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 15 aprile 2011 - 11 Nisan 5771
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Riccardo Di Segni Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

Il dieci di Nisan, la data di ieri, ricorda il giorno in cui agli ebrei in Egitto fu ordinato di prendere un agnello o capretto per ogni famiglia, da sacrificare alla vigilia di Pesach. Era un gesto di clamorosa rottura con il mondo circostante, che aborriva i pastori e i loro usi e non si cibava di carne (ma riduceva gli uomini in schiavitù). Il Pesach (nel senso originario di sacrifico pasquale), simbolo della liberazione dall'Egitto, nasce come una rivendicazione culturale-religiosa in totale opposizione alla mentalità corrente, in modo assolutamente non "politically correct". In questi giorni il parlamento olandese discute una legge per imporre il cosiddetto "stordimento" (colpo di pistola, gassazione, scarica elettrica) prima della macellazione rituale, proibendo di fatto la shechità. La richiesta nasce dalla convergenza di concezioni animaliste e politiche xenofobe, con l'intenzione apparente di colpire i musulmani; ma la loro macellazione non ha le stesse attenzioni antidolorifiche della nostra shechità e la maggioranza dei musulmani accetta lo "stordimento". Per cui la proibizione è solo una misura antiebraica. La grave decisione non avrà solo un impatto locale, il rischio è che si scateni un effetto domino di imitazione in altri paesi europei. Dal punto di vista scientifico la dimostrazione che la shechità sia più dolorosa dello "stordimento" non c'è, il problema è controverso, e la discussione verte su pochi secondi di maggiore o minore coscienza. Ma per gli animalisti non c'è discussione, solo certezza. E per gli ebrei, ammesso e non concesso che si riesca a dimostrare questa presunta maggiore sofferenza, le cose non cambierebbero, al massimo si diventerebbe tutti vegetariani (qualcuno in effetti la pensa già così). L'antico modello biblico del Pesach, che riportiamo alla memoria in questi giorni, dimostra come in questa discussione la scienza c'entri solo marginalmente e che ci si trovi di fronte a un vero e proprio scontro di culture, o se si vuole, a una guerra di religioni.
Sonia
Brunetti
Luzzati,
pedagogista


Sonia Brunetti Luzzati
David ha nove anni e quando torna da scuola la mamma gli chiede, come al solito “Cosa ti hanno insegnato oggi?” La morah Hannah ci ha raccontato che Mosè, come inviato del Mossad, si è introdotto dietro alle linee nemiche per una missione speciale: liberare gli ebrei intrappolati in Egitto. La prima fase della fuga è riuscita perfettamente ma quando sono arrivati davanti al Mar Rosso, Mosè ha ordinato ai suoi ingegneri di costruire un ponte. Una volta che tutti sono passati dall’altro lato, per evitare che l’esercito egiziano li potesse raggiungere, ha chiamato col suo cellulare il quartier Generale che immediatamente ha inviato i bombardieri per distruggere il ponte. Così il mare ha travolto gli egizi e tutti gli ebrei si sono salvati. La mamma incredula al racconto di David gli chiede seria: “Questo è quello che ti ha raccontato la maestra?” “In verità no. Però se ti racconto la sua versione non mi crederesti!”. Pesach kasher ve sameach a tutti i lettori.

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davar
A Ferrara la Notte bianca della cultura ebraica
Conferenza stampa - Calimani - GattegnaCultura ebraica, novità editoriali e una Notte bianca caratterizzeranno ai primi di maggio la Festa del libro ebraico che giugne quest'anno a Ferrara alla seconda edizione. 
Presentata ieri, nella sala della biblioteca delle Arti del Ministero per i beni e le attività culturali, la seconda edizione della Festa del libro ebraico in Italia (a Ferrara dal 7 al 9 maggio), patrocinata oltreché dal Ministero per beni e le attività culturali, dalla Regione Emilia-Romagna, dalla Provincia e dal comune di Ferrara, dall'Università degli studi di Ferrara, dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, dall'Unione Giovani Ebrei d'Italia e dalla Comunità ebraica di Ferrara, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara. Nella stessa occasione è stata presentata anche la mostra “Meis, architetture per un museo”, che prenderà il via l'8 maggio al Palazzo dei Diamanti e si protrarrà fino al 12 giugno, dedicata ai cinquantadue progetti che hanno partecipato al concorso di progettazione del futuro Museo nazionale dell'ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara.
E' infatti proprio il Meis il promotore della Festa del libro, che sarà, secondo il presidente del Museo Riccardo Calimani, anche “l'occasione per ribadire l'importanza di un museo che a breve diventerà realtà”.
logoAlla conferenza stampa indetta per l'occasione hanno preso la parola oltre al presidente Calimani, il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, il direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna Carla Di Francesco, e l'assessore al bilancio del comune di Ferrara Luigi Martin.
Calimani ha dato il via agli interventi presentando l'iniziativa ferrarese dedicata alla  letteratura ebraica e anticipandone gli eventi in programma. Dalla prima notte bianca ebraica d'Italia, cui sarà dedicata la giornata di sabato 7 maggio, che sarà un susseguirsi di mostre, spettacoli di musica Klezmer e letture animate, fino agli eventi previsti per  lunedì, giorno di chiusura della Festa del libro. “Questa iniziativa, alla sua seconda edizione – ha affermato Riccardo Calimani - nasce dalla constatazione di una notevolissima produzione di libri di stampo ebraico così sproporzionata rispetto al numero degli ebrei italiani, che per eccesso affermo essere 25 mila, questa vivacità culturale è la stessa che ci ha convinti a realizzare un museo, che non sarà costituito solo di un area espositiva ma prevede la realizzazione di laboratori culturali e pedagogici volti a mettere a frutto il patrimonio di saperi, attività, idee ed esperienze testimoniate appunto dalla presenza ebraica in Italia”.
Dopo aver ricordato la selezione del progetto vincitore per la realizzazione del MEIS e quindi annunciato che ora il progetto sta entrando nel vivo della sua realizzazione, Calimani ha dato la parola al presidente Renzo Gattegna.
“La nostra volontà - ha affermato Gattegna - è che questo Museo non sia concentrato solo sugli orrori della Shoah, su questo terribile momento buio della nostra storia, ma che racconti la storia del popolo ebraico nella sua interezza, e ne rispecchi la vitalità, auspico che i progettisti tengano conto di questo”.
Gattegna ha chiuso il suo intervento presentando gli ultimi due acquisti del comitato scientifico del Museo, che ne hanno arricchito e completato l'organico, Bice Migliau e Adachiara Zevi.
Salutando i presenti la Migliau e la Zevi hanno entrambe comunicato la gioia e l'onore provati nell'aver avuto la possibilità di entrare nel team che porterà alla realizzazione di questo importatissimo progetto.
A seguire ha preso la parola l'architetto Carla Di Francesco, nonché presidente della commissione selezionatrice del vincitore del bando per la realizzazione del Museo. La Di Francesco ha concentrato il suo intervento sulla mostra  “Meis, architetture per un museo”, affermando ironicamente che visitando la mostra “avrete la possibilità di scegliere il vostro progetto preferito che potrebbe non essere quello da noi scelto”.
Ha chiuso gli interventi l'assessore del Comune di Ferrara: “Quello che presentiamo oggi è la Carta d'identità della città di Ferrara, che dimostra come in momenti di crisi economica si possa comunque investire in qualità piuttosto che in quantità. Un Museo e una Festa della letteratura che ci dicono molto sul legame della città con la sua storia e con l'ebraismo italiano, un'identità attenta alle pluralità delle tradizioni culturali e religiose. Queste iniziative sono l'espressione della nostra città e delle scelte economiche per il suo sviluppo”.

Valerio Mieli

Qui Roma - Il ritorno delle ciambellette
PitiglianiSono oltre duecento le famiglie ebraiche romane a cui è stata data la possibilità di cucinare le ciambellette di Pesach, dolce cui gli ebrei romani, soprattutto durante queste festività, sono particolarmente affezionati. L'iniziativa è stata ideata dall'Istituto Pitigliani e ha trovato la collaborazione entusiastica dell'ufficio rabbinico, che si è messo a disposizione per i dovuti controlli di kasherut. E così, grazie alla direttrice Ambra Tedeschi e al suo staff, l'Istituto Pitigliani, per dieci giorni, si è trasformato in un forno per ciambellette e pan di spagna. Sono stati messi a disposizione dei partecipanti gli ingredienti: farina, uova, zucchero e olio strettamente kasher e alle famiglie romane non è rimasto altro che portare la ricetta di famiglia e mettersi all'opera. L'iniziativa proseguirà fino a domenica ma i posti sono già tutti prenotati. Chi non c'è la fatta non se ne abbia a male, sarà per il prossimo anno. L'iniziativa è destinata a ripetersi.

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pilpul
Se l'audience di Mel Gibson vale più di Pesach
Alberto CavaglionVedo che lunedì prossimo, sera del Seder, La 7 annuncia uno speciale durante il quale verrà proiettato e discusso il controverso film di Mel Gibson, La passione. Sarà una mera coincidenza, proprio la sera di Pesach. Non ho dubbi sul fatto che verranno messi in luce anche i limiti di quest’opera, ma l’idea mi sembra infelice. Esprimo il mio disagio proprio perché l’idea è venuta a una rete televisiva che suscita la mia simpatia. Ovviamente la mia indignazione non nasce per ragioni, come dire, confessionali. Protesterei con eguale energia se la sera del Venerdì Santo venisse proiettato e discusso un film violentemente anticlericale o semplicemente laicista. Parlo a nome di chi, non credente, deve sempre far sentire la sua voce in nome della libertà religiosa.
Ci sono delle cose che non si fanno, per rispetto verso gli altri. Un tempo si sarebbe detto per rispetto verso persone per le quali una Messa vale assai più di Parigi e Pesach vale assai più di qualche punto di audience.

Alberto Cavaglion

In ogni generazione
Anna Segre“In ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto” leggiamo durante il seder. Per simmetria dobbiamo supporre che gli ebrei che uscirono dall’Egitto avessero il dovere di considerarsi come noi. In effetti il precetto di raccontare ai figli dell’uscita dall’Egitto precede nell’Esodo l’uscita stessa, aprendo una porta sul futuro: “E quando i vostri discendenti vi chiederanno: Che cosa significa per voi questo rito? voi risponderete: Questo è il sacrificio pasquale in onore del Signore, il quale passò oltre le case dei figli d'Israele, quando percosse l'Egitto e preservò le nostre dimore". Si dice chiaramente che il sacrificio pasquale (Pesach) deriva dal verbo “passare oltre”, anche se questo “passaggio oltre” in quel momento non è ancora avvenuto. Si dice anche che il sacrificio deve essere mangiato “con azzime ed erbe amare”: non è chiarito esplicitamente il motivo, ma mi immagino quei nostri antenati “con la cintura ai lombi, con i sandali ai piedi, con il bastone in mano” mentre spiegano che l’azzima è in ricordo del pane che di lì a poco non farà in tempo a lievitare e l’erba amara serve per ricordare come cosa passata (anche se per loro è ancora presente) l’amarezza della schiavitù. Li immagino anche mentre bevono quattro bicchieri di vino, ascoltano il più piccolo tra i presenti che intona Mah Nishatanah, discutono, si scambiano le ricette del charoset e dei biscotti, cantano filastrocche; e intanto pensano a noi che festeggiamo allegramente, a Ester e Mordechai che digiunano, ai cinque rabbini di Benè Berak che discutono tutta la notte e forse tramano la rivolta contro i romani, a tutti gli ebrei che molte volte nel corso dei secoli avrebbero festeggiato la libertà chiusi nei ghetti, nascosti o in fuga, alla rivolta del ghetto di Varsavia. Confesso che non fatico a immaginare Moshè, Aron e Miriam che recitano il Rituale della Rimembranza, ma ancora più facilmente li immagino mentre discutono animatamente sull’opportunità o meno di recitarlo. Auguro a tutti un Pesach kasher ve-sameach.

Anna Segre, insegnante

Kasherut disorientata
Gadi PolaccoL' "affaire dolcetti", caratterizzante Pesach 5771, diviene sempre più emblematico, intrigante e disorientante. Ripercorriamolo in sintesi: il primo passo avviene a febbraio mese nel quale, ad esempio, una Comunità avvisa gli iscritti e anticipa che proporrà delle alternative per Pesach. A ridosso della festa giungono la comunicazione del Rabbino competente per territorio e a ruota l'ulteriore ratifica del Consiglio dell'Assemblea rabbinica. I noti dolcetti non sono dunque kasher per Pesach 5771 nonostante detengano una certificazione estera. Disorientante, come viene commentato, ma chiaro, e occorre riconoscerlo, in controtendenza perché in genere siamo noi italiani a recepire indicazioni di autorità terze.
Accade però poi che da una Comunità  arrivi un'indicazione "equivicina" alle due posizioni: l'Assemblea rabbinica vieta ma il prodotto ha la certificazione di un Rabbino evidentemente ritenuto altrettanto autorevole, pertanto ciascuno si regoli con libertà di scelta.
Che dire? Posizione pragmatica (della serie "tanto ciascuno opera come vuole"), rigolettiana (questa o quella per me pari sono), tattica o forse alla Don Abbondio?! Quale sia l'interpretazione preferita il tutto penalizza e disorienta il consumatore kasher al quale già non mancano problemi, difficoltà e incertezze (ad esempio circa una nota mozzarella e una "margarina" che poi tale non è, solo per citare casi recenti).
Se poi il bistrattato consumatore kasher italiano visionasse in questi giorni, in particolare, liste estere ma di questo mondo (ortodosse e di primario livello) reperibili e facilmente consultabili, ne uscirebbe ulteriormente frustrato, disorientato e irritato.
E allora, specialmente dopo un Congresso che ha chiaramente vincolato, anche in termini di spesa, UCEI e Assemblea rabbinica ad agire per una kasheruth diffusa, accessibile e chiara, non mi pare velleitario chiedere che si agisca in tal senso concretamente e celermente per fornire affidabili linee guida, su prodotti e certificatori, così da darmi una motivazione, per fare un ultimo esempio pratico, sul perché debba pagare, almeno in "periferia", 3,5 euro una bottiglia di una nota bevanda che altrove, per quanti non seguono la proibizione per Pesach delle kitniot, é autorizzata senza necessita' di certificazione...
Moadim lesinchà

Gadi Polacco, Consigliere della Comunità ebraica di Livorno

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Finisce in tragedia il rapimento
dell'attivista Vittorio Arrigoni

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Ucciso immediatamente dopo il sequestro. Questa la tragica fine dell'attivista filopalestinese Vittorio Arrigoni, italiano, rapito ieri mattina nella Striscia di Gaza da un commando ultra-estremista salafita. L'attivista italiano erano molto noto a Gaza dove lavorava da tempo per conto dell'International Solidarity Movement, una Ong votata alla causa palestinese. Il suo corpo senza vita è stato trovato in un appartamento di Gaza City dai miliziani di Hamas, a conclusione di un'irruzione compiuta nel cuore della notte e diverse ore prima della scadenza dell'ultimatum, che i sequestratori avevano fissato in teoria alle 16 di oggi, per il rilascio dei loro "confratelli" detenuti. Ma secondo un primo esame Arrigoni sarebbe stato già ucciso ieri, probabilmente strangolato con un cavo metallico o qualcosa di simile.

 
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