Emanuele Artom, caduto per la
libertà, come recita la via a lui titolata nella città di Torino, è
stato uno dei protagonisti di una serata davvero densa di eventi alla
Comunità Ebraica di Torino, organizzata dall'Associazione Ex Allievi e
Amici della Scuola Ebraica di Torino.
La serata si è infatti aperta con la consegna da parte del Presidente
Tullio Levi di un certificato di riconoscenza a Emilia Bertola, in
onore dei suoi genitori, i coniugi Bertola, riconosciuti come "giusti"
per aver aiutato moltissimi ebrei durante il periodo delle persecuzioni
nazifasciste.
È seguita la proiezione del
cortometraggio di Nelo Risi, "I fratelli Rosselli", vincitore del
nastro d'argento nel 1959, appunto sulla vita, ed in particolare sugli
ultimi anni di Carlo e Nello Rosselli, "l'opposizione attiva e
l'intransigenza morale dell'antifascismo italiano".
Hanno poi commentato la lettura di alcuni brani tratti dai "Diari di un
partigiano di ebreo" di Emanuele Artom la testimonianza di Ugo
Sacerdote, amico di Artom, e la proiezione del film documentario
"Emanuele Artom, il Ragazzo di Via Sacchi" (nell'immagine a fianco e in
basso due sequenze del filmato).
È stato infine presentato il
saggio di Mario Avagliano e Marco Palmieri "Gli ebrei sotto la
persecuzione in Italia. Diari e lettere 1938-1945", un libro che
attraversa la storia italiana di quegli anni, "dalla persecuzione dei
diritti a quella delle vite", mettendo soprattutto l'accento sulla
responsabilità degli italiani in quegli anni, che si tende sempre a
sottovalutare.
Due libri e due film che, per dirla con le parole di Giulio Disegni, un
organizzatore della serata,"ci hanno mostrato l'immagine di un'Italia
che vorremmo dimenticare ma che, purtroppo, è ancora molto presente".
Tommaso De Pas
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Il professore a lezione di
Talmud
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Per molti secoli il Talmud è
stato bruciato nelle pubbliche piazze d’Europa, come nel 1553 a Campo
de’ Fiori a Roma. Gli ebrei romani si ingegnarono e ovviarono in
qualche modo al divieto ecclesiastico di possedere libri di Talmud, ma
indubbiamente lo studio divenne difficoltoso e l’interesse scemò. Una
volta abbattute le porte del ghetto di Roma, ci volle del tempo per
risalire la china. Un contributo importante per la riscoperta del
Talmud si deve al “rabbino straniero” venuto da Trieste, l’illustre
talmudista Vittorio Castiglioni, nominato Rabbino capo di Roma nel
1903. Così si legge sul “Corriere Israelitico”, nella cronaca
proveniente da Roma il 20 gennaio 1908 scritta dal rabbino Davide
Panzieri:
Il Prof.
Guidi alle lezioni di Talmud. Venerdì sera 18 corr. mentre il Prof.
Castiglioni teneva il solito limmud di Ghemarà alla presenza dei
Rabbini ebbe una gradita sorpresa. Il Prof. Ignazio Guidi, celebre
orientalista, insegnante all’Università degli Studi di Roma l’Ebraico e
l’Abissino, chiedeva di assistere alle lezioni di Talmud; figurarsi con
che gioia fu accolta tale domanda che ritornava ad onore di tutti!
Infatti egli si interessò assai alla discussione, domandando spesso
dilucidazioni al Rabbino Maggiore, che in modo chiarissimo esponeva le
varie questioni della Ghemarà. Soddisfattissimo, chiese di poter ancora
intervenire volte alle lezioni.
Immagino che, se fosse vissuto oggi, il celebre orientalista professor
Guidi, studioso dell’ebraico e dell’abissino, sarebbe stato entusiasta
della traduzione del Talmud in italiano promossa dall’Ucei-Collegio
rabbinico italiano in collaborazione con il CNR (Consiglio Nazionale
delle Ricerche) e finanziata dal MIUR (Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca).
Forse non è una coincidenza se numerose riunioni per approntare lo
statuto del Progetto Traduzione Talmud si siano svolte in un’aula del
CNR intitolata alla memoria di Vito Volterra (1860-1940), il famoso
matematico che del CNR fu il primo presidente. Volterra, che era
chiamato “il signor Scienza Italiana”, avrebbe apprezzato la
sottilissima logica che permea buona parte del Talmud, un monumento
all’uso della ragione. Volterra non rimase a lungo presidente del CNR:
dopo aver firmato, insieme a pochi altri, il Manifesto degli
intellettuali antifascisti redatto da Benedetto Croce nel 1925, fu
sostituito dal regime fascista con Guglielmo Marconi. Volterra perse
anche la presidenza dell’Accademia dei Lincei e, dopo il rifiuto del
giuramento di fedeltà richiesto nel 1931 ai docenti universitari, fu
privato della cattedra. Nel ’38, le leggi razziste antiebraiche
sferrarono contro di lui il colpo di grazia. Per quanto “discriminato”
(in bene), grazie alla carica di senatore del regno, Volterra, espulso
da tutte le accademie italiane (ma non da quelle straniere, inclusa
l’accademia pontificia), si avviò a una morte civile e sociale, fino a
quella fisica l’11 ottobre 1940. Ora, guardando il suo ritratto austero
nell’Aula Volterra durante le riunioni per il progetto di traduzione
del Talmud, mi capita a volte di pensare che noi, in quell’aula, stiamo
contribuendo (insieme ad altri) al riscatto postumo della sua figura.
Signor Scienza, ti hanno cacciato da quest’edificio e dalle altre
accademie, prima in quanto antifascista poi in quanto ebreo. Ma i
tiranni e i loro regimi passano, le idee e la cultura restano.
Gianfranco Di Segni, CNR e Collegio Rabbinico Italiano
Perché
dobbiamo tradurre il Talmud in italiano
Il matematico che amava le donne
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Davar Acher - L'esempio di
Giovanni Paolo II |
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Voglio dedicare questa
riflessione alla proclamazione che avviene oggi di papa Giovanni Paolo
II a beato della Chiesa cattolica. Io personalmente, credo insieme alla
maggioranza del mondo ebraico, ne sono lieto. Non perché gli ebrei
possano aderire religiosamente alla decisione della Chiesa: noi non
pensiamo che gli uomini possano essere oggetto di venerazione e di
preghiera e in genere non conosciamo la funzione di mediazione
attribuita dal Cristianesimo a beati e santi; non abbiamo neppure
l'idea che il destino delle anime possa essere stabilito o conosciuto
da qualche istituzione terrestre. Non possiamo e non vogliamo quindi
entrare nel merito della dimensione propriamente religiosa di questa
proclamazione. Ma consideriamo che la beatificazione indichi anche sul
piano civile una persona come esempio da imitare per il suo
comportamento, ne lodi le scelte, la proponga anche ai non cattolici
come modello di umanità; ed è su questo piano che siamo lieti del fatto
che essa investa il papa polacco.
Karol Wojtyla fu una persona di fede e di evidente coraggio e moralità.
Nei confronti del mondo ebraico non solo si mostrò sempre amichevole,
ma fece alcune scelte difficile e coraggiose, da quella di indicare, da
semplice sacerdote, alle famiglie che avevano ospitato bambini ebrei
rimasti orfani durante la Shoà di restituirli all'ebraismo e di non
convertirli; alla visita alla Sinagoga di Roma, la prima da duemila
anni; dal viaggio a Gerusalemme con la scelta di fermarsi al Kotel e di
aderire al costume popolare ebraico di lasciarvi un bigliettino di
preghiera; a quella fondamentale di chiedere pubblicamente scusa per le
ingiustizie commesse dalla Chiesa nei secoli contro il popolo ebraico.
Sono gesti che ci hanno colpito profondamente e che restano nella
storia. Indicano un profondo senso di giustizia, ma soprattutto la via
di una collaborazione fra fedi di versi, non di un conflitto o di una
sorta di concorrenza. Speriamo che questo insegnamento abbia aperto un
nuovo cammino concreto di convivenza e di amicizia e crediamo che il
papa attuale, che del nuovo beato fu collaboratore insigne, voglia
proseguirlo.
Vale la pena di esprimere questa soddisfazione civile, per così dire di
buon vicinato, ma anche di fiducia nell'umanità, senza entrare nel
merito della scelta religiosa, anche per chiarire ancora una volta la
nostra difficoltà su un percorso analogo che la Chiesa ha deciso
rispetto a Pio XII. In un caso o nell'altro il senso proprio del titolo
di beato o di santo non ci riguardano e quel che discutiamo è la
dimensione storica, sociale, pubblica delle figure che la Chiesa
sceglie di esaltare e in particolare, per quel che ci riguarda, il loro
rapporto con l'ebraismo – che per la Chiesa è sempre una misura di
identità, essendo essa nata distaccandosi dalla nostra religione.
Naturalmente l'azione del leader spirituale di una grande religione che
è anche capo di stato presenta tanti aspetti e su di essi i giudizi
possono variare, specialmente se si attribuisce al papa tutta la
complessa azione della Chiesa. Sicché, da un punto di vista laico, i
giudizi storici sulle figure dei papi non possono che essere sempre in
chiaroscuro, senza condanne assolute o esaltazioni senza ombre. Ma per
il mondo ebraico è chiaro che la figura di papa Wojtyla rappresenta un
modello positivo di Chiesa, l'esempio di come si possa essere
autenticamente e totalmente cattolici e insieme amici del nostro
popolo, davvero aperti al dialogo - oltre che naturalmente, nel caso di
Giovanni Paolo II, aver offerto al mondo una grande personalità storica
che ha dato un contributo essenziale alla liberazione dell'Europa dal
comunismo e all'avanzamento della sensibilità e dell'immagine della
Chiesa rispetto al mondo contemporaneo. Per questo oggi molti ebrei (e
io fra essi) si rallegrano della scelta della Chiesa di onorare e
celebrare Giovanni Paolo II.
Ugo
Volli
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Netanyahu,
preoccupazione per la pace
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L'accordo di riconciliazione annunciato da Hamas ed al Fatah ''deve
preoccupare non solo lo Stato di Israele, ma tutti quanti nel mondo
aspirano a vedere una pace fra Israele e i palestinesi'': lo ha
affermato il premier israeliano Benyamin Netanyahu, aprendo oggi la
consueta seduta settimanale del Consiglio dei ministri, alla vigilia di
una missione diplomatica in Gran Bretagna e in Francia.
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