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 16 giugno 2011 - 14 Sivan 5771
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l'Unione informa
ucei 
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Riccardo Di Segni
Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma


Cosa hanno in comune le vie di Meà Shearim a Gerusalemme e quelle del Ghetto di Roma? Apparentemente ben poco, se si considerano i diversi modelli di religiosità. Eppure qualcosa in comune c'è, e in particolare l'uso di servirsi dei muri per esprimere idee. Le strade di Meà Shearim sono tappezzate di manifesti che contengono annunci vari, necrologi, ma soprattutto proteste antisioniste, condanne e anatemi reciproci; sono così interessanti che qualcuno ha pensato di catalogarli e studiarli. Cose analoghe avvengono nel Ghetto di Roma dove dalle scritte murali a vernice, qualche volta chiare, altre volte allusive e criptiche, sarcastiche, ironiche, intolleranti, violente, si è passati ai manifesti a stampa. Ancora dura la polemica comunitaria sull'ultima ondata di scritte e affissioni. A sostenere questa strana analogia tra Gerusalemme e Roma si aggiunge un'insolita circostanza. Nell'yiddish di Mea Shearim queste affissioni sono chiamate pashkevilin; un termine che ha fatto una lunga strada, passando dal polacco all'yiddish, ma nascendo a Roma, a ottocento metri dal Ghetto: pashkevilin deriva da "pasquinata". La vita media delle affissioni murali a Meà Shearim è brevissima, subito qualcuno le strappa o le copre. L'unico sistema per fare durare di più un testo è attaccarlo 5 minuti prima di Shabbat, così almeno dura 25 ore. Chissà se lo stesso succederebbe nel Ghetto di Roma.
Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
Alle ultime elezioni amministrative sono cambiati i sindaci di quattro grandi città italiane: Milano, Napoli, Torino e Trieste. Nonostante una certa migrazione in entrata, la popolazione ebraica di queste città è molto diminuita nel corso degli ultimi decenni. Dalle ricerche internazionali sulla demografia delle comunità ebraiche emerge una legge quasi infallibile: quando l'economia di una grande città va bene, il numero degli ebrei locali aumenta, e quando va meno bene, diminuisce. Ai quattro neoeletti sindaci, Pisapia, De Magistris, Fassino e Cosolini, possiamo allora esprimere un augurio sincero: che durante il loro mandato la popolazione ebraica sia in costante aumento. 

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davar
Qui Milano - Noa e Grossman, Words and Melodies 
Noa-Grossman-MeirDavid Grossman e Noa: i due protagonisti al Teatro Nuovo di Milano, in Piazza san Babila, il 15 giugno per la rassegna economico-culturale di Unexpected Israel. Una serata che ha richiamato numerosi curiosi e appassionati dei due autorevoli esponenti della società israeliana e che ha saputo esser un'occasione inedita di incontro tra formule creative che, da diverse angolature, esprimono le radici di una storia comune. Un faccia a faccia in cui si sono alternate letture di David Grossman e storie cantate da Noa. Per la prima volta la musica e la scrittura di questi due artisti si intrecciano per raccontare il volto di un Paese che favorisce il dialogo e lo scambio tra culture diverse.
A seguito dei saluti del nuovo assessore alla cultura Boeri e dell'ambasciatore israeliano 
Gideon Meir, che hanno sottolineato l'importanza di poter iniziare una lunga amicizia tra Israele e Milano basata sulla cultura, il celebre scrittore e la cantante si intervistano a vicenda. Noa domanda a David quando nacque la sua passione per la terra italica, lo scrittore racconta di quando negli anni '80, si trovava in un piccolo paesino del meridione, e passeggiando, passò casualmente davanti a una libreria, vide un suo libro. “Non avrei mai potuto immaginare di emozionarmi tanto, e soprattutto di realizzare che, per quanto appartenessi a una generazione che è cresciuta con quell'opinione comune sfavorevole ad Israele, le mie parole erano ascoltate, viaggiando oltre il mare, giungendo in quel piccolo paese, dove qualcuno si sarebbe ricordato dei miei messaggi” ci spiega.
Tra le soavi note di “Beautiful that way”, Noa coinvolge il pubblico con l'emozionante canto, ricordando l'importanza di dimenticare le sofferenze, perché la vita è bella. La cantante di origine israeliana, proveniente da una famiglia yemenita con alle spalle quindici anni trascorsi negli Stati Uniti, spiega di come lei si senta una cittadina del mondo: “Quando scrivo una canzone, la scrivo per il popolo del mondo, per il tempo di una melodia riusciamo 
a comprenderci, ad amarci” ci racconta. Curiosamente Noa confessa a David la prima volta che lesse un suo libro. Era giovanissima, ed era il primo che leggeva in ebraico, stava cercando un modo per legarsi al suo paese di nascita, e lo trovò nella lingua, e soprattutto, nella lettura dei libri di David. Si commosse, e come molti altri lettori si lasciò trasportare tra le parole di “Ci sono bambini a zig-zag”.
Grossman le spiega che la musica è come la scrittura, un'arte che attraverso il suo eco riesce a giungere all'anima, che sa farsi ascoltare, ricordandole di aver sempre ammirato tanto quella sua toccante voce in grado di unire la gente. Perché l'importanza nel mondo, spiega lo scrittore, è quello di riuscire a fare ascoltare la propria voce, con ogni mezzo. Il suo sono le parole. La prima volta che scrisse un libro lo fece perché provò l'irrefrenabile bisogno di esprimere l'emozioni che gli bruciavano dentro, come un grido che chiedeva di essere emesso. Scrisse per se stesso, scrisse per capirsi, per osare dire ciò che avrebbe negato nella realtà. Erano parole dure, sentenze, come se la voce di un personaggio fosse quella della coscienza. Ricorda quando pochi mesi dopo la morte di suo figlio si trovava in un paese sardo, e passeggiando entrò in una chiesetta. Un uomo lo riconobbe. Non sapeva chi fosse, era uno sconosciuto, eppure, egli gli si avvicinò, dicendoli che ogni settimana accendeva un lume in ricordo di suo figlio Uri. David rimase molto colpito e toccato da quel signore, non avrebbe mai immaginato di trovare così lontano da casa una compassione così sincera per la sua perdita. Era riuscito a farsi capire, un uomo aveva ascoltato le sue parole.
L'arte e la cultura sono la via per l'unità, i due artisti, raccontandosi a vicenda, hanno spiegato quanto sia importante riuscire a richiamare e ad unire i popoli nel segno della pace e della conoscenza. Senza dubbio la serata “Words and Melodies” è riuscita ad inviare un messaggio di pace importante e superiore a qualunque contrasto, come canta Noa “ Sorridi, senza una ragione, Ama, come se fossi un bambino, sorridi, non importa cosa dicono, Non ascoltare una parola di quello che dicono perché la vita è bella così”.

Francesca Olga Hasbani

"Diamo un volto alla nostra Memoria"
LocandinaIl direttore del Museo della Shoah di Roma, Marcello Pezzetti, rinnova l'appello a “costruire insieme il Museo della Shoah”. La campagna di recupero di materiale, documenti, foto, diari, oggetti e ricordi della Shoah, da destinare alla fondazione Museo della Shoah di Roma e al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah (MEIS) di Ferrara, era infatti già partita qualche mese fa, promossa attraverso una serie di spot, andati in onda sulle reti pubbliche e private e curati dal dipartimento per l’Informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri. Fra i protagonisti degli spot Piero Angela, Alain Elkann, Massimo Ranieri e Giovanni Maria Flick.
Lunedì 20 giugno Pezzetti con il suo staff, tramite immagini, video e testimonianze illustrerà e ragionerà
insieme alla Comunità ebraica della Capitale, sulla campagna di raccolta di materiale del Museo di Roma, in un convegno dal titolo “Un volto alla nostra Memoria”. L'appuntamento è alle ore 20.30 al Palazzo della cultura di via del Tempio. 

Qui Torino - Claudia Abbina: "Lavorate per unire"
Sinagoga TorinoIn occasione delle elezioni del nuovo Consiglio della Comunità Ebraica di Torino sento il dovere e la necessità di parlare della campagna  elettorale di Anavim e in particolare di alcuni dei suoi candidati, che  ho trovato particolarmente aggressiva e mistificatoria.
Penso che nella differenza di opinioni si possa e si debba cooperare per  la Comunità.
Parimenti ho sempre creduto che per cooperare non dovesse mai venir meno il rispetto reciproco, basato sul presupposto che, pur con le proprie convinzioni, ciascuno offre volontariamente la propria opera per il bene della Comunità. Ritengo che questi due principi siano stati traditi da Anavim, in  particolare da alcuni suoi membri: alcuni di essi erano già in  Consiglio, conoscevano perfettamente tutto quanto avveniva, avevano ricevuto tutte le risposte alle loro domande (sia in Consiglio che da rav Birnbaum) e hanno tuttavia scientemente scritto il contrario a  tutti i membri della Comunità di Torino.
Due esempi fra tanti: Deficit: tutti coloro che erano in Consiglio e che sanno leggere un bilancio sono coscienti del fatto che il deficit non è dovuto a un aumento di spesa sconsiderato della scorsa gestione ma alla contingente  diminuzione delle entrate (crisi economica e finanziaria internazionale)  e alla imputazione di una consistente posta negativa meramente nominale. Il deficit pertanto è in linea con quello degli anni precedenti. Ufficio rabbinico: chi era in Consiglio ha partecipato a tutte le discussioni relative all’Ufficio rabbinico ed ai suoi costi e sapeva quindi perfettamente che i due nuovi rabbini insieme costano proporzionalmente molto meno del solo nostro precedente rabbino capo,  nonostante si diano molto da fare ed abbiano avviato iniziative  importanti rivolte a tutti i membri della Comunità e non solo a “pochi  eletti”.
Potrei proseguire a lungo ma mi fermo.
Mistificare e gettare fango contro chi è venuto prima non fa che  allargare il solco che già esiste tra i membri della Comunità. Anche noi consiglieri uscenti, in diverse occasioni, avremmo avuto di che criticare i nostri predecessori, ma ce ne siamo astenuti. Per quanto mi riguarda non avrei remore a collaborare anche con un Consiglio la cui maggioranza ha un colore diverso dal mio (tanto siamo  sempre noi, membri della stessa Comunità), ma mi è davvero difficile  riuscire a lavorare con chi ha consapevolmente e senza scrupoli gettato fango su di me e sugli altri membri del Consiglio. 
Anche la dichiarazione di David Sorani rilasciata qualche giorno fa su  l'Unione informa prosegue con gli stessi toni offensivi della campagna  elettorale. In particolare vorrei commentare una frase delle sue  dichiarazioni: "Vogliamo restituire un carattere assolutamente  trasparente all'amministrazione comunitaria e porre le regole della  democrazia al centro di ogni scelta consiliare". 
Ebbene questo è davvero troppo per chi ha da sempre combattuto per la democrazia e per la trasparenza, in Comunità e fuori; frase peraltro detta da chi invece, dichiarando di volere la pace, ha sempre attaccato  “a prescindere”, ignorando qualsiasi ragionevole motivazione.
In Consiglio abbiamo cercato di lavorare in modo trasparente, e siamo stati proprio noi, quando siamo diventati consiglieri per la prima volta 10 anni fa, a pretendere che la Giunta si riunisse regolarmente e  svolgesse il proprio compito; a imporre che i verbali venissero sempre  letti e firmati; a pretendere che per ogni lavoro affidato in Comunità  ci fossero più preventivi in busta chiusa; a pretendere che gli iscritti venissero informati di cosa faceva il Consiglio; e ancora molto altro. Abbiamo sempre spiegato le nostre decisioni e siamo sempre stati disposti a dialogare con chi voleva chiarimenti.
Certo, tutto è perfettibile e nessuno è perfetto; sicuramente abbiamo commesso anche noi innumerevoli errori, ma sempre lavorando su base volontaria con l’unico obiettivo di fare il bene della Comunità. Sono certa che in questo tipo di comportamenti, che la controparte mette  in dubbio, noi ci siamo distinti in positivo e spero che continueremo a  distinguerci. 
Abbiamo lavorato evitando di rispondere alle innumerevoli provocazioni che ci giungevano da ogni parte e anche nei momenti più difficili  abbiamo fatto le scelte che ritenevamo eticamente più corrette. Tra le numerose scelte eticamente corrette ricorderei soltanto che, per non danneggiare il diretto interessato, abbiamo deciso di non diffondere la sentenza con cui è stato respinto il ricorso del rabbino contro la  revoca, nonostante che la sua divulgazione ci sarebbe stata  politicamente utilissima e avrebbe aiutato tutti a capire meglio l’accaduto.
Alcuni potrebbero replicare che la revoca non è stato il bene della Comunità e che è stata quella l’azione di rottura. Io non la penso così e i dati oggettivi mi danno ragione: basta leggere i 16 anni di verbali sull’argomento concernenti ben cinque Consigli di diverso colore, nonché  la stessa sentenza emessa dai probiviri, organo istituzionale indipendente previsto dallo Statuto UCEI.
Purtroppo è stato un atto necessario, al quale sarebbe stato meglio non arrivare; ma l’esserci arrivati è una responsabilità di molti, anche di coloro che hanno ripetutamente esortato il rabbino a restare nonostante i numerosi problemi legati al suo incarico; tra essi anche alcuni di coloro che oggi siedono in questo nuovo Consiglio e che per anni (e  ancora oggi) non hanno voluto vedere le sofferenze e le difficoltà di  molti membri di questa Comunità e hanno scritto e parlato per difenderlo sempre e comunque, prescindendo da comportamenti indifendibili (nuovamente la sentenza docet).
Voglio fare un appello rivolto soprattutto ai nuovi consiglieri, e in particolare ai giovani. Lavorate per unire e non per dividere, ma per unire veramente e non solo a parole. Abbiamo già avuto una disastrosa e dannosissima esperienza di un consigliere che si era candidato dichiarando di voler lavorare per unire e invece ha costruito solchi profondissimi e ha diviso più degli altri. Un consigliere che non ha esitato ad avviare contro i propri colleghi una dura quanto  inconsistente azione legale che ha finito inevitabilmente per ritorcersi  contro di lui.
Riconoscete il lavoro di chi ha operato diversamente da come avreste operato voi ma lo ha fatto non malamente e con coscienza. Siate consapevoli che queste elezioni sono state in gran parte vinte con i voti per corrispondenza di chi è fuori Torino, quindi attenzione ai  torinesi, che forse non erano così scontenti del nuovo clima che si respirava. Vi ricordo che sono arrivate 120 schede per corrispondenza di cui 70 complete per Anavim e che l’ultimo dei non eletti di  ComunitAttiva e l’ultimo degli eletti di Anavim hanno soltanto 7 voti di differenza, mentre l’ultimo degli eletti di Anavim ha 206 voti e il primo dei non eletti di ComunitAttiva ne ha 208 (sempre nonostante le 70  schede di cui sopra). Sono dati oggettivi con i quali credo sarà bene che facciate i conti.
Ho voluto con questo articolo essere sincera ed esprimere chiaramente le mie opinioni perché nei miei 10 anni di Consiglio ho osservato con  sconcerto coloro che mi hanno tolto il saluto da un giorno all’altro senza provare a confrontarsi con me e a parlarmi.  Io preferisco essere schietta e salutare tutti a testa alta avendo  espresso i miei pensieri. 
Auguro quindi ai nuovi consiglieri un buon lavoro e lo auguro  sinceramente per il bene della nostra Comunità.  

Claudia Abbina 
 

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pilpul
Milan è un gran Milan
Il Tizio della SeraA Piazza del Duomo c'è quel cubo con la stella di David. Intorno, uno
schieramento di polizia. Nei padiglioni che vediamo dalle fotografie gli oratori parlano, le persone ascoltano e non sono membri del Ku Klux Klan. A certi tavolini siedono coppie di uomini d'affari, e fanno proposte.
L'operazione "Israele inattesa" sta procedendo benissimo: Milano è sotto anestesia. Al risveglio gli israeliani non ci saranno più e Israele sarà il ricordo di un breve malessere.

Il Tizio della Sera

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notizieflash   rassegna stampa
Israele pioniere dell'energia alternativa
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Israele fra i “pionieri delle nuove energie 2011”. Entrano infatti, nella classifica redatta dall'agenzia internazionale Bloomberg New Energy Finance, composta dalle migliori dieci società nel campo dell'energia alternativa, due imprese israeliane. Un successo oltre ogni aspettativa. La classifica nello specifico identifica le aziende che stanno realizzando i progressi più significativi nel campo della cleantech, la tecnologia pulita, e dell’innovazione in materia di energie alternative. Ma gli analisti tengono conto anche di altri criteri: in particolare, le nuove tecnologie messe a punto devono essere competitive sul mercato. Non c'è da stupirsi della presenza di Israele in questa top ten: lo Stato ebraico è famoso per essere il Paese dello start-up delle nuove tecnologie, e quello delle rinnovabili è diventato un business da oltre due miliardi di dollari annui. Malgrado questo, trovare ben due compagnie tra i dieci "pionieri" è un risultato che supera le aspettative. Israele è un Paese di dimensioni ridotte, ma nella classifica si trova fianco a fianco di giganti come Cina - che detiene il record mondiale degli investimenti nel settore delle energie pulite - e Stati Uniti. 
 
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Pagine Ebraiche 
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Dafdaf
Dafdaf
  è il giornale ebraico per bambini
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