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30 marzo
2011 - 24 Adar Shenì 5771 |
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Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova
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“Questo mese sarà per voi il capo di tutti i mesi...” (Shemot 12:2).
Ci stiamo avvicinando a Pesach e il prossimo shabbat leggeremo il brano
della Torah che parla dell’elezione del mese di Nissan come Rosh
Chodashim, capo di tutti i mesi. Tuttavia, anche se nella Mishnà il
primo di Nissan è considerato uno dei quattro capi d’anno (Rosh
Hashanà) del calendario ebraico, la Torah “scritta” con il suo
appellativo Rosh Chodashim vuole sottolineare un principio. Moshè David
Valle (1696-1777), rabbino padovano allievo del RaMCHa”L (Rabbì Moshè
Chayym Luzzatto, 1707-1746), nel suo commento al libro di Shemot
(pubblicato quest’anno a Gerusalemme insieme al resto del Tanakh)
spiega la differenza tra le due espressioni: “solo il mese di Tishrì è
chiamato Rosh Hashanà perché in esso il Signore rinnova di anno in anno
la Sua guida dell’universo; infatti, secondo una interpretazione
mistica, le lettere della parola בראשית (Bereshit - in principio)
anagrammate formano l’espressione בא’ תשרי (bealef Tishrì - nel primo
di Tishrì). Il mese di Nissan è chiamato invece Rosh Chodashim perché
la sua importanza, relativa all’aumento di “chesed” - amore divino che
si desta in questo grande mese, si diffonde su tutti gli altri mesi.”La
differente definizione di Nissan e Tishrì, evidenzia il principio che
la nostra realtà è fatta di “forma” e “contenuto”, elementi fondanti,
inscindibili tra loro e al tempo stesso distinti per natura e ruolo.
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Alfredo Mordechai Rabello,
giurista
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Non vi è uomo che abbia tanto bisogno degli altri come l'orgoglioso. (Rabbi Israel Salanter)
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Qui Milano - Cobi Benatoff: "Senza scuola non c'è comunità. Promuoviamo l’eccellenza delle nostre istituzioni" |
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L'architetto
Daniel Liebeskind. L'economista Roger Abravanel. Il sindaco di Milano
Letizia Moratti. Tutti insieme per aiutare la scuola ebraica di Milano
e la Comunità di Milano ad affrontare le sfide del futuro. All'ordine
del giorno, nella nostra Comunità di Milano, come non parlare delle
Fondazione Scuola? Negli ultimi difficili anni, la Fondazione ha
cercato sempre più di assumere un ruolo centrale all'interno della
tutela dell'eccellenza della nostra scuola, andando a salvaguardare
e migliorare quegl’ambiti, che soprattutto per ragioni economiche, non
potevano esser sostenuti direttamente dalle istituzioni della Comunità.
Cobi Benatoff, presidente attuale della Fondazione Scuola, parla alla
vigilia della cena di gala della fondazione, una manifestazione
prestigiosa e molto attesa che chiama a raccolta l'ebraismo milanese e
non solo milanese assieme a esponenti della società,
della cultura e della politica, afferma “sono stato uno dei creatori
della Fondazione, il nostro concetto fondamentale è che se la Comunità
avesse attraversato difficoltà economiche, in ogni caso, si sarebbe
dovuta garantire la continuità e il futuro della scuola ebraica di
Milano, sul principio fondamentale che «senza la scuola non c'è la
Comunità»”.
Considerando
la scuola il pilastro fondamentale dell'esistenza della nostra
Comunità, come risponderebbe a coloro che più di una volta hanno
chiesto la chiusura del liceo, se non dell'intero istituto? Il
liceo rappresenta la parte più consistente del deficit della scuola a
causa della scarsa utenza. La mia idea è che oggi non si possa chiudere
essendo un asse portante della Comunità, però, se dopo la messa a punto
di un progetto serio, di un rilancio, non si dovesse riuscire a salvare
la situazione, la Comunità potrebbe legittimamente prendere qualsiasi
decisione. Non parliamo di giusto o sbagliato, è chiaro che chi si
trova a dover gestire i fondi comunitari è giustificato a compiere
determinate scelte per salvare la Comunità. Ad ogni modo, non bisogna
mai abbandonare qualcosa che esiste e che è buono, come la scuola, ma
bisogna fare tutti gli sforzi possibili per rilanciarlo. Negli
ultimi anni, a seguito anche della nuova gestione comunitaria, è
iniziato il taglio delle spese, cercando di ridurre il deficit
disastroso. Come pensa che abbia influito questo sulla scuola? Giustamente,
gli amministratori della Comunità lavorano quotidianamente per ridurre
al massimo le spese. E' una cosa normale: il buon amministratore di una
società in perdita, è colui che è in grado di contenere e ridurre con
criterio le uscite. È qui che entra in gioco la Fondazione con
l’obiettivo di finanziare e sostenere la scuola. Abbiamo così messo a
punto un programma d'investimento per rilanciare il nostro istituto,
che consiste in poche parole nell'aumento dell'utenza. Aumentare il
numero degli studenti significa migliorare le prestazioni e
l'eccellenza della scuola. Il principio è analogo a quello di
un'azienda in difficoltà: se il taglio delle spese comporta anche il
sacrificio delle qualità, l'azienda fallisce. Se invece, si investe per
migliorare le potenzialità apportando innovazioni, aumenta la
possibilità di rilancio e soprattutto di crescita. Come aumenterebbe l'utenza? La
Fondazione deve essere lo strumento della Comunità per sensibilizzare e
richiamare tutti i suoi membri a sostenere un programma di rilancio per
l’istruzione. Nella scuola elementare e inferiore di secondo grado
l'utenza è buona, i problemi si trovano al liceo, ove il numero degli
studenti è significativamente basso, di conseguenza il costo aumenta.
Noi cerchiamo d'intervenire in due modi: da un lato sul piano
economico, offrendo 50/100 borse di studio a famiglie che, per ragioni
economiche, non possono permettersi d’iscrivere i figli a una scuola
privata, perché ricordiamoci la scuola ebraica è un istituto privato.
La Fondazione si prefigge inoltre di pagare anche le rette totali di
chi appunto non ne ha la possibilità. Pubblicizzeremo a tutti i membri
della Comunità questa proposta, le famiglie interessate prenderanno
contatto; naturalmente salvaguarderemo la privacy nella maniera più
assoluta. Il secondo modo invece riguarda la qualità. Parlo di qualità
effettiva e di qualità percepita. La qualità percepita, è in un certo
senso l'idea e l’immagine che si possono avere della scuola, e che
purtroppo spesso non coincidono con la realtà, perché molti criticano
ingiustamente il nostro istituto, senza aver alcuna teoria fondante del
proprio giudizio. Io voglio cambiare e migliorare la qualità percepita,
dimostrare a un qualsiasi genitore che “se mandi tuo figlio a questo
liceo, lo mandi al miglior liceo di Milano”. In che modo effettivamente migliorerebbe le qualità? Stiamo
mettendo a punto dei programmi extracurricolari, per esempio, Euromath,
evento internazionale di approfondimento della matematica, o Youth and
United Nations, in altre parole mandare dei ragazzi a New York a
partecipare a delle conferenze ONU. Vorremmo inoltre promuovere dei
laboratori di lingua, per garantire a ogni studente la conoscenza
perfetta di una lingua straniera, infine dei corsi di “Speech and
debate” come nelle scuole anglosassoni, per insegnare le tecniche di
dibattito e la capacità parlare in pubblico. Queste sono le idee:
aggiungere attività extra-scolastiche che possano influire
positivamente sull'immagine della scuola, ma soprattutto sulla
formazione e la preparazione al mondo universitario e del lavoro di
ogni singolo alunno. Inoltre pensavo a creare un fondo di borse di
studio per università in tutto il mondo, da assegnare ai migliori
studenti, in modo che possano avere la possibilità di studiare nei
migliori atenei riconosciuti internazionalmente. Vogliamo aggiungere a
un programma scolastico tradizionale nuove attività importanti per il
curriculum di ogni giovane e per migliorare nell’essenza la qualità del
nostro istituto. Attualmente, già dal 2008, stiamo promuovendo, con
l’aiuto di Guido Osimo, docente di matematica e matematica applicata
all’Università Bocconi, il Progetto Qualità, che consiste
nell’introduzione di un sistema di valutazione degli insegnanti in modo
da incentivare il miglioramento di ogni docente. Possiamo considerare valido questo nuovo strumento di giudizio per migliorare la qualità dell’insegnamento? Certamente,
sulla base di questionari e interviste si estrapolano dei giudizi sulla
qualità di ogni insegnante (i risultati ovviamente sono privati). Dopo
due anni abbiamo già avuto i primi riscontri positivi, molti docenti,
in primo luogo la preside, si sono dichiarati pienamente soddisfatti.
Inoltre, questo ci permette di mettere a disposizione dei fondi per
nuovi progetti promossi dagl’insegnati migliori, come ad esempio
l’Euromath sostenuto dalla professoressa Maknouz, che l’anno scorso ha
portato il giovane Isacco Levy a esporre il suo elaborato sulla
crittografia moderna applicata al sistema bancario, e quest’anno
permetterà a cinque giovani studentesse di fare altrettanto coi propri
progetti matematici. E il grande evento di Gala di mercoledì? L'evento
di mercoledì è fondamentalmente una serata di found raising, per
raccogliere fondi al fine di aiutare la Comunità nel Progetto Sostegno.
Esso consiste nell’offrire le ore di Sostegno necessarie per aiutare
gli studenti affetti da disabilità a raggiungere il massimo
nell’acquisizione di saperi e competenze. Secondariamente l’evento ha
anche un altro scopo: quello di richiamare la sensibilità di tutti i
membri della Comunità intorno alla sua scuola, per questo la serata si
svolgerà nell’Aula Magna. Bisogna “vedere e toccare con mano” per
capire quanto sia importante la scuola, in modo che un domani, tutti
siano disposti ad aiutare economicamente il nostro istituto, che nella
realtà della Comunità milanese e senza dubbio la cosa più importante.
Questa serata serve per poter dire e capire che la scuola deve esistere
e diventare sempre migliore. Noi siamo l’unica Comunità ebraica ad avere tre istituti, non sarebbe più giusto avere “una Comunità, una scuola”? Sicuramente
ci vuole un unico sistema scolastico ebraico milanese, eventualmente
diviso al suo interno per soddisfare tutte le esigenze di chi per
esempio, per proprie ragioni e ideologie, ha deciso di fondare altri
istituti. Bisogna approfittare delle risorse che abbiamo a
disposizione, è inopportuno farsi concorrenza in una Comunità
relativamente piccola come la nostra. Ci deve essere un forte richiamo
a comprendere la realtà in cui siamo, bisognerebbe sedersi a un tavolo
e trovare delle soluzioni congiunte e non separate, per creare un’unica
scuola. Cosa si aspetta da questi nuovi progetti e nei prossimi anni? Devo
dire la verità, già per questa serata abbiamo avuto un numero di
richieste di partecipazione molto superiore a quello che ci
aspettavamo, anche dai primi contatti che ho avuto, ho trovato una
buona disponibilità ad aiutare. Io sono ottimista, mi auguro che la
realtà poi diventi positiva.
Francesca Olga Hasbani
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Qui Tel Aviv - Buone notizie da pallacanestro
e calcio
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Serata di acuti per lo sport
israeliano. Dalla pallacanestro e dal calcio arrivano infatti due
ottime notizie in contemporanea. Partiamo dal basket, abituale terreno
di conquista di Israele. In gara 3 dei quarti di finale di Eurolega il
Maccabi Tel Aviv schiaccia sul proprio terreno (81-60) i baschi dal
Caja Laboral portandosi sul parziale di 2 a 1. Può essere la botta
decisiva in ottica qualificazione: per i ragazzi di Blatt la
possibilità di chiudere i conti e accedere alla Final Four di
Barcellona già domani al tramonto quando alla Nokia Arena di Tel Aviv
andrà in scena la quarta sfida del turno eliminatorio. Senza storia il
match di ieri sera. Israeliani concentratissimi e davanti agli
avversari sin dall’inizio. Vantaggio massimo di 24 punti (69-45), sugli
scudi ancora Jeremy Pargo, match winner con un canestro all’ultimo
secondo di gara 2 e autore ieri sera di ben 23 punti. Bene anche Blue
(16 punti con quattro triple) mentre Doron Perkins ha dovuto
abbandonare il campo dopo pochi minuti a causa di un infortunio che
rischia di tenerlo lontano dal parquet per molte settimane.
Sfida meno affascinante ma
comunque di vitale importanza per la nazionale israeliana di calcio che
ospitava la Georgia nelle qualificazioni agli Europei del 2012. Un goal
di Ben Haim (nell'immagine) al quarto d’ora della seconda frazione di
gioco regala tre punti fondamentali ai padroni di casa, che adesso
agganciano (anche se con una partita giocata in più) la Croazia e si
portano a un punto dalla capolista Grecia. Tre punti molto sofferti,
con gli ospiti che hanno fallito alcune favorevoli occasioni per
pareggiare i conti. Clamorosa quella capitata a Vladimir Dvalishvili a
venti minuti dal termine: il centravanti georgiano, tesserato del
Maccabi Haifa, ha spedito oltre la traversa la palla gentilmente
regalatagli dall’estremo difensore israeliano Dudu Aouate. Da segnalare
l’applauditissimo ritorno in campo di Yosi Benayoun a distanza di sei
mesi dal terribile infortunio che ha privato la nazionale del suo
indiscusso trascinatore. Un’arma in più da utilizzare nel terribile
trittico di sfide che prossimamente opporrà Israele a Lettonia, Grecia
e Croazia. A occhio servono sette punti per continuare a sperare nel
secondo posto (il primo è probabilmente utopia) che consentirebbe
l’accesso agli spareggi eliminatori.
a.s
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La collina delle
primavera
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“A Gerusalemme si prega, a
Haifa si lavora, a Tel Aviv ci si diverte”, recita un noto proverbio
israeliano. Ma è soprattutto intorno alla singolare dicotomia tra Tel
Aviv e Gerusalemme, che, fin dall’inizio, è cresciuto, con le sue
straordinarie realizzazioni e tutte le sue difficoltà,
contraddizioni, tragedie, il moderno Stato d’Israele. Il
sionismo aveva bisogno, per il suo sogno di assoluta novità, di
prodigiosa palingenesi dell’ebraismo, di uno spazio deserto, di una
landa deserta, sulla quale fare crescere una civiltà completamente
nuova, che lasciasse per sempre dietro di sé le sofferenze e le
umiliazioni dei ghetti, dei pogrom, delle discriminazioni religiose e
razziali. La bianca spiaggia innanzi al Mediterraneo, nelle prossimità
del porto di Jaffa, da questo punto di vista, sembrò ideale, proprio
per il suo vuoto, il suo niente, ai pionieri sognatori che, nel 1909,
posero la prima pietra della città. La quale, com’è noto, con la sua
rapidissima e impressionante crescita, avrebbe, in pochi anni, stupito
il mondo. E, per il suo essere nata dal nulla, può ben dirsi che Tel
Aviv, sul piano meramente fisico, avrebbe potuto sorgere anche in
qualsiasi altro posto, magari in Argentina - ipotizzata da Herzl, nel
suo Der Judenstaat, come possibile “rifugio per la notte” del popolo
esiliato - o in Uganda - altra sede suggerita da
qualcuno - o altrove. Ma, come immediatamente realizzato dai primi
sionisti, la nuova anima moderna del popolo ebraico non avrebbe potuto
pulsare lontano dall’‘altra’ anima, storica e spirituale, espressa
dall’eterna, “fin troppo santa” Gerusalemme. I due cuori dovevano
battere vicino, ma in due corpi completamente diversi: “Di Tel Aviv -
scrive Amos Oz, in Una storia di amore e di tenebra, ricordando la sua
infanzia gerosolimitana -, da noi, si parlava con un misto di invidia e
vanteria, con ammirazione e un pizzico di omertà: come se Tel Aviv
fosse una sorta di piano segreto e cruciale del popolo ebraico, di cui
conveniva non parlare troppo, con le orecchie ben tese, perché di
nemici e avversari era pieno il mondo… Una città ebraica bianca,
lineare, che cresceva tra agrumeti e dune. Non soltanto un luogo per il
quale compravi un biglietto dell’autobus…, no, un altro continente”.
Particolarmente prezioso, per la conoscenza del “cuore moderno” di
Israele, uno stimolante libro scritto dall’architetto Gianluigi Freda
(Lagonegro, 1976), recentemente apparso per i tipi della Franco Angeli,
con il patrocinio dell’Ufficio Culturale dell’Ambasciata di Israele in
Italia: La collina della primavera. L’architettura moderna di Tel Aviv.
Attraverso l’analisi di Freda - in pagine di grande rigore scientifico,
ma scorrevoli come un romanzo, e corredate di suggestive immagini
fotografiche - il lettore apprende il vero e proprio miracolo di
ingegno, tecnica e fantasia realizzato dai geniali creatori ebrei che,
fuggiti dalla tempesta che si andava addensando sull’Europa, seppero
trasfondere in Medio Oriente la creatività europea di Le Corbusier,
Mendelsohn, Bruno Taut, del Bauhaus, dando vita a un gioiello
architettonico unico al mondo, inserito dall’Unesco, nel 2003, nella
lista dei siti patrimonio comune dell’Umanità. Un
riconoscimento che - come ricorda, nella sua prefazione Luca Zevi, - è
stato attribuito a una sola altra città sorta - anch’essa “ex nihilo” -
nel Novecento, Brasilia. Ma se, nota ancora Zevi, l’esperienza di
Brasilia è universalmente nota, quella di Tel Aviv appare ancora
ingiustamente trascurata, soprattutto nel nostro Paese. Grazie quindi a
Freda per averci regalato un così utile contributo alla
conoscenza della “città bianca”, e di molti aspetti
essenziali e affascinanti dell’anima ebraica, della civiltà di Israele,
dell’arte universale.
Francesco
Lucrezi, storico
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Israele progetta un'isola artificiale per gli abitanti della Striscia di Gaza Tel Aviv, 30 marzo 2011
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Per
i palestinesi della Striscia di Gaza sarà costruita un'isola
artificiale, a quattro chilometri dalla costa, che consentirà loro di
avere un porto e un aeroporto internazionale. In questo consiste il
progetto messo a punto dal ministro israeliano dei trasporti Israel
Katz (Likud), che attende tuttavia l'approvazione del primo ministro
Benyamin Netanyahu. “Diversi Paesi e investitori stranieri stanno
manifestando un interesse iniziale al progetto, che prevede anche la
costruzione di alberghi e di un attracco per gli yacht”, ha affermato
Katz nel corso di un'intervista alla radio militare. Il ministro non ha
precisato se abbia già illustrato il progetto ai dirigenti
dell'Autorità nazionale palestinese e non ha spiegato come esso possa
essere realizzato senza l'assenso di Hamas, con cui Israele non
mantiene alcun contatto.
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Il discutere su tutto fa
parte, da sempre della cultura e della tradizione ebraica. Anche sulle
vituperate “colonie” si discute, e sono da qualcuno considerate
responsabili dell’impossibilità di pervenire alla pace coi nostri
vicini. Dobbiamo tuttavia fare attenzione quando questo discorso va
troppo in là e arriva a giustificare l’ingiustificabile; i piccoli
Fogel erano solo “coloni” per troppi odiatori di Israele: coloni?
(Mentre sul Los Angeles Times questa orribile strage rientra nel “ciclo
di violenza”, come scritto nel sottotitolo). E, su Le Monde, già nel
titolo a commento della bomba esplosa a Gerusalemme, quasi a
giustificazione(?), si scrive che il bus colpito si dirigeva verso una
colonia. E’ forse significativo dove era diretto il bus
colpito? »
Emanuel
Segre Amar
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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