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20 giugno
2011 - 18 Sivan 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Coincidenze. Qualche volta
divertenti, altre volte inquietanti o stimolanti. Nei giorni scorsi a
Torino ci sono state le elezioni comunitarie, e ha vinto una nuova
formazione che si è data il nome di Anavim, uva. Nelle polemiche aspre
che hanno preceduto e seguito le elezioni (questa testata la scorsa
settimana ha ospitato vari interventi), oltre al dibattito politico c'è
stata anche la discussione sul nome scelto, se fosse simbolicamente
felice e propizio oppure no. Dove sono le coincidenze? E' che abbiamo
appeno letto questo Shabbat la storia degli esploratori che tornano con
un enorme grappolo d'uva. E Torino che c'entra? Fu proprio un vescovo
di Torino, Marcello, in tempi remoti (380-470) a proporre per la scena
dell'uva questa interpretazione: la trave e l'uva sono la croce a cui è
appeso Cristo; l'esploratore che sta davanti è il Giudeo che li porta,
senza sapere cosa porta, e l'esploratore dietro è il Cristiano che
capisce tutto. Un'esemplare rappresentazione della teologia della
sostituzione (anche se qualche teologo dei nostri giorni propone una
lettura più amichevole). Insomma quello che è diventato in Israele il
logo dell'ufficio turistico e di una ditta vinicola è nell'antica
tradizione oggetto di controversie simboliche; per i Rabbini del
midrash la scena si è svolta in un modo differente da come il logo
turistico la presenta, e la vite, nell'intento degli esploratori,
doveva servire a diffamare la terra; per lo Zohar la trave (mot) è
segno di inciampo e i nomi degli altri frutti trasportati alludono al
tradimento. Chi l'avrebbe detto, insomma, che quando si parla di uva a
Torino si scatena un putiferio?. |
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Anna
Foa,
storica
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Chissà quanti, fra i giovani
russi di oggi, conoscono il nome di Elena Bonner, o quello ancor più
famoso di suo marito Andrei Sakharov, premio Nobel per la pace nel
1975, uno dei padri del dissenso russo e della battaglia della Russia
per la democrazia. Elena Bonner è morta il 18 giugno a Boston, dove
viveva. Era nata nel 1923 in Turkmenistan. Suo padre, un dirigente del
Komintern, fu fucilato dal regime comunista nel 1938, sua madre,
un'ebrea, fece otto anni di gulag. "Sono una moscovita, disse di sé,
un'ebrea di nazionalità caucasica. Nel 1941, ho difeso il mio paese e
nel 1945 ho pianto di gioia. Nel 1953, ho protestato contro il
cosiddetto complotto dei medici ebrei. Per molti anni, dal 1937, ho
aspettato che mia madre in qualche modo facesse ritorno dal gulag dove
era stata mandata. E quando è tornata e ha suonato alla porta, non l'ho
riconosciuta e l'ho scambiata per una mendicante". Laureatasi in
medicina, Elena Bonner entrò nel Partito Comunista nel 1965, uno dei
più grandi errori della sua vita, dirà poi, e ne uscì dopo il 1968.
Lavorava già per il dissenso quando incontrò il fisico nucleare Andrei
Sakharov, famoso prima per il suo contributo alla bomba nucleare, poi
per la sua attività come dissidente. Elena Bonner lo sposò nel 1972 e
operò per i diritti civili al suo fianco. “Eravamo persone
assolutamente libere in uno stato assolutamente non libero”, diceva.
Nel 1975, quando Sakharov ottenne il Nobel per la Pace, e il regime gli
impedì di andare a riceverlo, fu Elena a leggere il suo discorso ad
Oslo. Nel 1980, dopo aver manifestato il loro dissenso per la guerra in
Afganistan, i due furono confinati a Gorkji. Amnistiati da Gorbacev,
rientrarono a Mosca nel 1986. Nel 1989, Sakharov fu eletto deputato, ma
morì nel dicembre dello stesso anno. Negli ultimi anni, aveva fondato
il movimento Memorial, per promuovere la democrazia e la memoria dei
crimini del regime sovietico, un movimento che ha ottenuto nel 1910 il
premio Sakharov per la libertà e che è stato recentemente costretto a
sciogliersi per non mettere a rischio la vita dei suoi militanti. Elena
Bonner ha continuato fino alla fine a prendere posizioni coraggiose,
sostenere i diritti umani, lottare contro la repressione. Ancora nel
marzo del 2010 ha firmato con altri membri dell'intellighenzia russa un
appello per invitare l'Europa ad appoggiare le libertà civili in Russia
contro la repressione e gli omicidi politici opera del regime di
Putin.
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Padova e
Pisa alle urne. Successo per i presidenti uscenti |
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Importanti appuntamenti
elettorali per le Comunità ebraiche di Padova e Pisa chiamate ieri a
rinnovare i propri Consigli direttivi. Nella realtà patavina il
presidente uscente Davide Romanin Jacur, che negli scorsi mesi ha
dedicato molto lavoro al collegamento tra le piccole comunità, si è
affermato in testa alle preferenze degli elettori. Ad affiancarlo nel
governo della gloriosa comunità veneta Gianni Parenzo e Gina Cavalieri.
Anche a Pisa il più votato è risultato il leader in carica: il
commerciante in pensione Guido Cava. Risultano inoltre eletti Anna
Gottfried e Joseph Sananes. I prossimi giorni serviranno a stabilire le
varie attribuzioni dei consiglieri e le figure presidenziali. Buona in
entrambi i casi l’affluenza alle urne degli aventi diritto.
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Catacombe
di Monteverde, primi risultati degli scavi
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Una fotografia vecchiotta,
inserita in un testo in inglese pubblicato cinquant’anni fa, mostra una
discesa ripida sulla cui cima appare, un po’ indietro rispetto al
dirupo, un edificio di forme abbastanza speciali. Quando Bruno Orvieto
ha visto questa fotografia, che era destinata a mostrare dove si
trovavano in passato le catacombe ebraiche di Monteverde, si è
bruscamente reso conto che, nonostante le molteplici costruzioni di
epoca successiva che hanno notevolmente cambiato il paesaggio, riusciva
a individuare, attraverso quell’edificio, il sito.
È stato merito suo, visitando quei luoghi, individuare scavi, in corso
attualmente, che lasciavano intravedere qua e là grotte sotterranee. E
mentre era convinzione comune che le catacombe di Monteverde erano
ormai scomparse, distrutte dall’intensa edilizia in quella parte della
città, Orvieto ha voluto segnalare quanto aveva osservato alla
soprintendenza archeologica.
Si è così innescato un movimento che ha coinvolto direttamente il
municipio Roma XVI nella persona del suo presidente, Fabio Bellini, e
il Consiglio provinciale di Roma, presieduto da Giuseppina Maturani. Si
è man mano formato un gruppo di ricerca coordinato dalla dottoressa
Daniela Rossi, funzionario della soprintendenza speciale per i beni
archeologici di Roma, responsabile, per il ministero per i beni e le
attività culturali, per la zona di Monteverde. Pochi giorni fa nella sala consiliare del sedicesimo Municipio ha
avuto luogo un primo esposto dei risultati raggiunti sinora. Dopo i
saluti delle autorità presenti, ha parlato la dottoressa Rossi, che ha
chiarito gli obiettivi, la dottoressa Di Mento, archeologa classica,
specializzata in Museologia e Museografia, della cooperativa Lavori
archivistici, topografici, epigrafici, rilievi, eplorazioni
stratigrafiche, archeologia e territorio, che ha spiegato le ricerche
bibliografiche realizzate, la dottoressa Negroni, epigrafista e
dottoranda di ricerca presso la Pontificia commissione di archeologia
sacra, che ha parlato del materiale epigrafico rinvenuto sinora,
proiettando anche numerose fotografie inedite di lapidi funerarie
conservate nei Musei Vaticani, il professor Marco Fabbri,
dell’Università di Roma Tor Vergata, che ha esposto le ricerche fatte
attraverso antiche piante catastali, documenti archivistici vari fino a
riprese fotografiche realizzate dall’aria per situare con una certa
precisione i siti delle catacombe studiate nel 1915. Il dottor
Francesco Laddaga, pure collegato all’indirizzo «Archeologia dei
Paesaggi Urbani» dell’Università di Roma Tor Vergata, ha integrato
queste osservazioni.
Durante questo incontro è emerso che sono stati individuati alcuni vani
nel sottosuolo che potrebbero effettivamente essere parte delle
«scomparse» catacombe ebraiche di Monteverde o parti delle medesime non
investigate sinora, tanto più che in occasione di lavori recenti in
zone limitrofe sono state scoperte tumulazioni tardo romane.
Oltre naturalmente all'ingegnere Bruno Orvieto, fra le persone presenti, hanno assistito a
questo incontro la professoressa Vismara, che ha studiato a fondo in
passato le catacombe ebraiche di Roma, l’accademico Linceo professor
Fausto Zevi, il vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma dottor
Giacomo Moscati, il dottor Giuseppe Foa, presidente della Fondazione
per i Beni Cultrali Ebraici in Italia, il dottor Claudio Procaccia,
direttore del dipartimento Cultura della Comunità Ebraica di Roma, il
dottor Umberto Utro, responsabile del reparto antichità cristiane dei
Musei Vaticani.
Giacomo Saban
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Shalom Simhon: «Con Israele alleanze hi-tech»
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«Il
tasso di natalità, fra i più alti del mondo», dice ce Shalom Simhon,
servendosi di un'interpretazione forse antiquata ma sempre efficace per
spiegare la storia del successo economico israeliano. «In un Paese
piccolo come il nostro la demografia da sola vuol dire un punto e mezzo
di crescita del Pil. Dovreste ricominciare anche voi a fare figli». È
il vecchio agricoltore del moshav, cresciuto nel movimento cooperativo
laburista, che viene fuori. Ma anche Simhon, ministro israeliano
dell'Industria e del commercio, sa che questo non basta per spiegare
una crescita ininterrotta attorno al 15 per cento, nonostante crisi
finanziarie globali e tensioni politiche mediorientali. Se le cose
continuano così, nel 2011 la crescita dovrebbe salire di un altro mezzo
punto. La demografia non basta per spiegare il fenomeno tecnologico
d'Israele con il più alto numero d'imprese quotate al Nasdaq di New
York, dopo Stati Uniti e Canada. «Shraga Brosh, il presidente della
nostra Confindustria, dice che i1 50 per cento di quel che produciamo
viene esportato - aggiunge Simhon -. Ha voluto essere moderato. È molto
di più: in agricoltura è il 75 percento». I moshav erano le
comunità agricole cooperative, diverse dai kibbutz che erano invece
imprese collettive. "Erano" perché quelle fattorie che avevano creato
un Paese si sono adattate al cambiamento di quel Paese, uno dei luoghi
più dinamici del capitalismo occidentale. Del movimento dei moshavim
Shalom Simhon, 55 anni, è stato il presidente. Ministro
dell'Agricoltura, poi da gennaio all'Industria e al commercio al posto
del vecchio "Fuad" Ben-Eliezer, quando i laburisti sono usciti dal
governo di centro-destra di Bibi Netanyahu. Simhon ha lasciato il
partito ed è rimasto nell'esecutivo unendosi ad Azmaut, Indipendenza,
la fazione di Ehud Barak Il ministro ha partecipato la settimana scorsa
al business forum italo-israeliano organizzato a Milano da Promos: 550
incontri "B2B" in un solo giorno fra imprenditori dei due Paesi. Hi-tech israeliano e fame italiana di tecnologia. Ministro, è questa la formula delle relazioni economiche fra noi e voi? L'Italia
è una grande potenza che non può non essere presa in considerazione.
Secondo me producete le migliori auto del mondo. Ma qualche volta vi
arrendete troppo presto, occorre più coraggio. L'interscambio italo-israeliano è di 3 miliardi di euro. Ma si pub fare sempre di meglio, vero? La
nostra distanza geografica e caratteriale è minima. Dobbiamo
trasformare questi punti comuni in vantaggi concreti. La settimana
scorsa Bibi Netanyahu ha parlato di pacchetti turistici comprensivi
Roma-Gerusalemme-Betlemme. È un'idea e solo il segno di una grande
potenzialità. Sappiamo che l'Italia sta migliorando la qualità delle
sue telecomunicazioni. In questo settore noi israeliani abbiamo molte
tecnologie innovative. Così come nella gestione dell'acqua e in quella
delle acque di scarico nelle quali Israele ha capacità eccezionali.
Nemmeno David Ben Gurion s'immaginava i miracoli che saremmo riusciti a
fare: nel mondo un pomodoro su due è israeliano. Ma noi e voi siamo
entrambi senza petrolio: dobbiamo percorrere insieme le strade delle
energie alternative e rinnovabili. La somma di uno più uno spesso fa
più di due. C'è però qualche
limite. Israele non è un hub regionale, il Medio Oriente è in
ebollizione e gli italiani non amano molto i rischi. Insieme
però possiamo trasformare gli svantaggi in vantaggi. Vorrei ricordarle
che quando gli arabi hanno bisogno di un prodotto che funzioni non
stanno molto a guardare da dove viene. Dal punto di vista economico la «primavera araba» è un'opportunità o un rischio? È
troppo presto per dirlo. Non pensa che ora il mondo dovrebbe chiedersi
cosa ne hanno fatto i leader arabi di tutti gli introiti petroliferi se
in quei Paesi esistono squilibri sociali profondi? Israele ha sempre
tenuto gli occhi aperti. Se la «primavera araba» sarà un vero
cambiamento noi saremo più che pronti a collaborare. Secondo
lei per Israele è più importante allargare le colonie nei Territori
occupati o aumentare il numero delle sue imprese dell'hi-tech al Nasdaq? L'ampliamento
degli insediamenti è una necessità demografica e avviene in aree dove
c'è consenso internazionale. Non stiamo costruendo nuove colonie. Vede,
noi combattiamo per la nostra sopravvivenza da che esistiamo: abbiamo
sempre saputo difenderci e contemporaneamente lavorare per la nostra
economia. E sarà sempre così. Se Israele cresce del 5 per cento in queste condizioni, cosa succederebbe se ci fosse un accordo di pace? Cresceremmo come la Cina.
Ugo Tramballi, il Sole 24 Ore, 20 giugno 2011
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Adulterio
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L’adulterio sembra l’ovvietà
nel tempo globale, fatto di mille incontri, residenze nomadi, territori
misti. L’illecito diviene la norma del lecito. Male minore, poi,
rispetto ai tanti altri mali.
Forse questo atteggiamento scaturisce da una più generale noncuranza
del patto dichiarato, della parola data. Violare un’unione fa parte di
una più complessiva, per quanto spesso tacita, profanazione della
legge.
Lo tinàf, «non sarai adultero». Lo stesso verbo è usato nei confronti
del patto della donna ma anche del patto con D-o. L’adulterio scardina
l’unione, smentisce il giuramento, e insieme dirotta e svia chi si
prostra, senza troppe perplessità, ai molti idoli in cui ci si imbatte,
amori effimeri e vacui, che si stenta a giustificare nelle vite
divenute «liquide».
Donatella
Di Cesare, filosofa
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notizie
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rassegna
stampa |
Israele:
150 coppie in crociera
per contrarre matrimoni civili
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Matrimoni da record. Oltre 150 coppie di israeliani nei giorni scorsi
hanno partecipato a una crociera di gruppo con destinazione Larnaca
(Cipro) dove hanno contratto matrimoni civili. Fra gli obiettivi
dell'insolita cerimonia anche quello di battere il record Guinness di
matrimoni di gruppo detenuto da Taiwan. Secondo alcune organizzazioni
per la difesa dei diritti civili, la formula dei matrimoni civili, che
in Israele non esiste, interessa un numero crescente di israeliani. I
matrimoni civili sono riconosciuti dal ministero degli Interni solo a
posteriori se contratti all'estero.
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