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16 agosto 2011 - 16 Av 5771
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

All’inizio della Parashà di Vaetchanàn riviviamo tutto il dramma di Moshè a cui, nonostante la reiterata e accorata supplica, viene ribadito il diniego a entrare in Eretz Israel. Al senso di  compassione che ci sollecita questa pagina si aggiunge l’inquietante interrogativo sull’inspiegabile silenzio del popolo ebraico di fronte a questo dramma. E pensare che sono proprio le  manchevolezze del popolo a causare il licenziamento del Maestro (Devarìm,3; 26). Nessuno della Comunità sembra alzare una  voce per perorare la causa di colui che ha trascurato moglie e figli per dedicarsi interamente alla sua gente. Se Moshè resta il modello di riferimento di tutti i Maestri che a lui si rifanno sarà forse anche  questa sua  feroce solitudine a scoraggiare le vocazioni rabbiniche?
Dario
 Calimani,
 anglista


Dario Calimani
Si dice che gli ebrei rispondano a una domanda con un'altra domanda. Forse per svicolare, forse per esprimere il loro spirito ironico, forse perché non conoscono le risposte. Ma c'è anche chi cerca di rispondere ai problemi rispondendo con altri problemi, perché impegnarsi nei sofismi speculativi è utile a non affrontare la realtà. Ce lo insegna anche la politica dei nostri giorni.
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davar
L'abbraccio
l'abbraccioL'esito di ogni azione è già contenuto nel pensiero che la precede (dal cantico "Lechà Dodi" del Rabbi Shelomo Halevi Alcabez).
Un corollario di questo pensiero è che ciò che abbiamo ce lo siamo creati da noi, prima di tutto nella nostra immaginazione. Di conseguenza, se vogliamo un mondo senza guerre, dobbiamo prima immaginarcelo, per poter poi imitare il modello.
Poco tempo fa, visitando un sito fotografico mi sono imbattuto in una immagine che mi ha subito conquistato per la sua bellezza e per la sua contraddittorietà, ma soprattutto per la sua prorompente eloquenza. E' una foto eccezionale e darei al suo autore il premio Nobel per la fotografia, se esistesse. Questa foto è una rappresentazione fedele del Ventesimo secolo e un vaticinio ancora più fedele per il Ventunesimo, anzi, per essere piu' preciso: essa segna la conclusione del Ventesimo ed è al contempo il segnale d'inizio del Ventunesimo, indipendentemente dalla data esatta in cui è stata scattata.
Questa foto rappresenta una bella donna, bella nonostante certi tratti un po' maschilizzanti, giovane ma non più tanto, una mamma soldato, anzi una mamma vestita da soldato, anzi: una mamma travestita da soldato, che riabbraccia il figlioletto al suo ritorno dalla guerra, o da una missione di tre anni (o di tre giorni) in Afghanistan o da qualche altra parte di questo granello vagante nel cosmo, martoriato e martirizzato da tre milioni di anni dagli appartenenti alla specie homo insipiens.
E guardandola mi chiedo: ma con che coscienza ha lasciato il pargolo per un tempo qualunque ed è andata a rischiare di trasformarlo in orfano? Ah, già, dimenticavo che oggi ci sono Facebook, Google e Twitter per cui non hanno più senso le parole vicino e lontano. No, mi rispondo, proprio questa foto dimostra che queste parole sì che hanno ancora senso: non lo si vede dalla dolcezza di questo abbraccio e di quanto questo bimbo ne aveva bisogno? A volte ci dimentichiamo che i social network sono solo abbracci virtuali e artificiali e quindi falsi.
Il mio sguardo poi va ad appollaiarsi su altri particolari di questa foto, che è un libro di mille pagine, il libro del nostro tempo: per esempio sullo zaino. Quello zaino sembra molto pesante, serio, militare (che cosa c'è di più serio delle cose militari? direbbe Woody Allen), ma quella mamma lo porta come se fosse leggero, anzi se ne è dimenticata appena ha visto da lontano suo figlio correrle incontro.
Un'altra pagina emozionante di questa foto/libro: quell'uomo tutto indaffarato che sta passando là dietro a passi veloci per non perdere l'aereo o un incontro di affari, insomma cose molto più importanti e urgenti di un semplice incontro mamma figlio. Forse non è un caso che la testa non appaia nella foto: essa è irrilevante, quell'uomo non ne ha bisogno, dato che non sembra accorgersi del dramma che sta avvenendo ai suoi piedi. Nessuna immagine potrebbe rappresentare meglio l'indifferenza dell'uomo sull'uomo (o sulla donna), homo homini indifferens, di cui homo homini lupus è l'estrema e necessaria conseguenza.
In un'altra pagina di questa foto/libro leggo che nonostante il colore kaki grigioverde che vorrebbe dominarla ci sono anche i colori della speranza: lo stesso verde, anche se un po' sbiadito, del grigioverde, ma soprattutto quell'abbraccio spontaneo e verissimo e quella promessa di essere ritornata, questa volta per rimanere. Adesso basta, di guerre ne abbiamo viste già abbastanza.
La guerra è finita.
Punto.

Daniel Haviv, alchimista

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pilpul
Cercasi reato
Ancora un'osservazione, speriamo l'ultima, sulla situazione in Siria. Pochi giorni fa Eric Salerno scriveva sul Messaggero che "Assad accusa i suoi nemici nel vicino Libano e in Israele di fomentare e armare elementi dell'opposizione. Loro accusano l'Iran di sostenere con le armi il regime. Probabilmente le rispettive accuse hanno fondamento". Quasi in simultanea, Renzo Guolo scriveva sulla Repubblica su chi "puntella con ogni mezzo gli Assad. Gli israeliani hanno sempre preferito nemici
palesi ma preferibili a quelli imprevedibili capaci di far venir meno i vantaggi derivanti dalla situazione di "non pace, non guerra" che ha consentito a Gerusalemme di congelare la questione del Golan". In questi giorni di vacanza estiva vorrei invitare Salerno e Guolo perché, sorseggiando un buon caffé, mi spieghino (o si spieghino a vicenda) com'è che Israele sbaglia nel fomentare l'opposizione di Assad, e allo stesso tempo sbaglia nel puntellare con ogni mezzo Assad. Che Israele sia colpevole è certo. Resta solo da stabilire quale sia il reato.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme


In ricordo di Rubino 
alberto cavaglionSi sono lette in questi giorni, anche su questo portale, parole molto belle in memoria di Rubino Romeo Salmoni, che mi hanno commosso, ma temo non abbiano avuto il coraggio di affrontare il tema scottante che invece non può essere eluso ossia la trasformazione (che io definirei alterazione) della sua testimonianza una volta che essa è terminata, tramite Vincenzo Cerami, la base per la sceneggiatura del film di Benigni “La vita è bella”. In nessun altro caso di testimonianza italiana mi sembra si possa osservare una manipolazione di dimensioni così gigantesche. Ogni volta che rivedo il film di Benigni mi capita di pensare: Rubino ha subito una ingiustizia che non meritava.
Quando il film uscì nel 1998 molti cercarono di convincermi dicendomi che sarebbe stato un film utile ai giovani, perché ai giovani la coppia Cerami-Benigni aveva saputo parlare utilizzando un linguaggio adatto. Le cose sono andate diversamente. Uno dei graffiti che nelle grandi città italiani vanno per la maggiore è il “Buongiorno Principessa” che il Roberto nazionale in quel film scrive davanti alla casa della sua innamorata. Per gli adolescenti italiani di oggi, cresciuti a pane e Benigni, il film ha suggerito una frase sdolcinata che equivale più o meno a una frase di Moccia e con la deportazione non ha legame. Sarebbe bello, è pura utopia solo pensarlo, che davanti alle scuole italiane, domani, qualche mano anonima scrivesse il suo addio : “Buongiorno Rubino, ti sia lieve la terra”.

Alberto Cavaglion 


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notizie flash rassegna stampa
I programmi di Ahmadinejad
 Leggi la rassegna

Durante un intervista con il Russia Today il Presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad ha ammesso la possibilità di un attacco israeliano o statunitense sul suo paese. La comunità internazionale, Stati Uniti in testa, teme che l'Iran stia cercando di dotarsi della bomba atomica, e per questo sono state applicate una serie di sanzioni economiche contro Teheran, ma, a detta di Ahmadinejad, l'obiettivo principale dell'Iran è quello di sviluppare l'energia nucleare pacifica, nonostante la recente intensificazione dei lavori di costruzione di centrifughe che possono arricchire l'uranio in modo più efficace. Il Ministro degli Esteri russo, Sargei Lavrov ha precisato che la Russia ha rifiutato di fornire una S-300 del sistema di difesa aerea iraniana che Teheran aveva ordinato. A questa decisione della Russia sono giunti gli applausi di Israele che l'ha definita una decisione davvero importante affinché si possa respingere qualsiasi attacco futuro. Non si può dimenticare, tuttavia, che la Russia è attualmente coinvolta nella costruzione della centrale atomica di Bushehr, sulla costa del Golfo.


 

L’assenza odierna di quotidiani italiani in rassegna rappresenta una preziosa opportunità per dare un’occhiata più approfondita alla stampa estera dove gli spunti non sembrano mancare neanche oggi, martedì 16 agosto. A partire dalla stampa israeliana che nelle sue due autorevoli testate in lingua inglese – Jerusalem Post e Haaretz – apre molte interessanti finestre sui temi caldi dell’estate israeliana, in particolare sulle vibranti proteste contro il caro alloggi che da alcune settimane interessano il paese. Il tema viene affrontato ascoltando vari punti di vista. C’è ad esempio chi, come Nehemia Shtrasler su Haaretz, sostiene che sia giunto il tempo di dare un taglio alle spese militari, una delle voci più consistenti del bilancio israeliano, e impiegare tali risorse per intervenire sul welfare...
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Adam Smulevich



















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