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15 settembre 2011 - 16 Elul 5771
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elia richetti Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana
 
Quale causa delle drammatiche situazioni che le ammonizioni contenute nella Parashà di Ki Thavò annunciano, la Torà indica "Tàchath ashèr lo 'avàdta eth Ha-Shèm E-lokékha be-simchà", "Dato che non hai servito il Signore tuo D.o con gioia". E' vero che la gioia nel servizio divino è importante, e forse addirittura una mitzwà positiva, ma sembra strano che la sua mancanza sia causa sufficiente per punizioni così drammatiche. Un Maestro chassidico, ricordando che la parola "tàchath" significa anche "sotto", spiegava: "sotto" la mancanza di gioia nel compiere la volontà di D.o c'è sempre qualcos'altro, qualcosa di estraneo a noi, che abbiamo rubato ad altri. Questo qualcosa, prima o poi, viene a galla, ed è per averlo fatto indebitamente nostro che veniamo puniti.

Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme


Sergio Della Pergola
L'assemblea generale delle Nazioni Unite quest'anno è per Israele un po' come gli esami di riparazione, gli esami a settembre. La questione, e il grande dubbio, è se il ragazzo si sia preparato durante l'estate. A scuola naturalmente è importante non solamente assimilare nuovi materiali ma anche fare buone domande al maestro, e non sappiamo se il ragazzo abbia in mente la domanda giusta. La domanda fondamentale la prossima settimana in assemblea non sarà se si vota o come si vota, perché la maggioranza precostituita dei 72 terzomondisti più la Cina, dei 22 arabi, di molti latinoamericani e di molti europei, compresi illustri paesi dell'Unione Europea, è garantita. La domanda cruciale è su che cosa si vota, quale sarà il testo preciso della mozione. Su una gamma fra massima irresponsabilità e massima responsabilità, un ragionevole punto d'incontro sarebbe un testo in cui nell'appoggiare la creazione di uno Stato palestinese si condanna ogni forma di violenza, si riconosce espressamente Israele come uno dei due Stati che emergono dalla divisione del territorio storico della Palestina, si raccomanda una trattativa diretta fra le due parti, trattativa nella quale sarà definita la questione delle frontiere reciproche. Riconoscere uno stato palestinese senza menzionare Israele, imporre le frontiere del 5 giugno 1967, magari con Gerusalemme capitale, significa operare attivamente per la destabilizzazione del Medio Oriente. Temiamo molto che il ragazzo non abbia preparato l'esame. Speriamo che il maestro non sia incosciente e punitivo.

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davar
Qui Venezia - Un anno per la prosperità
Ci avviciniamo a Rosh HaShanà, il giorno del giudizio divino, il giorno in cui il mondo e gli esseri umani vengono giudicati. Ci insegna il talmud che anche se il popolo ebraico si riunisce per commettere idolatria, non verrà punito, solo per il fatto che è unito. Solo attraverso l'unità, possiamo riguadagnare la misericordia e la compassione divina. Solo attraverso lo spirito unitario saremo capaci di affrontare le sfide e superare le difficoltà che ci circondano.
Cerchiamo di vivere tra di noi in armonia e amore fraterno, abbandoniamo per un attimo i nostri interessi personali, allontaniamoci dalla discordia e concentriamoci invece sul bene comune, della Comunità. Auguro a tutti un anno di pace, di prosperità, di crescita ed elevazione spirituale e che siano buoni i decreti su di noi e su Am Israel. Amen

Ghili Benyamin, rabbino capo di Venezia

Qui Napoli - Un anno per il rinnovamento
5772, un nuovo anno è alle porte, nuovi e gravosi impegni ci attendono. Nell’anno appena trascorso abbiamo, con il prezioso aiuto degli addetti ai lavori, profondamente rinnovato lo statuto che per oltre 20 anni ha guidato l’ebraismo italiano.
L’anno che verrà vedrà l’attuazione di quanto deliberato all’ultimo Congresso; ogni Comunità, infatti, dalla più piccola alla più grande, sarà rappresentata nel Consiglio dell’Unione.
Il profondo rinnovamento è una sfida che ci vede tutti in prima linea, attenti al bene dell’ebraismo italiano salvaguardando il rispetto delle nostre tradizioni religiose, culturali e morali. Shanà tovà

Pier Luigi Campagnano, presidente della Comunità ebraica di Napoli

Qui Milano - Alla scoperta della stampa ebraica in Italia
In occasione della mostra Una storia di carattere. 150 anni di stampa ebraica in Italia ospitata alla Biblioteca Sormani di Milano è già presentata al pubblico nella serata inaugurale del Festival di Letteratura Ebraica di Ferrara, la Fondazione CDEC e la Fondazione Corriere della Sera hanno organizzato per questo pomeriggio un dibattito dal titolo Alla scoperta della Stampa Ebraica. Contributo ai 150 anni di storia d'Italia cui parteciperanno alcuni tra i principali protagonisti dell'informazione ebraica nostrana. La conferenza, che si aprirà con i saluti del presidente della Fondazione CDEC Giorgio Sacerdoti, avrà inizio alle 17.30 alla Sala Buzzati di via Balzan 3 con ospiti Anna Foa (Università La Sapienza di Roma), Laura Brazzo e Liliana Picciotto (Fondazione CDEC), i giornalisti Fiona Diwan (direttore del Bollettino della Comunità Ebraica di Milano), Giacomo Kahn (direttore di Shalom), Stefano Jesurum (Corriere della Sera) e Guido Vitale (direttore di Pagine Ebraiche). Modererà l'incontro Antonio Carioti, mentre le conclusioni saranno affidate a Piergaetano Marchetti.
La conferenza sarà visibile in streaming

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pilpul
Modestia umana e grandezza divina
Una delle differenze tra il rito italiano e gli altri è nel testo del qaddish; nell'espressione in cui si dichiara la nostra incapacità di descrivere la realtà divina, che è le'ela, "sopra" ogni formula umana, la parola "sopra" viene detta due volte nel rito italiano per tutto l'anno, dagli Ashkenazim solo nei dieci giorni di Teshuvà e dai Sefardim non viene mai ripetuta. Molto stranamente, questa doppia espressione origina da un contesto molto differente; è nel terribile brano di Devarim 28 (v.43) che leggeremo questo Sabato, nel quale c'è la lunga serie di annunci di sofferenze e punizioni per il popolo non obbediente; tra questi la crescita esponenziale ma'la ma'ala, "verso l'alto e verso l'alto", dello straniero ostile in mezzo a noi. La traduzione aramaica è quel le'ela le'ela che poi troviamo nel qaddish; forse un modo per trasformare una prospettiva angosciante di debolezza nell'immagine, non più politica ma teologica, della modestia umana rispetto alla grandezza divina. Una consolazione di cui spesso c'è bisogno.

Riccardo Di Segni , rabbino capo di Roma

Davanzali
Il Tizio della SeraCon l’eloquio di una dirimpettaia che grida alla finestra, il premier turco Erdogan ha fatto sapere al vicinato mondiale che Israele è un bambino viziato. Non sappiamo se abbia detto anche che Bibi gli fa la pipì sui gerani e si seccano. Se intorno non ci fosse il Medio Oriente degli ultimi decenni, la politica senza cambi di marcia di Netanyahu susciterebbe perplessità. Ma a poche decine di anni dalla fondazione di Israele, la Storia racconta ancora come sia stata l’educazione ebraica. Anche dal davanzale mobile di Erdogan, che lunedì è andato a stendere  i panni turchi al Cairo, non sfuggirà che dal Golfo Persico al Nordafrica c’è un popolo di popoli che non vuole Israele.  E’ vero: gli israeliani non sono propensi alla fiducia, sono testardi, sordi alle novità - ma ci sono novità? Lo Stato ebraico vuole essere riconosciuto dai paesi arabi e i paesi arabi non lo fanno. Per una nazione sovrana è troppo essere riconosciuta dalle altre mentre dovrebbe a sua volta riconoscerle? Speriamo che alla finestra si affacci Bibi in canottiera e urli a Erdogan che viziata sarà la zoticona di sua madre. Meglio tirarsi le mutande dei missili.

Il Tizio della Sera

Israele - "Gli errori di JCall"
Leggo, con grande preoccupazione, l'incredibile serie di affermazioni contenute nella nota di JCall in merito alla richiesta di riconoscimento della "Palestina" all'Onu, e non posso esimermi dal fare alcune osservazioni. Tralasciando l'immancabile mantra del "ciclo di violenza e terrorismo", tralasciando la pura e semplice cancellazione di cento anni di storia operata dai firmatari per JCall, mi limito a soffermarmi sulle ultime frasi:
- Il riconoscimento di uno Stato palestinese darebbe attuazione alla risoluzione 181 dell’Assemblea generale dell’ONU del 29 novembre 1947 che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo entro i confini della Palestina mandataria.
No: la risoluzione 181 prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo entro i confini di quel 22 per cento della Palestina mandataria rimasto dopo lo scorporamento del 78 per cento usato per creare (dal nulla!) il regno della Transgiordania.
- Per Israele, ciò equivarrebbe al riconoscimento delle frontiere scaturite dalla guerra del1948
No: le frontiere scaturite dalla guerra del 1948 non sono quelle previste dalla 181, e non sono mai state frontiere, ma linee di cessate il fuoco.
- e vanificherebbe i timori di una “delegittimazione” da parte della comunità internazionale.
Dobbiamo intendere che per i firmatari di JCall Israele sta ancora aspettando una legittimazione internazionale e ha bisogno di uno Stato (dichiaratamente e costituzionalmente terroristico e finalizzato alla distruzione di Israele stesso) palestinese per vedersene riconosciuto il diritto?

Emanuel Segre Amar

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Medioriente - Ad Amman
evacuata l'ambasciata israeliana 


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Nel timore di proteste simili a quelle che la scorsa settimana al Cairo hanno portato a un vero e proprio assalto contro la sede diplomatica israeliana, le autorità dello Stato ebraico hanno ordinato l'evacuazione della ambasciata a Amman. La protesta, organizzata attraverso Facebook, dovrebbe iniziare domani e protrarsi per tutto il fine settimana. Secondo il ministero degli Esteri israeliano vi hanno aderito almeno 3 mila persone.


 
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