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26 luglio
2011 - 24 Tamuz 5771 |
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Roberto
Della Rocca,
rabbino
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Quando i
rappresentanti delle tribù di Reuven e Gad che chiedono, per
motivi economici, di insediarsi al di là del Giordano, appena
fuori dalla Terra di Israele, Moshè accondiscende
alla particolare richiesta a condizione che gli uomini di
queste due tribù partecipino alla conquista della
Terra assieme al resto del popolo. Solo dopo che tutto il
popolo avrà preso possesso di Eretz Israel, le due tribù potranno far
ritorno e insediarsi nelle loro proprietà
fuori dai confini di Israele. Il motivo
addotto dal Maestro è riconducibile al dovere di essere esenti
da colpa nei confronti di Dio e nei confronti di Israele...
della Comunità (Bemidbar, 32; 22 ). Il bene pubblico
deve avere la precedenza rispetto ai nostri interessi
privati. E per chi si illude che sia sufficiente sentirsi a
posto con la coscienza solo nei confronti dell'Alto, questa storia ci
insegna che essere puliti rispetto agli altri equivale a
sentirsi puliti davanti al Giudice Supremo.
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Dario
Calimani,
anglista
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Nel suo
tristemente famoso pamphlet Lettera a un amico ebreo, l’ex-ambasciatore
Sergio Romano scriveva: “Grazie al cielo esiste ancora un paese dove è
possibile ‘parlar male’ degli ebrei, ed è naturalmente Israele”. Un
tocco di intelligente ironia? No. Il parlar male degli ebrei è a
tutt’oggi uno degli interessi precipui di Sergio Romano che lo pratica,
con ogni pretesto e con fedele assiduità, sulla pelle di Israele.
Enrico Deaglio definiva ‘raccapriccianti’ le sue idee. Non un
opinionista sereno e obiettivo, ma un malevolo partigiano ai danni
della sua stessa intelligenza. Non lo illumina la luce del dubbio, non
lo salva l’esercizio del distacco critico. Non si riesce mai a
coglierlo in fallo questo liberale impenitente: mai che esprima una
sola idea che non collimi con il suo antisemitismo di fondo. Sono fra
quelli che sostengono che l’antisionismo non sia sempre antisemitismo,
e ci credo. Leggendo Sergio Romano non si riesce proprio a
raggiungere questa certezza.
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Redazione aperta
- Israele e il nostro futuro |
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La
seconda settimana di Redazione aperta si apre con un incontro speciale:
il semiologo Ugo Volli, professore ordinario all'Università di Torino
ma anche ex alunno della scuola ebraica di via del Monte che fa da
cornice al dibattito. Volli tiene settimanalmente la rubrica
Davar acher sul notiziario quotidiano l'Unione informa in
cui esprime posizioni dissenzienti, una voce fuori dal coro
rispetto al mondo intellettuale ebraico. Isolato: questa è la parola
con cui Volli si autodefinisce e che lo accomuna con la posizione di
Israele nel mondo. Il semiologo si batte infatti per diminuire la
disinformazione nei riguardi dello Stato ebraico, sempre più lasciato
solo a suo avviso. Anche il nostro paese è in pericolo e questo
deve portare un fronte unito da parte degli ebrei italiani nella difesa
di Israele, prosegue il professore. Illusione: Volli vede la pace come
una pura utopia, i palestinesi infatti difficilmente si accontenteranno
della "cessione" di alcuni territori e molti rifiutano anche le
linee di confine del '49. Pace: come coniugare la pace auspicata
da tutti con la posizione di Volli, il cosiddetto sionismo estremista?
Il professore scaccia ogni illusione sostenendo che per il momento non
si può parlare di pace ma solo di tregua momentanea, tregua dovuta
attualmente alla guerra con il Libano nel 2006. La tregua,
continua, è il risultato tra il bilanciamento delle due forze e dalla
convenienza. La guerra in Libano
è stata una vittoria anche se difficile, difficoltà che sono nate
dall'uso accorto dei media da parte di Hezbollah e dall'uso dei
missili che non ha permesso ad Israele di muoversi con carri
armati e nemmeno tramite l'aviazione se non coinvolgendo i civili.
L'idea di una pace in un tempo breve non è possibile, incalza Volli, ma
la convivenza verrebbe facilitata favorendo una situazione di benessere
per il popolo palestinese. Necessario è infine accontentarsi e per fare
un esempio riporta il caso della suddivisione di terre tra Trieste,
Istria e Dalmazia che non ha suscitato un sentimento di revanchismo
presente invece nella situazione mediorientale. In seguito è stata
ricordata la figura controversa di Otto Weininger, filosofo
austriaco autore di un libro ferocemente misogino ed antisemita: Sesso
e carattere. "Personaggi come Weininger sono intellettuali ebrei che
per emanciparsi cercano, molte volte senza successo, di cancellare la
macchia data dalla loro origine religiosa" dice Volli, che parla
poi dei rischi di un antisemitismo sotterraneo e molte volte mascherato
dal termine antisionismo. E allora quali metodi per difendere Israele?
Al nostro ospite viene chiesto quanto convenga difendere Israele in
maniere a volte troppo aggressive e con una retorica martellante. Il
professore risponde con Brecht dicendo che quando ci si ritrova a dover
gridare la voce si fa sempre roca ("...anche l'ira contro l'ingiustizia
fa roca la voce") e che molte volte cerca di smorzare i toni seguendo
la via dell'ironia e del paradosso. Volli conclude con l'auspicio di
una comunità ebraica italiana più compatta che, superando le piccole
crisi interne, si occupi della diffusione di notizie veritiere su
Israele, una grande scommessa sulla quale concentrarsi.
Rachel Silvera
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Ideali collettivi
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Bisognerebbe
sempre evitare di dire «la mia generazione». Si finisce a parlare
di sé e a generalizzare. Quindi partirò direttamente da me
stesso. Il 20 luglio 2001 non ero a Genova; da Berlino seguii gli
scontri del G8, e con sgomento appresi della morte di Carlo
Giuliani. Alcuni mesi dopo il leader dell’estrema destra
austriaca, Joerg Haider, si recò in Vaticano per consegnare un
gigantesco albero di Natale, e presi parte a una manifestazione
«no-global» contro quella visita. La galassia cattolica si era già
distanziata dal movimento. Circa un anno dopo andai a Firenze per
il Social forum europeo, conclusosi con un grande corteo contro la
guerra in Iraq. Oriana Fallaci – avviata oggi alla beatificazione
– aveva scritto un articolo vergognoso, preconizzando la
devastazione di Firenze per mano di criminali e black block. La
prova di maturità dei manifestanti, delle forze dell’ordine e dei
fiorentini fu assoluta, e i nerboruti portuali che la Cgil aveva
trasferito da Livorno per il servizio d’ordine non furono
necessari. Genova fu una cesura, almeno per me. La violenza di
quei giorni, subita e perpetrata, impedì al movimento di crescere
e concentrarsi sui propri limiti, sugli errori e sugli obiettivi.
L’acme della partecipazione fu il principio della discesa.
Un’illusione, un ideale, una lotta comune da portare avanti si
spezzarono di fronte alle contraddizioni interne e alla pressione
esogena, repressiva a Genova e mistificatoria in seguito. Come
ebreo, soffrivo di alcune posizioni radicalmente e
scorrettamente anti-israeliane. Giorni fa, Riccardo Di Segni ha
denunciato il rischio di ritrovarsi pieni di giornalisti e senza
rabbini. Secondo una ricerca condotta dall’Associazione di
cultura ebraica Hans Jonas ed edita da Giuntina (in libreria da
settembre), i giovani ebrei provano sfiducia nel futuro e nelle
istituzioni, ebraiche e non. Faticano a individuare
ideali collettivi. Se posso aggiungere un auspicio a quello del
Rabbino capo, vorrei certamente che studiassimo più Torah, ma
anche che fossimo più in grado di impegnarci per un mondo più
giusto.
Tobia
Zevi, Associazione Hans Jonas
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notizie
flash |
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rassegna
stampa |
Pagine Ebraiche, il dossier sui rabbini e un'imprecisione da correggere
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Leggi la rassegna |
Nel
dossier dedicato a diverse figure rabbiniche contenuto sul numero di
Pagine Ebraiche di agosto attualmente in distribuzione, compare una
inesattezza dove si lascia intendere per una svista che il rav Elia
Richetti ha rivestito l'incarico di rabbino capo di Milano dal 1989 al
2001. In realtà il rav Richetti, che oggi è presidente dell'Assemblea
rabbinica italiana, fu in quegli anni vicerabbino capo di Milano,
mentre l'incarico di rabbino capo era attribuito al rav Giuseppe Laras.
Ce ne scusiamo con gli interessati e con i lettori.
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Poche
notizie anche sulla rassegna di oggi. C'è un tentativo di montare due
casi intorno a Israele, uno perché, con tutte le cautele del caso, il
servizio di sicurezza ha preteso di esaminare i reggiseno delle
giornaliste che partecipavano a una conferenza stampa del primo
ministro israeliano Netanyahu (cronaca della redazione della Voce repubblicana)...»
Ugo Volli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
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