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8 maggio 2011 - 4 Iyar 5771
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Benedetto Carucci Viterbi
Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

"Siate accorti con le autorità politiche perché  si avvicinano alle persone solamente per propri interessi. Appaiono amici quando ne hanno vantaggio, ma non sono disponibili verso gli altri nel momento del loro bisogno" (Avot II, 3)


David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
E’ encomiabile lo sforzo rappresentato dalla campagna pubblicitaria in sostegno di “Storia di famiglie”, il progetto sostenuto dal Ministero dell’Interno per promuovere una raccolta di materiali e documenti su tutto il territorio nazionale per contribuire a costruire i Musei della Shoah e dell’ebraismo in Italia. Dubito che dalla raccolta generosa sia possibile ricavare un museo che rappresenti un percorso dove rimangono al centro le storie specifiche di chi quegli oggetti possedeva. Sia perché quell’insieme di oggetti non rappresenta una serie, sia perché in Italia siamo ancora lontani da una cultura del museo di storia in grado di comunicare storia e non invece, l’esuberanza e la sovrabbondanza di ciò che si possiede.
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davar
Qui Ferrara - Città della cultura ebraica
ferraraÈ la suggestiva cornice della Sala Estense lo scenario dell’inaugurazione della seconda edizione della Festa del libro ebraico in Italia. A fare gli onori di casa, assieme al presidente UCEI Renzo Gattegna, al rabbino capo di Ferrara Luciano Caro, al coordinatore della Fondazione Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah Gaetano Sateriale, al sindaco Tiziano Tagliani e ad altre autorità cittadine e regionali, è il presidente del Meis Riccardo Calimani che al numeroso pubblico presente in sala illustra sfide e prospettive del nascituro polo museale dell’ebraismo ferraraitaliano.
Con il saluto delle autorità inizia la prima “notte bianca” ebraica mai organizzata in Italia. Una serie di appuntamenti che prende avvio dall’adiacente Palazzo Municipale dove è presentata la mostra dedicata a 150 anni di stampa ebraica in Italia e si protrae fino a tarda notte scandita da incontri culturali e di intrattenimento di vario tipo (dalla musica al cinema, dal teatro alla gastronomia). La mostra 150 anni di stampa ebraica in Italia della Fondazione Cdec di Milano racconta attraverso l’esposizione di riviste e giornali, idee e opinioni degli ebrei italiani alla luce dei fatti salienti di un secolo e mezzo di vicende nazionali.
Curata da Laura Brazzo, Liliana Picciotto e Michele Sarfatti, propone una storia d’Italia vista 
ferrarae raccontata attraverso un occhio non convenzionale come quello della stampa ebraica. Inaugurata nell’immediato dopocena al Chiostro di San Paolo, fulcro delle iniziative del festival e sede dell’ampia e fornitissima libreria che accoglie già dalle prime ore di Festa centinaia di appassionati, la mostra Ebrei e Risorgimento di Silvia Villani presenta invece in forma schematica gli snodi epocali del percorso di emancipazione e integrazione sociale degli ebrei nel nuovo Stato unitario. Densa di suggestione la performance a seguire di Francesco Socal Klezmer Sextet e della Compagnia stabile La Stanza diretta da Giovanna Cordova mentre in contemporanea Francesco Scafuri guida i partecipanti nelle strade e nelle piazze della Ferrara Ebraica. ferrara
Punto d’arrivo dell’itinerario Palazzo dei Diamanti dove i presenti hanno potuto asseggiare specialità kosher e assistere alla lettura di poesie, diari e lettere private di ebrei risorgimentali animate dal Laboratorio teatrale Fonema diretto da Rosanna Asmani. Grande interesse anche al cinema Boldini dove Manuel De Sica e Lino Capolicchio hanno introdotto la proiezione de Il Giardino dei Finzi Contini, capolavoro del cinema italiano tratto dall’omonimo scritto di Giorgio Bassani.
Gli appuntamenti del festival sono ripresi questa mattina con una densa serie di incontri letterari coordinati dall’editore Shulim Vogelmann e con l’inaugurazione di due mostre, Ebrei erranti alla scoperta di nuovi mondi. Le esplorazioni di Elia Rossi, Angelo Castelbolognesi ed Enea Cavalieri a cura di Silvia Villani e MEIS: architetture per un museo a cura del direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia Romagna Carla Di Francesco.
ferraraQuest’ultima rassegna, ospitata nelle sale del Palazzo dei Diamanti fino al 12 giugno, espone tutte le proposte progettuali (ben 52 quelle pervenute alla commissione esaminatrice) realizzate per il Meis. Straordinaria la partecipazione di pubblico all’inaugurazione odierna a testimonianza del grande coinvolgimento di istituzioni politiche, enti e società civile in questo fondamentale progetto che punta a fare di Ferrara un laboratorio cultural indispensabile dell’ebraismo italiano ed europeo. Seguiranno a partire da questo pomeriggio fino alla tarda giornata di domani numerose occasioni di incontro. A vivacizzare il dialogo con il pubblico saranno esponenti del mondo culturale e artistico. Significativa tra gli altri la presenza dei ragazzi dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia a cui spetterà il compito di presentare uno dei testi fondamentali della storiografia ebraica, Zakhor – Storia ebraica di Yosef Haim Yerushalmi, volume nuovamente in libreria grazie alla casa editrice Giuntina che ne ha curato una ristampa. Riflettori puntati anche sull’imprevedibile e affascinante dialogo tra Arnoldo Foa e Teddy Reno che domani pomeriggio discuteranno assieme a Gaetano Sateriale del loro percorso umano e professionale a partire dale comuni origini ebraiche.


“Un momento di gioia. Al di là dei pregiudizi”


riccardo calimani “In questa seconda edizione della Festa del Libro Ebraico in Italia vogliamo trasmettere l’importanza del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah che in pochi anni sarà realtà e che ha l’obiettivo di diventare centro di studio, formazione e ricerca di storia, tradizione, testimonianza ebraica, la più varia e di respiro internazionale”. Riccardo Calimani, presidente del Meis, delinea così i significati della manifestazione che nel primo fine week end di maggio darà vita a Ferrara a una vera full immersion nel mondo culturale. “Si tratta di un’occasione significativa per aggregare interesse e attenzione intorno al Meis – spiega – In questi giorni si vendono tantissimi libri di argomento ebraico, ci sono incontri, dibattiti e concerti. La città è molto coinvolta nella manifestazione ed è molto importante che la Festa divenga un appuntamento anche per i giovani ebrei italiani, come avviene quest’anno con la partecipazione dell’Ugei”. Per Calimani, che ha fortemente voluto la manifestazione (“è un’idea in cui ho creduto moltissimo”) è una bella soddisfazione. “Siamo partiti dall’idea che si possa offrire al gruppo ebraico italiano un elemento culturale di gioia e di fierezza, una visibilità che non si leghi allo stereotipo ma sia un confrontarsi con questo grande fenomeno che è il libro di argomento ebraico in Italia per poi passare al dibattito su idee, incontri con autori non ebrei che si sono occupati di temi ebraici”. L’anno scorso, racconta, il riscontro del pubblico è stato molto positivo. Quest’anno dunque si replica, partendo con una nuova iniziativa: la prima notte ebraica italiana con incontri, mostre, musica e passeggiate a tema per coinvolgere i visitatori dal tramonto a sera inoltrata. “Quest’anno abbiamo ridotto un po’ la durata della manifestazione e il numero degli incontri, ma proponiamo argomenti di grande interesse: la filosofia ebraica, il rapporto tra gli ebrei e il fascismo, tra gli ebrei e l’Inquisizione. Abbiamo cercato di toccare temi dal grande valore simbolico con uno spettro d’interventi assai ampio che, per trasmettere il senso dell’integrazione degli ebrei italiani, non esclude momenti di carattere più popolare quale l’incontro tra Arnoldo Foà e Teddy Reno”. Il desiderio di parlare a un pubblico ampio, al di là degli steccati specialistici, è d’altronde la cifra del nuovo Meis che, dopo la designazione a fine gennaio del progetto architettonico vincitore del concorso internazionale, si avvia ormai alla fase esecutiva sia dal punto di vista della struttura sia per ciò che riguarda i “Il museo sta facendo grandi passi avanti. Mentre procedono le attività progettuali prenderà il via a breve una mappatura su scala nazionale per individuare i materiali destinati all’esposizione, poiché il Meis non possiede una sua collezione. E in parallelo si lavorerà per definire i percorsi espositivi, gli allestimenti e i laboratori didattici. Spetterà alla nuova consulente scientifica, Adachiara Zevi, organizzare il gruppo di lavoro e avviare queste attività”. Ferrara con le attività del Meis, dice Riccardo Calimani, può divenire un vero laboratorio di riflessioni e di attività tra Comunità ebraiche. La Festa del libro mostra infatti come chi vive in una piccola realtà ha fame di confronti e incontri. “Gli ebrei delle grandi Comunità possono invece, in occasioni come questa, cogliere l’opportunità di mettere da parte la vita comunitaria con tutte le sue problematiche spostando sul terreno della musica, della letteratura e del dibattito culturale ricevendone nuovi stimoli”. E che tutto ciò accada nella città estense non è affatto casuale. “Ferrara è un luogo molto simbolico, è il mondo che abbiamo imparato ad amare dai libri di Giorgio Bassani, è una realtà particolare che in questi anni ha mostrato di condividere e di sentire come propria sia la prospettiva del Meis sia la realtà della Festa del libro ebraico”. Ora, in attesa veda la luce il nuovo museo, la prospettiva è di far crescere ancora la manifestazione dedicata ai libri. L’ipotesi potrebbe essere quella di coinvolgere, accanto agli autori italiani, anche autori stranieri. Ma un’altra direzione di sviluppo riguarda la progettualità della Festa. “Mi auguro che altri s’innamorino di quest’idea e lavorino per renderla sempre più solida e importante, mettendo a frutto le esperienze maturate finora”. La speranza è che siano le giovani generazioni a raccogliere il testimone e rilanciare la grande festa ebraica dei libri e della cultura.

Pagine Ebraiche, maggio 2011


Meis, un nuovo consulente scientifico

adachiara zevi La costruzione del nuovo Meis avanza a ritmi sostenuti. E non solo sul versante architettonico. Dopo la scelta, a fine gennaio, del progetto vincitore del concorso internazionale per la realizzazione del Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah, aggiudicato al team guidato dallo Studio Arco di Bologna con gli architetti romani di Scape, lo staff si arricchisce ora di un consulente scientifico incaricato di organizzare la prossima delicata fase di avvio. L’incarico è stato affidato dal Consiglio d’amministrazione della Fondazione Meis a Adachiara Zevi, architetto e storica dell’arte, nonché presidente della Fondazione Bruno Zevi, che da tempo si occupa dei temi della Memoria. Sua ad esempio Arte in memoria, biennale d’arte contemporanea che tra le rovine della Sinagoga più antica d’Europa, quella di Ostia Antica chiama a raccolta artisti internazionali perché creino dei lavori proprio per quel luogo. Sua l’iniziativa di importare in Italia gli Stolpersteine, le pietre d’inciampo che secondo il progetto dell’artista tedesco Gunter Demnig vengono poste davanti alle case dei deportati razziali, politici e militari. “La nomina a consulente scientifica del Meis era davvero inaspettata ed è per me un grande onore”, dice Adachiara Zevi. “Il compito che mi viene affidato è davvero impegnativo – continua – Si tratta infatti di seguire l’avvio dell’intervento di ristrutturazione che ora è nella fase di progettazione esecutiva, curando al tempo stesso l’impostazione del futuro museo secondo quanto già elaborato dal comitato scientifico”. In base a quanto già stabilito si lavorerà dunque su due aspetti principali, il percorso d’introduzione all’ebraismo e la storia degli ebrei d’Italia, perni da cui si articoleranno gli altri elementi: le mostre temporanee, il laboratorio didattico, il museo dei bambini, il centro studi e ulteriori servizi. “Parto molto avvantaggiata – spiega Adachiara Zevi – perché non inizio affatto da zero ma da un progetto su cui si è lavorato per tre anni e con l’aiuto di persone di grande qualità ed esperienza. La prossima tappa è ora quella di organizzare un gruppo di lavoro che, da un lato inizi a mappare gli oggetti che possono entrare a fare parte della collezione, dall’altro a valutare il materiale storico e illustrativo necessario a documentare i singoli periodi storici. Spetterà poi a esperti di allestimenti, comunicazione e didattica proporre il modo migliore per rendere questo materiale di facile presa sul pubblico”. A differenza di altri musei il Meis di Ferrara non dispone infatti di una collezione ma dovrà di volta in volta identificare gli oggetti più significativi, dal punto di vista religioso e artistico, per il percorso espositivo. Una situazione per molti versi singolare, che le nuove tecnologie promettono di rendere molto interessante. “L’ipotesi – dice infatti Adachiara Zevi – può essere quella di rappresentare gli aspetti più importanti del percorso sull’ebraismo e sugli ebrei italiani attraverso alcuni oggetti molto eloquenti, con un criterio dunque più selettivo che enciclopedico, rinviando ulteriori approfondimenti e consultazioni alla multimedialità”. L’allestimento (“scientificamente ineccepibile in una struttura moderna, sofisticata e attraente”) promette dunque un bel connubio di tradizione e contemporaneità anche con l’obiettivo di attrarre i giovani che rappresentano un interlocutore privilegiato per il nascituro Meis. D’altronde, chiarisce Zevi, “il museo è oggi un luogo d’informazione e un luogo visivo: deve avere un impatto molto forte, attrarre le persone, indurle a un confronto con alcune questioni e lasciarle andare con il desiderio di approfondirle”. I lavori per il Museo dell’ebraismo italiano e della Shoah dovrebbero prendere il via l’anno prossimo, ma non si dovrà attendere fino ad allora per toccare con mano la qualità della proposta. “A novembre – spiega Adachiara Zevi – dovrebbe essere ultimata la palazzina d’ingresso che potrà dunque diventare una prima sede d’iniziative che dovranno essere molto significative sia per il mondo ebraico sia per Ferrara, città che sente profondamente suo questo museo”. L’idea è di rendere attivi gli spazi via via che si rendano agibili evitando gli eventi effimeri che oggi affollano il calendario culturale e puntando piuttosto su manifestazioni di qualità e di grande importanza simbolica, capaci di raccontare idee e valori centrali dell’ebraismo che possano diventare parte integrante del museo a lavori ultimati. A completare il quadro, un bel tocco d’internazionalità. Un elemento su cui Adachiara Zevi promette infatti di impegnarsi è quello del progressivo inserimento del Meis nella rete internazionale dei musei ebraici così da costruire scambi proficui di materiali, collezioni, occasioni di studio ed esposizioni d’arte.

Pagine Ebraiche, maggio 2011

Don Martino Michelone, Giusto fra le Nazioni
yad vashemOggi a Moransengo (Asti) l'ambasciatore d'Israele, Luciano Segre, Gad Lerner, Don Ciotti per ricordare il sacerdote che salvò la vita ad una famiglia ebrea
Martino Michelone, parroco di Moransengo sarà oggi dichiarato “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad Vashem, l’istituzione che onora la memoria delle vittime della Shoah.
La cerimonia ufficiale questa mattina in piazza Ferrero a Moransengo, dove verrà posta una lapide che ricorda il sacerdote vissuto a lungo nel paese Monferrino.
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Rai News 24: l'infamia è in onda (e la risposta non arriva)
rainewsUn gruppo di esponenti della comunità degli Italkim (fra cui Sergio Della Pergola, Angela Polacco e Vito Anav) scrive alla redazione di Rai News 24 riguardo alle infamie deliranti finite in onda recentemente sul caso Arrigoni. Ma invano. Ecco la lettera cui nessuno, dal servizio pubblico, si degna di dare risposta

Siamo un gruppo di ascoltatori di Rai News 24, residenti in varie città in Israele. Con profonda indignazione abbiamo seguito i servizi del canale sull'uccisione, nella zona di Gaza, dell'operatore italiano Vittorio Arrigoni da parte di terroristi palestinesi. 
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pilpul
Davar Acher - Yom Ha'Atzmaut
Ugo VolliNei giorni scorsi sono rimasto affascinato - un po' intrappolato un po' contagiato - dal grande raduno degli alpini a Torino: bandiere tricolori appese alle finestre di tutte le case, decine di migliaia di persone in festa, cori, bande, strane macchine e scenografie, un popolo di tutte le età e di tutti i gradi (alcolici) che si muoveva in gruppi per la città: un fenomeno urbano così massiccio da creare qualche disagio, ma anche molta simpatia e partecipazione. Sotto a tutto questo folklore contagioso, era evidente un modo di stare assieme allegro e contento di sé, un amore per la propria terra, per le proprie montagne, per le proprie istituzioni (militari e non), per la propria stessa esperienza, un modo positivo di ritrovarsi uguali, una gioia di essere quelli che si, è appena velata da una malinconia per coloro che  sono morti per questo fine: un sentimento che si riassume nel nome patriottismo e che non ha affatto la tonalità emotiva del cupo nazionalismo oppressivo e intollerante che si è visto purtroppo spesso nel secolo scorso, per esempio con il fascismo e il nazismo.
Vi è un'idea diffusa nelle élites intellettuali e politiche europee per cui tutto il male uscito dal nostro continente sarebbe dovuto al nazionalismo e perciò l'idea stessa di stato nazione sarebbe da superare e rifondere nella neutralità di un'interculturalità senza patria. La festa degli alpini mostra un altro modo di essere patriottici: positivo, non esclusivo, sensibile al bene comune, allegro, generoso.
E' un'esperienza utile per comprendere le ricorrenze ebraiche di questi giorni, Yom HaZikaron e Yom Ha'Atzmaut, il ricordo di coloro che sono morti al servizio di Israele o che sono stati ucciso dal terrorismo e subito dopo la festa dell'indipendenza. Anche il sionismo è un patriottismo, con le stesse caratteristiche positive di quello italiano. Il processo di formazione del sionismo è abbastanza simile nel tempo, nell'ideologia e nei modi a quello del Risorgimento italiano: simile l'idea di riunire un popolo disperso, di sottrarlo all'oppressione, di far "ri-sorgere" una nazione; simili le difficoltà della lotta contro nemici superiori, l'urgenza di cogliere occasioni storiche irripetibili, le difficoltà economiche e strutturali per l'edificazione dello stato. Naturalmente vi sono anche le differenze, così evidenti da non aver bisogno di essere citate: dalla dimensione religiosa dell'ebraismo alla Shoà, dalla dispersione territoriale al diverso quadro politico e sociale dei due fenomeni.
Resta il fatto che ancor più del patriottismo europeo il sionismo è stato diffamato e demonizzato dalle élites politiche e intellettuali d'Europa e d'America negli ultimi decenni.  Come se il nazionalismo fosse lecito e degno di approvazione solo se veniva dai nemici dell'Europa, proprio perché nemici. Il modello di questa posizione è la celebre affermazione di Sartre nella prefazione ai "Dannati della terra" di Franz Fanon per cui un algerino che uccideva un francese avrebbe liberato due persone dall'oppressione, se stesso e la sua vittima.
In realtà il nazionalismo terzomondista nella maggior parte dei casi è artificiale e puramente negativo, perché non è veramente fondato il richiamo a una base nazionale: le appartenenze sono tribali o assai largamente religiose. Questo si vede benissimo nelle rivolte arabe di questi mesi, che puntano naturalmente a una dissoluzione dei vecchi stati, in entità più piccole e tribali o nella larga unità della umma islamica. Anche nella popolazione palestinese, così pesantemente sottoposta a propaganda nazionalista, una recente inchiesta mostra che il 57% della popolazione, alla richiesta di declinare la propria identità si classifica innanzitutto come "musulmano", il 21% come "palestinese", il 19% come "essere umano" e il 5% come "arabo". In corrispondenza il 40% della popolazione palestinese ritiene che il miglior sistema politico da costruire fosse il califfato universale, il 24% preferisce il sistema dominante nei paesi arabi cioè gli stati autoritari di vario tipo, e solo il 12% il sistema democratico occidentale.
Torniamo al patriottismo ebraico. L'edificazione dello stato di Israele ha comportato prezzi tremendi: non solo e non tanto le vittime dell'hitlerismo morte anche per non aver avuto dove rifugiarsi, che abbiamo ricordato con malinconia e con angoscia la settimana scorsa con Yom HaShoà. Ma soprattutto coloro che sono caduti nelle guerre con cui Israele ha dovuto difendersi dalle aggressioni continue dei suoi vicini e le vittime del terrorismo. Si è scelto di ricordarli in una giornata separata ma consecutiva alla festa dell'indipendenza, perché il sionismo è un patriottismo positivo, non si alimenta di lutti e risentimenti ma di amore per la propria terra, il proprio modo di vivere, la propria identità, è fierezza delle proprie realizzazioni e gioia del bene comune.
Un libro recente di Luigi Compagna ha messo in evidenza le analogie fra il pensiero di Herzl e quello di Mazzini, anche nella concezione di una libertà dei popoli – oggetto del patriottismo – necessaria alla realizzazione della libertà individuale. Come la grande adunata degli alpini, anche Jom HaAtzmaut è e vuol essere festa di popolo, gioia, senso di libertà. Chi, fra gli intellettuali, i politici, i giornalisti, non apprezza questo sentimento si condanna a non comprendere le forze profonde che fanno compiere ai popoli sacrifici immensi per la propria libertà, la fierezza degli israeliani per le magnifiche realizzazioni degli scorsi decenni e quella con cui gli ebrei di tutto il mondo guardano la bandiera col Maghen David e dicono "Am Israel chai", il popolo di Israele vive. Buona festa a tutti.

Ugo Volli


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Finale di Eurolega  - Maccabi Tel Aviv contro Panathinaikos Atene
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Sarà una giornata di spasimo quella che attende i tifosi israeliani di basket: perché' la finale di Eurolega fra il Panathinaikos Atene e il Maccabi Tel Aviv, che inizia nel pomeriggio a Barcellona, rischia di prolungarsi fino all'ora fatidica delle 20 israeliane, le 19 in Italia. In quel preciso momento inizieranno in Israele le cerimonie solenni per Yom ha Zikkaron, cosa che costringerà il Maccabi a fermarsi, se la partita non si fosse già conclusa.
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