L’obiettivo
dichiarato è l’unità di intenti, la condivisione di sfide e ostacoli da
affrontare come una forza compatta e allo stesso tempo rispettosa delle
diverse identità che la compongono. Nasce sotto questi auspici, nel
corso di una riunione svoltasi ieri sera al Centro bibliografico
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la nuova Giunta della
Comunità ebraica di Roma. Rappresentate in diversa proporzione le tre
liste (Per Israele, Hazak, Efshar) che si erano proposte alla guida
dell’ente in occasione della recente tornata elettorale indetta per il
rinnovo del Consiglio comunitario. A coadiuvare il presidente Riccardo
Pacifici sono stati nominati membri di Giunta Marco Sed (EF, assessore
entrate e fund raising), Guido Coen (HZ, assessore politiche terza età
e disabilità), Giacomo Moscati (HZ, assessore relazioni internazionali
e organizzazione eventi), Scialom Tesciuba (PI, assessore alla
Kasherut), Ruth Dureghello (PI, assessore alle scuole), Tony
Spizzichino (PI, assessore al bilancio), Claudio Moscati (PI, assessore
al culto), Joseph Di Porto (PI, assessore alle politiche comunitarie e
rapporti UCEI). Coordinatore del Consiglio sarà infine Emanuele Pace
(Hazak). “Le sensazioni sono molto positive” dice il capolista di
Efshar Raffaele Sassun. “La riunione di ieri – aggiunge – è stata lunga
e non abbiamo avuto modo di sviscerare tutti i punti, però il clima di
collaborazione è fattivo. Vedo un cambio significativo rispetto alla
passata gestione”. Ottimista anche Guido Coen (Hazak): “Il clima che si
respirava ieri – commenta – era disteso. Va detto che una rondine non
fa primavera, ma sono fiducioso per il futuro”. Coen invita poi tutti i
membri del Consiglio, al di là degli schieramenti di appartenenza, a
rimboccarsi le maniche per il bene comune dell’ebraismo romano: “In
ballo ci sono molte sfide a partire dal coinvolgimento di quel 60 per
cento di aventi diritto al voto che non si è recato alle urne”. Sulla
stessa lunghezza d’onda Ruth Dureghello di Per Israele. Al centro della
sua riflessione sobrietà nei rapporti interconsiliari e serietà
nell’agire. “I presupposti per lavorare assieme in modo serio e sereno
– spiega – sono sicuramente buoni. Il clima sobrio di questa prima fase
va ora completato con lavoro proficuo, serio e responsabile”. A
suggellare il rinnovato spirito di collaborazione una cena a margine
della riunione a cui hanno preso parte esponenti delle tre diverse
formazioni.
Adam Smulevich
Qui Roma - Progetti al futuro
Un governo di coalizione a
condizione che i consiglieri di minoranza accettino di aprire un
dialogo fra le persone e non fra le formazioni politiche; la
distribuzione di responsabilità e incarichi (a cominciare dalla
vicepresidenza) a tutti i consiglieri disposti a rifiutare la logica
della spartizione per quote; una migliore integrazione del lavoro con i
componenti della Consulta anche attraverso il loro coinvolgimento nel
lavoro di Commissione; interventi urgenti sul fronte dell’emergenza
sociale, ma anche della cultura e dello sport. Alla vigilia di Pesach
l’agenda di Riccardo Pacifici, da poco riconfermato alla guida della
Comunità ebraica di Roma, è densa di impegni, di scadenze, ma anche di
spunti di riflessione da maturare nel corso delle feste. Quando negli
ultimi giorni di aprile Pacifici aprirà i lavori del Consiglio
proponendo la sua formazione di governo avrà dalla sua non solo la
riconferma del suo incarico alla guida della maggiore Comunità ebraica
d’Italia, ma soprattutto la prima elezione direttamente determinata
dall’elettorato e una migliore governabilità favorita dallo scatto del
premio di maggioranza che viene attribuito alla lista capace di
raccogliere oltre il 45 per cento dei consensi. Stanco, ma visibilmente
soddisfatto, commentando l’esito decisamente favorevole alla sua
formazione, Per Israele, Pacifici si lascia andare a una confessione e
allude agli effetti delle dimissioni dal passato Consiglio dei
componenti di minoranza: “Se la precedente consiliatura si fosse
conclusa in un clima sereno forse non mi sarei ripresentato. Ma in
generale con questo ultimo successo mi sento alla conclusione della mia
esperienza comunitaria e credo di aver conquistato molte esperienze e
molti ruoli offrendo alle nostra istituzioni energia e passione”. Forte
del 47,05 per cento dei consensi e 15 consiglieri, Per Israele gode di
una maggioranza assoluta in Consiglio che si regge sulla prevalenza di
un numero e dovrà confrontarsi con le formazioni Hazak (leader Victor
Magiar, 30,72 per cento e otto consiglieri) e Efshar (leader Raffaele
Sassun, 22,23 per cento e cinque consiglieri). “Le scelte condivise –
ribadisce il presidente – sono certamente le migliori, ma non ad ogni
costo. Una maggioranza più ampia può essere raggiunta solo uscendo
dalla vecchia logica della spartizione degli incarichi, ma
confrontandosi sui fatti e sui programmi”. Ma la strategia del
riconfermato presidente non ruota tutta attorno alla nuova formazione
di Consiglio. “Il ruolo dei giovani – aggiunge – dovrà essere nei
prossimi mesi sempre più incisivo. Per questo abbiamo visto con favore
la formazione di due diverse liste di candidati per la Consulta, una
delle quali composta esclusivamente da giovani e mirata a far crescere
una generazione di leader abituati a entrare nel vivo dei problemi e
del lavoro”. Oltre a costituire una specie di governo ombra delle nuove
generazioni questi giovani dovrebbero anche essere i protagonisti di
una intensa cooperazione con il nuovo Consiglio, a cominciare dal loro
coinvolgimento nel lavoro delle commissioni che lo stesso Consiglio
metterà all’opera. Fra le altre novità in vista, nei programmi di
Pacifici la realizzazione in tempi brei del Centro sportivo nella zona
di ponte Marconi (“Un’iniziativa da avviare nei prossimi due semestri
per dare alla Comunità un nuovo centro di attività e di ritrovo e
offrire ai ragazzi vita sociale lontano dai luoghi malsani delle
periferie”), l’apertura di un nuovo centro culturale nell’edificio noto
come Sant’Ambrogio, alle spalle del quartiere ebraico (“Da dedicare in
particolare a una scuola di arti espressive e ai gruppi di teatro
dialettale che in questi anni stanno rivelando un incredibile
fermento”), ma soprattutto una nuova strategia per affrontare
l’emergenza sociale. “Serve – spiega Pacifici – una pianificazione
capillare che comprenda i motivi del disagio sociale ed economico delle
famiglie. Ma serve anche una programmazione che conosca il territorio e
cerchi di favore la concentrazione di nuclei ebraici compatti in modo
da favorire la distribuzione dei servizi e degli aiuti”. “Anche quando
ci si trova ad affrontare una crisi professionale – aggiunge – le
organizzazioni di assistenza devono sviluppare una strategia attiva,
che tenga sotto tutela le persone coinvolte e le aiuti a intraprendere
nuove esperienze di lavoro anche attraverso periodi di formazione
pianificata”. Paradossalmente proprio il nuovo meccanismo elettorale
uscito dalla riforma e collaudato con il suo successo è quello che meno
convince Pacifici: “Il nostro gruppo – spiega – è sempre stato
socialmente e culturalmente molto trasversale, la nostra è la lista più
trasversale e rappresentativa, non la più compatta ideologicamente”,
conclude facendo trasparire una sorta di nostalgia per il vecchio
sistema elettorale in cui l’elettore sceglieva liberamente fra i nomi
dei candidati.
Pagine Ebraiche, maggio 2011
Tempo di numeri e bilanci
“Sono fiducioso. È iniziato
un tempo in cui non si può più sfuggire dalle responsabilità e dai
numeri, quelli del voto e quelli dei bilanci”. Victor Magiar
(nell'immagine a sinistra, a destra Raffaele Sassun), leader della
seconda formazione che entra nel Consiglio della Comunità di Roma e
consigliere UCEI offre una valutazione incoraggiante del nuovo
meccanismo elettorale. “Per più di 15 anni nel Consiglio della Comunità
di Roma si sono confrontate solo due liste, minoritarie ma consistenti,
ovvero gli unici gruppi organizzati che con il vecchio sistema
elettorale del panachage riuscivano a far eleggere i propri candidati.
Il 10 aprile 2011 si è votato per la prima volta con un nuovo sistema
elettorale proporzionale e, finalmente, ha potuto accedere un terzo
gruppo. Basterebbe questo fatto a permetterci di dire che l’esperimento
è riuscito”. “Da oggi due fattori oggettivi ci costringeranno a
considerare diversamente sia la realtà romana che le nostre
responsabilità: il primo è che i consiglieri eletti, nel loro insieme,
raccolgono il consenso di appena il 32 per cento degli aventi diritto
al voto; il secondo è che finalmente conosciamo il peso reale delle tre
liste (minoritarie) che pretendono la rappresentanza dell’antica
comunità: la lista Per Israele con il 47 per cento, la lista Hazak! con
il 31 per cento, la lista Efshar con il 22 per cento. Queste
osservazioni impongono una presa di coscienza: la collaborazione fra
tutti è necessaria sia per poter realmente amministrare l’istituzione,
sia per rappresentarne tutte le anime dell’ebraismo romano, sia per
iniziare un proficuo lavoro di coinvolgimento di quel 68 per cento di
ebrei che non partecipano alla vita comunitaria e che con il loro
astensionismo non ne riconosco la rappresentatività”. “Altra novità –
prosegue Magiar – l’introduzione del cosiddetto premio di maggioranza
per la lista che avesse superato la soglia del 45 per cento dei
consensi, norma questa che ha permesso alla lista Per Israele di avere
una maggioranza di 15 consiglieri su 28. È questo un aspetto criticato
da molti che considerano il fatto che le restanti liste (che raccolgono
il 53 per cento dei voti) siano poste in condizione di minoranza.
Ritengo invece sia un utile elemento di chiarezza, che non solo ci
evita un inutile braccio di ferro sulla leadership della Comunità, ma
soprattutto responsabilizza il maggior gruppo di minoranza a assumere
scelte meditate. È infatti questa una maggioranza che, pur nella
condizione tecnica di amministrare la Comunità in solitudine, dovrà
assumersi la responsabilità di optare o no per una scelta politica e
culturale di fondo: collaborare o no”. “La lista Efshar – afferma
Raffaele Sassun – ha una sua precisa visione per raggiungere la nostra
mission. Abbiamo dato la nostra completa disponibilità al presidente
Pacifici per contribuire al raggiungimento di traguardi che sappiamo
essere comuni. Non ci interessano né giochi di potere, né poltrone, né
discussioni sterili. Siamo entrati in campo per lavorare bene per il
bene di tutti”. Sassun, leader della terza lista che entra in
Consiglio, commentando i risultati riferisce anche della prima riunione
di Consiglio: “Posso confermare che ci sono tutti i presupposti per una
proficua collaborazione”. “Durante la campagna elettorale – aggiunge –
ho sentito critiche per non poter esprimere preferenze su liste
diverse, in quanto vi appaiono nomi di candidati ritenuti validi e
capaci. Ma ho avuto anche riscontri positivi da tante persone su questo
nuovo sistema di voto, perché finalmente gli iscritti possono
riconoscersi in un’idea, in un programma di lavoro”. “Grazie al nuovo
meccanismo – conclude – finalmente siedono nel Consiglio della Comunità
tre liste diverse. Voglio sperare che nel futuro questo numero aumenti
ancora perché sono convinto che con più liste sugli argomenti cruciali
per il futuro della nostra agguerrita ma purtroppo sempre piccola
Comunità, la discussione e la convergenza verso soluzioni condivise non
possano far altro che migliorare”.
Pagine Ebraiche, maggio 2011
La riforma è promossa
Promossa a pieni voti. Senza escludere la possibilità di ulteriori
perfezionamenti, i padri dello Statuto dell’ebraismo italiano varato
all’ultimo Congresso UCEI esprimono un parere positivo sulla riforma e
sul banco di prova del voto romano, il primo ad attuare il meccanismo
proporzionale, il voto per lista, il premio di maggioranza e l’elezione
diretta del presidente indicato dalla lista che supera la soglia del 45
per cento dei consensi. Autorevoli, rispettati, appartenenti ad aree
differenti ma sempre gelosi della propria autonomia, Valerio Di Porto e
Leone Paserman, che della riforma sono stati fra gli artefici, ne
commentano ora gli esiti. “La riforma – commenta Di Porto, che è
consigliere UCEI – costituisce senz’altro un successo dell’ingegneria
istituzionale. Non è automatico invece che possa rappresentare
altrettanto un successo della politica, sia all’interno della realtà
romana, sia più in generale nei rapporti fra Comunità o con l’Unione
delle Comunità. Ma si tratta di un prezzo da pagare, di una sfida da
affrontare in vista di una maggiore rappresentatività, di una forte
legittimazione degli eletti”. “Riccardo Pacifici – aggiunge Leone
Paserman, che con il leader ebraico romano fu presidente nello stesso
Consiglio fino a tre anni fa – può vantare un successo significativo,
ma non travolgente, e il risultato del voto proporzionale mette ora a
nudo anche la sua forza reale, le dimensioni del suo fenomeno. Ma
quello che più conta è la chiarezza dei ruoli. La governabilità
garantita, la possibilità di vedere la cooperazione come un dato
auspicabile, ma non obbligatorio”. Punti deboli? “Certo – prosegue
Paserman – siamo destinati ad assistere a una radicalizzazione delle
posizioni, questo meccanismo incentiva forse le conflittualità
ideologiche. Ma c’è poca ragione di lamentarsi, sappiamo tutti
benissimo che la stagione delle conduzioni comunitarie familiari,
unitarie e anti ideologiche di una volta ha fatto il suo tempo”.
Pagine Ebraiche, maggio 2011
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È
entrato in aula sorreggendosi a un bastone. Poi si è seduto davanti ai
giudici e ha innalzato un foglio di carta su cui c'era scritto:
«Assassini di un 97enne!». Sandor Kepiro, l'ungherese sospetto
criminale di guerra e ora ex super ricercato dai "cacciatori di
nazisti" del Centro Simon Wiesenthal, ha fatto ieri la sua prima
comparsa al processo che lo vede imputato a Budapest per un massacro
compiuto nel 1942 a Novi Sad. Nella città dell'allora Backa jugoslava,
la regione annessa all'Ungheria dal regime filonazista di Horthy, l'ex
capitano della gendarmeria avrebbe giocato un ruolo da protagonista
nella brutale eliminazione di 800 civili serbi e 400 ebrei. La
pattuglia ai suoi ordini sarebbe stata responsabile dell'esecuzione di
almeno 34 delle 1.200 vittime di Novi Sad, città nella quale «in tre
giorni venne eliminata l'intera popolazione ebrea rimasta», illustra lo
storico Milan Koljanin. La mattanza non riguardò solo Novi Sad. «In
totale circa quattromila persone furono sterminate nella Backa del Sud
dalla gendarmeria ungherese nel gennaio '42» denuncia Koljanin. Molte
vittime furono gettate ancora vive nel Danubio e nella Tisza, in buchi
aperti nel ghiaccio che ricopriva i fiumi. Kepiro ha negato ieri ogni
responsabilità: «Il processo è un circo basato su menzogne». Ma le
prove contro di lui sembrano schiaccianti. La Corte utilizzerà
anche le carte di un processo del 1944, in cui Kepiro fu condannato per
i fatti di Novi Sad da una corte militare di Budapest, per poi essere
graziato dal regime e fuggire in Argentina. «Non era stato indagato per
l'eccidio, ma per avere disubbidito agli ordini. Gli omicidi furono
compiuti senza l'autorizzazione di Budapest, su iniziativa autonoma
degli ufficiali a Novi Sad» puntualizza Efraim Zuroff, direttore del
Simon Wiesenthal Center a Gerusalemme, il cacciatore di nazisti a cui
va il merito di aver portato l'ex ufficiale davanti alla giustizia. Nel
2006, 10 anni dopo che Kepiro era rimpatriato, fu proprio lui a
smascherarlo e a svelarne i crimini. Kepiro ieri ha provato a mettere
in risalto la sua debolezza fisica e la sordità ma poi «ha risposto
chiaramente alle domande. Senza dubbio è in grado e vuole difendersi, è
convinto di essere innocente», suggerisce Zuroff, presente in aula
assieme a Vladimir Vukcevic, procuratore serbo per i crimini di guerra
e a un pugno di ragazzi che esibivano la stella gialla, in memoria
delle vittime dell'Olocausto. Zuroff, dopo Kepiro, promette di
continuare la battaglia contro i criminali nazisti ancora latitanti.
Tra gli obiettivi dell'operazione "Ultima Chance" ci sono Klaas Faber,
SS olandese, Adam Nagorny, aguzzino a Treblinka I, Gerhard Sommer,
condannato per la strage di Sant'Anna di Stazzema, tutti residenti in
Germania. E «Milivoj Asner, capo della polizia a Pozega, Croazia»,
durante il regime ustascia. Vive in Austria e Vienna «sostiene che è
troppo malato per reggere un processo», spiega Zuroff. Ma un Asner in
buona salute fu pizzicato a tifare Croazia agli Europei di calcio del
2008 a Klagenfurt. Infermo o protetto? «L'Austria non ha processato
alcun criminale nazista in più di 30 anni. Traete voi le conclusioni»
accusa il "cacciatore". E non è solo Vienna a offrire ancora rifugio a
ex nazisti: «anche i Paesi baltici e l'Ucraina hanno fatto ben poco».
Stefano Giantin, Il Piccolo-Trieste, 6 maggio 2011
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Sentirsi a casa nelle
stanze del potere
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“Com’è andata questa
settimana?” mi chiede mia madre dall’altra parte del telefono, a
tremila chilometri di distanza. Siamo nel 1986 e sto trascorrendo
alcuni mesi in un kibbutz. “Bene, siamo andati a Gerusalemme per
incontrare il Presidente”.
“Quale presidente?”
“Il Presidente della Repubblica” rispondo con tono quasi spazientito:
di che altro presidente avrei dovuto parlare? Poi, posata la cornetta,
mi fermo a riflettere: in Italia sarebbe possibile che un gruppetto di
diciannovenni vada a casa del Presidente della Repubblica, gironzoli
per il parlamento e, dopo una chiacchierata con un deputato, si insedi
per una mezz’oretta nel suo ufficio senza di lui? Probabilmente no.
Forse è normale sentire le istituzioni più vicine in un paese
abbastanza piccolo, dove i rapporti tra le persone sono più informali e
si fa di tutto perché i giovani che arrivano dalla diaspora si sentano
a casa loro; eppure ho l’impressione che si tratti di una specificità
positiva di Israele, poco evidenziata anche all’interno del mondo
ebraico. Chissà se ancora oggi è così; chissà se questa vicinanza alla
politica può essere sentita da tutti gli israeliani senza distinzioni
di religione, razza o sesso, come recita la Dichiarazione
d’Indipendenza del 1948. Chissà come sarà Israele a 150 anni.
Comunque sia, in Israele per la prima volta ho sentito concretamente
che la politica ci riguarda da vicino, che il Presidente della
Repubblica ha la funzione di rappresentare tutti, che i deputati sono
pagati per discutere e risolvere i nostri problemi. Ci voleva Israele
perché imparassi a sentirmi cittadina italiana.
Anna
Segre, insegnante
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Eurolega
- Maccabi Tel Aviv e Montepaschi Siena inseguono il sogno |
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Grandi emozioni stasera con le semifinali della Final Four di Eurolega:
a contendersi l’Europa del basket sul caldo parquet di Barcellona un
quartetto di team che promette spettacolo. Si inizia alle 18 con
Maccabi Tel Aviv versus Real Madrid per proseguire alle 21 con
Montepaschi Siena contro Panathinaikos. Molte possibilità quindi per
una finale italo-israeliana anche se i bookmaker propendono per una
sfida al vertice tra Maccabi e Panathinaikos. Finale per il terzo posto
e finalissima domenica a partire dalle 13.30. Per la corsa all’alloro
la Snai vede favorite nell’ordine Panathinaikos (2.30), Maccabi Tel
Aviv (3.50), Montepaschi Siena (4.00) e Real Madrid (6.00). Nel
palmares del Maccabi cinque Euroleghe: ultimo trionfo nel 2005 contro
Tau Vitoria. Il Montepaschi invece è ancora a quota zero.
I servizi di
stamane (notiziario del mattino Bokertov, selezione della Rassegna
stampa e Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it) escono
in forma incompleta a causa di uno sciopero proclamato dalla Cgil
cui
aderisce parte del personale addetto alla produzione. Ce ne scusiamo
con i lettori.
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