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6 giugno 2011 - 4 Sivan 5771
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma

L'olfatto è un senso un po' trascurato rispetto agli altri, forse a causa del processo evolutivo (o creativo) che nella specie umana lo ha reso meno importante di quanto sia invece per molti altre specie animali. Eppure la tradizione religiosa se ne occupa con attenzione, prescrivendo ben cinque differenti benedizioni da recitare quando si gode di un profumo, ognuna per una circostanza differente; si benedice il Signore creatore di un olio piacevole, o che mette nella frutta un buon odore, o che crea legni, erbe o specie profumate. Una di queste benedizioni va recitata alla fine del Sabato, odorando un profumo per compensare l'anima aggiuntiva che ci lascia con il buio. Domani sera, festa di Shavuot, l'olfatto si prenderà la sua rivincita; in una festa povera di segni specifici gli usi locali hanno sviluppato l'abitudine di addobbare le sinagoghe con fiori per ricreare l'atmosfera particolare della rivelazione sul Sinai, visiva e olfattiva. Non dovremo dimenticare di recitare una benedizione, sentendo quei profumi.

Anna
Foa,
storica

   
Anna Foa
Carità di patria avrebbe preferito il silenzio, ma dal momento che i media ne hanno ampiamente parlato, affrontiamo l'argomento. A Mea Shearim, un tribunale rabbinico ha condannato un cane alla lapidazione. Non si sa se la sentenza è stata eseguita, o se la povera bestia è riuscita a prendere la fuga, come speriamo ardentemente. Il cane non era colpevole tanto di essere entrato nella corte rabbinica, rifiutandosi di uscire, quanto soprattutto  di essere stato "individuato" come la reincarnazione di un avvocato laico morto da alcuni anni che aveva in passato vinto un processo contro il rabbino che ha emanato la sentenza. E' difficile, nel 2011, fare commenti su questo aspetto della reincarnazione, a meno che non si voglia abbandonare la calma e la serenità del giudizio. Asteniamocene. Entriamo però nell'ottica di un processo contro il cane davanti ad un tribunale rabbinico, per quanto assurda la prospettiva ci possa sembrare. Il cane aveva un difensore? E quali prove sono state portate dell'avvenuta reincarnazione? E la lapidazione, è una pena in vigore nei tribunali rabbinici, anche se si tratta di Mea Shearim? Spero di cuore che questa vicenda sia ridimensionata dalle testimonianze, anche se la versione a cui mi attengo è quella confermata in un'intervista dal vice stesso del rabbino in questione. Ma, comunque vadano le cose, non vedo differenze tra i talebani afgani e pakistani da una parte e tali rabbini ultraortodossi dall'altra. A Mea Shearim si è diffuso recentemente un movimento volto a far portare alle donne una sorta di burka, in nome della modestia. Peccato che l'inventrice di questa novità sia stata arrestata per abusi e maltrattamenti dei suoi dodici figli. E adesso, il processo al cane, con relativa condanna alla lapidazione. A quando, l'annuncio della lapidazione di un'adultera? O non ci sono adultere da lapidare a MeaShearim? Infine, non voglio nemmeno pensare a cosa un fatto del genere può portare, una volta diffuso ovunque dai media. Sembra proprio che, con ebrei di tal fatta, non abbiamo proprio bisogno di antisemiti!.

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davar
Roma guarda a Israele: “Un legame forte
con il Maccabi per i progetti futuri”
alemanno-pavoncelloUn viaggio per tastare il polso, conoscere e stringere relazioni con il Comitato Olimpico Israeliano e con i vertici mondiali del Maccabi. Un’occasione unica per approfondire le politiche su riciclaggio e sicurezza della municipalità di Tel Aviv, un modello di efficienza a livello mondiale. E poi l'abbraccio commosso con i genitori di Gilad Shalit con l'auspicio un pronto ritorno a casa del soldato di Tsahal da quasi cinque anni nelle mani di Hamas. All’alba della candidatura ufficiale di Roma alle Olimpiadi del 2020, la recente visita in Israele del sindaco Gianni Alemanno ha rappresentato un passaggio fondamentale per la Capitale in vista di un suggestivo percorso olimpico che va gradualmente delineandosi. Tracciamo un bilancio dei giorni israeliani di Alemanno con il presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello. Mediatore del sindaco in questa preziosa occasione di confronto con molte autorità sportive e istituzionali di Israele, Pavoncello siede assieme alla vicepresidente UCEI Claudia De Benedetti ai vertici europei della federazione e riveste alcuni incarichi anche nella Maccabi World Union.
Cosa ha significato la visita di Alemanno al Plenum del Maccabi?
La visita di Alemanno ha avuto grande significato. Era importante, per Roma e per la sua candidatura olimpica, tastare e valutare quali fossero gli umori. Il Maccabi è un ente internazionale ramificato in molti paesi, i suoi collegamenti sono seri e tangibili. Non dimentichiamoci che ad oggi la Maccabiade è il terzo evento sportivo al mondo. Aver quindi ascoltato, oltre ai vertici anche i singoli presidenti dei Territorial Organisation (T.O.), si è rivelata un’esperienza molto istruttiva nel proseguo di questo cammino. Il legame tra l’altro è molto forte. Roma avrà infatti il supporto di Israele nella corsa all'assegnazione dei Giochi 2020. Forse sarà anche complice. Parallelamente la Capitale potrà contare anche sull’appoggio del Maccabi. Tutti i Maccabi mi hanno garantito il loro sostegno, tutti incondizionatamente.
alemanno-ShalitIl sindaco si è molto soffermato sull’esperienza di successo della Maccabiade svoltasi a Roma nel 2007. Cosa lo ha colpito in particolare secondo te?
Essenzialmente che delegati di ogni provenienza gliene abbiano parlato in termini entusiastici. Niente che facesse riferimento agli stereotipi dell'italiano medio. Tutti hanno parlato di Roma e della grande cerimonia di apertura dimostrando il loro amore per la più bella città del mondo. Questo lo ha molto impressionato.
Quali sono state più in generale le sue reazioni al viaggio in Israele?
La mia impressione è che almeno all'inizio Alemanno non capisse il fortissimo legame che unisce gli ebrei in tutte le parti del mondo. Ricoprendo un ruolo di altissimo profilo istituzionale, gli sembrava quasi impossibile che le porte di ogni luogo gli fossero aperte in quel modo fraterno. È tornato a Roma entusiasta. D’altronde ha avuto modo di fare incontri unici: dal vertice sulla sicurezza e sul riciclaggio col sindaco di Tel Aviv Ron Huldai - a colpirlo in particolare alcune iniziative che fanno di Tel Aviv una città pulita, libera da bottigliette di plastica e altri rifiuti - all’abbraccio commosso con i genitori di Gilad Shalit nella tenda del padre Noam, dal confronto di idee con i vertici del Comitato Olimpico israeliano e del Maccabi a una suggestiva passeggiata notturna a Gerusalemme con la guida eccezionale del rav Riccardo Di Segni.
Tra i tanti momenti significativi di questo viaggio hai citato l’incontro con i genitori di Gilad Shalit. Che impressioni hai avuto?
Pur arrivando da Israele notizie incoraggianti sulla sorte di Shalit, ho visto i suoi genitori rassegnati rispetto a soltanto un anno fa quando Roma li aveva accolti spegnendo le luci del Colosseo nel quarto anniversario del rapimento di Gilad. Questa situazione mi ha molto addolorato e la stessa sensazione l’ha provata anche Alemanno, che si è intrattenuto a lungo con loro condividendone la sofferenza. Sono sicuro che il sindaco organizzerà una grande manifestazione il 25 giugno prossimo, data in cui cadrà il quinto anniversario di quel giorno maledetto. Anche se mi auguro che in quella circostanza, invece di chiederne la liberazione, potremo festeggiare il ritorno a casa del ragazzo.
Giochi Europei di Vienna: un altro grande appuntamento è alle porte. Come si sta preparando la Federazione Italiana alla manifestazione in programma nella capitale austriaca a luglio?
Con mille difficoltà. Faremo come sempre la nostra bella figura ma sinceramente mi aspettavo un'adesione più massiccia e meno problematica. Quelli del Maccabi sono valori che rafforzano la nostra identità. Ma senza aiuti da parte delle istituzioni, ebraiche e non, diventa tutto più difficile. Purtroppo mi sembra una candela che va inesorabilmente pian piano spegnendosi.

Adam Smulevich

Qui Casale - OyOyOy! Festival di cultura ebraica
Straordinario successo di pubblico e contenuti
Grande successo per la sesta edizione dell'OyOyOy, il Festival di cultura ebraica di Casale Monferrato. Sono stati oltre 4 mila i visitatori di questa edizione, che hanno affollato gli oltre venti appuntamenti dei cinque giorni della manifestazione.
Fin dall'inaugurazione Antonio Monaco, presidente dell'Associazione Monferrato Cult, organizzatrice del Festival, ha subito chiarito - programma alla mano - che questo sarebbe stato un Festival ricco di confronti: “La musica etnica di Natacha Atlas e il jazz di Uri Caine, le sculture di vetro di Silvio Vigliaturo e le opere su carta di Ali Hassoun...”. Le attese sono state confermate.
I ricordi sono stati al centro dell'inaugurazione avvenuta alla presenza del sindaco di Casale Giorgio Demezzi, dello scrittore Roberto Piumini e del compositore Andrea Basevi. Merito della mostra OyOyOy!Rewind, che ha ripercorso i momenti di tutte le edizioni precedenti del Festival. Poi tutti insieme per le strade di Casale dietro la pirotecnica Orchestra Bailam, un corteo che si è fatto sempre più numeroso, avvicinandosi alla sinagoga per l'inaugurazione della mostra del fotografo Pino Ninfa, tutta dedicata al compositore Antonio Brioschi e ai luoghi da lui visitati in Europa.
La prima giornata è stato segnata dalla concomitanza con la Festa della Repubblica. Per questo motivo, sotto la guida dell'attrice Caterina Deregibus, si sono alternati alla lettura della Costituzione Italiana cittadini di diverse etnie presenti in città. Gli articoli che hanno fondato la nostra storia sono risuonati in italiano, albanese, arabo, ebraico, spagnolo, inglese, cinese. Voci con marcati accenti, ma piene di orgoglio nel citare il documento fondante della nostra società, specchio di una nuova Italia di culture diverse che, pur mantenendo la loro identità, si riconoscono in quei principi.
Un concetto rafforzato dalla prima assoluta, andata in scena da lì a pochi minuti nel suggestivo coro di Santa Caterina, di “Cantiamo la Costituzione” in cui il Coro Gesher e il Coro dell'Opera dei Ragazzi (cori anche questi multietnici) hanno cantato la Costituzione Italiana trasformata in liriche dai versi di Roberto Piumini e da 15 compositori contemporanei.
La prima giornata si è conclusa con il concerto di Natacha Atlas: l'artista di origine egiziana ha conquistato il pubblico del Teatro Municipale con la sua stupenda voce.
La seconda giornata del Festival è stata dedicata soprattutto ai bambini con due stimolanti iniziative al Castello, che si sono ripetute nei giorni seguenti. Prima tutti attorno ad un tavolo nella Biblioteca dei Ragazzi (non a caso intitolata a Lele Luzzati), proprio nel cuore del castello per il laboratorio che Barbara Corino ha dedicato all'alimentazione. Tra letture tratte dal libro di Ruby Roth “Indovina chi c'è nel piatto”, una trentina di bambini hanno imparato il modo più “giusto” per fare merenda. Lo spazio per la fantasia non finiva qui, dato che nella manica lunga c'era ad attenderli Claudio Castelli del Magico Teatro, per inviarli a realizzare  favole e burattini con cui evocare altre storie. L'evento clou della giornata è stato lo straordinario concerto di Uri Caine, che ha avuto luogo al teatro Municipale di Casale.
Uri Caine è un pianista capace di andare oltre le definizioni e i generi. “Collaborando con ogni genere di artista ho imparato che la musica è sempre un qualcosa che unisce”, ha spiegato alle telecamere della Rai in una lunga intervista prima del concerto. Il resto della serata lo ha passato a mettere in pratica il concetto davanti a un teatro pieno. Mahler, Stravinsky, Mozart, ma anche Thelonius Monk, Irving Berlin, sono stati decostruiti in maniera deliziosa.
La giornata di sabato ha messo nuovi mattoni per rinforzare il ponte di OyOyOy! Il Festival si è trasferito alla Galleria il Labirinto per un pomeriggio iniziato con un meeting albanese e mediorientale che ha visto centinaia di partecipanti. Una festa albanese non manca mai nelle edizioni di OyOyOy!, sia perché Casale ha una tradizione di accoglienza ventennale nei confronti di questo popolo, sia perché l'Albania è l'unica nazione che si è opposta collettivamente alle politiche razziste durante l'occupazione nazifascista. Per il primo anno è arrivato a Casale anche il console albanese Gjon Coba, protagonista di un incontro insieme ai giornalisti Rosita Ferrato e Benko Gjata, e allo storico Claudio Vercelli e dell’artista Ali Hassoun.
Parole toccanti e legate alla attualità sono venute dal console che ha ricordato l'arrivo in Italia dei primi profughi albanesi nel 1991: “In questi momenti in cui le cronache ci parlano di tante tragedie del mare nel canale di Sicilia, il nostro pensiero va ai nostri connazionali che non ce l'hanno fatta in quegli anni. Noi forse abbiamo avuto il vantaggio di essere i primi profughi che arrivavano in Italia, le popolazioni di Bari e Brindisi saranno sempre nel nostro ricordo per il modo stupendo in cui ci hanno accolte.  Ma questo ci dice che quando un popolo ha la necessità di uscire dai suoi confini niente riesce a fermarlo”. La mostra del pittore di origine libanese Ali Hassoun inaugurata in questa occasione ha impressionato molto il pubblico proprio per la capacità di conciliare tecniche e iconografia di Europa e Oriente: tradizione cattolica e musulmana.
Spazio ancora all'arte visiva domenica mattina. Questa volta con un dibattito che ha visto dialogare in sinagoga l'assessore alla cultura di Casale Monferrato Giuliana Bussola, Silvio Vigliaturo, protagonista di una personale nella Comunità ebraica di Casale, David Terracini e Paolo Cohen. È stata proprio Giuliana Bussola a far notare come il titolo della mostra “Mescolanze” fosse perfettamente pertinente con il tema del Festival e come il vetro utilizzato da Vigliaturo per le sue sculture sia esso stesso un materiale che fonde insieme culture e storie del Mediterraneo, dai Fenici ai Veneziani.
Il pomeriggio al Castello ha visto anche l'assegnazione del premio OyOyOy!. Un momento per fare bilanci e celebrare questa straordinaria avventura, capace di coinvolgere tutto il territorio. Antonio Monaco ha evidenziato soprattutto la dimensione del Festival: “In sei anni 50.000 persone hanno partecipato agli eventi a Casale capitale del Festival e in altre 15 città piemontesi, di sei province del Piemonte”.
È stata sopratutto una festa dell'amicizia, anche perché il premio è andato ad un protagonista di tanti incontri di OyOyOy!, un uomo capace di realizzare lo spirito del Festival: Paolo De Benedetti. In tanti amici da tutta Italia hanno voluto essere a Casale per festeggiarlo. Il primo a renderlo palese è stato Massimo Giuliani: “Paolo De Benedetti ha il merito di essere stato in Italia per molti decenni costruttore di ponti tra culture, sostenendo con convinzione i cambiamenti del Concilio Vaticano II. Il suo è stato un contributo straordinario di idee tra cristiani cattolici ed ebrei. Il suo modo di essere si potrebbe definire un equilibrio instabile, ha fatto scuola con le parole e con la sua vita”. Michela Bianchi, editrice di De Benedetti: “Paolo è stato per me un maestro gentile e gioioso”. Vito Mancuso ha dichiarato: “Quando mi trovo di fronte a Paolo De Benedetti e a quello che scrive, mi sento in totale comunione con lui”. Stefano Levi della Torre lo ha definito ”Grande protagonista del dialogo tra ebrei e cristiani”. Quando è stato la volta di Paolo De Benedetti il suo arguto umorismo ha deliziato i presenti, ma il suo intervento è stato sopratutto una magistrale definizione del dialogo tra le culture: “Dialogo è un’azione che cerca di arricchire reciprocamente le due parti”.  Un altro tema affrontato è stato quello dell’amicizia, quella verso gli uomini e soprattutto verso gli animali: “Tutti gli animali dovranno risorgere, perché se così non fosse vorrebbe dir che la morte in certi aspetti del creato è più forte di Dio”. 
De Benedetti ha poi ricevuto il premio dalle mani del Sindaco Giorgio Demezzi, con la seguente motivazione: “A Paolo De Benedetti, maestro di dialogo, per il suo cuore intelligente e la sua mente tenera”.
La chiusura ufficiale del Festival in sinagoga è stata contrassegnata da un suggestivo viaggio nel tempo musicale. Sono risuonate le note della cantata Oshana Rabbà che il compositore Antonio Brioschi realizzò per la Comunità ebraica di Casale Monferrato nel 1733 e che venne eseguita proprio nella stessa sala di preghiera.  Ad eseguirla il gruppo Atalanta Fugiens. 
E il Festival non poteva finire davvero che con un altro omaggio all'amicizia: un brindisi nel cortile della Comunità tra krumiri e vino kasher e un arrivederci forse anche prima di quanto non si possa immaginare.


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Celebrare le sconfitte?
Donatella Di CesareÈ difficile capire perché mai dovrebbe far parte delle date da ricordare l’anniversario di una sconfitta militare. A dir vero è sgradevole e irritante già la celebrazione delle vittorie, perché rinvia alla guerra passata. Che quest’anno i palestinesi abbiano per la prima volta condiviso l’uso siriano di commemorare la data della Naksa, il giorno della «sconfitta» - che dovrebbe esibire un nesso di continuità inammissibile con la Nakba - è un segnale inquietante.
Tanto più che la sconfitta è stata l’esito di una guerra non subita ma, al contrario, inflitta. Nella Guerra dei Sei giorni - occorre ricordarlo - Israele fu attaccato dagli Stati arabi: Egitto, Siria, Giordania, Iraq. E fu costretto a vincere. Si trovò improvvisamente nel Sinai e a Gaza, sulle alture del Golan, in Cisgiordania, a Gerusalemme. In sei giorni mutò in modo radicale il paesaggio geopolitico del Medio Oriente.
Le notizie degli scontri lungo i confini dello Stato di Israele - notizie che rattristano profondamente chi guarda con speranza alla pace - pongono molti interrogativi. E in primo luogo fanno pensare a un ruolo decisivo della Siria il cui regime dittatoriale ha molto da guadagnare distogliendo l’attenzione dai problemi interni e indirizzandola verso la frontiera con Israele. Gli scontri, un dramma in cui si consuma un uso politico dei palestinesi, sembrano però anche voler rimarcare i confini del ’67 gettando l’ombra di un ritiro forzato.
In tutto ciò resta un punto decisivo da cui non si può prescindere. Israele è uno Stato sovrano, la cui sovranità deve essere esercitata, purtroppo, anche nella difesa delle frontiere. Che cosa farebbe uno Stato europeo se fosse attaccato?
Le notizie che vengono fornite in questi giorni, dalla stampa italiana, ma anche da quella europea, sono spesso introdotte da preamboli inaccettabili: «il giorno della rabbia palestinese…», «David contro Golia» (Golia sarebbe Israele), ecc. Piuttosto che riassumere gli eventi, riandare al passato, offrire il contesto storico, quello della Guerra dei sei giorni, si inseriscono giudizi che tradiscono l’intolleranza verso lo Stato di Israele la cui sovranità sembra di fatto non essere riconosciuta. Questa disinformazione, inconsapevole o strategica, non passa senza lasciare danni. E ha la responsabilità di contribuire ai conflitti.

Donatella Di Cesare, filosofa

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notizie flash   rassegna stampa
Delegazione palestinese a Washington
per discutere del processo di pace
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Una delegazione palestinese che comprende il negoziatore Saeb Erekat e il portavoce del presidente Abu Mazen è giunta oggi a Washington, per discutere del processo di pace con Israele. Lo ha reso noto una fonte vicina alla delegazione. Guidata da Erekat e dal portavoce di Abu Mazen, Nabil Abu Rudeina, la delegazione incontrerà nel pomeriggio il Segretario di Stato americano, Hillary Clinton.
 
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