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11 maggio 2011 - 7 Iyar 5771
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l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
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Adolfo Locci
Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

"E nel settimo anno sarà cessazione totale per la terra...non seminerai il tuo campo e non taglierai la tua vigna” (Vaikrà 25:4). I maestri del Talmud, nelle loro spiegazioni, hanno riportato diversi motivi per giustificare l’esilio da Erez Israel e uno di questi sarebbe la non osservanza della mitzwà dell’anno sabbatico. Con questa trasgressione, il popolo ebraico avrebbe manifestato di non amare la terra. Rav Mordechay Elon sostiene che il legame tra uomo e terra ha una similitudine con quello tra uomo e donna. La manifestazione della completezza dell’amore tra un uomo e una donna si realizza durante i giorni del fidanzamento, momento in cui la donna è proibita a tutti gli uomini, compreso il futuro marito. Attraverso il divieto anche di un semplice contatto, spiega Rav Elon, si esprime pienamente il rispetto e l’amore verso la donna; e ciò vale anche per la terra che, nell’anno sabbatico, non deve essere lavorata. Credo sia un buon augurio “post” Yom Ha’Azmaut, che il “popolo d’Israele” fuori e dentro i confini territoriali della “terra d’Israele”, acquisisca la consapevolezza che la “pienezza” di questo amore si può raggiungere con lo studio della Torà e l’osservanza delle Mitzwoth.
Vittorio Dan
Segre,
 pensionato


vittorio dan segre


Non tenere le cose belle per le occasioni importanti. Ogni giorno è speciale.
 
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davar
Qui Torino - Identità ebraica e identità nazionale:
voci a confronto in apertura del Salone del Libro
logo salone libroIdentità ebraica, identità nazionale. 150 anni di storia dell'Italia unita e due millenni di vicende degli ebrei in Italia si incrociano in un dibattito che contrassegnerà la giornata di apertura del Salone del Libro di Torino. Domani, giovedì 12 maggio alle 12, subito dopo l'inaugurazione della maggiore manifestazione culturale italiana, allo Spazio Autori B del padiglione 3 nel complesso del Lingotto, un rabbino, tre storici e un giornalista intrecceranno le loro considerazioni sugli itinerari, i destini e le speranze in una riflessione che lega il mondo ebraico e un secolo e mezzo di Italia unita. Interverranno rav Roberto Della Rocca (direttore del dipartimento Educazione e Cultura foadell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), gli storici Anna Foa (Università di Roma), Emiliano Perra (Università di Bristol), Elena Mazzini (Istituto nazionale per la storia del movimento di Liberazione di Milano). Con loro il giornalista Guido Vitale, direttore della redazione che pubblica il notiziario quotidiano “l'Unione informa”, il portale dell'ebraismo italiano www.moked.it il giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche, i mensili Italia Ebraica e DafDaf.della rocca L'incontro apre la grande manifestazione culturale torinese, che in cinque giorni di lavori porterà all'attenzione di oltre 300 mila visitatori innumerevoli occasioni di conoscenza e di approfondimento dedicate alla cultura e all'identità ebraica.
Nel numero di maggio di Pagine Ebraiche, attualmente in distribuzione, un ampio dossier fa il punto e presenta in anteprima molti dei temi della cultura ebraica che emergeranno nel corso del Salone.


 
Aria di Primavera in redazione. Benvenuto Noah Joseph
noahMomenti tutti speciali e aria di primavera nella redazione del Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it
Questa mattina, al Tempio maggiore di Roma, al primogenito del caro collega Valerio Mieli è stato dato il nome di Noah Joseph ed è stata imposta la Milà (il Patto della circoncisione).
Un bimbo che viene alla luce nel breve periodo di vita di un gruppo di lavoro in cui Valerio costituisce un elemento prezioso e di una redazione che tutti i giorni offre il notiziario quotidiano “l'Unione informa”, la Rassegna stampa, il notiziario del mattino “BokerTov”, il giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche, il mensile per bambini DafDaf e, ultimo nato, il giornale di cronache comunitarie “Italia Ebraica”.
Proprio all'inizio di maggio, tre anni fa, aveva visto la luce il primo notiziario quotidiano realizzato dagli ebrei italiani, il nucleo di una redazione che avrebbe chiamato a raccolta oltre cento voci che considerano la diversità un patrimonio e fanno riferimento alla realtà ebraica italiana. E ancora nei primi giorni di maggio dell'anno seguente avrebbe visto la luce il primo esperimento di un giornale per tutto l'ebraismo italiano.
In questa stagione, la partecipazione ormai consolidata al grande appuntamento del Salone internazionale del Libro di Torino che fra poche ore aprirà i battenti della ventiquattresima edizione.
Ora, sempre negli stessi giorni, l'arrivo felice di Noah Joseph.
A Valerio, a Laura e a tutti i loro cari un caloroso Mazal Tov in questo giorno straordinario.

 
Qui Venezia - A colloquio con Benedetto XVI
amos LuzzattoDurante l’ultima tappa della visita pastorale di domenica a Venezia, Papa Benedetto XVI ha incontrato il mondo della cultura, dell’arte e dell’economia nella Basilica della Salute. Tra questi era presente Amos Luzzatto, presidente della Comunità Ebraica di Venezia, in principio non invitato, sembra per un disguido di segreteria e poi unico citato con nome e cognome nel discorso ufficiale del Pontefice. Su questo gesto e sull’incontro privato successivo all’evento pubblico ne abbiamo parlato con il diretto interessato.
Amos come consideri il gesto del pontefice? Di riparazione per il mancato invito ufficiale?
Sono sempre stato del parere che la miglior diplomazia è la sincerità, che il fatto di scegliere frasi e concetti politically correct non sia la maniera migliore di stabilire rapporti con un possibile interlocutore. Se si sorvola su qualche uscita scomoda tale gesto potrebbe essere interpretato come un arrendersi alle altrui opinioni. Durante la mia presidenza UCEI a Roma ebbi un incontro pubblico con padre Norbert Hofmann braccio destro del cardinale Kasper, presidente della Commissione della Santa Sede per i rapporti religiosi con l'ebraismo. Hofmann sostenne la tesi, abbastanza comune in ambiente cattolico, che il regime nazista fosse sostanzialmente un regime contro la chiesa cattolica e che il suo obiettivo principale fosse quello di demolire la chiesa cattolica per sostituire ad essa una chiesa nazista, il sacrificio degli ebrei e delle altre minoranze coinvolte sarebbe stato un terribile passaggio di questo piano. Questo era uno dei tanti modi per trasformare il silenzio prolungato della chiesa cattolica sulla Shoah, in un atto di prudenza, smarcandosi così da possibili critiche. Mi sentii quindi di obiettare con una domanda: dopo quasi venti secoli di evangelizzazione dell’Europa com’è possibile che un regime nemico della chiesa abbia potuto affermarsi e trascinare l’opinione pubblica di quasi tutti i paesi europei? Non mi risulta che ci siano state opposizioni di massa in Polonia, Francia, Belgio, Austria o Ungheria, paesi cattolici alleati di Hitler. Se il regime nazista è riuscito a galvanizzare a tal punto l’opinione pubblica allora forse qualcosa non ha funzionato nel messaggio propugnato dalla chiesa. A tale quesito Hofmann non ha saputo rispondere.
Quindi è tua opinione che non ci sia stato nessun disguido nel mancato invio dell’invito?
Quando in tali occasioni un invito non viene mandato ci sono a monte motivi studiati e ragionati, può esserci dimenticanza per un invito a cena non per un evento pubblico di tale portata. Se mi si chiede il motivo del mancato invito sinceramente non lo so. Può essere che sia stato per le mie dichiarazioni, alla vigilia della visita, sulla politica del vaticano e nello specifico sull’insegnamento della religione cattolica. Una problematica su cui non si fa sufficientemente attenzione.
Se avevi queste riserve come mai allora hai accettato l’invito quando ti è stato recapitato in ritardo?
Gli inviti si devono accettare sempre. Monsignor Beniamino Pizziol, nominato dal Papa poche settimane fa vescovo di Vicenza, è venuto personalmente a casa mia domandando scusa per il disguido e fermandosi a conversare con me per almeno mezz’ora. Mi è stato fatto intendere che non fosse un semplice problema d’ufficio. Evidentemente ci sono due tendenze nella chiesa cattolica veneziana: come il non invito aveva un peso politico, l’invito portato dal mio amico Pizziol rappresenta le istanze di coloro che sono impegnati quotidianamente nel dialogo interreligioso e che si spendono perché esso venga mantenuto. Di più non posso dire, non c’è dubbio che, nonostante l’incontro con il Pontefice, persistano le mie riserve su alcune sue prese di posizione, come la ferma volontà di portare avanti il processo di beatificazione di Pio XII in merito alla quale mi sono già espresso negativamente in passato.
Nel suo ultimo libro, dove è narrata la seconda parte della vita di Gesù di Nazareth, Papa Benedetto XVI ha tentato però di dissipare la millenaria accusa di deicidio che grava da duemila anni sugli ebrei.
Non c’è dubbio che affermarlo su carta ha di certo un valore e che tale gesto lasci intravedere qualche spiraglio positivo. Il Papa, nella veste di intellettuale e ricercatore, tenta di rimediare ad alcuni arroccamenti della Chiesa attraverso la letteratura, malgrado ciò questo riconoscimento è parziale e non privo di ulteriori criticità. Il travaglio della chiesa cattolica in merito a questo tema è palese e questo Papa, cerca una via, di certo apprezzabile, ma indolore per venirne fuori.
Credi però che si possa instaurare un rapporto di dialogo costruttivo?
Benedetto XVI è un Papa intellettuale e come tutti gli intellettuali quando scrivono e producono qualche opera documentata si espongono inevitabilmente a possibili osservazioni o critiche. Anche a me succede, quando scrivo, di ricevere critiche proprio perché il testo scritto “fa testo”. Il fatto però che ci siano punti di vista necessariamente diversi non implica che si sia schierati su fronti diversi, trincerati sulle proprie posizioni e pronti ad attaccare. Credo che sia possibile con un intellettuale e un ricercatore, com’è di fatto questo pontefice, avere divergenze di opinioni che non si trasformino in antagonismo all’arma bianca.
Dopo il discorso ufficiale in cui il Pontefice ti ha menzionato per nome salutando la Comunità ebraica di Venezia che “Ha antiche radici ed è una presenza importante nel tessuto cittadino”, lo stesso ti ha poi ricevuto insieme ad altre autorità. L’occasione per un saluto veloce o per qualcosa di più?
Se devo essere sincero tutti sono rimasti sorpresi del fatto che invece di un saluto veloce, riservato agli altri, con me si sia invece trattenuto a parlare e che per tutto il tempo abbia tenuto la mia mano nella sua.
Cosa vi siete detti?
Il Pontefice ha ascoltato con manifesto interesse, prima il racconto delle origini storiche della mia famiglia, proveniente dalla Germania come lui del resto, poi la storia della presenza ebraica in città. È intervenuto anche il Cardinale Scola che ha ricordato l’importanza della cultura ebraica a Venezia e nello specifico della biblioteca ebraica “Renato Maestro” grazie ai suoi tesori librari. Per il resto si vedrà. Come ho detto in una recente intervista, quello che conta in un incontro e in un dialogo è capire cosa c’è che unisce e cosa c’è che divide. Dobbiamo averne cognizione, poterlo analizzare e discutere, è indubbio che ci siano dei punti critici che ci dividono.

Michael Calimani

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pilpul
La parola e il braccio
Francesco LucreziCosa ha permesso a Israele, nonostante tutto, di vivere, crescere, prosperare, fino al traguardo di questo 63° anniversario di Indipendenza? Chi bisogna ringraziare per la prodigiosa rinascita del popolo ebraico, che, nonostante i tanti Amalek della storia, è riuscito a riaccendere, nella propria terra, una “luce per tutte le nazioni”? Occorre dire grazie, in primo luogo, ai rabbini, ai poeti, ai sognatori, ai sarti, agli straccivendoli, ai folli che hanno permesso all’ebraismo di tramandare la propria anima, attraverso secoli di esilio, in mille città, villaggi e shtetl, fino a consegnarla, nei tempi moderni, ai realizzatori del sogno sionista? O il primo ringraziamento va tributato a tutti i combattenti che, su mille fronti - tra le mura del dal ghetto di Varsavia come tra le fila dell’esercito britannico o di Tsahal – hanno affermato con la forza la volontà di vita e di resistenza – contro tutti, nonostante tutto – del popolo del libro?  Il mondo, si sa, ama i primi, non i secondi. Ama la parola ebraica, non il braccio che le permette di esistere, di essere pronunciata. Eppure, spesso sono stati gli stessi poeti, cantori, musicisti a impugnare le armi, affinché il messaggio affidato alla loro arte non fosse spento, soffocato per sempre.  Fra i tanti, in questo 63° Yom ha Azmaùt, ricordiamo la luminosa figura del grande poeta guerrigliero lituano Avrom Sutskever: catturato dai nazisti, costretto a scavare la fossa ove, una volta fucilato, sarebbe stato seppellito il suo cadavere, Sutzkever vi si gettò nello stesso istante in cui l’ufficiale diede ordine di sparare, precedendo di un attimo la raffica e riuscendo, così, a essere colpito in modo non letale. Sepolto vivo, riuscì a respirare sotto terra, economizzando l’aria, e a sopravvivere. Uscito dalla fossa, diventò comandante di una brigata di partigiani ebrei, affrontò e sconfisse i nazisti in mille scontri, in una spericolata tattica di guerriglia, trovando rifugio nei boschi, dopo avere colpito, per poi tornare a colpire. Divenne un incubo per il nemico e, per i suoi, una leggenda vivente, tanto da essere prelevato dai russi, a conflitto in corso, e condotto a Mosca, per essere insignito del premio Stalin, che, però, rifiutò, preferendo tornare a combattere. Vinse la sua guerra, morì in pace, libero, giusto, sazio di giorni, il 20 gennaio del 2010, a 96 anni. E, tanto in pace quanto in guerra, restò sempre un poeta. In sua memoria, così come in memoria di tutti coloro che hanno difeso, con la parola e con le braccia, il diritto a esistere del popolo ebraico, come di tutti i popoli, ricordiamo una delle sue più toccanti poesie, scritta in yiddish, durante i suoi giorni di partigiano, intitolata Unter dayne Vaise Shtern, “Sotto le tue stelle bianche”:  

Sotto le tue stelle bianche, tendimi la tua mano bianca. 
Le mie parole sono lacrime, vogliono riposare nella tua mano. 
Guarda, si offusca il loro scintillio, nel mio sguardo pieno di tenebra,
e non ho nessun posto dove poterle restituire.  
Ma, Dio di fede, io voglio affidarti il mio bene, 
perché c’è un fuoco dentro di me e, nel fuoco, i miei giorni. 
Nelle cantine e nelle fosse, piange la quiete assassina. 
Corro in alto, sopra i tetti, e cerco: dove sei, dove?  
Mi seguono stranamente scale, corti, lamenti. 
Pendo come una corda strappata e canto così per te: 
sotto le tue stelle bianche, tendimi la tua mano bianca.
Le mie parole sono lacrime, vogliono riposare nella tua mano. 

Francesco Lucrezi, storico


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notizieflash   rassegna stampa
Il rabbino Metzger riceve "l'Obama ebreo"
  Leggi la rassegna

Il rabbino capo di Israele ashkenazita Yona Metzger ha ricevuto giovedì nel proprio ufficio di Gerusalemme Mark Ndesandjo, il figlio della terza moglie del padre del presidente statunitense, Barak Obama, di religione ebraica. Ruth Nidensand, questo il nome della donna di origine ebraica, ha spronato il figlio cinquantenne a recarsi in Israele per "scoprire le proprie radici". Ndesandjo ha visitato diverse località di carattere religioso. La presenza del fratellastro del Presidente degli Stati Uniti - che vive e lavora in Cina - è stata tenuta segreta in Israele perché ha coinciso con la uccisione del leader di al-Qaida Osama Bin Laden e secondo la stampa locale si temevano attacchi alla sua persona. 
 
In una giornata nella quale i quotidiani non hanno molte notizie di cronaca da riportarci, credo che una particolare attenzione vada dedicata alle parole di Fiamma Nirenstein che sul Giornale prende lo spunto da 170 pagine di regole dettate dall’Europa; bisogna vedere quello che sta dietro questo documento. Non basta certo scrivere tutte quelle regole di “non discriminazione” se poi si permettono le politiche peggiori quali, ad esempio, la costruzione della atomica iraniana. Se poi si guarda con attenzione alle cronache dei giorni scorsi, Fiamma osserva giustamente come è stato spesso tratteggiato Bin Laden: sembrava fosse un povero vecchio, con la barba bianca, solo, stanco ed annoiato, pieno di rughe.
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Emanuel Segre Amar


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