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8 agosto
2011 - 8 Av 5771 |
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Riccardo
Di Segni,
rabbino capo
di Roma
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Il digiuno del nove di Av, che
inizia questa sera, ricorda tra l’altro la distruzione dei due Templi di
Gerusalemme. Il primo, distrutto dai Babilonesi, nel 586 av. E.v.
circa, fu ricostruito dopo settanta anni e ridistrutto dai Romani nel
70. Una domanda che si pone è se nel periodo della ricostruzione del
secondo Tempio si continuò a celebrare il 9 di Av a ricordo della
distruzione del primo. E’ una domanda strana; ricordare la distruzione
di un edificio nel momento in cui è ricostruito può sembrare una
contraddizione. Sappiamo che il 9 di Av dovrà trasformarsi in futuro in
un giorno di gioia, quando la situazione originaria sarà restaurata.
Oggi ne siamo ben lontani, ma quando esisteva il secondo Tempio, perché
digiunare? E poi, chi ci dice che lo facevano? Alcune fonti
tradizionali sembrano indicare che il 9 di Av c’era anche a Tempio
ricostruito. Bisogna allora capire la logica. Una possibile soluzione è
che anche se si ricostruisce qualcosa meglio di prima la nostalgia del
precedente è infrenabile. Un’altra soluzione, proposta da rav
Soloveitchik, è che il digiuno non serve solo a ricordare quello che è
stato, ma anche a pregare perché non si ripeta; perché una volta
raggiunti certi obiettivi c’è sempre il rischio di perderli,
compiacendosi dei risultati e illudendosi della propria forza.
Paradossi della tenacia e della insoddisfazione ebraica.
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Anna
Foa,
storica
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A ognuno il suo
mestiere? Il mio è quello dello storico. Quello dello
storico si confonde talvolta con quello del giornalista. Molti
giornalisti vengono dalla storia, molti storici si fanno giornalisti.
Più difficile è per il rabbino confondersi con il giornalista (con lo
storico, non se ne parla proprio!). Ma è pur vero che talvolta anche i
rabbini scrivono sui giornali. Li possiamo considerare "giornalisti",
sia pur a tempo? E allora, esiste un mestiere del "giornalista", ben
delimitato e senza commistioni con altri mestieri? Ed esistono mestieri
puri, senza commistioni? Mi si perdoni il bisticcio, ma è pur
estate, fa caldo e anche noi storici non riusciamo più a fare pensieri
seri. E voi giornalisti? e voi rabbini?
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torna su ˄
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Israele -
Il prezzo della crescita |
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L'economia israeliana resta
in primo piano sulla stampa internazionale soprattutto riguardo alle
proteste che stanno nascendo come funghi dopo la pioggia in queste
ultime settimane. Fra i casi più discussi la protesta dei medici e
quella denominata "mehaat hacottage" ossia la protesta contro il prezzo
del formaggio bianco spalmabile (e di tutti i prodotti alimentari di
prima necessità). Quest'ultima si è trasformata ormai da tempo nella
protesta contro la salita vertiginosa del prezzo della casa in questi
ultimi anni.
E' vero che l'economia d'Israele oggi è in ottime condizioni rispetto
ad altre, ma chi paga il prezzo di questa crescita? La risposta è
semplice e univoca: il cittadino medio, soprattutto se è un salariato.
Il sistema economico israeliano è forte e lo shekel è forte rispetto al
dollaro, ma l'israeliano che deve mantenere la sua famiglia è sempre
più debole. La macroeconomia è in salita ma la micro è in calo.
La borsa di rehov Ehad Haam a Tel Aviv è in salita, ma il potere
d'acquisto dello shekel è in calo ed è sempre più difficile per
l'israeliano medio pagare l'affitto, per non dire comprarsi un
appartamento, cosa che, quando lo stato era coinvolto nella costruzione
di case, era quasi alla portata di ognuno. La produttività è in
crescita e così la quantità di denaro che è in circolazione, ma la
distribuzione dei capitali è diseguale al punto di porre Israele fra i
paesi del Terzo mondo quanto a divari economici fra i cittadini. E' la
solita storia della distribuzione dei polli: ci sono dieci persone e
dieci polli, cioè in media un pollo a testa, ma la media non cambia se
due persone ne hanno quattro ognuno e gli altri otto devono spartirsi i
due polli rimanenti.
Sotto la guida di Netanyahu, anni fa come ministro delle Finanze e oggi
come capo del governo, in Israele si sta assistendo alla (s)vendita a
privati della gestione di quasi tutti i beni e i servizi che in uno
Stato normale dovrebbero essere garantiti a tutti: l'acqua e le fonti
di energia, le comunicazioni e i trasporti, l'istruzione, la sanità e
ovviamente le banche. Ma come si sa il privato è portato a badare al
proprio interesse più che a quello del pubblico, e, in mancanza di
concorrenza, alza i prezzi quanto più possibile. Si sta assistendo alla
graduale rinuncia dello Stato alla sua funzione principale, che è
quella di essere al servizio del cittadino, di tutti i cittadini, e non
solo delle poche famiglie che stanno controllando tutta l'economia.
I servizi di assistenza sociale sono praticamente estinti e tutto
l'appoggio ai bisognosi è ormai nelle mani di organizzazioni
volontarie. La situazione è poi ancora più grave in quanto lo Stato ha
rinunciato quasi del tutto a far rispettare le regole sui minimi
salariali e sui contributi pensionistici, appunto per non toccare gli
interessi degli imprenditori, così oggi molti giovani diplomati o
laureati non riescono a guadagnare abbastanza per mantenere
dignitosamente una famiglia. Anche il sindacato Histadrut preferisce
difendere gli interessi dei grandi Consigli di fabbrica (portuali,
elettromeccanici, lavoratori delle grandi imprese energetiche), molto
meno quelli dei lavoratori delle piccole imprese e i precari (che non
osano scioperare temendo di perdere il posto di lavoro).
Forse questa protesta dilagante è un sintomo positivo di presa di
coscienza da parte del ceto medio israeliano. E a questo contribuisce
probabilmente anche il miglioramento del grado di sicurezza in seguito
agli accordi di pace con i più importanti paesi arabi confinanti. Le
recenti rivoluzioni nei paesi arabi vicini pongono degli interrogativi,
ma la sensazione di sicurezza dell'israeliano medio non vacilla. La
gente sta guarendo dalla sindrome del perseguitato, dell'ebreo del
ghetto circondato da nemici, e si sta accorgendo che è venuto il
momento di affrontare anche i problemi economici e sociali interni.
Questi problemi non minacciano la nostra esistenza fisica, ma
l'identità di uno Stato ebraico e democratico insieme, come i fondatori
lo hanno voluto e come è scritto nella dichiarazione d'Indipendenza.
Daniel Haviv,
alchimista
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Sui giornalisti
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L’epoca attuale non coltiva
se non quello che può abbreviare e semplificare. Perché dunque
meravigliarsi del successo dei giornalisti? Nella sua immediatezza,
l’informazione, fatta per essere consumata, trova compenso nell’attimo.
Perciò si oppone pericolosamente alla narrazione. Ma non è amica
neppure della riflessione e del pensiero. Dove si diffonde
l’informazione, diventa più rara la narrazione, la cui forza
concentrata può dispiegarsi ancora dopo molto tempo, dopo anni, secoli,
millenni. Quando si leggono i versetti della Torà, è inevitabile
fermarsi, impossibile non interrogarsi.
Il venir meno dell’idea di eternità accresce l’avversione per il
dilungarsi nella lettura e nell’ascolto, per la pazienza faticosa del
concetto. La semplificazione e l’abbreviazione vanno smantellando gli
strati sovrapposti della tradizione, l’attesa della domanda, l’esigenza
dell’ermeneutica.
Gli eccellenti giornalisti che la storia della stampa ebraica può
vantare – come non pensare a Karl Kraus? – erano consapevoli del
rischio di diventare meri cronisti dell’attualità, strumenti di un
potere che fluiva attraverso loro, sapevano che la supposta obiettività
della notizia, che arriva immediata, spesso farcita di spiegazioni,
avrebbe potuto cancellare il racconto e il meraviglioso del racconto.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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notizie
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rassegna
stampa |
Gaza - Lancio di razzi su Israele |
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Leggi la rassegna |
Un portavoce dell'esercito
israeliano ha annunciato che un razzo lanciato dalla Striscia di Gaza,
ha colpito il sud di Israele, nel settore di Shaar Negev, senza fare
vittime o danni. Il lancio è giunto nonostante l'arresto, sabato scorso
nella Striscia, da parte dei servizi di sicurezza di Hamas di due
affiliati di un gruppo integralista che in passato aveva lanciato razzi
su Israele. Dallo scorso luglio si sono moltiplicati gli attacchi di miliziani
palestinesi.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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Dafdaf
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