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9 settembre
2011 - 10 Elul
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Elia Richetti, presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
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Leggiamo
nella Parashà che si deve allontanare l'uccello dal nido per poter
prendere i pulcini. I Maestri affermano che chi vede in ciò una
manifestazione della misericordia divina perfino per le più piccole
creature va zittito come eretico, perché i precetti divini non sono
frutto di misericordia, bensì "decreto regale". Quest'affermazione
suona strana: sappiamo che l'insieme delle mitzwòt fa parte di una
grande pedagogia divina mirante a migliorare l'uomo, e vedere in questa
mitzwà un insegnamento di sensibilità e delicatezza andrebbe in questa
direzione. Allora perché una simile concezione è considerata eretica?
Benamozegh sostiene che il "decreto regale" altro non è che una
necessità cosmica. Quindi limitare la portata della mitzwà
dell'allontanamento della madre dal nido a un atto di misericordia ne
riduce la portata: non è solo la qualità della misericordia divina che
ispira questa mitzwà, bensì tutta l'essenza stessa di D.o; e quindi
tutta l'essenza umana è chiamata a realizzarla. |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano
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Tra
le varie mitzvòt che compaiono in questa parashà c’è il divieto di
prendere madre e figli quando si trova un nido di uccelli. Nel Talmùd
troviamo un’interpretazione di questa mitzvà che viene però rifiutata.
Il Talmùd dice: “Chi dice fino al nido d’uccelli arriva la tua
misericordia… lo si azzittisce”. Da questo passo talmudico alcuni
Maestri hanno dedotto che è vietato ricercare il significato delle
mitzvòt che devono essere considerate decreti divini. Ma forse si può
dare un’interpretazione meno radicale. Quello del Talmùd potrebbe
essere un invito a non semplificare. La Torà e le mitzvòt sono
complesse, sono, secondo una definizione dell’autore del Tur, “pensiero
divino”. È forte però la tentazione di dare un’interpretazione che sia
in linea con il nostro pensiero e con le mode culturali delle varie
epoche.
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Vittorio
Dan Segre, pensionato
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Non cercare il motivo di quello che veramente persegui nella vita.
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torna su ˄
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Qui Mantova - La Storia, le storie. Voci a confronto
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“Per
una piccola Comunità come quella mantovana, queste sono occasioni che
infondono linfa vitale al proprio ebraismo e a quello del Paese”. Il
Presidente della Comunità ebraica di Mantova Fabio Norsa apre nel
cortile della sinagoga mantova l’incontro “La Storia, le storie”,
mentre il Festivaletteratura accende Mantova con una edizione da record
e dove la letteratura ebraica ha fatto il tutto esaurito. Guido Vitale
– che in questi giorni percorre incessantemente le vie di Mantova
assieme ai tanti collaboratori della redazione presenti, da spettatori
e da protagonisti, al Festival e può constatare il successo di Pagine
Ebraiche, ormai introvabile nei punti di distribuzione – coordina un
tavolo di ospiti d’eccezione: le docenti e storiche Maria Bacchi e
Fernanda Goffetti, autrici di “Storia di Luisa: una bambina ebrea a
Mantova” (Arcari editore), Gloria Arbib, segretario generale
dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane nella veste di autrice,
con Giorgio Secchi, di “Italiani insieme agli altri. Ebrei nella
Resistenza in Piemonte 1943-1945” (per i tipi di Zamorani), il
professor Frediano Sessi, alla direzione generale della Fondazione
Università di Mantova, autore di “Il mio nome è Anne Frank”, il
professor Achille Marzio Romani che insegna Storia economica
all'Università Bocconi e il giornalista del Sole 24 Ore Nicola Borzi.
“La storia: per i bambini è uno degli scogli più difficili; cos’è la
storia? E le storie? Come si fa a fare la storia?”, Fernanda Goffetti
ha sentito per anni queste domande. “Ci sono delle storie che sono
nascoste nelle città che esistono da tanto tempo… ma non se ne sa
niente fino a quando qualcuno non inciampa in un nome e inizia fare
domande, segue tracce che solo lui vede, perché solamente lui si è
fatto delle domande! Tutti hanno una storia, ma non tutte sono scritte,
soprattutto quelle dei bambini, che lasciano tracce deboli”. Un bel
modo per definire il lavoro dello storico, una “persona curiosa”, come
ha anticipato il direttore di Pagine Ebraiche introducendo il
pomeriggio. Mentre siamo qui, ben più numerosi di quanto ci si potesse
attendere, visti i tanti appuntamenti in calendario durante il
Festival, Maria Bacchi è costretta a portare all’attenzione del
pubblico il fatto che solo un rapido intervento ha potuto impedire,
ossia la consegnata una borsa di studio intitolata ad un repubblichino
collaborazionista mantovano proprio nella scuola intitolata alla
memoria di Luisa Levi, la più giovane ebrea di Mantova morta nei campi
di sterminio. Da un libro che racconta una delle storie dell’ebraismo
mantovano – ancora oggi un passato che non passa, e che richiede un
presidio attento – ad un libro che ha portato alla luce altre storie,
come la ricerca di Gloria Arbib sulle scelte di responsabilità
ebraiche: l’adesione al movimento della Resistenza piemontese, una
domanda – dove fossero gli ebrei, quelli scampati ai rastrellamenti, in
quegli anni – attendeva da tempo una risposta. “Gli ebrei, pur
impegnati nel difendersi dalla persecuzione, hanno colto tutte le
occasioni per liberare il loro Paese. Un ruolo attivo che andava
raccontato”. “Una delle cose meno importanti che abbia fatto, meglio
mettere una pietra sopra”, ma a queste modeste parole di Primo Levi
Frediano Sessi non ha dato seguito, anzi, da due anni sta cercando
materiale per raccontare quella storia della preresistenza, scovando
interrogatori inediti. La traccia che ci svela in anteprima Sessi è
avvincente. Serve coraggio e uno spirito non facile all’abbattimento
per fare i “curiosi delle storie”; i fondi archivistici delle questure,
che sarebbero fondamentali per il lavoro di indagine, non solo sono in
pessime condizioni per organizzazione e collocazione, ma quando
accessibili sono paradossalmente vincolati da norme sulla sicurezza e
privacy: una realtà che pessimamente ci distingue dagli altri Paesi.
Ormai il pubblico è coinvolto e pare partecipare un poco a quel lavoro
che questi ospiti fanno ogni giorno e, senza soluzione di continuità,
Nicola Borzi non fatica a trovare i punti di contatto tra la sua
professione di giornalista e quella dello storico: la curiosità, la
raccolta e la verifica delle fonti. Non è certo un ospite a caso, ma
invitato perché già collaboratore del quotidiano mantovano, la Voce di
Mantova, che nel 2006 si è macchiato di un grave episodio di
antisemitismo. Nicola Borzi non lavorava più in quella redazione da
anni, ma appena informato non ha esitato a farsi avanti e fornire
un’importante testimonianza, così come oggi è impegnato nella complessa
operazione di scandaglio del web, attento a quelle operazioni di
mistificazione e copertura del moderno antisemitismo. “Direttore, io
insegno storia, non so se sono uno storico” aveva risposto Achille
Marzio Romani, che insegna storia dell’economia, all’invito del
coordinatore, ma è valsa la pena di insistere per averlo in questo
cortile a spiegarci, dialogando assieme, come basti poco a scoprire la
Storia dentro la propria storia. Deciso (ancora la curiosità) a saperne
qualcosa di più sul passato della sua Bocconi, ha iniziato a cercare.
Certo, delle leggi del ’38 si sa, ma provare a capire come
quell’infamia sia divenuta una pratica proprio nei luoghi dove oggi noi
viviamo o lavoriamo è un’altra cosa, una presa di consapevolezza
indispensabile, che non può essere ignorata da chi occupa una cattedra
universitaria, uno scranno del Senato. “E’ stato un pomeriggio
segnato da persone che hanno da offrire prospettive diverse sulla
Storia”, accompagna alla chiusura il conduttore, mentre la gente
infervorata vorrebbe forse continuare a oltranza. E l’aria è divenuta
più fresca (anche se abbiamo toccato pure cose dolorose), il pubblico
si separa, separa la propria storia, qui, in questa Comunità. Qui,
a Mantova, mentre nelle stesse ore si offende la memoria di Luisa e
della Shoah (tra l’altro, è l’8 settembre…), sempre qui, ancora nelle
stesse ore, l’ebraismo presenta con enorme successo la propria
produzione letteraria e dell’informazione, mentre il turista si
incuriosisce di fronte alla nostra porta aperta ed entra. Non può
essere un caso. Si sa, quando si ascolta la curiosità spesso accadono
vicende strane, spesso si ritrova la propria storia, talvolta si si
scrive una pagina Storia.
Angelica Bertellini
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Qui Ancona - Il cinema ebraico dai fratelli Marx a Ben Stiller
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Ancona
chiama Hollywood. Questo il titolo della rassegna incentrata sul cinema
ebraico americano che negli scorsi giorni ha avuto luogo ad Ancona al
Teatro delle Muse all’interno della ricca manifestazione Festival
Adriatico Mediterraneo. Organizzata dal Dipartimento Educazione e
Cultura UCEI e dalla Comunità ebraica di Ancona, è stata un viaggio nel
cinema statunitense e nell’opera dei suoi protagonisti di origini
ebraiche, dai fratelli Marx a Woody Allen fino a Ben Stiller. Ad
approfondire il tema Franco Minganti, docente all’università di lingua
e letteratura angloamericana presso l’università di Bologna, esperto di
musica e cinema americani, ed Enrico Fink, musicista, attore e cantante
di musica ebraica, formatosi in parte negli States. Tra una
proiezione e l’altra, dalle scene più famose degli show di
varietà di AL Jolson a quelle indimenticabili e grottesche dei Fratelli
Marx, Enrico e Franco hanno tracciato alcune linee guida significative.
Seguendo le tracce di un libro di Guido Fink (padre di Enrico) dal
titolo Non solo Woody Allen. La tradizione ebraica nel cinema
americano, i due esperti hanno intessuto una vivace riflessione su una
Hollywood legata a filo doppio, sin dalla sua nascita, al mondo ebraico
americano. Hollywood è stata infatti per gli ebrei una homeland
alternativa: una casa “creativa” dove poter vivere e rappresentare la
propria identità di frontiera. La comicità, l’equivoco, la complessità,
il senso di inadeguatezza, l’ambivalenza, esplorati nelle loro
manifestazioni più diverse, sono solo alcuni degli ingredienti di
questo cinema, che mette in scena ormai anche l’animo statunitense
stesso, portando con sé un bagaglio che viene da lontano:
dall’Europa e in particolare dal teatro yiddish. Non a caso la
serata si è conclusa con la proiezione del rarissimo film polacco del
1937, Der Dibuk, accompagnato da una colonna sonora eseguita dal vivo
da Enrico Fink e altri quattro musicisti: il film ha dell’incredibile e
molte scene sembrano anticipare, inaspettatamente, non solo il cinema
americano ma anche parte del successivo cinema europeo.
Ilana Bahbout
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Stella di David e Tricolore
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“Stella
di David e Tricolore, gli ebrei e la costruzione dell’Italia unita” è
un progetto promosso da CulturaItalia, portale del ministero per i Beni
e le attività culturali, in collaborazione con il progetto Judaica
Europeana, in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dall’Unità
d’Italia. E’ uno spazio sul web aperto a tutti gli utenti che vogliono
“raccontare attraverso testi, video, foto e audio il contributo ebraico
alla vita sociale, culturale e politica del Paese … I lettori del
portale possono inviare file digitali di storie, testi, immagini,
lettere, cartoline, illustrazioni e disegni, documenti sonori, brevi
video che testimonino la cultura ebraica in Italia negli ultimi 150
anni relativamente ai seguenti soggetti: itinerari in città, arti e
mestieri, moda, scuola, vita privata, feste e cerimonie, eventi
pubblici, cultura gastronomica, letteratura e spettacoli.” Un
progetto forse finora poco conosciuto perché i materiali inseriti non
sono moltissimi e mi è stato detto che siamo già nell’ultimo mese
utile. Partecipare è semplice, perché basta uno scanner per mandare
foto e ricordi di famiglia comodamente da casa senza privarsi degli
originali. Ma forse anche altri, come me, hanno avuto qualche
esitazione di fronte all’immensità dell’argomento: tra tutti i
documenti, ricordi, foto, oggetti, cartoline, etichette, ricette
segrete tramandate di madre in figlia e tanto altro, cosa sarà più
adatto a rappresentare il contributo ebraico alla vita dell’Italia? O,
più semplicemente, cosa vogliamo che sia ricordato della nostra
famiglia o della nostra Comunità? Certo, si tratta di una raccolta un
po’ casuale, volutamente non scientifica: non è affatto detto che i
documenti inseriti saranno davvero i più importanti e significativi.
Del resto neppure delle civiltà antiche abbiamo i documenti più
importanti e significativi, ma quelli che si sono salvati, a volte per
la scelta consapevole di qualcuno, molto spesso per caso. Sarebbe poi
sicuramente interessante, magari tra cinquanta o cent’anni, studiare
cosa gli ebrei italiani del 2011 hanno ritenuto degno di memoria.
Anna Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
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Blair: "Uno Stato palestinese non può nascere da un gesto unilaterale"
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Prova
a fermare i palestinesi, l'inviato Onu per il Medio Oriente Tony Blair:
"Capisco perfettamente la frustrazione dei palestinesi. Siamo tutti
frustrati in questa situazione. - ha dichiarato - Vogliamo vedere
progressi verso la pace, verso la soluzione dei due Stati. Il problema
è: che cosa accadrebbe il giorno dopo? Qualsiasi gesto unilaterale è
espressione di frustrazione e può essere comprensibile ma non per
questo utile a fornire una soluzione per la nascita dello Stato
palestinese ". Nonostante i tentativi di dissuasione da parte degli
Stati Uniti e del Quartetto e la netta opposizione di Israele, il
Comitato esecutivo dell'Olp vuole chiedere per la Palestina lo status
di "194esimo Stato membro delle Nazioni Unite", limitata dai confini
del 4 giugno 1967 e con Gerusalemme Est come capitale.
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Ci
sia concesso il diritto alla divagazione, in questo crepuscolo estivo,
quando si ritorna alle abituali professioni ma si finge, con la mente,
di essere ancora altrove. Tra poco più di dieci giorni è plausibile che
piova amaro, avvicinandosi i tempi della richiesta del riconoscimento
dello Stato palestinese alle Nazioni Unite, anche se «la Casa Bianca
annuncia il veto», come ci informano Repubblica e la Stampa in due “francobolli”.»
Claudio Vercelli
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
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