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29 luglio
2011 - 27 Tamuz
5771
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Alfonso
Arbib,
rabbino capo
di Milano
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Nel
periodo di Ben Hametzarìm, che va dal 17 Tammuz al 9 di Av ricordiamo
gli eventi che portarono alla distruzione dei due Santuari: Secondo il
Talmùd il secondo Bet Hamikdàsh fu distrutto a causa della sinàt chinàm
- odio gratuito. I chakhamìm dicono che la sinàt chinàm va combattuta
con il suo opposto, la ahavàt chinàm - amore gratuito. Secondo un
Maestro contemporaneo il concetto di ahavàt chinàm è ben espresso sin
da una composizione poetica che si usa leggere a Purim - Shoahanàt
Yaakòv. In un verso di questa composizione è scritto "maledetto Hamàn
che voleva distruggermi, benedetto Mordekhai l'ebreo". Le due parti non
sono perfettamente parallele. Per maledire qualcuno, anche se si tratta
di Hamàn, è necessaria una buona motivazione. Per benedire Mordekhai
invece non serve. |
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Sonia
Brunetti
Luzzati,
pedagogista
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Non sempre
l'uso del computer è la miglior strategia per il trattamento della
dislessia, uno dei disturbi evolutivi dell'apprendimento che in
Italia colpiscono dal 3 all'8 per cento degli studenti. Lo
dimostra un recente studio dell'Università di Tel Aviv che, nel
descrivere per la prima volta una particolare tipologia di dislessia,
suggerisce l'uso di una finestra di cartoncino per aiutare nella
lettura i bambini che, pur riconoscendo fonemi o parole, spesso
scambiano le lettere tra parole adiacenti.
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Redazione aperta - Emozioni e Memoria a Fiume e Abbazia |
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Redazione aperta si è chiusa ieri con una suggestiva gita in Croazia tra Abbazia e Fiume. La
prima tappa ha visto come luogo principale della visita il cimitero
ebraico di Abbazia dove la storica Sanja Simper, che da anni lavora
alla riscoperta delle radici ebraiche del Quarnero, ha spiegato il
significato di numerose testimonianze presenti nella zona, mostrato
l’area riservata agli ebrei e un’iscrizione commemorativa (nella foto)
dei deportati della Comunità ebraica negli anni della Shoah. In seguito
la redazione ha visitato la celebre località turistica che si affaccia
sul Nord Adriatico, punto di soggiorno e di passaggio di tanti nomi
ebraici. Nel pomeriggio invece visita alla sinagoga di Fiume, la
città tanto agognata da D’Annunzio che vide gli inizi dei fascismi e
della disgregazione d'Europa dove la professoressa Rina Brumini della
comunità ebraica fiumana ha spiegato la storia del Tempio fiumano e le
difficoltà riscontrate oggi dalla Comunità ebraica. Difficoltà causate
principalmente dalla mancanza di giovani e di fondi anche se in qualche
modo le attività sociali e culturali proseguono e permettono di
mantenere vivo un nucleo ebraico. La giornata si è conclusa con il
ritorno a Trieste e con gli ultimi saluti dei partecipanti che
hanno vissuto due intense settimane di lavoro e di incontri.
Micaela Del
Monte
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Redazione aperta - Identità e dialogo |
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Cala
il sipario sulla terza edizione di Redazione aperta. Tra i molti ospiti
che hanno incontrato la redazione in questo intenso periodo di due
settimane di lavoro, anche il professor Giovanni Maria Vian, direttore
dell'Osservatore Romano, che nel corso del suo incontro con la
redazione si è soffermato su alcune dinamiche professionali relative
alla realizzazione dell'autorevole quotidiano della Santa Sede, ha
avuto modo di visitare il Museo ebraico di Trieste, e ha voluto
fermarsi in meditazione davanti alla lapide alla Pia casa Gentilomo, la
casa di riposo della Comunità ebraica di Trieste, una testimonianza che
ricorda le decine di anziani ebrei triestini deportati negli anni della
Shoah. La testata diretta da Vian pubblica tra l'altro oggi il
seguente intervento del rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni,
cui fa seguito una risposta del cardinale Kurt Koch: "Nell'"Osservatore
Romano" del 7 luglio, Sua Eminenza il Cardinale Koch, presidente del
Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, ha proposto alcune
riflessioni sul significato della Giornata di riflessione, dialogo e
preghiera per la pace e la giustizia nel mondo che avrà luogo il 27
ottobre ad Assisi. Le riflessioni del Cardinale coinvolgono il dialogo
interreligioso e nell'ultima parte dell'articolo vi sono dei
riferimenti ai rapporti con l'ebraismo. Su questi punti vorrei tornare,
perché si tratta di aspetti essenziali e decisivi del problema del
dialogo e delle sue regole. Il Cardinale scrive che la croce di Gesù
"si erge sopra di noi come il permanente e universale Yom Kippur", e
"pertanto la croce di Gesù non è di ostacolo al dialogo interreligioso;
piuttosto, essa indica il cammino decisivo che soprattutto ebrei e
cristiani [...] dovrebbero accogliere in una profonda riconciliazione
interiore diventando così fermento di pace e di giustizia nel mondo".
Ferma restando la condivisione degli obiettivi di pace e giustizia,
temo che queste parole, benché ispirate da fraternità e da buona
volontà, se non vengono spiegate meglio, possano denunciare i limiti di
un certo modo di fare dialogo da parte cristiana. Per capire l'impatto
che queste parole possano avere su un lettore ebreo, è necessaria
qualche spiegazione. Yom Kippur, il giorno dell'espiazione di
istituzione biblica, è una data fondamentale del calendario liturgico
ebraico. È il giorno in cui è concessa la remissione dei peccati. Nel
passaggio tra ebraismo e cristianesimo, quest'ultimo ha ripreso alcune
ricorrenze dell'ebraismo (come la Pasqua), integrandone il significato
con gli elementi della sua fede. Questo non è successo però per tutte
le ricorrenze ebraiche autunnali, tra cui il Kippur; una possibile
spiegazione di questa assenza è che la fede cristiana ha assorbito in
sé il valore espiatorio del Kippur, che non le è più necessario; ed è
quello che dice qui il Cardinale parlando della Croce; ma d'altra parte
il fedele ebreo che continua a celebrare il Kippur afferma
implicitamente che per lui la Croce non è necessaria. Ma allora che
cosa c'è di problematico nelle parole del Cardinale, che in apparenza
non fa che affermare i principi della sua fede? Se fosse solo così, non
sarebbe criticabile; non si può certo chiedere, nella cornice del
dialogo, che uno dei due interlocutori rinunci o nasconda o eviti di
testimoniare la sua fede, per un malinteso senso di rispetto nei
confronti dell'altro; il dialogo presuppone la differenza. Ma il punto
è che bisogna vedere cosa ci si fa con la differenza. Mi pare di
cogliere nelle parole del Cardinale, in tutto il suo articolo, prima di
tutto la necessità di dimostrare alla propria comunità che la necessità
e l'urgenza del dialogo sono radicate nei principi della fede; e fin
qui è un impegno lodevole, anche perché può esistere una minoranza di
cattolici che non condivide ancora queste idee. Ma ben diversa è la sua
proposta all'interlocutore ebreo di farsi indicare "il cammino
decisivo" da simboli che non condivide. Tanto più quando questi simboli
vengono presentati come sostituzioni, con valore aggiunto, dei riti e
dei simboli in cui crede l'interlocutore. Il credente cristiano può
certamente pensare che la Croce rimpiazzi in modo permanente e
universale il giorno del Kippur, ma se desidera dialogare sinceramente
e rispettosamente con l'ebreo, per il quale il Kippur rimane parimenti
nella sua valenza permanente e universale, non deve proporre all'ebreo
le sue credenze e interpretazioni cristiane come indici del "cammino
decisivo". Perché allora veramente si rischia di rientrare nella
teologia della sostituzione e la Croce diventa ostacolo. Il dialogo
ebraico-cristiano soffre inevitabilmente di questo rischio, perché
l'idea della realizzazione delle promesse ebraiche è base della fede
cristiana; quindi l'affermazione di questa fede contiene sempre
un'implicita idea di integrazione, se non di superamento della fede
ebraica. Questo anche quando si dichiara, con il Concilio e Nostra
aetate, che le promesse al popolo ebraico sono irrevocabili. Ma la
propria differenza non può essere proposta all'altro come il modello da
seguire. In questo modo si supera un limite che nel rapporto
ebraico-cristiano può sembrare sfumato ma che deve essere invalicabile.
Perlomeno non è un modo di dialogare che possa interessare gli ebrei.
Per usare un'espressione oggi molto comune, è come passare dall'et et
all'aut aut. La lingua del dialogo deve essere comune e il progetto
deve essere condiviso. Se i termini del discorso sono quelli di
indicare agli ebrei il cammino della Croce, non si capisce il perché di
un dialogo e il perché di Assisi".
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Siamo davvero capaci di
dialogare? |
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Da
quando scrivo per l’Unione informa ho sempre cercato di evitare i botta
e risposta (che i lettori non possono seguire agevolmente e a cui non
si possono appassionare) e non ho quasi mai parlato di Israele (salvo
riflessioni puramente soggettive e personali), ritenendo che i
collaboratori israeliani della newsletter siano molto più qualificati.
Non ho fatto eccezione neppure la settimana scorsa, visto che il punto
focale del mio intervento non era Israele ma l’apertura a tutti di
questa newsletter, e il mio scopo non era di attaccare un intervento ma
di difenderne un altro (di Giorgio Gomel) contro il quale era stata
invocata la censura. Ho avuto però l’ingenuità di osservare che la
proposta di censura mi sembrava tanto più paradossale in quanto
l’intervento criticato sarebbe stato, secondo me, condiviso dalla
maggioranza degli israeliani, anche se magari senza troppo entusiasmo
(chiedo scusa a Giorgio Gomel per aver usato l’infelice immagine del
turarsi il naso). E’ stata un’ingenuità perché non era questo il punto
essenziale: se anche l’opinione di Gomel fosse stata davvero
minoritaria, o addirittura solo sua, non avrebbe avuto altrettanto
diritto di cittadinanza nel dibattito tra gli ebrei italiani?
Nessuno
ha spiegato perché invece l’Unione informa dovrebbe censurare gli
interventi, con quali criteri si dovrebbe decidere quali pezzi siano da
censurare, a chi dovrebbe spettare il diritto di esercitare la censura,
ecc. Avrebbe forse potuto nascerne un dibattito interessante.
Viceversa, gli insulti e gli attacchi personali sono un mezzo per
impedire ogni possibile dialogo. Ma sarebbe utile per l’ebraismo
italiano una newsletter in cui solo alcuni possono scrivere e tutti
devono sempre concordare su tutto? Perché si dovrebbe perdere tempo a
leggerla solo per trovare conferma delle proprie opinioni? Cosa
dovrebbe fare chi è stato censurato? E ancora: chi decide? Il consiglio
dell’UCEI? E se poi tra quattro anni cambia la maggioranza? I censurati
di oggi invocherebbero a loro volta la censura? Mi sembra uno scenario
da incubo, ma mi auguro che nessuno davvero auspichi questo.
Anna Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
A migliaia in piazza per il Gay Pride di Gerusalemme
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Leggi la rassegna |
Lungo corteo arcobaleno ieri
pomeriggio nelle strade di Gerusalemme per il Gay Pride, sfilata
dell'orgoglio omosessuale. Da registrare alcuni momenti di tensione con
esponenti di gruppi ebraici ortodossi anche se fortunatamente non
degenerate in incidenti grazie alla presenza massiccia di forze di
polizia. La manifestazione era guidata da rappresentanti delle maggiori
organizzazioni omosessuali israeliane oltre che da esponenti della
minoranza parlamentare di sinistra.
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Mentre Piero Melati
su il Venerdì la Repubblica ci informa
sullo stato di avanzamento del museo della Shoah di Roma, che sorgerà
in luogo che è carico di significati e denso di memorie, Villa
Torlonia, l’Avvenire, riprendendo una notizia
stralcio comparsa già sul «Giornale dell’architettura», ci dice che il
padiglione italiano nel campo di Auschwitz, costituito e poi inaugurato
nel 1980, nel blocco 21, sulla base del progetto dell’architetto
Belgiojoso, è oramai senescente e, forse, inadatto rispetto alla sua
originaria vocazione. Sul destino – assai incerto – dell’installazione,
da molti anni circolano voci e si sono espressi giudizi tra i più
disparati...»
Claudio Vercelli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
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