Tra
un mese esatto, il 21 settembre, dittatori e antisemiti sparsi per il
mondo si riuniranno «sotto l'egida dell'Onu» per sfogare, sotto la
paradossale insegna della lotta al «razzismo», tutto il loro
inestinguibile odio per lo Stato di Israele e per gli ebrei. Il governo
italiano, meritoriamente, ha già annunciato che diserterà, assieme al
Canada, agli Stati Uniti, alla Repubblica Ceca e all'Olanda, la tragica
farsa cosiddetta «Durban III». Di fronte all'ennesima parata
antisemita, però, la non adesione non basta. Forse occorre, e ce n'è
ancora il tempo, qualcosa di più: il boicottaggio. Sì, proprio il
boicottaggio, l'arma propagandistica preferita da chi, nel nome
dell'antisionismo, vorrebbe cancellare Israele dalle carte e non dice
una parola di protesta quando le milizie siriane di Assad massacrano i
palestinesi di Lattakia. Non fu boicottata la conferenza di Durban nel
2001, proprio alla vigilia dell'attentato alle Torri Gemelle e una
manifestazione dell'Onu convocatasi contro il razzismo si tramutò in
un'indecente fiera dell'antisemitismo che provocò la reazione
disgustata della scrittrice progressista Nadine Gordimer: ebrei
inseguiti nei corridoi, discorsi dal palco che negavano Auschwitz,
dichiarazioni di guerra santa per annientare «l'entità sionista». Fu
uno spettacolo vergognoso, che gettò un'ombra lugubre sulle Nazioni
Unite che lo avevano permesso e sponsorizzato. Qualche anno dopo la
«Durban II» venne disinnescata. Tra un mese si prevede la
partecipazione di Ahmadinejad per dare il massimo risalto allo
spettacolo «antisionista». Mentre ripartono gli attacchi
terroristici contro i civili israeliani e dalla «primavera araba», ed
egiziana in particolare, purtroppo riemergono prepotentemente pulsioni
aggressive nei confronti dello Stato di Israele, colpiscono
negativamente il silenzio e l'incertezza di Francia, Germania e Gran
Bretagna nei confronti di una «Durban III» che sarà il festival
dell'odio e della mistificazione anti-ebraica. Sono ancora incerti se
partecipare. Ma dovrebbe essere urgente l'organizzazione di una
contro-manifestazione, una tribuna alternativa da cui si possa
rintuzzare l'ondata antisemita che imbratterà New York. C'è ancora il
tempo. Può esserci ancora la volontà di non darla vinta ai nemici degli
ebrei.
Pierluigi Battista (Corriere della Sera, 21 agosto 2011)
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Davar Acher - Marx e il suo odio antiebraico |
Ho
scoperto con qualche meraviglia su questo sito che c'è ancora chi loda
Marx come saggio interprete dell'ebraismo, o magari come suo diffusore,
per aver distinto nella sua operetta giovanile destinata al nostro
popolo fra "ebrei mondani" e "ebrei di Shabbat". Penso che la cosa
meriti un approfondimento, perché si tratta di un pregiudizio
pericoloso, che ha travolto generazioni di ebrei e migliaia di
comunità. Dal punto di vista quantitativo, proprio a partire da questi
testo di Marx e da prodotti analoghi, il comunismo è stato per il mondo
ebraico orientale un male di dimensioni analoghe a quello del nazismo.
Sul piano morale si può discutere, ma sarebbe opportuno farlo dopo aver
letto almeno qualche testimonianza, come "Vita e destino" di Grossman.
Comunque ritengo che più che una riflessione in questo caso sia
necessaria una rilettura un po' più ampia, e mi permetto di sottoporre
ai lettori di questo sito una piccola antologia dei ragionamenti che
Karl Marx fa intorno agli ebrei e all'ebraismo. Trattandosi di
antisemitismo non solo di superficie, come quando Marx usa ebreo come
insulto nella corrispondenza, ma insito nella sostanza stessa del
pensiero, questa citazione è particolarmente velenosa e corre il
pericolo di offendere giustamente qualcuno. Lo faccio consapevolmente,
perché anch'io sono offeso dall'antisemitismo di Marx e ancor di più
dalla pratica di sradicamento dell'ebraismo che è stata una costante
nel secolo e mezzo abbondante di pratica politica seguita alla
"Questione ebraica", diciamo dalla socialdemocrazia tedesca a
Rifondazione Comunista e alla Fiom, passando per Lenin e Stalin. Ecco
dunque le righe più rilevanti che seguono la brillante scoperta
marxiana che gli "ebrei dello Shabbat" sono diversi da quelli "di tutti
i giorni": "Consideriamo l'ebreo reale mondano, non l'ebreo del
Shabbath, come fa Bauer, ma l'ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il
segreto dell'ebreo non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto
della religione nell'ebreo reale. Qual è il fondamento mondano del
giudaismo? Il bisogno pratico, l'egoismo. Qual è il culto mondano
dell'ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene.
L'emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo
pratico, reale, sarebbe l'autoemancipazione del nostro tempo.
Un'organizzazione della società che eliminasse i presupposti del
traffico, dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile
l'ebreo. La sua coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore
inconsistente nella vitale atmosfera reale della società. (...) Noi
riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento attuale
antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei
per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino
al sua presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente
dissolversi. L'emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è
la emancipazione dell'umanità dal giudaismo.(...) L'ebreo si è
emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della
potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e
senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico
dell'ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono
emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei.(...)
Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica? Il
bisogno pratico, l'egoismo. Il monoteismo dell'ebreo è perciò, nella
realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino
della latrina fa un oggetto della legge divina.(...) Il Dio del bisogno
pratico e dell'egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio
d'Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere. (...) Il
Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La
cambiale è il Dio reale dell'ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale
illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il
disprezzo della teoria, dell'arte, della storia, dell'uomo come fine a
se stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù
dell'uomo del denaro. (...) La chimerica nazionalità dell'ebreo è la
nazionalità del commerciante, in generale dell'uomo del denaro. La
legge, campata in aria, dell'ebreo è soltanto la caricatura religiosa
della moralità campata in aria e del diritto in generale, dei riti
soltanto formali, dei quali si circonda il mondo dell'egoismo. (...) Il
giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di vista teorico
svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno pratico è
per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti..(...) Poiché
l'essenza reale dell'ebreo nella società civile si è universalmente
realizzata, mondanizzata, la società civile non poteva convincere
l'ebreo della irrealtà della sua essenza religiosa, che è appunto
soltanto la concezione ideale del bisogno pratico. Non quindi nel
Pentateuco o nel Talmud, ma nella società odierna noi troviamo
l'essenza dell'ebreo odierno, non come essere astratto ma come essere
supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell'ebreo, ma
come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà
a sopprimere l'essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi
presupposti, l'ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non
avrà più alcun oggetto, perché la base soggettiva dei giudaismo, il
bisogno pratico si umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto
dell'esistenza individuale sensibile con l'esistenza dell'uomo come
specie. L'emancipazione sociale dell'ebreo è l'emancipazione della
società dal giudaismo.
(http://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1844/2/questioneebraica.htm) L'idea
che il compito della rivoluzione (dell'emancipazione, della modernità)
sia "sopprimere il giudaismo", cioè che il problema ebraico debba avere
una "soluzione finale" eliminativa, è comune al marxismo e al nazismo.
E' comune anche una delle motivazioni di fondo, cioè il legame
strutturale supposto fra ebraismo e commercio, dunque capitalismo, che
Marx fa risalire addirittura a un intrinseco carattere "limitato",
"antisociale" e "sprezzante dell'uomo" della "religione
giudaica". Non si può ovviamente sottovalutare la differenza fra un
antagonismo razziale e uno di classe, cioè sociale e culturale, che
hanno esiti pratici diversi come l'eliminazione diretta delle persone
portatrici della razza o la distruzione politica della classe nemica,
per mezzo della fame o di "mezzi amministrativi". Resta l'obiettivo
comune dell'estirpazione dell'ebraismo. Non si può negare il fatto che
le idee di Marx e quelle dei numerosi altri antisemiti socialisti, di
origini ebraiche o meno, ebbero un influsso enorme ed enormemente
distruttivo sulla storia recente del popolo ebraico. Se è possibile e
giusto diffidare dalla filosofia di Heidegger, dalle teorie giuridiche
di Schmitt, dalla prosa di Celine in quanto strutturalmente compromesse
col nazismo, lo stesso bisogna fare per il filone di pensiero marxista.
Ugo Volli
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rassegna stampa |
Israele - Nuovi attacchi da Gaza
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rassegna |
Proseguono
gli attacchi dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele. Secondo
fonti militari, nella mattinata odierna già 12 razzi e vari colpi di
mortaio sarebbero caduti in territorio israeliano. Al momento non si è
a conoscenza di eventuali morti o feriti. Sempre in queste ore
l’esercito israeliano ha arrestato 120 militanti di Hamas in
Cisgiordania. A riferirlo fonti della sicurezza palestinese.
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