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28 aprile 2011 - 24 Nisan 5771
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rav riccardo di segni Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
Ecco un piccolo esempio di dialettica ebraica. Su un motivo attuale, di cui già si è discusso qui ieri: il sacro o il santo, titolo della parashà di questo Sabato, che inizia con il precetto, o la sollecitazione ad essere qedoshim (Lev. 19:1), sacri o santi, al plurale. Un termine che indica una condizione speciale, separata, ma che la tradizione interpreta in modi differenti. La sacralità si realizza, secondo alcuni Maestri, nell'osservanza di alcune norme specifiche come quelle che vengono elencate subito dopo nel testo; secondo altri Maestri, nell'astensione dai divieti sessuali specificati al capitolo precedente; secondo altri ancora dall'astensione dagli eccessi, perché anche l'indulgenza eccessiva nella frequentazione delle cose permesse può portare a comportamenti aberranti; altri ancora spiegano che la separazione/santità deve essere visibile, quindi non basta astenersi ma bisogna segnalarsi con atti e segni (come tzitzit e tefillin). L'invito/precetto alla santità (se sia un precetto a parte è oggetto di discussione) è rivolto "a tutta la comunità dei figli d'israele", e anche qua si discute perché; c'è chi lo spiega come un messaggio agli stranieri che si convertono e vengono ad abitare in mezzo a noi, che non dovranno limitarsi ad osservare i divieti sessuali, ma dovranno seguire tutto, a cominciare dal rifiuto dell'idolatria; qualcun altro più semplicemente spiega che il modello della santità non è destinato e rivolto a persone eccezionali, ma ognuno può realizzarlo. Qedoshim tihiu. "Siate Santi", tutti quanti.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Il nuovo attentato al gasdotto presso El Arish nel Sinai, e la seconda interruzione - questa volta prevista nei tempi lunghi - delle forniture dall'Egitto a Israele, aggiungono rilievo al sondaggio di ieri sulle opinoni politiche degli egiziani. Non solo una maggioranza del 54 per cento si è espressa a favore dell'abrogazione del trattato di pace con Israele, contro il 36 per cento di favorevoli a mantenerlo in funzione. Il 75 per cento degli intervistati hanno una buona opinione dei Fratelli Musulmani, il 62 per cento pensano che le leggi in Egitto debbano essere basate sulle istruzioni del Corano, e il 31 per cento sono vicini a posizioni islamiste fondamentaliste, anche se solo il 17 per cento vorrebbero al potere un partito islamico. L'82 per cento pensano che il problema principale sia la situazione economica, il 60 per cento pensano che la libertà di parola sia importante, il 43 per cento chiedono di allontanarsi dagli Stati Uniti (che pure inviano cospicui aiuti economici all'Egitto) mentre il 15 per cento chiedono un riavvicinamento. Su queste basi, noti analisti occidentali ritengono che qualche prudente previsione sia possibile in Egitto dove la transizione è nelle mani dell’esercito, vale a dire di una istituzione con cui hanno una certa familiarità. Intanto il numero dei morti nelle dimostrazioni in Egitto è arrivato a 846. In Siria sono oltre 400, in Libia difficile dire – fra i 600 e i 6000.
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davar
La Shoah, Israele e l’ebreo diasporico
davarIl Novecento è stato per l’ebraismo un secolo da dimenticare. La crisi che ha prodotto nella psicologia ebraica è una ferita che ci porteremo dentro per un tempo inimmaginabile; come se la storia non ci avesse già segnato a sufficienza l’animo e la mente, lasciando nel nostro inconscio collettivo lo sfregio delle sue cicatrici. Il Novecento ha confermato e ha legittimato in noi antichi sentimenti: sospetto, paura, sfiducia, tentazione di fuga, il pensiero a un passaporto sempre valido; e un senso di precarietà che da ansia si è nel tempo trasformato in consuetudine.
A dare sicurezza all’ebreo, dopo la Shoah, ce lo diciamo di continuo, è stata la nascita dello Stato di Israele. Ma se Israele ha rappresentato una rinascita dopo la tragedia, la gioia di quella rinascita ha anche portato con sé qualche complicazione di vita e di sentimenti. La Shoah e Israele hanno costituito per l’ebraismo una complicazione del sentire.
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Dario Calimani, Università di Venezia

Qui Torino - Fuori dal ghetto, il 1848 degli ebrei
torinoFinalmente italiani! Nel 1848 l'editto di Carlo Alberto permette agli ebrei di godere di tutti i diritti civili e, quindi, di uscire dai ghetti.
Ieri sera, al Teatro Gobetti di Torino, la prima del recital teatrale "Fuori dal ghetto. Il 1848 degli ebrei", tratto dall'omonimo volume di Giorgina Arian Levi e Giulio Disegni.
Per la regia di Pietra Selva, musica e poesie di Primo Levi e Paul Celan si sono alternate a letture, riprese dal libro, su cosa significò la promulgazione dello Statuto Albertino per le minoranze religiose, in particolare per quella ebraica.
Tullio Levi, presidente della Comunità Ebraica di Torino, ha voluto sottolineare come questo percorso che ha portato gli ebrei italiani fuori dai ghetti sia stato non solo frutto di una concessione del sovrano, bensì di una autoemancipazione, e ha quindi voluto ricordare la figura di Rav Lelio Cantoni, Rabbino Capo di Torino dal 1833 fino alla sua morte, avvenuta nel 1857, "l'uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto", che ha saputo guidare la Comunità Ebraica della sua città nella rivendicazione dei propri diritti civili.
Il Comune di Torino, rappresentato dall'assessore Marta Levi, ha infine voluto ringraziare la Comunità Ebraica per il notevole contributo apportato alla celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia; anni che hanno visto la minoranza ebraica uscire finalmente dai ghetti, dopo secoli di segregazione, e conquistare quei diritti civili propri di ogni cittadino.

Manuel Disegni - Tommaso De Pas 

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pilpul
Lo sapevate che 
Il Tizio della SeraCome se avesse attraversato l'Oceano e scoperto l'America dopo tutta quell'acqua, l' Europa si è accorta che mentre era in salotto e guardava la Tv, i popoli arabi erano governati da regimi anche violenti. Non solo quel Mubarak non era moderato come sembrava, ma Gheddafi non era un uomo elegante di una certa età, con gli  occhiali da sole e il turbante alla Lawrence d'Arabia. Era un dittatore. Adesso l'ultima: in Siria non c'è il socialismo. Di questo passo tra un po' Israele è l'unica democrazia in migliaia e migliaia di chilometri.  E' vita questa?

Il Tizio della Sera
 
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La sinagoga e il Museo ebraico di  Firenze aprono le porte per la Notte Bianca
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Apertura straordinaria per la sinagoga e il Museo ebraico di Firenze. In occasione della Notte Bianca in programma sabato 30 aprile nel capoluogo toscano porte aperte dalle 21.30 alle 24.00 con ingresso e visite guidate gratuite. Il tempio monumentale fiorentino, recentemente restaurato e dotato di un potente impianto di illuminazione notturna, sarà quindi al centro del ricco calendario di eventi e iniziative predisposte dal Comune e da numerosi enti che puntano a proporre un mix efficace di cultura e creatività alla cittadinanza.


 



 
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