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18 settembre 2011 - 19 Elul 5771
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino

Abramo cento anni, Sara sua moglie novanta. Ecco l'età che avevano quando nacque loro figlio Isacco. I giudici di Torino avrebbero forse dato in adozione anche lui, vista l'eccessiva differenza di anni tra genitori e figlio.

David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
La spiegazione complottistica sembra godere di nuova vita in questi giorni. La adotta la Lega Nord, perché qualcuno ha osato indagare la consorte del capo. La fa propria l’Ayatollah Ali Khamenei, aprendo ieri a Teheran la «Prima conferenza internazionale sul Risveglio Islamico» a proposito degli avvenimenti libici chiedendo che nessuno si faccia attrarre dal "perfido Occidente". Si potrebbe osservare che chi continuamente vede complotti, è perché al fondo vorrebbe farli. O forse il parlarne è un indizio che ci avverte di un dato più profondo: non sapendo come ritrovare un consenso, si ritiene sia sufficiente evocare qualche nemico potente, un comitato di affari lontano che trama alle spalle degli ingenui, per recuperare quella popolarità che un tempo costituiva un dato di forza.


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davar
Qui Roma - Un Festival di emozioni, suoni e parole
Notte della CabbalàSi è aperta ieri sera una grande quattro giorni di suoni, parole e letteratura nel cuore di Roma. Molte le emozioni infatti per la Notte della Cabbalà che ha richiamato nell'area del vecchio Ghetto migliaia di cittadini per una notte declinata nel segno della mistica ebraica e del divertimento con spettacoli, conferenze e concerti che si sono protratti fino alle porte dell'alba coinvolgendo rabbini, studiosi, intellettuali e artisti in alcune delle location più suggestive del Portico d'Ottavia. La serata si è aperta alle 21 con l'unico incontro svoltosi fuori dal Ghetto, la conversazione tra Marino Sinibaldi e Abraham Yehoshua, uno dei volti più noti e amati della letteratura israeliana, al Tempio di Adriano in Piazza di Pietra. L'incontro, al quale partecipava anche l'attore Massimo Ghini, si è svolto davanti al pubblico delle grandi occasioni e ha sancito l'apertura della quarta edizione del Festival Internazionale di Letteratura Ebraica, rassegna curata anche quest'anno da Ariela Piattelli, Raffaella Spizzichino e Shulim Vogelmann, che catalizzerà fino a mercoledì pomeriggio il Palazzo della Cultura e altre strutture ghettaiole con tavole rotonde, incontri con i lettori, inaugurazioni di mostre. Special guest di questa edizione, oltre a Yehoshua, lo scrittore inglese Howard Jacobson, vincitore nel 2010 del prestigioso Man Booker Prize. Già oggi molti i temi di grande impatto affrontati. Si è partiti questa mattina con un intenso confronto sul Talmud, fondamentale pilastro della metodologia e tradizione ebraica, tra il rav Roberto Della Rocca e Stefano Levi Della Torre. Nel pomeriggio invece al Museo Ebraico, alle 18.30, l'inaugurazione della mostra L'istruzione di Sacro e Civile nel Ghetto di Roma: la Compagnia Talmud Torah con interventi di Silvia Haia Antonucci e del rav Riccardo Di Segni. Concluderà Haim Baharier, che dalle 20.30 al Palazzo della Cultura si soffermerà nuovamente sul Talmud illustrandone alcuni enigmi e aneddoti.

a.s

Qui Milano - Medici ebrei, storia, identità e futuro

Convegno medici ebreiSi è aperto a Milano con il saluto del presidente dell'Ordine dei medici Ugo Garbarini il convegno Medici ebrei nell'Italia unita indetto in occasione delle celebrazioni dei 150 anni di unità nazionale dall'Associazione medici ebrei e dalla Fondazione CDEC. Nell'ambito dell'intensa giornata di lavori, che è ancora in corso, previsti fra i tanti anche gli interventi di Maria Silvera (Perché questo convegno), rav Giuseppe Laras (La sofferenza nel pensiero dell’ebraismo, Giorgio Cosmacini (Il medico nazista e il medico ebreo. Una antinomia storica ed etica). I lavori del pomeriggio saranno introdotti dallo storico Michele Sarfatti, cui seguiranno Valerio Marchi (Fare sani gli italiani. Il dottor Oscar Luzzatto in Friuli), Stefano Arieti, Ebrei e medicina sociale dall’Unità al fascismo), Annalisa Capristo (“Contro la «piovra giudaica»”: la persecuzione fascista dei medici ebrei), Angelo Del Boca (Rinaldo Laudi e il servizio medico nella Resistenza), Andrea Finzi (Marcello Cantoni e la medicina scolastica e di comunità). A conclusione, una tavola rotonda intitolata a I prossimi 150 anni, durante la quale David Sacerdoti dialogherà con Sergio Harari, Amos Luzzatto, Giorgio Mortara, Marco Soria.
“Vorrei incentrare il mio intervento – ha detto il Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, che è anche alla guida dell'AME Italia – più che sugli scopi della nostra associazione e del suo futuro di cui avremo occasione di parlare nel pomeriggio con la partecipazione tra gli altri del presidente onorario Amos Luzzatto, su un breve ricordo di come questi 150 anni hanno influito sul mio essere ebreo e medico. Quando ci è stato proposto di organizzare questo convegno ho accettato subito con entusiasmo perché nella mia infanzia, in ambito familiare, avevo sentito i racconti del Risorgimento, della Prima guerra mondiale, delle leggi razziste del 1938 non come un fatto storico estraneo, ma come un fatto di vita a cui i membri della mia famiglia avevano realmente partecipato sia come attori che come vittime. Basti citare il famoso caso di Edgardo Mortara portato via alla famiglia in tenera età dalle milizie papaline e la cui risonanza oltrepassò i confini dello stato pontificio e influenzò l’opinione pubblica europea nei confronti di un atteggiamento favorevole alla fine del potere temporale del papato o il fatto che ad aprire il fuoco per la breccia di Porta Pia a Roma fosse stato un ufficiale piemontese ebreo perché non correva il rischio della scomunica”.
Nel corso del confronto pomeridiano, fra l'altro, medici, storici e studiosi si confronteranno su alcuni interrogativi. Guardiamo al nostro futuro: che prospettive ci sono per i medici ebrei nell'Italia unita e cosa ci dobbiamo aspettare? Come cambia il ruolo del medico nella moderna sanità? Ci sarà una differenza tra un medico ebreo e un medico non ebreo in una società sempre più multietnica, in cui si parla di interculturalità? Dove dovrebbe andare il medico iscritti all'Ame nei prossimi 150 anni? Quale contributo potrà dare alla sanità italiana? Le nuove tecnologie pongono e porranno dei problemi etici specifici ai medici ebrei? Come si concilia il pensiero ebraico e la cura biotecnologica del malato? Nell'immagine il rav Giuseppe Laras con la dottoressa Maria Silvera durante il suo intervento.



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pilpul
Davar Acher - I motivi dell'odio
Ugo VolliNonostante anni di allenamento, è difficile non lasciarsi abbattere dall'intensità del sentimento antisemita/antisraeliano. Il senso di ferita personale è sempre fortissimo. La domanda sul perché dell'odio, dell'energia emotiva scaricata in questo sentimento distruttivo, va ben al di là dei suoi usi politici e della sua funzionalità sociale. Per esempio è chiaro che per i regimi arabi, prima e dopo questo ciclo di agitazioni (ma anche prima o dopo di quello precedente che quarant'anni fa portò al potere i regimi nazionalisti in Egitto, Siria, Iraq ecc) hanno usato l'antisemitismo, l'hanno trasformato in odio per Israele e hanno suscitato pogrom e violenze di ogni tipi, per distrarre le masse arabe dalla loro miseria, per unificare i loro paesi contro un nemico esterno, in sostanza per mantenere il loro potere. E' chiaro che la Turchia e l'Egitto oggi stanno facendo lo stesso gioco. Ma la questione logicamente precedente è perché, fra i mille obiettivi possibili di odio sia stato scelto quasi sempre l'ebreo, il che equivale a chiedersi perché le masse islamiche siano da decenni (da ben prima dell'"occupazione") particolarmente pronte a odiare piuttosto gli ebrei, nemici immaginari, ancor più che altri soggetti con cui la guerra era reale, i contrasti materiali. La Turchia che è in guerra coi curdi si mobilita in questo momento contro Israele; l'Egitto che viene da una rivolta tutta interna contro la corruzione e ha interessi strategici in conflitto con l'Iran e la Turchia, se la prende con gli unici ebrei che riesce a identificare sul suo territorio, i diplomatici israeliani.
La stessa domanda si può fare ovviamente per l'Europa, dove pure lo sfruttamento statale dell'antisemitismo è da qualche tempo assai meno di moda. Perché in piena crisi economica e sociale un teppista deve prendersi la briga di individuare un cimitero ebraico a Venezia su cui disegnare una svastica? Perché su due muri vicino alla mia università, a Torino, con lo scopo non di denigrare gli ebrei, ma la squadra di calcio del Torino e una nota bevanda gassata si poteva leggere fino a qualche tempo fa e forse ancora oggi "Toro ebreo" (ad uso degli italiani) e "Coca cola yahud" (per i lettori arabofoni)? Perché "ebreo" è un insulto usato da tutte le tifoserie del calcio e del basket? Perché, voglio dire, dovrebbe essere un insulto? Perché Israele continua a suscitare oggettivamente più odio di tutti i regimi più criminali del mondo? Perché in questi giorni di stragi continue in Siria e di prudentissime reazioni israeliane al terrorismo si sono mossi a Londra dei manifestanti a disturbare un concerto della certamente non troppo politicizzata orchestra filarmonica israeliana in quel tempio della cultura che è il Victoria and Alberta Hall, e nessuno in tutto il mondo davanti a un'ambasciata siriana? Certo, gli orchestrali erano ebrei... Perché la Turchia, che spara ai curdi in territorio iracheno e fa comunicati stampa per vantarsi dei numeri dei morti, che occupa uno Stato straniero e vi tiene in esercizio un muro, che nega il genocidio armeno, che è stata sconfessata da una commissione di inchiesta dell'Onu (quindi certo non filoisraeliana), si permette con Israele toni arroganti da politica della cannoniere, sicura di ottenere la simpatia generale?
La spiegazione di tutti questi episodi, che sono di oggi, non degli anni Trenta, non si può ridurre nei puri dati politici, nel conflitto statale o territoriale che oppone Israele ai palestinesi, nel riflesso meccanico dei vecchi schieramenti per cui la sinistra ha ereditato senza rendersene conto le coordinate geopolitiche di Stalin e prosegue a giudicare buoni i vecchi alleati dell'Urss e cattivi gli alleati dell'America. Non è solo la commissione dei diritti umani dell'Onu, alla cui presidenza fino a un paio di mesi fa sedeva la Libia e che produceva praticamente solo risoluzioni antisraeliane; non sono solo gli ambigui legami nero-rosso-verdi fra neonazisti, neocomunisti, islamisti; ma l'opinione collettiva maggioritaria in Italia, in Europa (per non parlare dei paesi musulmani), che in maggioranza, e nella maggioranza più "illuminata", ha in Israele se non proprio esplicitamente negli ebrei il nemico che gli piace di più odiare?
Le spiegazioni date all'antisemitismo nella storia sono naturalmente moltissime, le abbiamo tutti studiate e molte volte sentite ripetere. Ma a me sembra che oggi ancora ci sia in questo sentimento condiviso un forte nucleo politico-teologico; che non ci troviamo di fronte a un odio laico, interessato, razionale, ma una proiezione ben più potente delle identità collettive, se non proprio delle religioni. E soprattutto credo che noi dobbiamo individuare nelle sue forme attuali una reazione all'emancipazione, alla pretesa intollerabile proprio perché politica, da parte di un popolo teologicamente "inferiore", di essere come gli altri, di vivere la sua identità, soprattutto di avere uno Stato. Nel diritto islamico tradizionale gli ebrei sono considerati dei semischiavi, "dhimmi", che possono sopravvivere in mezzo ai musulmani solo pagando una tassa speciale e accettando uno stato di umiliazione permanente (non portare armi o usare cavalli, non avere case più alte, non avere impiegati islamici, portare certi segni sulle vesti ecc.). Nel mondo cristiano gli ebrei "deicidi" erano stati condannati già da dai primi secoli (per esempio da Agostino di Ippona) a vivere sì, ma in uno stato analogo di umiliazione, per testimoniare insieme con la loro fede della verità dell'"Antico testamento" e con il loro infelice destino della "punizione" per loro "colpa" - ora queste posizioni restano sommerse nelle voci maggioritarie della Chiesa, ma riemergono a tratti, fra i tradizionalisti, i vescovi arabi, i cattolici di sinbistra e influenzano in maniera poco consapevole le posizioni di molti.
Che i dhimmi, i deicidi, coloro che si ostinano insieme a non volersi convertire al cristianesimo e neppure all'islamismo, abbiano la pretesa di vivere liberi pacifici e produttivi e addirittura in un loro Stato, è un affronto intollerabile – ancor più dell' "occupazione" di una terra che anche la Chiesa e anche l'Islam rivendicano come sacra per loro. E' la libertà degli ebrei, il loro rifiuto di essere vittime, la loro capacità di realizzare una vita autonoma e uno Stato loro, il loro stesso successo, a infastidire e offendere gli islamici (che se la prendono anche coi cristiani, quando possono) e in Occidente certe parti del mondo cristiano e anche laico, ma di cultura, non solo i reazionari, ma anche molti "progressisti", che travestano nella loro coscienza il sentimento antisemita con l'amore per gli oppressi e la "giustizia" - naturalmente imitati da settori altrettanto "progressisti" del mondo ebraico. Con l'intreccio di questa teologia politica, oltre che con il cinismo di dittatori e altri politici noi ci troviamo a dover fare i conti oggi, in uno dei momenti più difficili e rischiosi della storia recente del popolo ebraico.

Ugo Volli


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Israele - Nudi per salvare il Mar Morto
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Nudi, come mamma li ha fatti, per salvare un patrimonio di storia e memoria. 1200 israeliani in tenuta adamitica hanno posato sulle rive del Mar Morto davanti all'obiettivo di Spencer Tunick, fotografo di nudo americano che che da due anni raccoglie fondi per finanziare un progetto di sensibilizzazione sul continuo prosciugamento del celebre lago salato.



 
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