se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai  click qui

21 aprile 2011 - 17 Nisan 5771
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
rav riccardo di segni Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
La full immersion, l'immersione totale nei riti di Pesach non deve far dimenticare l'enorme carica di idee e di aspirazioni alla libertà dalla schiavitù che questi riti trasmettono. Come "in ogni generazione ciascuno deve considerarsi come se fosse uscito personalmente dall'Egitto", così in ogni generazione l'aspirazione alla libertà trasmessa dalla storia dell'Esodo impatta duramente sia sull'identità ebraica che sul modo con cui gli altri interpretano le aspirazioni ebraiche. Per molti ebrei l'aspirazione alla libertà è l'essenza dell'ebraismo e di conseguenza praticano l'essenza e trascurano l'ebraismo. Per molti altri che lottano per la libertà o per quella che pensano sia la libertà il fermento ebraico è un ricordo del passato, o qualcosa da cancellare, e la presenza ebraica attuale è tradimento della storia e incomprensione dei suoi luminosi progressi. Pesach sembra fatta apposta per rivivere questo drammatico teatrino, ogni anno in forma diversa, ora religiosa, ora politica, ma nella sostanza sempre uguale. Distinguendo nettamente tra buoni e cattivi, o tra "oppressi e oppressori" (come ha detto una madre in questi giorni famosa), emarginando, colpevolizzando e deligittamando chi osa pensarla diversamente e usa buonsenso e parole di pace; non ponendosi "quattro domande"  ma dando solo una risposta. Ma Pesach, oltre a essere la festa delle azzime, è la festa delle domande.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
È necessario a volte sollevare lo sguardo dalla circostanza del momento e dalla grande massa notiziaria del quotidiano, e spingerlo un poco oltre, verso eventi che ancora non sono accaduti ma probabilmente si verificheranno, inducendo un'ampia messe di conseguenze. Si comincia a parlare della prossima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, in settembre, nel corso della quale potrebbe essere proposto il riconoscimento di uno Stato Palestinese. Data la composizione e le regole di gioco dell'ONU, la proposta potrebbe raccogliere facilmente l'appoggio di almeno 150 paesi, e non essendoci in Assemblea il diritto di veto come al Consiglio di Sicurezza, si creerebbe un fatto compiuto di notevole impatto sulla situazione strategica di Israele e di tutto il Medio Oriente. L'ipotesi qui prospettata – senza alcun rapporto con la capacità effettiva di autogestione da parte dell'Autorità palestinese – dimostra quanto sia cambiato negli ultimi anni l'equilibrio delle forze geo-politiche nel mondo, non necessariamente a favore di Israele. Suggerisce anche quanto sia necessario per Israele sviluppare nuove strategie lontane dalla teoria "quel che è stato è quel che sarà". In Israele esiste la consapevolezza che a settembre potrebbe scatenarsi un vero Tzunami politico. Speriamo che esistano anche i meccanismi di pianificazione politica in grado di attenuare le conseguenze negative dell'ondata d'urto, e anzi capaci di trasformarla in un'ondata di energie positive. Certo non potrà valere la giustificazione udita in altre circostanze: siamo stati colti di sorpresa. 
torna su ˄
davar
Qui Roma - Lo sport ponte di dialogo
romaLo sport oltre le incomprensioni. Lo sport come magnifico ponte dialogico per costruire legami dove la diplomazia politica “classica” stenta. Grandi emozioni a Roma per l’incontro tra i presidenti dei Comitati olimpici di Israele e Palestina svoltosi ieri in Campidoglio alla presenza del sindaco Gianni Alemanno, del vicepresidente del Comitato Olimpico Internazionale Mario Pescante e del presidente del Coni Gianni Petrucci. Incontro che verrà suggellato stasera all’Auditorium Parco della Musica dove il primo cittadino della Capitale, in occasione del concerto Lo Sport per la Pace che celebrerà l’odierno 2764esimo anniversario della fondazione di Roma, consegnerà a Zvi Varshiavak e Jibril Rajoub il prestigioso riconoscimento della Lupa Capitolina. Si tratta di un momento fondamentale nel percorso comune intrapreso dai due enti. Un percorso ricco di sfide che ha tra i suoi obiettivi più suggestivi il sostegno del Comitato israeliano nella preparazione degli atleti palestinesi in vista dei Giochi Olimpici di Londra 2012 come anticipato durante un precedente meeting svoltosi a Losanna in gennaio alla presenza del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon. Per l’accordo sulle modalità di collaborazione, processo in fieri che segue una road map impostata dal presidente del Cio Jacques Rogge, ci sarà da attendere il mese di maggio con un terzo incontro che si svolgerà ancora in Svizzera. Il piano delineato da Rogge prevede che Israele metta a disposizione della delegazione palestinese strutture adeguate per gli allenamenti mentre dall’Europa arriverebbero a supporto tecnici e allenatori. Non è stato ancora messo nero su bianco sull’accordo ma l’appuntamento romano è comunque un simbolico passo avanti. Ne è convinto Alemanno che esalta il grande significato dell’iniziativa: “Non è la prima volta che lo sport arriva prima della diplomazia – dice Alemanno – e questo è un messaggio importante soprattutto per i giovani perché insegna a non rinunciare ai propri valori e alla propria storia. Si può competere con antagonismo e senza odio”. Compiacimento per gli ultimi sviluppi è stata espressa anche dalle parti in causa. Rajoub ha messo in evidenza il fatto che una soluzione per il processo di pace possa avvenire non solo tramite i negoziati politici ma anche attraverso “atti che promuovano i valori dello sport”. Come quello in via di definizione che potrà però ritenersi valido, spiega Rajoub, solamente se saranno assicurate libera circolazione degli atleti palestinesi e libero ingresso ai funzionari sportivi stranieri. “È un diritto di cui godono tutti gli atleti del mondo” commenta il numero uno del Comitato palestinese. Che accoglie gli auspici del suo omologo israeliano. Nel sottolineare il ruolo del Comitato da lui presieduto come istituzione attiva nel rispetto dei diritti Varshiavak afferma infatti il grande sogno di arrivare presto a un giorno in cui gli atleti di entrambi i Paesi “possano partecipare a eventi sportivi muovendosi in piena libertà senza più vedere scene orrende come accadde a Monaco”. Torna quindi nelle parole di Varshiavak la tragica ferita della Olimpiadi del 1972, teatro di una terribile azione terroristica orchestrata dai palestinesi di Settembre Nero che uccise undici tra atleti e tecnici della delegazione israeliana. Un’azione spregevole di cui ricorrerà nel 2012 il quarantennio, un’azione che pesa inevitabilmente come un macigno quando si parla di sport, Israele e Palestina. Adesso la grande opportunità di percorrere un cammino di parziale cicatrizzazione di questo triste passato. Passo dopo passo, mani tese e abbracci che possono segnare un nuovo inizio. L’operazione vedrà il pieno sostegno dell’Italia: “Aiuteremo con tutte le nostre forze questi Paesi amici per giungere con lo sport dove la politica non arriva” promette Petrucci. Al termine dell’incontro in Campidoglio Varshiavak ha formalmente invitato Alemanno al plenum del Maccabi in programma in Israele a fine maggio e formulato il proprio augurio affinché i Giochi Olimpici del 2020 siano assegnati alla Città Eterna. A coronamento del suo soggiorno romano un incontro in calendario domani mattina con il presidente UCEI Renzo Gattegna e con il consigliere e presidente della Federazione Italiana Maccabi Vittorio Pavoncello. I due lo accompagneranno alla scoperta dei luoghi simbolo di Roma ebraica. Previsti nell’itinerario una visita al ghetto in Portico d’Ottavia, al Tempio e al Museo Ebraico.

Adam Smulevich 

torna su ˄
pilpul
Senza notizia
Il Tizio della SeraIl Tizio della Sera legge il giornale. Anche oggi, la regola dei morti grandi e piccoli. Coi titoli di scatola e col trafiletto. Non si è mai capito come vada. Questo fatto gli riempie le vene e i capillari, sale tutto un rigurgito di sangue e il viso diventa color barbabietola. I morti, scusa, sarebbero di eguale misura. Straricchi e strapoveri, partono tutti e due. Quel povero italiano con il cappellino, che sembrava un pescatore siciliano, era famoso. Prima non gli stava simpatico per via di certe parole che lasciamo perdere, poi gli ha fatto una gran pena nella foto dove lo tengono per i capelli come fosse pollame. E gli fa ancora pena per l'altra cosa: che lo hanno tradito quelli che amava più di tutto al mondo. Proprio loro lo hanno sbranato. Di lui non hanno dato proprio la notizia che tutti vorrebbero conoscere, gli ultimi pensieri di un poveruomo. E poi ci sono i morti senza notizia, eppure la loro morte sarebbe una notizia: c'erano e non ci sono più, e secondo il Tizio c'è differenza. I senza notizia più recenti stanno a Gaza. Sono quelli che fanno il mestiere velocissimo dello scudo. Li mettono nei depositi di armi travestiti da casa normale, a ricevere le bombe di Israele e loro partono per quel viaggio. La cosa funziona così: appositi razzi sono sparati sulle cittadine dell'entità sionista, loro muoiono e il mondo vede chi sono gli Israeliani. I senza notizia ricevono l'elemosina di un trafiletto e non hanno i soliti nomi, Omar, o magari Mohammed. hanno delle cifre. Un giorno 10, uno 8. A seconda dei morti. Alla fine della fila ci sono i senza notizia israeliani. Il nome si conoscerebbe perché lì ne parlano, poi qui no perché sono morti rari e  poi perché sono israeliani. D'altra parte, se fanno in tempo a scappare in cantina e non muoiono mai, è chiaro che i giornali si distraggono. L'altro giorno è morto un senza notizia israeliano. Aveva sedici anni. Non se n'è accorto nessuno, a parte lui. Il razzo di Gaza è arrivato, lui era seduto in autobus e non poteva mica scappare. Lo hanno portato in ospedale e dopo qualche giorno, hai visto, è morto. Anzi, non hai visto: niente alla Tv e niente sui giornali. Neanche il nome e la cifra era troppo piccola: 1. Era Daniel Wiplich. Lui e i civili palestinesi sono sepolti più nei media che nella tomba.         

Il Tizio della Sera

Ebraismo e democrazia
AssaelPer contingenze storiche a mio giudizio ancora riferibili a quel trauma tutt’affatto elaborato che è stato l’11 settembre 2001, da più parti si levano in questi mesi attacchi alla ritualità ebraica, rea di contraddire il dogma, che come tutti i dogmi a volte non fa mancare di palesare la sua astrattezza, dei principi universali, dapprima riguardanti l’uomo, poi estesi, con coerenza logica ed etica, al mondo animale. È il caso della messa in questione della milà in Germania o della macellazione rituale in Olanda, cui è stata dedicata attenzione anche su queste pagine. Come tutti, sono anch’io turbato da questi attacchi, soprattutto perché, vivendo questo periodo storico, so bene su quale china ideologica si pongano. Ed in aggiunta, come ebreo, le polemiche non possono che farmi venire in mente film già visti (penso, tra l’altro, che al fine di sviluppare un’etica interdipendente fra l’ebraismo della diaspora e Israele sarebbe un giorno fruttuoso meditare su queste paure comuni che diffondono la percezione dell’ebreo della galut come straniero in terra straniera e di Israele uno Stato straniero in una terra non propria). Credo, però, che bisogna stare attenti a far passare il messaggio che questi episodi rinviino a un’incompatibilità fra democrazia occidentale e tradizione ebraica, sulla scia dell’operazione che si sta compiendo, non so quanto propriamente, con il mondo islamico. L’Occidente, anche se avrà uno sviluppo proprio segnato in modo indelebile dal cristianesimo, nasce con l’identità israelita, che per prima individua diritti trasversali ai diversi popoli. È l’ebraismo a sostituire a un limite etnico, con mera funzione di principio d’ordine, un limite di natura morale, valido in tutti i contesti politico-culturali. Sarà poi una forma di universalismo astratto, incarnato di volta in volta dal cristianesimo, dall’illuminismo e dal marxismo ad estendere questo limite all’infinito senza contare le conseguenze degenerative di un simile gesto. I problemi oggi postici rinviano, a mio giudizio, ad una ridefinizione del limite normativo e sono del tutto affrontabili attraverso il dibattito halakhico che caratterizza la tradizione di Israele. Non dobbiamo farci imporre il dibattito da nessuno, semmai mostrare come queste domande abbiano inizio anzitutto con noi.
Secondo la mia sensibilità, per dare più forza alla nostra voce, sarebbe auspicabile che a questo dibattito partecipassero tutti gli ebrei di “buona volontà”, anche coloro che una “riforma” la invocano da tempo anticipando proprio quelle mosse che la politica oggi sembra compiere. Non vorrei arrivasse un giorno qualcuno (ed il vento in Europa comincia a portare notizie sinistre, dall’Ungheria, alla Francia, all’Olanda, alla Svezia, alla Danimarca, fino alle proposte di abolizione delle leggi che vietano la ricostituzione del partito fascista) che ci ricordasse che siamo tutti ebrei alla stessa maniera.

Davide Assael, ricercatore


torna su ˄
notizieflash   rassegna stampa
Frattini: "Preoccupazione per l'uso
delle armi chimiche 

  Leggi la rassegna

Il ministro degli Esteri Franco Frattini nella relazione annuale al Parlamento sull'attuazione della convenzione di Parigi del 29 aprile 1997, scrive che il piano internazionale per lo smaltimento da parte degli Stati delle armi chimiche procede bene anche se lentamente, "ma desta particolare preoccupazione l'eventuale impiego di questo tipo di armi da parte di soggetti non statuali".
»


 

Forse non tutti sanno che, nella scorsa settimana, è stato dimenticato di citare il decimo “anniversario” dell’inizio dei lanci di razzi sparati dalla Striscia contro Israele; il primo lancio avvenne il 16 aprile 2001, e da allora numerose furono le vittime, tra le quali 4 bambini. Prima del ritiro voluto da Sharon, i lanci furono 280 nel 2004 e 170 nel 2005, ma salirono a 946 nel 2006 e 2048 nel 2007. »

Emanuel Segre Amar
torna su ˄
linee
Pagine Ebraiche 
è il giornale dell'ebraismo italiano
ucei
linee
Dafdaf
Dafdaf
  è il giornale ebraico per bambini
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.