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1 giugno 2011 - 28 Iyar 5771
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Adolfo Locci Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

Nel trattato talmudico di Berakhot (7b) si trova, tra molti altri, un insegnamento di rabbì Shim‘on ben Yochay riportato da rabbì Yochanan: per una persona è peggio (far fronte ad) una cattiva educazione nella propria casa che (combattere) la guerra contro Gog e Magog...”. Rabbì Shim‘on bar Yochay, forse per la sua esperienza particolare, esprimerebbe il monito che il pericolo più grave per la nostra sussistenza, più che da pericoli o minacce esterne può arrivare da fratture e problematiche irrisolte interne. Non solo, ma la debolezza provocata delle fratture interne non ti permetterebbe di difenderti a pieno dalle minacce esterne e che far fronte a una cattiva educazione nella propria casa, richiederebbe maggior impegno e serietà...  
Vittorio Dan
 Segre,
pensionato



Vittorio Dan Segre


La miseria è più facile da sopportare del desiderio di scacciarla. 

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davar
Qui Roma - Dopo le polemiche un documento condiviso
Un documento condiviso redatto da esponenti delle tre forze elette in aprile in rappresentanza dell’ebraismo capitolino è stato approvato dal Consiglio della Comunità ebraica di Roma. Eccone il testo.

Il Consiglio della Comunità Ebraica di Roma prendendo atto delle veementi polemiche sorte tra i nostri iscritti a seguito delle iniziative di solidarietà organizzate dalla CER in favore degli abitanti di Itamar, comunicate nel Consiglio del 13 aprile scorso ribadendo che il dialogo e il libero dibattito, nel rispetto delle altrui opinioni, sono condizioni intrinseche del sistema dei nostri valori ebraici e democratici, condanna ogni forma di provocazione e intimidazione, verbale e scritta, o azione che possa portare a una irreparabile frattura tra i membri della nostra Comunità, impegna sé stesso a operare scelte volte a unire la nostra Comunità, ripristinando un clima di concordia e tra i propri iscritti, a favorire, attraverso le proprie istituzioni, un sereno confronto di idee e una maggiore conoscenza dei temi che più coinvolgono emotivamente le comunità ebraiche e la società israeliana, invita tutti i propri iscritti a utilizzare i mezzi di comunicazione e le occasioni di incontro per un sano e libero confronto di opinioni, a essere consapevoli che una maggiore attenzione nel linguaggio e nei contenuti delle proprie espressioni è il primo passo per realizzare un confronto costruttivo con gli altri, rispettoso delle idee e delle sensibilità di tutti, ribadisce il legame di fratellanza tra tutti gli appartenenti al popolo ebraico, ovunque essi risiedano, nel rispetto delle diverse e individuali scelte politiche e ideologiche.

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pilpul
Antisemitismo e islamofobia, alcuni equivoci pericolosi
Francesco LucreziA proposito delle discussioni riguardo al possibile parallelo tra antisemitismo e islamofobia (a cui ho rivolto qualche considerazione nel mio intervento di mercoledì scorso), un punto importante da chiarire è che molti fraintendimenti nascono dall’assunto secondo cui ebrei e arabi deriverebbero da un’unica radice, quella dei popoli cosiddetti ‘semiti’, e, in quanto tali, sarebbero colpiti da forme di pregiudizio analoghe.
Cercando di sintetizzare in poche righe un problema che richiederebbe una lunga e dettagliata disamina, facciamo presente che siffatte convinzioni (assai diffuse anche in ambienti accademici e in accreditati saggi scientifici) poggiano su due grandi equivoci di fondo, responsabili di alcuni fra i più grandi errori della cultura moderna.
Il primo equivoco è quello secondo cui, nell’antico Vicino Oriente, si sarebbe formato (e, secondo alcuni, esisterebbe ancora) un grande ceppo etnico, che avrebbe accomunato popoli diversi, ma dall’origine comune (ebrei, caldei, babilonesi, siriaci, arabi ecc.). Questa convinzione ha una data di nascita precisa, che è il 1781, quando August Ludwig Schlözer sostenne che, nella grande area tra il Mediterraneo, la Mesopotamia e l’Arabia, sarebbe stata parlata, anticamente, “un’unica lingua”, da genti che avrebbero fatto parte di “un unico popolo”. Tale idea - pura leggenda, senza neanche un’ombra di fondamento scientifico -, a sua volta, partiva da un’analisi di Leibniz, del 1704 (anch’essa discutibile, ma comunque non priva di alcuni elementi di attendibilità), secondo cui alcune lingue dell’antichità (ebraico, punico, caldeo, siriaco, etiopico) avrebbero avuto dei tratti comuni, tanto da costituire un unico gruppo linguistico, che Leibniz, dalla componente più parlata, chiamò “arabo”. Schlözer, nello sviluppare le conclusioni di Leibniz (che avevano avuto grande successo e risonanza), prese un grande abbaglio, innanzitutto sostituendo all’idea di un gruppo linguistico (che, in una certa misura, c’è stato, anche se non in modo così netto e omogeneo) quella di un raggruppamento etnico (“un unico popolo”, che, invece, non è mai esistito), e poi sostituendo al termine “arabo” la parola “semita”: la quale, rinviando arbitrariamente al racconto del decimo capitolo della Genesi (la discendenza di Sem, Cam e Iafet), ha collegato irreversibilmente la scienza al mito, con conseguenze nefaste per la prima. Da allora, sarebbe stato un ininterrotto parlare, a vanvera, di semiti, camiti e giapetiti (poi trasformati in ariani). Lo stesso Ernest Renan, che, nel 1855, criticò la scelta di Schlözer, notò che il termine “semita” non avrebbe potuto indicare il popolo dei discendenti di Sem, in quanto questi sarebbero stati “almeno per la metà, di origine ariana” (dimostrandosi, evidentemente, ancora prigioniero della “trappola mitologica”).
Il secondo equivoco è del 1873, quando il giornalista tedesco Wilhelm Marr usa, per la prima volta, il termine  “antisemitismo” (anziché i più appropriati giudeofobia, antiebraismo ecc.), per indicare l’avversione non già, generalmente, verso i presunti ‘semiti’ (chiunque essi fossero), ma, specificamente, verso gli ebrei, dando così un ulteriore contributo (molto rilevante, in ragione del grande successo incontrato dall’insulso neologismo) alla già notevole confusione.
Non sarebbe dunque male, specie quando si parla ai giovani, chiarire il senso preciso dei termini adoperati (per esempio, “antisemitismo” e “islamofobia”), e magari anche la loro origine storica; e ricordare anche che, non di rado, le parole (come nel caso dei ‘semiti’, degli ‘ariani’ e altre amenità simili) possono rinviare a cose mai esistite nella realtà, partorite unicamente dalla fantasia di qualcuno.


Francesco Lucrezi, storico

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notizieflash   rassegna stampa
Brevetto israeliano aiuta Civitavecchia
a riciclare i rifiuti senza differenziare

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La possibilità di riciclare i rifiuti è legata a un lavoro di raccolta differenziata effettuato, purtroppo spesso in malo modo, direttamente dai cittadini. Ma da oggi, grazie a un nuovo brevetto israeliano non sarà più così. I consumatori potranno tornare a cestinare i rifiuti tutti assieme, senza preoccuparsi di differenziarli a monte. La differenziazione, peraltro anche più sicura, avverrà in seguito. Il brevetto israeliano, già utilizzato a Tel Aviv, Los Angeles e New York, sarà sperimentato per la prima volta in Italia nel Comune di Civitavecchia. Il sindaco di Civitavecchia, Giovanni Moscherini, ne ha spiegato il funzionamento: "I rifiuti vengono versati in un percorso d'acqua di circa 150 metri, lungo il quale avviene la separazione tecnica: tutto ciò che galleggia viene separato e indirizzato alle fabbriche di riciclaggio; a metà di questo fiumiciattolo un nastro trasportatore, che è una sorta di calamita, attrae metalli, vetro e quant'altro; infine, tutto ciò che è umido va in un nastro situato in fondo al percorso e viene portato in depositi che producono biogas. Quello che resta, il 15-20 per cento, è un rifiuto pulito, e quindi facilmente riciclabile nell'agricoltura o in altre attività".
 

In una giornata di tregua delle novità che ci giungono da Israele, possiamo osservare con più calma gli avvenimenti che avvengono negli altri Paesi del Medio Oriente; Repubblica si limita a pubblicare una breve con l’annuncio, fatto da Assad, di una amnistia generale, che segue di alcuni giorni la fine dello stato di emergenza in vigore da decenni. Troppo poco quanto scrive ai propri lettori questo quotidiano, e quindi merita maggiore attenzione il Corriere sul quale Davide Frattini, partendo dalla stessa “apertura” di Assad, scrive anche che, dopo che il corpo del piccolo Hamza, di soli 13 anni, è stato restituito ai suoi genitori orribilmente torturato e mutilato, le proteste contro il regime alawita, che continua a sparare contro la folla, hanno preso nuovo slancio...»

Emanuel Segre Amar








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