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 2 giugno 2011 - 29 Iyar 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma


Ieri è stato festeggiato lo Yom Yerushalaim, "Il giorno di Gerusalemme" che ricorda la vittoria a Gerusalemme nel corso della guerra dei sei giorni del 1967. Rav Menachem Emanuele Artom z.l., che comunque non dubitava sul significato dell'evento, non era d'accordo nello stabilire proprio la data di ieri come giorno di festa; come per Purim e Chanukkà, l'antica tradizione ebraica festeggia non il giorno cruento dei combattimenti, per quanto vittoriosi, ma quello dopo in cui "gli ebrei si riposarono dai loro nemici" (Ester 9:22). Il nome del giorno ha la sua storia, nel libro dei Salmi (137:7) è il giorno in cui i Babilonesi invocano la distruzione della città fino alle fondamenta, e che viene così ribaltato in senso positivo. Il nome, la data, le modalità di celebrazione religiosa e civile, le manifestazioni che lo accompagnano sono tutte oggetto di controversia ed è certo troppo presto, e troppo caldo il problema, per mettere d'accordo un nucleo considerevole di ebrei. Ma per chi abbia visto in questi giorni le folle di ragazzi e ragazze israeliani in festa e in sincera allegria per le vie della città è evidente che proprio ora, a parte la data da ricordare, la questione della sovranità ebraica su Gerusalemme non è un fatto da trascurare.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
La "primavera araba" di questi ultimi mesi dovrebbe essere una lotta di liberazione dei popoli musulmani dal giogo dei regimi totalitari che li hanno governati finora. Viene in mente l'analogia con la liberazione dal regime fascista, ma c'è una piccola differenza. In Italia, sotto il fascismo, languivano in carcere Antonio Gramsci e Vittorio Foa. Allora si poteva almeno sognare che, dopo la liberazione, sarebbe potuta rinascere un'idea libera e umanistica della politica e della società - in quel momento repressa. Ma nelle carceri dei regimi totalitari dei paesi arabi non ci sono i Gramsci e i Foa, e non è chiaro che cosa si possa sognare per il dopo.

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davar
Qui Roma - “Iniziativa nel segno di unità e fratellanza”
“Un’iniziativa nel segno dell’unità e della fratellanza”. Così il Consigliere della Comunità ebraica di Roma Joseph Di Porto a proposito del comunicato congiunto firmato da esponenti delle delle tre forze politiche che guidano l’ebraismo romano - oltre a Di Porto, in rappresentanza della lista Per Israele, sono proponenti anche Raffaele Sassun (Efshar) e Victor Magiar (Hazak) - presentato lunedì pomeriggio in occasione dell’ultima riunione del Consiglio della Comunità ebraica capitolina. Il comunicato affronta le tensioni recentemente sorte a seguito dell’iniziativa di solidarietà organizzata dalla Comunità a favore degli abitanti dell’insediamento di Itamar dopo l’atroce massacro della famiglia Fogel. Un’iniziativa che, ferma restando la netta condanna per il terribile atto di violenza perpetrato, aveva trovato contrario Giorgio Gomel, tra i fondatori del gruppo Martin Buber-Ebrei per la pace, che in una lettera pubblicata dal giornale comunitario aveva manifestato la sua contrarietà e spiegato di non considerare “sentimentalmente nostri fratelli” gli abitanti di Itamar. La lettera aveva fatto nascere una violenta contrapposizione interna all’ebraismo romano. Una contrapposizione sfociata nelle scritte e negli striscioni apparsi negli scorsi giorni sui muri del Ghetto.
“Le contrapposizioni degli ultimi tempi - prosegue Di Porto - sono state originate proprio dai toni sbagliati usati in quella lettera. Serviva un messaggio forte da inviare a tutte le parti in causa per invitare a una maggiore responsabilità verbale”. Alla base un’idea di fratellanza, di identità condivisa che non può essere messa in discussione. “Non possiamo prescindere dal fatto che siamo tutti fratelli” dice Di Porto. “Gli ebrei di Roma e Milano come quelli di Gerusalemme o Giudea e Samaria sono infatti parte della stessa grande famiglia”. La necessità di scongiurare fratture interne e ripristinare un clima di concordia è sottolineata anche da Raffaele Sassun.
“Con questo documento - conferma il leader di Efshar - abbiamo voluto condannare con forza ogni violenza verbale auspicando maggiore attenzione al linguaggio”. Attenzione che, sottolinea Sassun, “deve essere posta da entrambe le parti, perché il documento intende condannare la violenza verbale e auspica una maggiore attenzione al linguaggio di entrambe le parti e non di una sola parte”.
Necessario quindi un confronto meno aspro: “È importante lavorare per l’unità e per questo auspichiamo maggiore serenità in un confronto futuro comunque rispettoso delle diverse scelte politiche e ideologiche di ciascuno”. Soddisfatto infine dell’impegno comune che ha visto lavorare a fianco le tre liste della Giunta comunitaria anche Victor Magiar, capolista del gruppo Hazak. “Il dibattito seguito alla presentazione del documento - commenta il Consigliere UCEI - è stato breve e molto responsabile. Si è infatti colta l’importanza di questo richiamo che non scade nella retorica e che invita a comportamenti più responsabili aprendo la strada a future occasioni di confronto tra gli iscritti nel segno del dialogo”.
Su quanto avvenuto era intervenuto negli scorsi giorni il Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna con una dichiarazione intitolata “Abbassiamo i toni, innalziamo i contenuti”.

a.s 

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pilpul
Regalità d’Italia
Gianfranco Di SegniIl 2 giugno è la festa della Repubblica. Più precisamente, ricorda il giorno del 1946 in cui, con un referendum popolare, la maggioranza (ma non di tanto) della popolazione italiana votò contro la monarchia e a favore della repubblica. Quarantadue anni prima, il giovane re Vittorio Emanuele III si era recato per la prima volta in visita alla Sinagoga Maggiore di Roma, da poco inaugurata. Così è descritta la visita del re nella cronaca del Vessillo Israelitico (1904, LII, pp. 345-348):

“Un avvenimento della più alta importanza storica e morale si compiva sabato 2 Luglio (19 Tamuz 5664) alle ore 8 ant. in Roma. S. M. Vittorio Emanuele III, accompagnato dai generali Brusati e Mayno, scortato dai corazzieri e dai ciclisti, si recava pel Lungo Tevere Cenci a visitare il nuovo Tempio che gl’Israeliti di Roma hanno innalzato dopo molte difficoltà, nel luogo stesso in cui tanto soffersero per l’addietro. La data del 2 Luglio 1904 sarà scritta a lettere d’oro nel libro della storia degl’Israeliti di Roma e d’Italia, poiché questa è la prima volta nei secoli che il sovrano si associa ad una grande solennità per l’Israelitismo. A ricevere S. M. ai cancelli dell’edifizio erano: (…) il pres. Avv. Cav. Angelo Sereni, (…) col Rabb. Magg. Prof. cav. Vittorio Castiglioni (…).
Mi sarebbe impossibile dire dell’entusiasmo, degli evviva al Re, dei battimani, delle esclamazioni di gioia, della commozione generale, coi quali veniva accolto il Re saggio dalla enorme folla accalcatasi nei dintorni del Tempio (…) S. M. entrò nel Tempio di cui ammirò l’architettura, le splendide pitture,il magnifico altare, l’arca santa, facendosi spiegare dall’illustre Rabb. Magg. il significato delle varie iscrizioni ebraiche. S’informò della costituzione della Comunità e del modo di elezione delle sue cariche, delle rendite e delle spese di essa. Visitò le bellissime gallerie destinate alle signore e si mostrò bene informato di molte importanti pratiche di culto, ricordando quanto aveva veduto nel suo viaggio in Oriente, a Salonicco e a Gerusalemme, ove ebbe entusiastiche accoglienze anche per parte degl’Israeliti.
Salito nella grandiosa sala del Consiglio, chiese anche qui esatte spiegazioni delle iscrizioni sulle pareti, e volle affacciarsi ad una delle finestre. Immaginarsi l’entusiasmo della folla che era sulla via in quel momento anche verso il Ponte Quattro Capi, e di tutti gli abitanti dei dintorni affacciati alle loro finestre!
Pregato dal sig. Presidente si compiacque di scrivere l’augusto suo nome in apposito prezioso albo che sarà gelosamente conservato colla penna, (…) e, sempre seguito dai componenti la presidenza, dal Rabb. Magg., dai consiglieri presenti, dalle signore, partì congratulandosi, fra le grida entusiastiche della folla che lo acclamò con la massima gioia. La visita durò circa mezz’ora e lasciò profonda e grata memoria in quanti ebbero l’onore di assistervi.
Ho veduto moltissimi colle lacrime agli occhi, certo paragonando i tempi e ricordando le disuguaglianze passate. Non v’ha dubbio, la visita sovrana al nuovo Tempio costituisce un fatto che contribuirà ad accrescere, se pur ciò è possibile, in petto ad ogni israelita italiano il sentimento di vivo affetto e di profonda riverenza per la Maestà del Re e per tutta la Casa reale”.

Che la visita lasciasse “profonda e grata memoria” in chi vi assistette è credibile. Certamente non la lasciò nel “re saggio” e nei suoi accompagnatori, se trentaquattro anni dopo lo stesso re, ormai cresciuto (d’età), firmò con “l’augusto suo nome” le orribili leggi razziste contro gli ebrei. Chissà se hanno conservato pure quella penna. Nemici ne abbiamo avuti tanti e qualcuno ce n’è ancora. Ma abbiamo imparato a conviverci. Sono gli amici improvvisamente diventati nemici che proprio non ci vanno giù. Che se ne vadano a casa, con un bel voto popolare.

rav Gianfranco Di Segni, Collegio rabbinico italiano

Trallallà
Il Tizio della SeraIl Tizio della Sera ama le consultazioni elettorali: le squisite
amministrative, le formidabili politiche, le stimolanti referendarie. In queste fasi della vita civile, gli ebrei smettono di essere il male del mondo e il male del mondo diventa Berlusconi e quelli che non la pensano come lui, che in effetti questi qui iniziano a essere tanti e ci deve essere qualcosa di vero. In ogni caso, sotto elezioni gli ebrei si riposano.
Smettono di spiegare che non sono nazisti, fascisti, colonialisti,
fasciosionisti, ultranazionalisti, integralisti, fanatici, cripto-massoni. La discussione è sospesa e gli ebrei si accorgono di abitare in Italia. I politici danno il cambio agli ebrei. Sotto elezioni, i politici sono ganzi: sono gente alla mano e si rivolgono a tutti, figurati, anche agli ebrei e agli zingari - anche se agli zingari, non sempre con educazione. E il Tizio che ha smesso di spiegare al suo vicino di pianerottolo che gli ebrei non possono andare a vivere in Turchia, ora è veramente contento perché può pensare a Milano 5. Legge la lettera di Pisapia alla comunità di Milano, ed è contento: simpatico pensa, sembra Macario, quindi è buono. Poi non sente mai la Moratti rivolgersi alla comunità di Milano, ed è felice perché gli fa paura come quei film di Dario Argento.
Per carità, gran bella donna, chissà se dorme con il tailleur. Eh sì,
riflette, ci vogliono bene, lo vedi che ormai si sono di nuovo affezionati a noi come dopo la guerra, quando ci avevano ammazzati quasi tutti e gli mancavamo. Bene bene, questo elettorale sarà un bel periodo. Ci saranno i referendum, ci vorranno di nuovo bene. Poi con un po' di fortuna Berlusconi perderà tutti e cinque i referendum e nel giro di qualche mese dovranno essere indette le elezioni, e vai col liscio, ci vorranno dell'altro bene gratis. Poi se il vento regge Berlusconi perde anche le politiche e così ci ameranno senza tregua
perché dovranno fare anche le presidenziali (se no, tra l'altro, lui non sa cosa fare nella vita). Però, quando lui avrà perso anche quelle, sarà un problema, perché la scorta di Berlusconi sarà finita. Ma intanto, trallallà, godiamocela. E' la democrazia, caro Tizio.

Il Tizio della Sera

Dibattito aperto
A proposito delle polemiche e degli episodi avvenuti nell’ambito della Comunità ebraica di Roma, sono molti i contributi che continuano ad arrivare in redazione. Esponenti ebraici italiani, opinion leader o semplici lettori di cui vi proproniamo una rassegna ampia nella sezione dossier del Portale dell’ebraismo italiano, che ospita tra gli altri gli interventi di Giorgio Gomel, Gheula Canarutto Nemni, Tobia Zevi, Francesco Lucrezi, Il Tizio della Sera, Donatella Di Cesare, Ugo Volli, Sergio Della Pergola, Anna Foa, Renzo Gattegna, Mino Di Porto, Gad Lerner, Victor Magiar, Fiamma Nirenstein, Riccardo Pacifici, Paolo Brogi, Francesca Nurnberg, Daniel Funaro, Sandro Natan Di Castro, I ragazzi di Havi’u et Hayom, Moni Ovadia, Giorgio Israel, Sharon Nizza, Gadi Luzzatto Voghera, Roberto Jarach, Fabio Della Pergola, Gavriel Segre, Giuseppe Damascelli e Riccardo Hofmann.

clicca qui per leggere il dossier sul Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it

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notizieflash   rassegna stampa

Borse di studio Raffaele Cantoni

Anche quest’anno, la Fondazione per la Gioventù Ebraica “Raffaele Cantoni” e l'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, distribuiranno alcune borse di studio di 4000 Shekel (corrispondenti a circa 800 euro) a studenti italiani, che intendono proseguire gli studi in Israele. Tali borse di studio verranno conferite a giudizio insindacabile del Comitato direttivo della Fondazione in Israele e dell’UCEI, e verranno consegnate a Gerusalemme.
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Stesso nome, persone diverse 
Nonostante la foto pubblicata nella rubrica aleftav, l'indicazione del secondo nome (Natan) e la specificazione della provenienza (Haifa), alcuni lettori si sono chiesti se la firma "Sandro Natan Di Castro, Haifa" apparsa in questi giorni corrispondesse a quella del Consigliere UCEI Sandro di Castro. Ovviamente non è così.
 

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