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3 aprile 2011 - 28 Adar Shenì 5771
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Benedetto Carucci Viterbi
Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino


La tsaraat - impropriamente "lebbra" - è, secondo i Maestri, conseguenza della maldicenza. Mai come in questi giorni faremmo bene a controllarci la pelle.



David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
Prima e indispensabile dote nei candidati,è quell'onestà personale e pubblica che fa d'un uomo politico un apostolo, di un'opinione una credenza, di un partito una religione. “Noi vogliamo” uomini che sentano quello che dicono; “Noi vogliamo la verità”: crediamo che in lei sola stia la forza. “Noi facciamo poco conto” delle parole, moltissimo della vita di un individuo; “non appoggeremo” che i nomi di coloro, il cui passato ci sia pegno dell'avvenire. “Noi veneriamo” le persone esperimentate da lunghe prove; “Noi combatteremo” l'influenza d'ogni ordine privilegiato, d'ogni casta qualsiasi. “Cercheremo” spregiudicatamente il merito, ovunque si trovi, e massimamente in quelle professioni che educate all'applicazione e al lavoro presentano maggiori guarentigie di sapienza pratica, di tendenze e virtù democratiche. Non sono parole di  ieri o della settimana scorsa scritte dopo la condanna dell’ex presidente Katsav o di qualche politico dei molti che girano dalle parti di casa nostra. In ogni caso non le ha scritte un bolscevico, né un dirigente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Sono dell’11 gennaio 1849, e il suo autore è un ragazzotto di 22 anni. Si chiamava Goffredo Mameli.

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davar
Rapporto Goldstone, il giudice ci ripensa e corregge il tiro
Richard Goldstone“Oggi sappiamo molto di più su quello che è successo nella guerra di Gaza del 2008-2009 di quanto sapevamo quando ho presieduto la Missione d'inchiesta nominata dal Consiglio dei diritti umani, che ha prodotto quello che è stato conosciuto come il Rapporto Goldstone. Se avessi saputo allora quello che so adesso, il Rapporto sarebbe stato un altro documento”.
Con queste parole Richard Goldstone, in un suo articolo apparso sull'autorevole Washington Post, spiega il perché di un Rapporto a senso unico. Una inaspettata e tardiva retromarcia dopo il discredito gettato sullo Stato di Israele e l'operazione Piombo Fuso. Scontato il compiacimento del Governo israeliano.
“Quel rapporto deve essere messo da parte una volte per tutte”, ha affermato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. “Sono sempre stato sicuro che la verità sarebbe venuta un giorno alla luce", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman. “Auspico che adesso il giudice trovi il modo di pubblicare una versione aggiornata e corretta di quel rapporto falso e distorto”, ha affermato dal canto suo il ministro della Difesa Ehud Barak.
“Lo scopo del Rapporto non è mai stato approvare una conclusione scontata contro Israele”, scrive infatti Goldstone nel suo articolo e confessa: “Ho insistito sulla modifica del mandato originario approvato dal Consiglio dei diritti dell'uomo, che è stata distorta contro Israele. Sono sempre stato chiaro che Israele, come qualsiasi altra nazione sovrana, ha il diritto e il dovere di difendere se stessa e i suoi cittadini contro gli attacchi provenienti dall'estero e dall'interno”.
Ma il giudice ha anche ribadito che la relazione ha trovato prove di “potenziali crimini di guerra” e "forse crimini contro l'umanità" commessi sia da Hamas che da Israele e ha ritenuto opportuno avviare le indagini. La differenza, ha però affermato, anche alla luce dei nuovi documenti in suo possesso è “l'intenzionalità”, “i crimini commessi da Hamas sono stati voluti, va da sé infatti che i suoi razzi sono stati consciamente e indiscriminatamente indirizzati contro obiettivi civili”. E si è detto dispiaciuto di non avere avuto per tempo le prove della non intenzionalità dell'uccisione di civili da parte dei soldati israeliani. “Per evitare decisioni sbagliate era stato chiesto alle parti in causa di indagare in modo trasparente e in buona fede sui crimini commessi” e “sono rammaricato che Israele non abbia collaborato apertamente fin da subito alle nostre indagini”. La relazione finale da parte del Comitato di esperti indipendenti delle Nazioni Unite - presieduta dall'ex giudice di New York, Mary McGowan Davis - che ha fatto seguito alle raccomandazioni del Rapporto Goldstone ha rilevato che "Israele ha dedicato notevoli risorse per indagare sulle oltre 400 accuse di cattiva condotta operativa a Gaza "mentre" Hamas non hanno condotto alcuna indagine sul lanci di razzi contro Israele”.
E' evidente purtroppo quando si parla di Israele che un ripensamento di questo genere possa essere vittima di strumentalizzazioni. E infatti c'è già chi insinua che la retromarcia di Goldstone sia legata alle pressioni a cui a suo tempo è stato sottoposto da diverse comunità ebraiche, in particolare in Sudafrica. Ma il portavoce militare israeliano Avi Benyahu esclude categoricamente tale ipotesi e afferma, anche riferendosi alla decisione di Israele di non cooperare a suo tempo con la Commissione Goldstone- visto che il suo mandato appariva viziato da pregiudizi - che le forze armate israeliane inoltrarono egualmente le informazioni rilevanti "mediante vie traverse, di seconda e terza mano". Benyahu ha quindi sostenuto che non solo Hamas a Gaza ma anche gli Hezbollah nel Libano meridionale usano "per ideologia" la popolazione civile come uno scudo umano da frapporre davanti alle forze armate israeliane a protezione dei propri miliziani.

Valerio Mieli


Goldstone dispiaciuto
Sergio MinerbiIl noto rapporto Goldstone, che accusava l’esercito israeliano di crimini di Guerra durante l’operazione Piombo fuso nella striscia di Gaza, era infondato. Questo lo sapevamo già, ma lo afferma ora lo stesso autore del rapporto, il giudice Richard Goldstone, in un suo articolo sul Washington Post. Per essere corretto egli dovrebbe chiedere una revisione ufficiale del suo rapporto sottoposto all’infame Commissione dei diritti dell’uomo dell’ONU a Ginevra. “Mi rincresce non aver avuto a disposizione tutti i fatti che avrebbero influito sulle conclusioni che facevano riferimento a crimini di guerra” egli ha scritto. Ottimo, anche se ora dobbiamo chiederci se compiranno lo stesso atto di pentimento battendosi il petto, i consueti denigratori di Israele, ossia coloro che in Italia, ebrei e non ebrei, hanno sostenuto le false accuse. E una morale anche per Israele: non boicottare mai un’inchiesta, anche se di parte.

Sergio Minerbi

Maccabi Tel Aviv sogna in grande 
Maccabi Tel AvivAdesso che l’obiettivo minimo è stato raggiunto Israele può davvero sognare in grande. Con un turno di anticipo il Maccabi Tel Aviv conquista infatti la Final Four di Eurolega e si presenta all’appuntamento di Barcellona, in programma a inizio maggio, con motivate ambizioni di trionfo continentale. Superata anche la difficile pratica Caja Laboral. In gara quattro dei quarti di finale, disputatasi giovedì scorso, gli israeliani si sono imposti sul team spagnolo con 22 punti di margine (99-77) esibendo davanti al pubblico amico della Nokia Arena tutta la loro pregiata argenteria. Incontro equilibrato fino a metà gara con gli ospiti avanti di un punto (51-52). Vana illusione per i baschi: in apertura di terzo quarto uno strepitoso parziale di 21 a 2 del quintetto gialloblu chiudeva virtualmente il match. Protagonista su tutti lo statunitense Jeremy Pargo, autentico mattatore dell’intera sessione eliminatoria, contro il Caja Laboral 26 punti e tante giocate utili per i compagni di squadra. Eccellenti anche le prestazioni di Guy Pnini (che sostituiva l’infortunato Doron Perkins) e David Blu. Per il Maccabi si tratta dell’ottava Final Four negli ultimi 12 anni: due su tre, un risultato  che testimonia il grande spessore europeo del club più titolato di Israele che pure mancava dal salotto buono del basket da due stagioni. Ancora incerto il nome dell’altra semifinalista, che verrà fuori dalla “bella” (il parziale registra al momento due sfide vinte a testa) tra Real Madrid e Valencia con i madrileni favoriti fosse anche solo per il fatto di ospitare il derby iberico sul proprio parquet. Già noto invece il nome dell’altra coppia di contendenti al trono di Barcellona: Montepaschi Siena, orgoglio della pallacanestro italiana che ha liquidato il tostissimo Olimpiacos (risultato sorprendente se si pensa al clamoroso passivo di 89-41 rimediato in gara uno), e Panathinaikos, che ha “osato” eliminare dalla competizione proprio il Barcellona padrone di casa della Final Four. Fuori dai giochi quindi le due finaliste del 2010 (Barcellona e Olimpiacos) con israeliani e greci, in attesa di sapere se a raggiungerli sarà il Real Madrid oppure il Valencia, che hanno forse qualche chance in più di vittoria e con Montepaschi Siena outsider con tanta voglia di giocare un brutto scherzetto ai bookmaker che l’avevano data per morta dopo il tonfo iniziale con l’Olimpiacos. C’è comunque un giallo delle ultime ore legato alla partecipazione del Maccabi all’evento catalano. Data e orario dell’eventuale finalissima (8 maggio alle 21) coincidono infatti con l’inizio di Yom HaZikaron, ricorrenza di straordinaria solennità dedicata ai caduti in guerra, ai soldati, alle vittime del terrorismo e a tutte le persone che fanno parte delle forze di sicurezza. Il club israeliano ha fatto presente questa situazione alla federazione europea già da gennaio senza ottenere particolari riscontri e aperture. “Di Yom HaZikaron noi non giochiamo” la posizione del coach David Blatt e della società. Una decisione verrà presa a breve dalla federazione: probabile l’anticipo dell’incontro al pomeriggio così da permettere il rispetto di una delle date più importanti del calendario israeliano.

Adam Smulevich


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pilpul
Davar acher - Giustizia e arrendevolezza
Ugo VolliVi è un'antica illusione ebraica, secondo cui il modo per salvarci dall'odio e dalle persecuzioni sta nel "comportarsi bene" e nello stare alle regole dettate dagli altri. E' stata la convinzione di molti ebrei assimilati durante la Shoah: non è possibile che colpiscano chi ha minuziosamente aderito a valori, stili di vita, comportamenti uguali agli altri. Ma è stata forse anche la convinzione dei chassidim russi che ai tempi di Napoleone rifiutarono di accettare la libertà che veniva loro offerta per mantenere il proprio ruolo, inferiore sì, ma garantito nella società dell'Ancién Régime. Molto più indietro, è l'illusione di Ester, che esita a rompere le regole del serraglio reale e Mordechai deve ammonire a non pensare di salvarsi da sola. Oggi è l'illusione di chi pensa che se Israele finalmente si comporterà bene, se accetterà una "legge internazionale" che sul piano giuridico non ha basi, ma politicamente favorisce i palestinesi, poi sarà lasciato stare in pace dentro la "linea verde", per indifendibile che essa sia. Per le ragioni che verranno chiare nel seguito del discorso, si può chiamare quest'illusione "egocentrismo etico".
Quest'illusione ha molti difetti. In primo luogo non è mai realistica, è per l'appunto un'illusione, come hanno mostrato tutte le persecuzioni in cui i "bravi" ebrei conformisti sono stati ammazzati non meno degli straccioni e dei rivoltosi; e di recente i ritiri israeliani dal Libano e da Gaza, che non hanno affatto smorzato, ma hanno al contrario aumentato l'aggressività contro Israele sul terreno e nel resto del mondo.
Il secondo difetto si può chiamare la "tentazione etica". Chi è convinto che "comportandosi bene", rispettando le leggi" ecc. gli ebrei possano evitare o almeno moderare le persecuzioni, crede facilmente anche che il primo segno di questo "buon comportamento" sia l'universalismo, il trascurare gli interessi anche vitali del proprio popolo per assumere per sé il punto di vista dell'assoluto (o del Divino, che a me sembra una forma di idolatria), decidendo in perfetta solitudine, senza sentirsi responsabili per gli altri quel che è giusto e quel che è sbagliato. Gli universalisti usciti dall'ebraismo hanno sempre lasciato una grande scia di guai, che si chiamassero Gesù di Nazareth o Karl Marx.
Gli ebrei antisrealiani e filopalestinesi, che non mancano certo oggi, non sono mossi di solito da un semplice "odio di sé", ma dall'illusione di salvarsi da soli dai pericoli essendo "giusti", aderendo cioè al punto di vista e alle categorie di giudizio dei propri nemici. Un'ulteriore conseguenza di questa sindrome è la pretesa di insegnare a tutti (i propri fratelli ma anche gli altri) la loro giustizia, di porsi come maestri di etica universale, al di là della politica e della religione. Al massimo, come ha fatto il giudice Goldstone l'altro ieri, il solipsista etico, se vede che l'attacco alla vita del proprio popolo non serve, si scusa facilmente: si è sbagliato, dice, non aveva tutte le informazioni, è stato ingannato - ma resta sempre un difensore della giustizia universale e pertanto superiore a tutti gli altri. A questo modo di fare si congiunge una definizione dell'ebraismo in termini di etica, non di popolo o di religione: l'ebraismo non sarebbe una cultura, un'eredità, una popolazione, la continuità storica di una fede e neppure un certo rapporto con il divino, ma "l'etica". Che questo atteggiamento porti simpatia e comprensione, è tutto da dimostrare.
Il terzo difetto è quello capitale. Chi pensa di salvarsi comportandosi bene, naturalmente deve fare i conti con il fatto che non tutti nel popolo ebraico hanno la stessa idea del bene, gli stessi obiettivi e magari osano difendere i suoi diritti al di là dei limiti molto angusti di coloro che non appartengono al gruppo degli illuminati etici. Di conseguenza, il solipsista pensa e afferma che costoro non sono abbastanza etici, che non sono abbastanza buoni, che non si confanno alle leggi come dovrebbero, eccetera. Non sono persone che seguono un progetto politico diverso, o hanno altri ideali: sono peccatori, ingiusti, nemici dell'etica. Magari gli trova un nome spregiativo, o lo accetta dagli altri, per esempio li chiama "coloni".
La divisione del popolo ebraico fra buoni e cattivi è il risultato pressoché inevitabile del solipsismo etico. Per i chassidim erano perduti gli ebrei che cercavano un po' di libertà dalla Rivoluzione Francese; per i bravi borghesi assimilati che si consideravano tedeschi integrali "di religione mosaica", i guastafeste impresentabili erano gli eredi di quelli stessi chassidim. I sionisti sono stati demonizzati dagli uni e dagli altri, e così i combattenti clandestini contro l'occupazione inglese e la violenza araba in Eretz Israel. Oggi per buona parte della sinistra ebraica, a essere colpevoli sono i "coloni", che per loro certamente "rubano la terra ai palestinesi", dunque sono ladri, ribelli e quant'altro. E invece siamo tutti coloni, siamo tutti da sempre legati a una terra in cui continuiamo a immigrare, come ho provato ad argomentare la settimana scorsa. E siamo tutti responsabili gli uni per gli altri (“kol Israel arevim ze-là-zè”)
Io non credo affatto che Sergio Dalla Pergola sia uguale a quegli illusi che vanno a Bilin a tirare pietre contro il "muro", o cercano di espellere i proprietari ebrei dalla case di Sheik Jarrah, per il fatto che sotto il regime giordano erano state occupate da immigrati arabi – e poi si sentano giusti e moralmente superiori; non lo assimilo neppure a quegli scrittori e professori che hanno scoperto quanto sia comodo e redditizio fare la coscienza critica di Israele con i media internazionali, distribuendo condanne e invocando boicottaggi. So che il suo è un pensiero assai più lucido e razionale. E' ovvio che ci sono delle considerazioni strategiche dei rapporti di forza che potranno costringere Israele a evacuare parte degli insediamenti ebraici in Giudea e Samaria – anche se il risultato di simili operazioni in Cisgiordania, nel Libano meridionale e a Gaza non è stato proprio vantaggioso come ci si aspettava. (Prima o poi riusciremo a leggere un'analisi davvero critica degli accordi di Oslo da cui potremo ragionare sui pregi e sui difetti dell'intera strategia della cessione di territori in cambio di una pace che non vuol proprio arrivare.)
Ma il rifiuto del prof. Dalla Pergola di identificarsi con i "coloni", nel suo pezzo di giovedì scorso, è motivato proprio secondo gli stereotipi di cui ho parlato: in sostanza i "coloni" (tutti?) sarebbero disobbedienti alle leggi, avrebbero comportamenti disordinati di fronte alla polizia. Siamo sicuri che il problema sia questo? Non mi sembra che Israele sia un posto molto politicamente disciplinato, non credo che la propensione al reato di un abitante di Ariel sia maggiore di un cittadino di Tel Aviv o Petah Tiqva. Mi piacerebbe leggere delle statistiche.
Il punto è ovviamente politico e non moralistico o criminologico. I "coloni" rappresentano la spinta al ritorno all'"eredità" di Eretz Yisrael che è stata la missione del sionismo: alcuni sono più religiosi della media degli israeliani; ma non tutti. Essi comunque indicano con la loro presenza il precario e appassionato rapporto che tutto il popolo ebraico ha con la sua terra. Fa molto comodo illudersi che la ragione dell'odio arabo sia la loro "occupazione", quella del '67. In realtà "l'occupazione" che gli arabi voglio eliminare è quella del '48, la creazione di Israele, e magari anche più indietro, fino all'Yishuv, alla Prima Guerra Mondiale, alla Seconda Aliah.
L'abitante di Tel Aviv o Haifa che pensa di stare dalla parte del giusto e di scampare il conflitto dicendo di non essere un "colono" si illude, con tutte le conseguenze che ho elencato. Si può dire certamente che non si condivide il progetto degli insediamenti oltre la linea verde, che è meglio cedere quei territori. Ma senza disprezzare chi invece in quel progetto crede, senza trasformarlo in una questione di polizia. Avendo la giusta solidarietà per i "coloni" che sono oggi non le uniche ma le "privilegiate" vittime del terrorismo. E soprattutto assumendosi l'onere della prova di un altro progetto strategico quello del ritiro nelle linee del '49 con qualche scambio che difende Dalla Pergola. Un progetto che ha la sua razionalità, ma dipende pesantemente dall'idea di una volontà araba di trovare un compromesso con Israele e di una capacità del mondo occidentale di garantirlo. Entrambe premesse che oggi appaiono molto dubbie. Anche perché, che lo vogliamo o no, che lo sappiamo o no, agli occhi degli uomini di Hamas come di quelli di Fatah, dei fratelli musulmani che in Egitto hanno vinto e degli uomini di Al Queida in Libia che stanno perdendo, come di centinaia di milioni di arabi buoni e cattivi, noi effettivamente siamo tutti coloni. Anzi Jahud, ebrei - e già solo per questo esseri inferiori che non possono essere giusti ma solo arrendevoli.

Ugo Volli


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