento e porteremo aiuti ai bambini sopravvissuti miracolosamente alla strage che apre uno scenario da incubo''. '' La barriera difensiva - dice poi - ha dimostrato in questi sei anni di aver compiuto la sua missione perché ha consentito a tutti i cittadini di Israele, ebrei e non, arabi compresi, di vivere relativamente tranquilli. Purtroppo la strage di Itamar è avvenuta durante il terremoto del Giappone e non ha colpito l'opinione pubblica internazionale alle prese con il disastro e con l'incubo di catastrofe e poi anche con la Libia''. Per Pacifici la scelta di recarsi in Israele è un ''grido: siamo stanchi di sentire che gli abitanti degli insediamenti continuano a essere un ostacolo alla pace, soprattutto per il loro diritto di allargare le proprie abitazioni per dare spazio alle famiglie che crescono. Un diritto - conclude - che non è solo per gli arabi musulmani ma anche per gli ebrei''.


 
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