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24
giugno
2011 - 22 Sivan
5771 |
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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Dice
Korach rivolgendosi a Moshè e Aharòn: "Tutta la comunità sono tutti
santi... perché vi elevate al di sopra della comunità di Dio?" In
queste parole di Kòrach c'è l'affermazione di un assoluto egalitarismo
(tutti santi) e la negazione di qualsiasi tipo di autorità. Secondo i
chakhamìm però dietro questa rivolta si cela una volontà di potere e in
ultima analisi la volontà di sostituire la propria autorità a quella di
Moshè. Sembra un evidente paradosso ma è una contraddizione presente
nella storia dell'umanità. Ci sono stati movimenti egalitari che si
sono trasformati in dittature (Norberto Bobbio in "Destra e sinistra"
parla di egalitarismo autoritario). Nella tradizione ebraica invece è
sempre stata riconosciuta l'autorità della Halakhà e dei Maestri che
sono chiamati a insegnarla. Questo però non è mai stato considerato
autoritarismo ma anzi garanzia di libertà. Secondo un famoso midràsh la
parola charùt che indica le leggi incise sulle tavole va letto cherùt
cioè libertà.
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Sandro
Natan Di Castro,
Haifa
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Mentre in
tutto il mondo si promuovono con successo attività in favore dei
diritti delle donne, lo Stato d'Israele si trova periodicamente a dover
fronteggiare la lotta continua dei circoli ortodossi oltranzisti,
fautori della separazione fra uomini e donne in alcuni mezzi di
trasporto pubblici di stampo "Mehadrin" (uomini davanti, donne dietro)
funzionanti a Gerusalemme e in alcune linee interurbane; circoli ben
noti, fra l'altro, per aver bruciato in passato la bandiera israeliana
nel Giorno della Memoria. Dopo che la Corte Suprema israeliana ha
sentenziato recentemente contro la separazione coatta nei mezzi di
trasporto "pubblici", esigendo un severo controllo di ispettori delle
società di trasporto (pur lasciando libera la decisione di tale
separazione unicamente nelle linee private) e dopo le ricorrenti
minacce e le dimostrazioni di tali gruppi oltranzisti, i circoli
ortodossi sono tornati alla carica in vista della messa in funzione
della nuova linea ferroviaria interna di Gerusalemme, esigendo "vagoni
Mehadrin" e attaccando violentemente gli impiegati addetti alle
biglietterie colpevoli di fornire un servizio "indiscriminato" per
uomini e donne.
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Gilad Shalit - Gattegna: "Un'offesa al mondo civile il silenzio di alcune organizzazioni internazionali"
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Domani
saranno cinque anni dal giorno in cui è iniziata l'ignobile prigionia
di Gilad Shalit. A questo proposito il presidente dell'Unione delle
Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna ha dichiarato: "Domani
saranno cinque anni esatti dal suo rapimento. Cinque anni, un quinto
della sua giovane esistenza, in cui Gilad Shalit è stato tenuto lontano
dagli affetti più cari, segregato senza vedere la luce del sole e
godere delle cose belle della vita. In queste ore di speranza e
sofferenza, in queste ore in cui Roma e l'ebraismo
italiano tornano a stringersi a fianco del loro
cittadino onorario Gilad, stridono ancora di più il
silenzio e l'indifferenza di molte organizzazioni internazionali tanto
solerti in altre vicende, che in questo caso forniscono appoggi e
aiuti ai rapitori e non riescono neanche ad ottenere che la Croce Rossa
possa visitare una persona proditoriamente rapita e detenuta in
violazione di tutte le leggi e le convenzioni internazionali
solennemente sottoscritte a tutela dei diritti dell'uomo".
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Qui Roma - Un segno di speranza per Shalit
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Migliaia
di palloncini gialli nel cielo di Roma: 1826 come i giorni della sua
prigionia, gialli come il colore simbolo di una battaglia di giustizia
che va avanti incessante ormai da lungo tempo. Alla vigilia del quinto
anniversario del suo rapimento, Comune e Comunità ebraica di Roma
scelgono di tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica italiana
sulla sorte del cittadino onorario della Capitale Gilad Shalit con una
breve ma partecipata iniziativa che richiama in piazza del Campidoglio
molti giornalisti e cittadini. Il sindaco Gianni Alemanno, il
presidente della Comunità ebraica capitolina Riccardo Pacifici e alcuni
rappresentanti del Comitato Per Shalit di cui Alemanno è presidente
onorario incontrano la stampa e si danno appuntamento davanti alla rete
che contiene i palloncini. Sono Alemanno e Pacifici a tirare la corda
che li libera in cielo proprio davanti alla gigantografia dello
sfortunato soldato israeliano che da due anni osserva Roma
dalla facciata del Campidoglio. “È una battaglia di giustizia, noi
rifiutiamo la logica della morte e della violenza. Noi siamo al fianco
di Shalit” dice Alemanno, mentre il presidente Pacifici legge una
lettera di ringraziamento del padre di Gilad, quel Noam Shalit che da
cinque anni lotta per non perdere la speranza e che 12 mesi fa raccolse
l’abbraccio di Roma nella notte di emozioni del Colosseo senza luci in
onore di suo figlio. Nel corso della cerimonia, presenti tra gli altri
i vertici dell’Unione Giovani Ebrei d’Italia, il primo cittadino ha
rilanciato la propria candidatura a incontrare i carcerieri di Shalit e
annunciato l’avvenuta spedizione di alcune lettere ufficiali
indirizzate ai sindaci delle capitali europee e di molte città italiane
in cui viene sollecitato il conferimento della cittadinanza onoraria al
caporale di Tsahal sulla scia di quanto fatto nel recente passato da
Roma e Parigi. Il fine è quello di mobilitare e accrescere il fronte
istituzionale di condanna al suo ignobile rapimento. “Non si tratta
solo di un atto simbolico” spiega Alemanno. Con l’impegno corale delle
nostre città potremo infatti rilanciare l’appello internazionale per la
sua immediata liberazione dando così un impulso determinante al
processo diplomatico per una pace duratura in Medio Oriente”.
Adam Smulevich
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Malattia o falso
allarme?
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Non so esattamente quali
deliberazioni spettino al Consiglio di una comunità ebraica e quali
alla Giunta; mi auguro comunque che a Torino per i prossimi quattro
anni non sarà la Giunta a occuparsi di temi quali il matroneo o il bet
midrash delle donne perché, essendo composta di soli uomini, sarebbe
costretta ad avvalersi di consulenti esterni. Questa anomalia, che non
si verificava da decenni, è una conseguenza logica (anche se non
inevitabile) della vittoria di una lista quasi completamente maschile.
E’ un fatto casuale o un sintomo preoccupante? Sarebbe stato
auspicabile se il regolamento comunitario avesse previsto vincoli nella
composizione delle liste atti a evitare tale sproporzione? Le “quote
rosa” sono un’umiliazione per le donne o sono uno strumento imperfetto
ma necessario per garantire un minimo di uguaglianza tra i generi in
contesti di forte e generalizzata discriminazione? Non saprei
rispondere a queste domande, ma sono convinta che sia opportuno porle;
per questo mi ha colpito negativamente l’insofferenza che ho incontrato
talvolta quando ho provato a sollevare la questione. Mi è stato detto
che è un tema vecchio, ma a questo mondo ci sono tanti altri problemi
ancora più vecchi (le guerre, le ingiustizie, la fame nel mondo) e
finché esistono si ritiene giusto parlarne. Le “quote rosa” sono
sicuramente spiacevoli, così come è spiacevole dover prendere certe
medicine o stare a letto. Certo, a volte le medicine hanno un sapore
sgradevole, o sono dannose, a volte è meglio ricorrere a medicine
alternative; in ogni caso non è utile negare l’esistenza della
malattia. Nella società italiana la malattia esiste di sicuro; mi
auguro sinceramente che la sua apparente presenza nella Comunità ebraica di Torino sia un falso allarme.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Netanyahu:
“L'intera comunità civile
richieda l'immediato rilascio di Shalit”
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Leggi la rassegna |
"Penso
che l'intera comunità
civile dovrebbe unirsi a Israele e agli Stati Uniti e a tutti noi, in
una sola e semplice richiesta a Hamas: liberate Gilad Shalit", sono
queste le parole pronunciate ieri dal premier israeliano Benjamin
Netanyahu
alla vigilia del quinto anniversario del rapimento di Shalit, catturato
il 25 giugno 2006 dai terroristi di Hamas in
territorio israeliano, nei pressi del valico di Kerem Shalom. Da
allora, in violazione di tutte le convenzioni internazionali, Hamas si
rifiuta di permettere alla Croce Rossa internazionale di incontrarlo e
di verificare le sue condizioni di salute. Oggi, fra le altre
iniziative, in Israele è
stata indetta da diverse organizzazioni una giornata di mobilitazione
e di protesta per sollecitare il rilascio di Gilad Shalit.
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Fino a che punto ci si può
esprimere contro o avverso a qualcosa o qualcuno senza che ciò si
trasformi in una calunnia o, comunque, in un atteggiamento
deliberatamente diffamatorio e ostile, tale da pregiudicare l’altrui
onorabilità e integrità mettendone, eventualmente, in discussione la
stessa sicurezza fisica? Di riflesso, qual è lo spazio del pregiudizio
e dove inizia invece quello della libera discussione? E ancora, quando
e dove finisce l’opinione iniziando la lesione dei diritti altrui? Il
terreno dei cosiddetti «reati di opinione» è di per sé assai incerto...»
Claudio Vercelli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
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