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15 giugno 2011 - 13 Sivan 5771
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l'Unione informa
ucei 
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alef/tav
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Adolfo Locci Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

Moshè gridò all'Eterno così dicendo: "Signore, per favore, guarisci, per favore, lei". (Bemidar 12,13). Moshè David Valle (1696-1777) spiega che, nonostante la brevità della formula, questa richiesta mantiene le condizioni fondamentali di una preghiera completa:
1. El (Signore), a chi si rivolge la preghiera; 2. Na (per favore), modalità della preghiera (richiesta spontanea. Bakashà); 3. Refà (guarisci), contenuto della preghiera; 4. Na (per favore), tempo dell'accettazione della richiesta (adesso); 5. La (lei) per chi si rivolge questa richiesta. L'accettazione di una richiesta spontanea, oltre a dipendere da queste condizioni, è direttamente proporzionale alla forza spirituale di colui che presenta tale richiesta.
Alfredo
 Mordechai
 Rabello,
 giurista



Alfredo Mordechai Rabello


Anche se fatta senza kavanà, la Zedakà ha il suo valore, dato che il povero ne trae vantaggio. (Baal Shem Tov)


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davar
Qui Trieste - Salonichio alla guida della Comunità
Salonichio e famigliaLa Comunità ebraica di Trieste ha un nuovo presidente. Si tratta di Alessandro Salonichio, 43 anni, funzionario in una primaria Compagnia di assicurazioni (nell'immagine, sullo sfondo, assieme ai suoi familiari, triestini di antica discendenza corfiota). 
Alla vicepresidenza sono stati invece chiamati Nathan Israel e Mauro Tabor.
La designazione è avvenuta ieri sera a seguito delle dimissioni rassegnate pochi giorni fa da Andrea Mariani, presidente da un decennio della Comunità giuliana nonché consigliere nazionale dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, nominato dal nuovo sindaco della città giuliana Roberto Cosolini assessore alla Cultura del Comune di Trieste.
Mariani continuerà comunque a far parte del Consiglio della Comunità ebraica di Trieste oltre che del Consiglio UCEI.
Della Giunta della Comunità ebraica di Trieste fanno ora parte, accanto al presidente Salonichio, Igor Tercon (delega alla Casa di riposo e al Centro di aggregazione giovanile) e Ariel Camerini (immobili). 
“In quest’occasione vogliamo ringraziare il presidente uscente Andrea Mariani per l’impegno profuso e la dedizione dimostrata in questi anni di costante lavoro per la Comunità ebraica di Trieste”, afferma Mauro Tabor, assessore alla Cultura.
“E’ nostra intenzione - continua - portare avanti il lavoro sviluppato in questi anni nel segno dell’apertura, dell’imparzialità e della comunicazione con la città, approfondendo anche il confronto con le altre realtà religiose e culturali”.

Israele e Vaticano: progressi significativi
nei negoziati in campo economico e fiscale
Mordechai LewySi è riunita anche quest'anno la Commissione bilaterale permanente di lavoro fra Chiesa e Stato di Israele. I negoziati, riguardanti materie economiche e fiscali, procedono “in una atmosfera aperta, amichevole e costruttiva, registrando progressi molto significativi” afferma una nota divulgata dalla Commissione a seguito dell'incontro che si è svolto nella giornata di ieri, in sessione plenaria, nel Palazzo apostolico vaticano. L'incontro è stato presieduto dal sottosegretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Ettore Balestrero e dal viceministro degli Esteri israeliano Danny Ayalon. 
Hanno fatto parte della delegazione israeliana, oltre al viceministro Ayalon, Shmuel Ben-Shmuel, capo dell’ufficio per gli affari interreligiosi nel mondo; Mordechay Lewy, ambasciatore di Israele in Vaticano; Ehud Keinan, consigliere giuridico del ministero degli Esteri; Moshe Golan, dell'ufficio del procuratore di Stato del ministero della Giustizia; Itai Apter, consigliere del ministero della Giustizia; Michal Gur-Aryeh, vicedirettore del dipartimento degli affari giuridici del ministero degli Esteri; Bahij Mansour, direttore del dipartimento per gli affari religiosi; Oded Brook, capo del dipartimento per gli affari internazionali del ministero delle Finanze; David Sharan, capo dello staff del ministero delle Finanze; Ashley Perry, consigliere del viceministro degli Esteri; Klarina Shpitz, capo dello staff dell’ufficio del viceministro degli Esteri e Chen Ivri Apter, consigliere capo dell’ufficio del viceministro degli Esteri.
Mentre per la delegazione dello Stato vaticano erano presenti, oltre al monsignor Balestrero, Antonio Franco, del nunzio apostolico in Israele; Giacinto-Boulos Marcuzzo, vicario del patriarcato latino per Israele; Maurizio Malvestiti, sottosegretario della congregazione per le Chiese orientali; Alberto Ortega Martin, officiale della segreteria di Stato; Henry Amoroso, consigliere Giuridico; Elias Daw, presidente del Tribunale della Chiesa Greco-melkita in Israele; Pietro Felet, segretario dell'assemblea degli ordinari cattolici e Giovanni Caputa, segretario della delegazione del Vaticano.
Le parti hanno concordato i passi futuri verso la conclusione dell’accordo. La prossima riunione plenaria è fissata per il primo dicembre 2011 nella sede del ministero degli Esteri israeliano.  

Qui Torino - Piperno Beer: "Superare le divisioni"
Sinagoga TorinoL’analisi del voto di Torino fatta ieri da Tullio Levi su l’Unione Informa merita di essere letta con attenzione. Sarebbe però stato utile che il presidente uscente di Torino avesse completato la sua analisi con un raffronto alle elezioni del 2007. Il numero dei votanti è stato pressoché lo stesso, 532 nel 2007 contro i 527 del 2011 come anche i voti per corrispondenza (113 nel 2007 e 120 nel 2011). Le preferenze espresse a favore di Tullio Levi e dei candidati che lo sostenevano furono 1869; quelle a favore dei candidati delle due liste a lui contrarie furono 1845. La dispersione del voto degli oppositori su due liste fece sì che venissero eletti in Consiglio Tullio Levi e 8 consiglieri che lo sostenevano, mentre nelle due liste di opposizione vennero eletti solo 4 consiglieri. Nel 2011 la situazione si è rovesciata pur restando molto vicino il numero delle preferenze espresse a favore delle due liste.
Quale conclusione si può trarre allora dell’analisi del voto nelle due tornate elettorali?
Nel 2007 la Comunità di Torino era profondamente divisa e i voti degli elettori si erano ripartiti equamente tra i due schieramenti, oggi la situazione è esattamente la stessa. Pochi voti di differenza hanno però provocato un ribaltamento della situazione.
Pochi giorni fa nella relazione in assemblea, a chiusura del suo ultimo quadriennio da presidente, Tullio Levi affermava: “Siamo consci che taluni membri della nostra Comunità non hanno condiviso le scelte che sono state operate e ce ne rammarichiamo sinceramente. Ci auguriamo che anch’essi possano, in tempi brevi, rendersi conto della loro efficacia…”. Evidentemente questi pochi riottosi erano invece la maggioranza. Ma che la Comunità di Torino abbia optato per la restaurazione è una pura illazione di Tullio Levi.
Sarebbe allora forse giusto che il presidente uscente riconoscesse, di fronte alla sua Comunità e di fronte a tutto l’ebraismo italiano, che non è vero che ha, e in realtà non ha mai avuto, il consenso della grande maggioranza degli ebrei torinesi come ha invece continuamente affermato.
Queste sono le regole della democrazia e una reazione più misurata di fronte a una sconfitta, anche se di misura, sarebbe stata più dignitosa.
Mi auguro che il nuovo Consiglio non ripeterà l’errore fatto da quello precedente di esasperare le divisioni, ma cercherà invece di riscoprire un terreno comune per lavorare insieme e ricostruire una vita comunitaria a cui tutti possano partecipare come ebrei torinesi e non come componenti di una fazione. Sarà possibile?

Maurizio Piperno Beer

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pilpul
Sconfitte
Francesco LucreziAbbiamo imparato, quindi (a parte coloro che già parlano l’arabo), che, oltre alla ‘naqba’ (la “catastrofe”, ossia la nascita di Israele), c’è anche la ‘naqsa’ (la “sconfitta” degli eserciti arabi nel 1967). Anche questa ricorrenza, naturalmente, va adeguatamente celebrata, con le marce ‘pacifiche’ dei profughi, i tentativi di violare il confine, l’esercito israeliano che lo impedisce, i feriti, i morti ecc. ecc. La cosa, oltre a essere terribilmente seria e drammatica, ha anche, indubbiamente, dei profili grotteschi, se non comici. Solo in Medio Oriente accadono cose che apparirebbero surreali in qualsiasi altro contesto. Senza scomodare la pace, la guerra e il diritto internazionale, torniamo ai nostri ricordi scolastici. Tutti abbiamo assistito, da bambini (dalla parte degli aggressori, delle vittime o, più spesso, degli spettatori), a delle angherie perpetrate ai danni di qualcuno considerato debole, isolato, diverso (ai miei tempi, ricordo che veniva definito un “tipo soggetto”). Per il branco dei ‘bulli’, un bersaglio facile, obbligato, per manifestare la loro forza e superiorità. La vittima designata, ovviamente, le prendeva. Qualche rara volta, però, poteva anche capitare che i bulli avessero fatto male i calcoli, e che il presunto “tipo soggetto” non fosse poi tale, sicché i bulli potevano anche essere loro, a prenderle. Ma li abbiamo mai visti celebrare, anno per anno, la loro “sconfitta”?
Naturalmente, come sempre, quando si tratta di Israele, non ci sono da commentare solo i fatti che accadono là, ma anche il modo in cui essi vengono rappresentati sulla nostra stampa. E, anche qui, il mondo appare alla rovescia, con la gente che cammina con la testa in terra e i piedi in aria. Spicca, per esempio, per la propria lucidità e coerenza, il fondo di Michael Walzer riportato su la Repubblica di lunedì 6 giugno, ove, a proposito dei disordini al confine tra Siria e Israele, se ne attribuisce la responsabilità principale al premier israeliano Netanyahu, il quale sarebbe responsabile di collocare il proprio Paese in una “condizione di paria della comunità internazionale”, facendo aumentare ovunque l’ostilità contro di esso, conducendolo così sull’orlo del baratro, “camminando a occhi chiusi verso la rovina”.
La motivazione di questo severo giudizio, naturalmente, risiede nel fatto che Netanyahu non crederebbe nel processo di pace (“non gli interessa, non creda nemmeno che esista”), e penserebbe soltanto al proprio personale successo politico. Walzer non è certo il solo a pensarla così, anche moti cittadini israeliani sono, più o meno, di questo avviso, ma la cosa curiosa è che l’articolista non mostra di credere che la controparte palestinese (diversamente da quanto Netanyahu riterrebbe, e come invece altri pensano) sarebbe invece disponibile a un serio negoziato, ma confessa di pensarla esattamente come il detestatissimo premier: infatti “i leader palestinesi accoglierebbero con favore il ritiro di Israele dalla Cisgiordania, ma non sono assolutamente pronti a chiudere il conflitto. …Non sono abbastanza forti da poter compiere una scelta del genere, ma ho il sospetto che non ne abbiano neppure la volontà. Il loro obiettivo strategico è… la creazione di uno Stato palestinese accanto a uno Stato ebraico che non riconoscono e verso il quale nutrono ostilità”. Dunque, se abbiamo capito bene: i palestinesi vogliono il loro Stato non per fare la pace con Israele, ma per continuare a fare la guerra, con strumenti più efficienti; il premier israeliano lo sa, ma non li aiuta a progredire in questo percorso bellicoso e, così facendo, conduce il suo Paese verso la rovina.
Perché Walzer non accusa Netanyahu anche di non volere fornire all’Iran tecnologia nucleare?.
Ma è inutile stupirsi. Testa in terra, piedi in aria, va bene così.

Francesco Lucrezi, storico

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notizieflash   rassegna stampa
Gli scrittori ebrei italiani
al Museo ebraico di New York

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L'Istituto italiano di cultura fa tappa a New York, dove organizzerà, il prossimo 23 giugno nel Museo ebraico della Grande Mela, una serata dedicata ai grandi scrittori italiani di origine ebraica del Novecento. L'evento, condotto dallo scrittore e giornalista Alain Elkann, ripercorrerà un secolo di storia e cultura della Penisola attraverso le opere dei più grandi scrittori di origine ebraica: dai malinconici versi di Umberto Saba fino alle testimonianze della Shoah di Primo Levi, passando per Alberto Moravia, Natalia Ginzburg ed Elsa Morante. “Questo excursus - ha affermato lo stesso Elkann - punta a evidenziare come in un'epoca contrassegnata dalle leggi razziste esistesse in realtà un forte radicamento dell'ebraismo nella cultura italiana, di cui non si è mai discusso abbastanza". 
 

Emozione, mista ad altri sentimenti, si è sentita ieri nel mondo ebraico italiano alla notizia della morte violenta di Raffaele Cohen, un anziano e rispettato commerciante fuggito nel 1967 da Tripoli. Ma pericolosi sono, a parere del sottoscritto, i titoli scelti da molti quotidiani di oggi: Ebreo ucciso a Roma - Ucciso commerciante ebreo - Choc tra gli ebrei - Negoziante ebreo assassinato; solo il Riformista ha trovato un titolo ed un sottotitolo corretti per presentare la tragica morte di un uomo, ancora avvolta nel mistero, e che ne ricorda altre due, sempre di commercianti tripolini trasferitisi a Roma. La contemporaneità, da alcuni cronisti ricordata, con la visita in Italia di Netanyahu, non appare, al momento, affatto significativa, ma porta piuttosto l’attenzione sull’inaugurazione, in piazza del Duomo a Milano, della Kermesse di Israele...»
Emanuel Segre Amar








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