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13 giugno
2011 - 11 Sivan 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Tre momenti
di una microstoria ebraica. Il primo: il 23 settembre del 1866
l'amministrazione israelitica di Biella prescrive: "I sacerdoti che
desiderassero dare la berakhà dovranno essere provvisti di scarpe
bianche cogli elastici essendo incompatibile col decoro del culto l'uso
fin ora praticato di restare sul vestibolo dell'hekhal senza scarpe".
Il secondo: in una lettera del 14 luglio 1929 il facente funzioni di
Presidente della Comunità "di circa novanta abitanti" comunica: "Esiste
un Tempio che non si apre più in nessuna occasione" ( il che poi non
era vero, perché fino a qualche decennio fa almeno a Kippur c'erano
delle funzioni). Il terzo, ieri: la piccola Sinagoga di Biella, dopo un
accurato lavoro di restauro è stata re-inaugurata da una folla in
festa, tra cui molti originari di Biella dispersi nel mondo. Un
percorso simbolico interessante in cui la vera sorpresa, viste le due
premesse, è l'evento di ieri, preparato da un infaticabile lavoro di
ricerca e di impiego di risorse, svolto da Rossella Bottini Treves,
presidente della Comunità di Vercelli (dal cui libro pubblicato per
l'occasione sono tratte queste informazioni). Un esempio di come il
piccolo, o il molto piccolo, sia pure nelle nostre proporzioni,
riescono a fare talvolta molto più del grande. |
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Davide
Assael,
ricercatore
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Pochi giorni fa, nella parashà
di Nasò, abbiamo ricordato, tra gli altri temi, le norme per il
nazireo, figura che nella Torah assume quasi sempre un valore negativo,
in quanto percepito come il singolo che si separa dalla comunità. Fra i
diversi stimoli che si possono ricevere, non credo sia impropria una
riflessione sul tema della libertà di coscienza nell’ebraismo, tanto
più poiché si distingue come la religione del dibattito, per cui, come
noto, per due ebrei ci sono tre posizioni. Come conciliare questo
apparente ossimoro? Io credo si possa affermare che la tradizione
ebraica ammetta al proprio interno ogni tipo di opinione, anche a
riflettere l’ampiezza dello spettro etico da essa stessa tracciato.
Ogni decisione che immette un cambiamento normativo deve essere però
condivisa dalla comunità, seguendo precisi passaggi che potremmo
definire legislativi. Un'interessante prospettiva per evitare che il
valore della libertà si traduca in mero arbitrio, o, per citare un
importante filosofo italiano come Piero Martinetti, in una “libertà
d’indifferenza”. “Al tifroš min atsibur”, “Non isolarti dalla
comunità”, recitano i Pirké Avòt (II, 4). Un monito che coinvolge
entrambi i poli della relazione: il singolo e la comunità, che deve ben
guardarsi dal dividersi e dal non considerare fratelli i propri
membri.
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Qui
Torino - Con la marcata affermazione di Anavim
il voto segna una svolta al vertice comunitario
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Con una marcata affermazione
elettorale della formazione Anavim, nata attorno all'opposizione del
governo comunitario uscente, la Comunità ebraica di Torino esprime un
Consiglio che capovolge il rapporto fra governo e opposizione. La
formazione ComunitàAttiva, attorno alla quale si era raccolta la
maggioranza uscente, esprime in Consiglio una minoranza di cinque
componenti, mentre la nuova formazione elegge otto Consiglieri e
conquista una solida maggioranza.
David Sorani (nell'immagine), con 255 preferenze, è il più votato degli
eletti. Sempre di Anavim, che manda in Consiglio in blocco gli altri
candidati, Andrea Levi, Giuseppe Segre, Emanuel Segre Amar, Giacomo
Emilio Ottolenghi, Giulio Tedeschi, Franca Mortara Nizza, Marco
Morello.
Il più votato di ComunitàAttiva, con 236 preferenze, è invece Edoardo
Segre, cui seguono Ernesto Ovazza, Sarah Kaminski, Lidia Krieger e Alda
Guastalla. Il risultato elettorale ha dimostrato tra l'altro che una
profonda divisione fra diverse componenti di iscritti, più volte
manifestatasi in questi ultimi anni, permane ancora. La maggioranza
delle schede espresse appartengono infatti a schede di votanti che
hanno aderito all'idea di votare in blocco un gruppo di candidati
appartenenti all'una o all'altra componente senza avvalersi della
facoltà di intersecare le preferenze.
Marcata soddisfazione per il risultato del voto è stata espressa dal
leader di Anavim David Sorani: “La vittoria netta e indiscutibile - ha
detto - della lista Anavim, che non è solo uno schieramento elettorale,
ma anche una nuova associazione culturale della Comunità ebraica di
Torino, dimostra senza possibili equivoci che la maggioranza della
Kehillà torinese non si identifica nelle scelte esasperate e
unilaterali compiute dalla precedente maggioranza, a partire dal
provvedimento di revoca a Rav Somekh. Dimostra che non era solo una
sparuta minoranza a manifestare perplessità e riserve di fronte a una
politica comunitaria fatta di eclatanti ma in fondo effimere
iniziative. Soprattutto nel contesto di una difficile situazione
economica come quella attuale, che richiede invece realismo e rigore
senza nulla togliere alla sostanza dell'azione formativa e aggregante”.
“Adesso - aggiunge Sorani - ci attende un lavoro difficile e paziente,
nel quale metteremo tutti il massimo impegno per realizzare gli
obiettivi del nostro programma. E il primo obiettivo è ritrovare
l'unità perduta della nostra Comunità, che da troppo tempo è spaccata
in due. Come andiamo dicendo da tempo, non è nostra intenzione fare la
controriforma né la restaurazione. Riteniamo che quanto c'è di
autenticamente costruttivo nelle tante iniziative intraprese di recente
vada salvaguardato e rafforzato; mentre altri aspetti non sostanziali
dovranno essere rimessi in discussione. Crediamo che la Comunità debba
tornare a costruire una propria autonoma politica culturale, basata su
un programma vario e vasto capace di essere punto di incontro di
interessi differenti e non semplice accumulazione scoordinata di
“eventi”. Desideriamo che i giovani, attualmente inquadrati dall'alto
in iniziative di cui sono talvolta fruitori passivi, ritrovino
pienamente i loro autonomi spazi associativi: essi sono il presente e
il futuro della Comunità. Vogliamo restituire un carattere
assolutamente trasparente all'amministrazione comunitaria e porre le
regole della democrazia al centro di ogni scelta consiliare”.
“Anavim - conclude Sorani - significa grappolo. La diversità degli
acini che formano questo grappolo è anche - credo - la nostra
ricchezza. La diversità e la varietà devono continuare a essere la
ricchezza della Comunità ebraica di Torino. Ma devono anche tradursi in
legami capaci di riunirci davvero tutti, noi ebrei torinesi, in una
collaborazione dialettica e costruttiva”.
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Qui
Milano - La città alla scoperta di Israele
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“Nonostante le sue
dimensioni, Israele fa parte degli otto paesi al mondo che sono in
grado di lanciare da soli i propri satelliti nello spazio”. “Forse è
strano a pensarsi, ma la più grande struttura ospedaliera israeliana è
anche la seconda più grande al mondo”. Queste e molte altre le notizie
che si possono scoprire esplorando le installazioni multimediali di
Unexpected Israel, aperte al pubblico fino al 23 giugno. Turisti con
macchina fotografica al collo, professionisti in giacca e cravatta,
semplici curiosi, passeggiano tra le colonne che raccontano con
immagini e videoregistrazioni la tecnologia, la sanità e le altre
eccellenze israeliane. Delle polemiche dei giorni scorsi rimane traccia
nelle transenne che circondano gli stand e in un paio di ragazzi che,
appena fuori, distribuiscono volantini inneggianti al boicottaggio
dell’iniziativa. E invece Unexpected Israel accoglie i suoi visitatori
all’ombra del Duomo, oltre che a Palazzo Mezzanotte, dove martedì 14 si
terrà il Forum economico fra Italia e Israele, e al Teatro Nuovo di
piazza San Babila che il 15 giugno ospiterà il concerto di Noa con
l’intervento dello scrittore David Grossman mentre il 18 sarà la volta
del musicista Idan Raichel. E poi ancora i milanesi avranno a
disposizione numerose mostre e il Festival del nuovo cinema israeliano
promosso dalla Fondazione centro di documentazione ebraica
contemporanea e dalla Cineteca italiana. Tante possibilità per scoprire
davvero l’Israele che non ti aspetti.
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Qui
Biella - Riapre i battenti la sinagoga del Piazzo
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Restaurata e restituita alla
città l'antica sinagoga del Piazzo (Biella), che dopo l'inaugurazione,
avvenuta ieri, resta aperta non solo alle funzioni religiose ma anche
agli studiosi, agli storici e ai cittadini tutti.
Un patrimonio culturale di alto valore, un'importantissima
testimonianza di un passato attorno al quale ruotano trascorsi diversi,
che è tornato al suo antico splendore anche grazie ai contributi della
Regione, del Comune di Biella, della Compagnia San Paolo, della
Fondazione Cassa di Risparmio di Biella e della Fondazione Crt di
Torino.
La cerimonia di riapertura della sinagoga ha avuto inizio con una breve
funzione privata (Tefillah) che ha visto la presenza, fra gli altri,
del rabbino capo di Torino, rav Eliyahu Birenbaum, del rabbino capo di
Roma, rav Riccardo Di Segni, del rav Alberto Moshe Somekh, della
vicepresidente dell'UCEI Claudia De Benedetti e del Consigliere UCEI
Giulio Disegni.
Ad accogliere tutti i presenti è stata la presidente della Comunità di
Vercelli e Biella Rossella Bottini Treves.
Al termine del breve momento di culto, gli ospiti della Comunità
ebraica si sono trasferiti a Palazzo Lamarmora per un evento aperto al
pubblico dove si è parlato del restauro della sinagoga e delle
tradizioni ebraico-piemontesi e italiane. E nella stessa occasione è
stato presentato il volume "Ebraismo della Presenza - Ebraismo della
Memoria" con testi e interventi del rav Alberto Moshe Somekh, Emilio
Jona, Giulio Disegni, Franco Lattes, Paola Valentini, realizzato grazie
al contributo della Banca Monte dei Paschi di Siena. La giornata si è
conclusa con un concerto dell'Ensemble Shalom.
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La Milà,
attualità di una tradizione antichissima
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Prima riunione per l'Ame
Roma, sezione dell'Associazione Medica Ebraica Italia che dal
2004, con la fusione in un unico organismo nazionale delle differenti
associazioni di medici ebrei già presenti da molti anni in numerose
Comunità italiane (Ame-Nord Italia, Gruppo Maimonide, Associazione
Medica della Comunità di Roma), rappresenta tutti i medici ebrei
italiani.
“Quale miglior argomento poteva essere scelto per una neonata
associazione se non quello della Milà?”, ha infatti osservato
l'ortopedico Dario Perugia, presidente dell'Ame Roma, all'apertura
della serata tenutasi al Palazzo della Cultura, nel cuore del ghetto
della Capitale, che ha ospitato un folto e interessato pubblico.
Molti gli esperti intervenuti al Convegno organizzato in collaborazione
con l'Ospedale Israelitico. Dopo il saluto di Giorgio Mortara,
presidente dell'Ame Italia e Consigliere Ucei, Bruno Piperno,
presidente dell'Ospedale israelitico e Davide Calò, presidente
della Società dei compari Eliahu Hanavi, a prendere la parola
è stato il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni, che
nell'approfondire gli aspetti religiosi della Milà ha posto l'accento
sulle attuali tendenze verificatesi negli Stati Uniti e in Germania
dove questa antichissima tradizione è stata criticata e messa in
discussione. Qualche mese fa infatti il quotidiano tedesco Frankfurter
Allgemeine Zeitung ha aperto il dibattito sulla circoncisione rituale.
Ci si chiede se questa pratica religiosa, attuata tradizionalmente tra
gli ebrei all’ottavo giorno dalla nascita e tra gli islamici intorno ai
sei anni, non sia in contrasto con l’art. 223 del codice penale tedesco
che condanna le mutilazioni corporali.
Allo stesso tempo un gruppo di attivisti di San Francisco ha
raccolto un numero sufficiente di firme per indire un
referendum sulla messa al bando della circoncisione. Il voto dovrebbe
tenersi a novembre. Uno dei promotori dell'iniziativa, Lloyd Schofield,
ha detto che, escludendo ragioni mediche, la circoncisione dovrebbe
essere ammessa solo per chi ha compiuto 18 anni e non eseguita sui
bambini, come invece avviene attualmente.
Sulla necessità di difendere questa antica tradizione ebraica, che
nella Torah rappresenta il sigillo dell'accordo solenne concluso tra
Dio e il patriarca Avraham per le generazioni a venire, si era
soffermato poco prima anche il dottor Giorgio Mortara esponendo le
soluzioni individuate dell'Ame Italia, quando nel 2008 due bimbi
musulmani (uno a Treviso e uno a Bari) avevano perso la vita dopo una
circoncisione eseguita in casa. La notizia aveva scatenato la stampa
nazionale e un movimento di opinione era sorto su Facebook. “La Milà è
un atto religioso ma va fatta rispettando regole mediche” ha
sottolineato Mortara, spiegando che l'Ame in collaborazione con
l'Assemblea rabbinica italiana ha individuato fra le possibili
soluzioni che la Milà sia fatta da un medico- moel, cosa che
consentirebbe di evitare problemi da un punto di vista medico legale
oppure che il moel (non medico) sia affiancato da un medico di fiducia
della famiglia che segua il bambino nelle fasi successive alla
circoncisione, soluzione che apre la strada ad alcune perplessità: “E'
possibile che un medico si assuma la responsabilità per un atto non
compiuto da lui?".
“L'Ospedale ha dato il proprio patrocinio perché il tema trattato,
oltre a essere di grande attualità, riguarda le nostre tradizioni più
profonde” dice Bruno Piperno, ponendosi sulla stessa linea di Mortara e
rispondendo a una necessità evidenziata dalla dirigenza della Comunità
ebraica di Roma, che ha evidenziato la necessità di individuare
strutture e servizi che garantiscano la sterilità nella circoncisione.
E' l'epatologo e moel Leone Nauri a parlare delle tecniche e della
tradizioni della Milà, spiegando come con l'uso dell'Emla, una pomata
che anastetizza la parte si possa ridurre notevolmente il dolore
causato dal taglio. Mentre l'urologo Giacomo Perugia si sofferma sugli
aspetti clinici della pratica sottolineando alcune complicanze
possibili e i molti vantaggi rappresentati da una diminuzione di
contrazione delle infezioni, come ha rilevato un recente studio
condotto negli Stati Uniti dal Centro per il controllo delle malattie
che ha concluso che gli uomini circoncisi in Africa hanno il 60 per
cento di possibilità in meno di contrarre l'Hiv degli uomini non
circoncisi.
A concludere la serata la giurista Diletta Perugia che ha parlato degli
aspetti legali legati alla circoncisione, con ampi riferimenti alla
Costituzione italiana a cui è seguito un breve dibattito moderato
dall'anima organizzativa della serata, il vicepresidente dell'Ame Roma
e gastroenterologo Fabio Gaj, cui hanno partecipato Roberta Nahum,
presidentessa dell'Adei Italia e le dottoresse Elvira Di Cave, Livia
Ottolenghi e Giada Ascoli.
Lucilla Efrati
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Diritti umani per tutti
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Gli eventi che negli ultimi
mesi si sono susseguiti sulla scena del mondo, con una accelerazione
epocale, possono provocare sconcerto, possono stupire e disorientare.
Perché non è facile trovare un filo interpretativo. Ma non devono
portare all’indifferenza. In nessun caso.
Dalla Siria arrivano poche immagini. E oggi - si sa - la politica è
fatta prevalentemente di uso dell’immagine. Ma le notizie dell’ultima
ora sono inquietanti quanto basta. L’esercito bombarda la popolazione.
La repressione poliziesca è sfociata in violenza militare. La
televisione del regime racconta la propria menzognera versione. Il
fantasma della guerra civile fa la sua comparsa.
Ma la diplomazia annaspa. Stentano a prendere una risoluzione di
condanna le istanze internazionali, a cominciare dal Consiglio di
sicurezza dell’Onu, ostacolato da paesi come Russia e Cina che
attraversano impunemente l’azienda del mondo capitalistico
infischiandosene dei diritti umani. Gli Stati Uniti e l’Europa hanno
deplorato la violenza e denunciato la crisi umanitaria. Tutto qui. Ed è
davvero poco.
Emerge nel caso della crisi siriana, che si consuma in realtà da quasi
tre mesi, una contraddizione profonda dell’Occidente, che per un verso
sembra aver issato il vessillo dei diritti umani, per altro verso
continua a essere guidato, nella propria politica, dall’interesse, dal
profitto, dal tornaconto. E qui evidentemente i conti non tornano.
Così qualche benpensante opinion maker prova ad accennare a una ipotesi
che evidentemente è stata assecondata fin qui dagli strateghi
internazionali. Perché non tentare di isolare il conflitto? Perché
insomma non se la sbrigano tra loro! Purché tutto resti nei limiti, nei
loro confini e non coinvolga altri. Come se la pacificazione fra terzi
fosse questione di politica spicciola. Come se la costruzione della
pace fosse uno sport da praticare a seconda della convenienza. Come se
i diritti umani dovessero valere solo per alcuni - non per tutti.
Questo modo, decisamente non etico, di intendere la politica non può
più essere accettato. L’opinione pubblica, che grazie ai nuovi media
può avere oggi voce in capitolo, deve parlare, deve esprimersi anche
sulla Siria.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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notizie
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rassegna
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Israele:
investitore russo Nevzlin
acquista il 20 per cento di Haaretz
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Leggi la rassegna |
Nuovo importante azionista per il quotidiano Haaretz. Il 20 per cento
delle azioni della testata saranno infatti acquistate dal
cinquantunenne investitore russo Leonid Nevzlin, che entrerà così nel
Consiglio di amministrazione dell'azienda lasciando alla famiglia
Schocken
il 60 per cento delle quote azionarie, mentre il restante 20 per cento
resta nelle mani della casa editrice tedesca DuMont Schauberg. A
divulgare la notizia è stato lo stesso quotidiano israeliano. Il
capitale azionario della testata è valuto oggi complessivamente 700
milioni di shekel (equivalenti a circa 143 milioni di euro).
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
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