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10 agosto 2011 - 10 Av 5771
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Adolfo Locci Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

“...poichè (la Torah) è la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli che ascolteranno tutti questi statuti e diranno che questo popolo è un popolo saggio e intelligente” (Devarim 4: 6).
Rav Yaakov Neimann, nel suo commento Darkhè Musar, spiega che se il popolo d’Israele riesce realmente a comprendere che la sua specificità proviene delle Mitzvot, anche da quelle che deve osservare pur senza capirle fino in fondo, sarà realizzabile quello che in questo verso la Torah annuncia...
 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Il governo ungherese ha dunque presentato un disegno di legge, con valore retroattivo (!), che prevede una sanzione penale per i politici che hanno creato debito pubblico, seguendo la più tradizionale logica della ricerca del capro espiatorio. Una legge, che, se approvata (ed io  temo che sarà così), andrà a sommarsi a quella sul restringimento (uso un eufemismo) della libertà di stampa e alla nuova costituzione con riferimenti alla razza magiara e all’identità cristiana che sbilancia (ancora un eufemismo) gli equilibri istituzionali in favore  dell’esecutivo. E l’Europa? Poveraccia, ha altro a cui pensare: la crisi economica che l’attraversa ha precedenti solo negli anni Trenta (!). Gli  Stati membri devono guardare in casa propria, dove, tra l’altro,  l’estrema destra impazza. Mancanza di lavoro, povertà che va espandendosi, chiusura negli interessi nazionali, richiami identitari e strane camice che si aggirano per l’Europa (si guardi lo Jobbik ungherese)… Scusate, ma solo a me ricorda un film già visto?

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davar
Per capire Israele serve un fumetto (e 60 giorni)
capireisraeleCome raccontare la complessità di Israele? Come farlo con un occhio, diciamo così un po’ antagonista ma assolutamente non preconcetto? Non è per nulla un gioco semplice, anzi è uno dei nodi decisivi attraverso cui passa la comprensione di un paese che è spesso giudicato a priori, senza approfondire o addirittura senza conoscere la sua storia, il suo quotidiano, la sua vita. Sarah parte così per un viaggio verso Israele, con una conoscenza del paese molto parziale, convinta che le responsabilità verso i palestinesi siano tali da rendere quello Stato colpevole per lo meno di grande insensibilità. Sarah è di sinistra, è progressista e vede Israele con gli occhi dei tanti filo-palestinesi che non possono non essere anche anti-israeliani. Sarah è però anche ebrea, un po’ “lontana” magari (ha solo un’amica correligionaria) ma comunque ebrea e quindi, per meglio districarsi in questo ginepraio vuole sapere. Parte per questo viaggio grazie all’opportunità che la Taglit Birthright Israel (un’agenzia finanziata dallo Stato israeliano e da associazioni private) mette a disposizione di tutti i giovani ebrei o di origine ebraica per conoscere la “Terra dei Padri”. La corazza ideologica che si è creata la fa sentire al riparo dell’insidiosa “propaganda sionista” che forse vuole convincerla della giustezza della propria politica. La Sarah che intraprende il viaggio è una ragazza bionda, Sarah Glidden è invece una bruna trentunenne bostoniana ma newyorkese di adozione. Sarah e Sarah, la prima protagonista di un racconto, la seconda è l’autrice dello stesso. Le differenze sono tutte qui. Esce in questi giorni per i tipi di Rizzoli-Lizard, Capire Israele in 60 giorni (e anche meno) nella bella traduzione di Elena Loewenthal, l’opera prima in cui la giovane autrice americana racconta della sua breve ma intensa Aliyah. Per narrarci il suo viaggio, Sarah Glidden ha scelto una strada inusuale ma perfetta, ha scelto un mezzo che, dietro sinonimi più attuali e d’effetto, le ha permesso la sintesi più adeguata, il fumetto. Ma definirlo tale, oggi, risulta un po’ desueto, un po’ limitante. Più precisamente dobbiamo chiamare Capire Israele graphic novel, o meglio ancora graphic journalism, sottolineando come l’aspetto narrativo e quello documentario procedano di pari passo nella vicenda raccontata. Un memoir che si fonde in un carnet de voyage dove la presa diretta di un’esperienza è qui narrata con l’ausilio delle immagini. Tornata da Israele la Gliddencapireisraele autoproduce un minicomic che incomincia a presentare, condividendo un tavolo con altri cartoonist di Brooklyn, a un festival organizzato dal MoCCA, il museo del fumetto e della cartoon art di New York e benché sia una perfetta sconosciuta viene avvicinata da un editor della DC comics (una delle case editrici più prestigiose degli Stati Uniti, quella che pubblica Superman e Batman per capirci) che si dice interessato al suo lavoro; cose che succedono ancora in quel paese. La DC le propone di pubblicare il suo libro completo con il marchio di una sua affiliata che stampa fumetti d’autore, la Vertigo. Nonostante sia alla sua prima opera Sarah Glidden, ci mostra come si muove a suo agio tra le singole vignette che dipanano la storia. Si legge tra le righe come abbia seguito la scia di chi prima lei ha intrapreso la stessa strada: i suoi compatrioti Art Spiegelman e Joe Sacco per primi, ma anche il francese David B. e la sua apprendista iraniana Marjane Satrapi. Non a caso questi autori si sono occupati di temi difficili (la Shoah, il conflitto arabo-israeliano, l’Iran degli Ayatollah) utilizzando un mezzo semplice, comprensibilissimo. Proprio della semplicità stilistica Sarah Glidden fa una cifra propria. La graphic novel va infatti sviluppata in questo modo, il disegno deve essere veloce, poco estetizzante, deve rincorrere le idee e sottomettersi ad esse, non prevaricare ma raccontare, semplicemente raccontare. Sarah racconta con molta efficacia, come un cameraman che corre con una telecamera sulle spalle e ci regala delle immagini eccezionali ma un po’ tremolanti, così la nostra autrice ha il tratto veloce e tenue di chi deve chiudere senza respiro la narrazione di un evento, di un pensiero. Israele è tutto in queste pagine colorate con un acquarello dalle convincenti pennellate. I paesaggi, le architetture, tutto torna nelle immagini, senza dispendio inutile di parole. I personaggi storici poi, ci passano davanti come eroi shakespeariani, il fantasma di Ben Gurion chiacchiera serenamente con la nostra protagonista tra i giardini del kibbutz Sde Boker, le legioni romane assediano sotto i suoi occhi di giovane americana una Masada in fiamme, le vittime della guerra arabo- israeliana siedono mute ma presenti tra i loro famigliari che raccontano. Pagina dopo pagina la complessità di Israele si fa sempre più tangibile. Partita per trovare risposte e conferme ai suoi pregiudizi, Sarah la viaggiatrice troverà solo nuove domande e un inestricabile quantità di sentimenti contraddittori che ci aiutano a vedere Israele come quello che è, non come quello che si pensa che sia.raccontata. .

Giorgio Albertini, Pagine Ebraiche, agosto 2011

Il nipote del Direttore
davidSi sa che non sopporta la vita commentata, ma questa volta non scappa. È un professionista severo e anche troppo esigente, forse, ma lavorando insieme a lui si scopre come sia in grado di insegnare tanto, e come sia capace di grande disponibilità e di grandi attenzioni. Capace soprattutto in questi anni di costruire qualcosa che a molti sembrava quasi impossibile. Giornalista, coordinatore dei dipartimenti Informazione e Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, direttore di Pagine Ebraiche e di questo notiziario quotidiano, Guido Vitale è riuscito a raccogliere intorno a sé un numeroso gruppo di redattori e collaboratori che lavorano, ognuno secondo le proprie possibilità, per rendere reale - e non solo un sogno - un modo differente di comunicare cosa sia l’ebraismo italiano.
Durante la vita ancora breve ma molto intensa di questa redazione, che produce il notiziario quotidiano l’Unione informa, la Rassegna stampa, il notiziario del mattino bokertov e il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, abbiamo già festeggiato le nascite di figli, di nuove testate - il mensile per bambini DafDaf e il giornale di cronache comunitarie Italia Ebraica - e abbiamo gioito per l'entrata fra noi e nella professione giornalistica di una generazione di giovani professionisti… ma un nipote, che per di più somma le discendenze di cabalisti leggendari come i Vital e i Coriat, ancora ci mancava.
Oggi tutti noi della redazione siamo felici di poter condividere con voi lettori la notizia che Guido è diventato nonno. Il suo primogenito, Yitzhak Daniele, ha avuto la gioia, nel giorno del suo ventinovesimo compleanno, di portare al Mohel della United Synagogue di Gran Bretagna rav Leslie Solomon (che era accompagnato dal rav Michael Harris della Hampstead Synagogue di Londra), il suo primo nato, cui, al momento dell'entrata nel Patto, è stato imposto il nome di David Yosef.
Benvenuto David, e un affettuoso Mazal Tov alla mamma Rebeca Coriat e al papà, ai nonni andalusi Pilar e Moises e ai nonni italiani Elena e Guido, alle zie Michal e Nurit Vitale e Donna Coriat e a tutti i loro cari.
Ma ora basta, il Direttore tollera male le smancerie. Torniamo tutti subito al lavoro, e di corsa!

Ada Treves

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pilpul
In memoria di Janusz Korczak
Francesco LucreziIl 5 agosto del 1942, Janusz Korczak (psedudonimo di Henryk Goldszmit), il grande medico, scrittore e pedagogo, direttore dell’orfanotrofio ebraico di Varsavia, scelse di seguire i 300 bambini, affidati alle sue cure, nella marcia verso la morte a cui furono costretti dai loro aguzzini tedeschi. A tale evento, cinque giorni dopo (quindi, il 10 agosto, di cui oggi cade la ricorrenza), dedicò la seguente poesia Władisław Szlengel (recentemente pubblicata, in traduzione italiana, a cura di Laura Quercioli Mincer, nella silloge: Cosa leggevo ai morti. Poesie e prose del ghetto di Varsavia, editore Sipintegrazioni), cantore della tragedia del ghetto, ove trovò anch’egli la morte, l’8 maggio del 1943, durante l’insurrezione.

Janus Korczak oggi ho veduto,/ nell’ultima marcia, andare coi bambini,/e i bambini avevano vestiti puliti,/ come andassero di domenica al giardino.

Francesco Lucrezi, storico

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notizieflash   rassegna stampa
Qui Firenze - Il sindaco Renzi
chiama un cardinale a ricordare
la Liberazione della città
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Per la prima volta in 67 anni, a tenere l’orazione ufficiale per la Liberazione di Firenze, a Palazzo Vecchio sarà un uomo di Chiesa. Il cardinale Silvano Piovanelli, 87 anni, succede a 66 oratori, laici e per lo più partigiani. A volere il cambiamento è proprio il sindaco di Firenze. E già gli son piovute addosso le critiche dell’Anpi. Ma Renzi replica che «anche i cattolici hanno fatto la Resistenza». E non contento azzarda: «Chissà, l’anno prossimo mi piacerebbe che a tenere la prolusione fosse un rappresentante della comunità ebraica e in futuro, un giovane, un ventenne».

 

Sono giorni cruciali per il Medio Oriente quelli che viviamo in questa estate, strana non solo dal punto di vista meteorologico, e di sicuro, alla fine di questo mese nel quale perfino tanti politici hanno dovuto interrompere le loro vacanze, le realtà lungo le coste del Mediterraneo saranno diverse da quelle del passato. Numerosi sono gli articoli di analisi pubblicati oggi dai vari quotidiani, ma non sempre queste sono, per il sottoscritto, del tutto condivisibili...»

Emanuel Segre Amar











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