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1 luglio
2011 - 29 Sivan
5771 |
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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All'inizio
della parashà di Chukkàt troviamo la mitzvà della mucca rossa, cioè
della purificazione attraverso la cenere della mucca di chi è venuto a
contatto con un morto. La parola chok o chukkà indica le mitzvòt di cui
non conosciamo il significato e la mucca rossa è la mitzvà
incomprensibile per antonomasia. I commentatori però notano che
non c'è scritto "questo è il chok della mucca" bensì "questa è la
chukkà della Torà" come se tutta la Torà fosse un chok ed è forse
questo ciò che vuole comunicare il testo. Ci sono mitzvòt
incomprensibili razionalmente e altre meno. Rabbi Yaakov ben Asher
afferma però che tutte le mitzvòt della Torà sono pensiero divino e
anche quando crediamo di comprenderle in realtà ne comprendiamo solo il
significato superficiale. La Torà è quindi una chukkà e bisogna stare
attenti a non dare interpretazioni troppo semplicistiche delle mitzvòt.
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Sonia
Brunetti
Luzzati,
pedagogista
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Studiare
e trasmettere sono distinti? Per il filosofo Lévinas: il vero
apprendere consiste nel ricevere la lezione in maniera così profonda da
trasformarla nella necessità di donarsi all’altro.
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Qui Mantova - La Memoria porta un nome Luisa Levi raccontata ai ragazzi di oggi |
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“Il
progetto dello schedario a partire dalla biografia di Luisa Levi si
propone quale innovativo metodo di elaborazione della Memoria nel
panorama non sempre sufficiente e organico della didattica della Shoah
connotandosi per la coinvolgente e catalizzante concretezza.
Caratteristica insolita che ha suscitato l'immediato interesse del
competente Dipartimento dell'UCEI”. Così il presidente della Comunità
ebraica di Mantova Fabio Norsa nel presentare il volume Storia di Luisa
curato da Maria Bacchi e Fernanda Goffetti e recentemente pubblicato
dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane insieme all’Archivio di
Stato di Modena e all’Istituto mantovano di storia contemporanea. In
circa duecento pagine con foto d'epoca e contributi dei partecipanti al
progetto, le curatrici espongo un mirabile lavoro di ricostruzione e
studio della biografia di Luisa Levi. Luisa è la più giovane deportata
ebrea di Mantova, barbaramente uccisa a Bergen Belsen nel pieno della
sua adolescenza. L’opera, realizzata grazie ai fondi dell’Otto per
Mille, è corredata di numerose schede di approfondimento proposte agli
studenti della scuola a lei intitolata. Dottoressa Bacchi, qual è la particolarità di questo lavoro? All'origine di questo nuovo lavoro c'è un libro da me precedentemente scritto che si intitola Cercando Luisa.
Edito da Rcs, è un volume che sceglie l'infanzia come via d'accesso
all'interpretazione della guerra, delle leggi razziste e delle
deportazioni. Bambini e bambine si muovono nella Mantova sconvolta
dalla guerra vedendo ciò che all'occhio umano sfugge. Al centro di
queste memorie c'era una memoria assente: quella di Luisa Levi, la più
giovane deportata ebrea da Mantova. Questo libro, molto apprezzato,
aveva toccato la sensibilità di numerosi mantovani tanto che nel 2004
dalla fusione del IV Circolo Didattico con la Scuola Media Alberti è
nato l'Istituto Comprensivo 1 di Mantova intitolato proprio a Luisa
Levi. In questa struttura c'è anche la scuola in cui si trovava la
classe speciale che a seguito delle leggi razziste i bambini ebrei di
Mantova erano costretti a frequentare. Tra loro anche Luisa Levi. Come è stato realizzato il progetto? Le
insegnanti avevano chiesto di intraprendere un percorso didattico ad
hoc su Luisa. Abbiamo quindi iniziato un lungo lavoro di riflessione e
di discussione con i ragazzi avvalendoci di verifiche periodiche con un
comitato scientifico composto dallo storico Fabio Levi e da Clotilde
Pontecorvo. Questo lungo lavoro ha prodotto un percorso per schede con
possibilità di utilizzo da parte di ragazzi di età differenti. Il
lavoro si divide in due grandi sezioni: nella prima si narra della vita
di Luisa dalla “normalità” fino al 1940 mentre nella seconda si esamina
il periodo che va dal biennio 1940‐41 al 1945. In questa è
raccontata anche la storia del fratello di Luisa, Franco Levi, emigrato
in Israele. Tutto il percorso è corredato da fotografie d'epoca oltre
che da un interessantissimo repertorio fotografico trovato in Israele
nel 2006 a casa della figlia di Franco, Silvana Levi Diagi. Le
fotografie erano contenute in un album sepolto dalla famiglia nel
giardino di casa Levi a Mantova insieme a una bambola e a un orologio.
Quando Franco è tornato ha disseppellito il tesoro e lo ha portato in
Israele. Trovo che questo filo sentimentale che lega l'Italia, Mantova
e Israele sia commovente insieme al pensiero che delle persone nella
furia della fuga abbiano pensato che il loro tesoro fosse rappresentato
da un album di fotografie dei propri figli, da una bambola e da un
orologio. Che effetto le ha fatto lavorare sulla Memoria di Luisa? Ormai
Luisa è parte della mia famiglia. La conoscenza con Franco, con sua
figlia Silvana è andata oltre il rapporto empatico che uno storico
dovrebbe avere con le sue fonti. Quali sono state le reazioni dei ragazzi coinvolti nel progetto? Ottime,
anziché vivere le vicende della Shoah in generale e di Luisa nel
particolare, gli studenti sono entrati dentro questa biografia con
grandissima sensibilità. Avete pensato di uscire dai confini di Mantova per raccontare questa storia? Vorremmo
coinvolgere altre scuole in questo progetto perché la storia di Luisa è
simile a tante altre storie di bambini vissuti in quel periodo.
Dobbiamo ricordare che lavorare sulla memoria dell'infanzia è
particolarmente importante visto che si tratta di una memoria filtrata.
Lucilla Efrati, Italia Ebraica, Luglio 2011
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Confronti
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Gli
anniversari “tondi” inducono ai bilanci, e così non posso fare a meno
di ricordare che dieci anni fa ho lasciato la scuola ebraica per lo
stato. Se ripenso a quel periodo ricordo i dubbi e le preoccupazioni,
in parte analoghi a quelli che avevo sperimentato molti anni prima da
allieva: sarà meglio dire subito che sono ebrea? Incontrerò colleghi o
allievi antisemiti? Dovrò litigare molto per avere il sabato libero?
Riuscirò a stare a casa durante le feste? Timori che in effetti si sono
rivelati talvolta tutt’altro che infondati. In compenso, però, il
lavoro diventava immensamente più rilassante: non si trattava più della
scuola della mia comunità di cui mi sentivo responsabile; diventavo una
tra tanti, l’ultima arrivata da cui nessuno pretende nulla. E poi,
soprattutto, niente pomeriggi passati a provare la recita di Purim,
niente preparazione di uno studio per Pesach, niente attività per
Sukkot, niente storia e letteratura ebraica, niente schede da inventare
dal nulla per mancanza di libri di testo: ricordo il primo anno nello
stato come un anno di vacanza. A dieci anni di distanza provo però
un po’ di nostalgia per queste attività e penso a quanto siano state
formative per gli allievi e per me; trattare la storia ebraica in
parallelo con la storia generale, per esempio, insegna a guardare la
realtà da più punti di vista, talvolta in contrasto tra loro: Tito e
Adriano erano grandi imperatori o malvagi distruttori? Noi ebrei
italiani, con la nostra identità composita, riusciamo talvolta a
guardare lo stesso argomento da più punti di vista contemporaneamente. D’altra
parte il luogo adatto per questo confronto è la scuola pubblica, dove
si incontrano più punti di vista e talvolta scopriamo sorprendenti
analogie (l’allievo rumeno, per esempio, non ha su Traiano un’opinione
migliore di quella che noi ebrei abbiamo su Tito). Per quanto le scuole
ebraiche siano importanti, è anche essenziale per noi partecipare a
questo confronto e portare nella scuola pubblica, come insegnanti o
come allievi, il nostro contributo al dialogo tra diverse culture e
identità. Non per niente l’espulsione degli insegnanti e degli allievi
ebrei dalle scuole pubbliche è stata vissuta (giustamente) dai nostri
genitori e nonni come una catastrofe.
Anna
Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Flottilla 2 - Per Yediot Aharonot dissensi fra gli organizzatori
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Leggi la rassegna |
Il
quotidiano israeliano Yediot Aharonot sulla base di informazioni di
intellgence giunte ieri in Israele, afferma che si sono manifestati
dissensi fra gli organizzatori della Flottiglia di attivisti
filo-palestinesi che da giorni si prepara a salpare dalla Grecia verso
Gaza, per forzare il blocco marino israeliano. I dissensi, aggiunge il
giornale, riguardano l'inizio della navigazione ...»
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In
una giornata che offre ben poco se non nulla di un qualche rilievo
dalla stampa sui temi di pertinenza di questa rassegna ci permettiamo
di iniziare da una segnalazione, quella dell’articolo di Gian Enrico
Rusconi su la Stampa,
testata per la quale recensisce la riedizione, filologicamente curata e
annotata, di un testo capitale per la cultura del Novecento...»
Claudio Vercelli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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