L’accesso online alle
interviste in lingua italiana realizzate tra il 1998 e il 1999 dallo
University of Southern California Shoah Foundation Institute fondato a
metà degli anni Novanta da Steven Spielberg è stato presentato questa
mattina all’Archivio centrale dello Stato. Si tratta di un vasto
materiale documentale, dal titolo Ti
racconto la Storia: voci dalla
Shoah, che conta 433 registrazioni e che è ora
consultabile sul sito
web dell’Archivio Centrale dello Stato grazie alla collaborazione con
la Direzione Generale per gli Archivi e il Laboratorio Larrte della
Scuola Normale Superiore di Pisa. Le testimonianze sono state raccolte
in tutta Italia e descrivono non solo storie di deportazione ma anche
vicende di lotta partigiana e di coabitazione con false identità che
permisero agli intervistati di sfuggire ai lager nazisti. All’incontro,
svoltosi alla presenza di numerosi storici, ricercatori, docenti
e leader ebraici tra cui il segretario
generale UCEI Gloria Arbib e il presidente della Comunità ebraica di
Roma Riccardo Pacifici, sono intervenuti tra gli altri il
sovrintendente all’Archivio Centrale di Stato Agostino Attanasio, la
direttrice dello USC Shoah Foundation Institute Kim Simon, il
consigliere per gli affari pubblici dell’ambasciata israeliana in
Italia Livia Link, la bibliotecaria dell’ambasciata americana Karen
Hartman, il sovrintendente dell’Archivio storico del Quirinale Paola
Carucci, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Renzo Gattegna, i curatori del progetto Lucilla Garofalo e Micaela
Procaccia, e il sopravvissuto Piero Terracina.
I lavori proseguiranno domani mattina a partire dalle 9.30 con un
incontro che verterà sull’uso didattico del materiale memorialistico
cui parteciperanno Milena Santerini, Micaela Procaccia, Doris Felsen
Escojido, Michela Zanon e David Meghnagi.
a.s.
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Qui Torino - Un anno per le
tradizioni
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Uno
splendido quinterno manoscritto appartenuto a Lord Montefiore e
contenente una Cantata eseguita a Casale Monferrato la sera di Hoshana
Rabà del 1733 è stato donato agli ebrei casalesi da un generoso amico
antiquario. Con gioia ed emozione le melodie torneranno ad essere
eseguite in
Sinagoga a Casale Monferrato nei prossimi giorni.
I
nostri maestri ci insegnano “ sia sempre per voi la Torà cosa
nuova come se vi fosse stata data oggi”: solo tramandando le nostre
mitzvoth, le nostre tradizioni, i nostri canti e la nostra storia
manteniamo inalterata l’ identità e la forza di Am Israel
identificandoci nel passato e proiettandoci nel futuro. Celebriamo un
nuovo anno ricordando le generazioni ci hanno preceduto, raccogliamo
con orgoglio il loro testimone per ritrasmetterlo a nostra
volta
giorno dopo giorno ai nostri giovani.
Shanà Tovà
Claudia
De Benedetti, vicepresidente Ucei
Qui Padova - Un anno per la riflessione
“…Qual è la via giusta da seguire che un uomo deve percorrere?…" (Mishnà
Avot 2, 1) Rosh Hashanà 5772. Durante il mese di Elul, nel periodo in
cui dobbiamo preparare il nostro cuore al Giorno del Giudizio, il rebbe
Chayym di Sanz usava raccontare storielle semplici per stimolare nelle
persone lo spirito della Teshuvà. Una volta raccontò di un uomo
che si perse nelle profondità di una foresta. Dopo un certo periodo si
perse un’altra persona che, nel suo girovagare per trovare l’uscita,
incontrò il primo che si era perduto. Senza chiedere e sapere cosa gli
fosse successo, il secondo chiese al primo quale via doveva percorrere
per poter uscire dalla foresta” “Non lo so” rispose il primo, “ma posso
invece mostrarti quali strade portano a impelagarti di più in questa
fitta foresta, e poi insieme andremo a cercare la nuova via”. Nella
vita una persona si può perdere nella fitta boscaglia che egli stesso
si crea attorno con le proprie azioni negative. Ma può sempre arrivare
quella scintilla che ci spinge a voler uscire fuori, a superare gli
inciampi che ci siamo posti sulla nostra strada e per questo cerchiamo
un aiuto. In quel momento, magari per caso, un’altra persona che ha
fatto il nostro stesso percorso ci può venire in aiuto. Anche se non sa
indicarci la via giusta per uscire dal problema, può comunque suggerire
quella da non seguire per non peggiorare di più la nostra situazione.
Insieme, poi, potremo cercare la via giusta da percorrere.La storiella
di Chayym di
Sanz, offre vari spunti interessanti per riflettere: 1.anche se nessuno conosce la giusta via da percorre, possiamo sempre
imparare dai percorsi, dalle esperienza degli altri che ci suggeriscono
la via da non praticare;
2.in fondo ogni caduta può sempre rivelarsi una nuova possibilità di
apprendimento e crescita, individuale e collettiva. Tuttavia, la
ricerca della nuova via è possibile solo dopo aver analizzato
correttamente i propri errori;
3.il rebbe Chayym di Sanz è il paradigma di colui che, per tutti quelli
che si sono smarriti, deve essere “l’uomo della foresta” che si mette
sul bivio sia per indicare dove non si deve andare sia offrendosi a
cercare insieme la via giusta da seguire.
L’insegnamento di Chayym di Sanz si ricollega al verso “Nachpesà
derakhenu venachkora venashuva ad Hashem” (Lamentazioni 3, 40),
rappresenta un invito a "esaminare la nostra condotta, ricercare e
tornare al Signore". A Rosh Hashanà, quando moltissime persone
si raduneranno nei Battè Hakeneset delle nostre comunità, avremo la
possibilità di scoprire quella forza collettiva necessaria per la
ricerca della giusta via. Lo Zohar insegna che di Rosh Hashanà la forza
del singolo si poggia e si alimenta della forza della collettività in
base al verso “in mezzo al mio popolo io risiedo” (II Re 4, 13). Gli
errori di ogni singolo sono raccolti tutti assieme per costituire una
forza potente che spinge l'intera comunità a porsi verso la ricerca
della giusta via. Auguri a tutte le Comunità che ogni “singolo” voglia e possa usufruire
della forza della “collettività” e che ogni collettività abbia il suo
Chayym di Sanz…
Adolfo Locci, rabbino capo della Comunità ebraica di Padova
Qui Trieste - Un anno per la speranza
Tragici
avvenimenti in tutto il mondo ci obbligano, anche alla vigilia delle
nostre più solenni ricorrenze, a riflettere su ciò che ci attende con
il nuovo anno. Le vicende in Medio Oriente, che in un primo tempo hanno
fatto sperare in un futuro migliore per la zona, dopo gli avvenimenti
degli ultimi giorni, hanno offuscato le nostre illusioni di pace e di
democrazia. Vicini e attenti a tutto ciò che riguarda Israele,
confidiamo nell’Eterno e nella Sua incommensurabile saggezza e
giustizia affinché il nuovo anno porti la pace in quell’angolo di mondo
a noi così caro. Va a tutti voi e alle vostre famiglie il mio migliore
augurio di un 5772 ricco di soddisfazioni e positività.
Alessandro Salonichio, presidente della Comunità ebraica di Trieste
Qui Torino - Un anno per la
pace
Amici esterni alla Comunità
mi esprimono invidia genuina per il compito che tocca ai
referenti della Comunità. Che fortuna, mi dicono, voi avete una grande
opportunità, avete modo di lavorare per promuovere il pensiero e la
cultura ebraica, contribuire alla diffusione di
un'informazione veritiera sul Medio Oriente, combattere l’antisemitismo
e il razzismo in ogni sua forma, far conoscere alla popolazione
italiana la storia e la realtà attuale del
popolo ebraico. E’ bello riflettere sugli ideali che ci uniscono, è
doveroso pensare alle responsabilità e alle tante importanti attività
su cui dobbiamo impegnarci, con la collaborazione di tutti.
Che sia un anno di pace, per noi, per Israele e per tutto il
mondo!
Beppe Segre presidente della Comunità Ebraica di Torino
Qui
Napoli - Un anno per la benevolenza
Iehì razzòn sheshnat “Tav
Shin ‘ain Bet” Tihiè Shanà shel ‘ein Berachà”. Con l’augurio che l’anno
תשע"ב
che sta per iniziare sia un anno in cui ognuno possa guardare gli altri
e essere guardato dagli altri con occhio (ע ‘ain) di
benedizione (ברכה).
Scialom Bahbout, rabbino capo della Comunità ebraica di Napoli
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Pace o Stato?
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È difficile capire perché lo
Stato debba venire prima della pace o debba aprire la via per arrivare
alla pace. Semmai dovrebbe essere il contrario. Nelle relazioni
personali, ma anche in quelle politiche. È nella mia relazione con
l’altro che si costituisce la mia identità. E se in questi giorni tutti
i media riecheggiano le parole «Stato» e «Palestina», è perché Abu
Mazen, portando la richiesta all’Onu, è riuscito in realtà a sferrare
un attacco a Israele nel contesto, decisivo, dell’opinione pubblica
mondiale. Lo ha fatto peraltro in un momento di isolamento di Israele.
Ma allora bisogna dire che la volontà di uno Stato non è un atto di
pace; semmai è la richiesta di riconoscimento sul piano internazionale,
a prescindere dal vicino più prossimo, a discapito anzi di Israele. Lo
Stato non sembra andare per nulla di pari passo con la pace.
Donatella
Di Cesare, filosofa
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Davar Acher - "Libere
opinioni, chiare identità"
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L'intervento, così sincero e
appassionato, firmato giovedì scorso da Vittorio Pavoncello su queste
pagine, suggerisce riflessioni importanti, che non vanno eluse. Il
primo fra questi argomenti è certamente quello della libertà di
opinione, che Pavoncello stesso solleva. Io sono fermamente convinto
che Gomel, Ovadia, come peraltro Vattimo il professor Moffa e Angela Lano,
abbiano pienamente diritto a nutrire e a esprimere le loro opinioni
anti-israeliane - a patto naturalmente che anche chi non è d'accordo
sia libero di contestarle come meritano e che esse non costituiscano
reati.
C'è però un altro limite ovvio. Il fatto di avere certe opinioni non
significa che esse debbano per forza essere pubblicate da chi non le
condivide, si tratti di un editore, di un'organizzazione, di un partito
di una comunità. Non posso pretendere che le mie posizioni in favore di
Israele siano veicolate - poniamo - dal "Manifesto", che notoriamente è
sbilanciato in senso opposto. Oltretutto gli sviluppi delle tecnologie
di comunicazione consentono a chiunque, se sostiene certe posizioni, di
esprimerle e motivarle.
Ora il primo punto implicitamente ma fortemente sollevato da
Pavoncello, chiedendo di non pubblicare più sui media comunitari le
opinioni di Gomel, è se l'Unione delle Comunità Ebraiche italiane abbia
una linea su Israele o meno, cioè se vi sia o meno da parte sua un
appoggio convinto allo stato di Israele - che non essendo un'entità
metafisica, un'idea o un luogo dello spirito, ma al contrario
un'istituzione terrestre è rappresentata da un governo preciso, ha una
storia definita e obiettivi politici abbastanza evidenti. La domanda
risulta particolarmente cruciale perché è sollevata da un membro
autorevole del Consiglio dell'Unione.
Già nel caso dell'invito a Moni Ovadia per la Giornata della cultura
cercai di porre il problema: gli ebrei italiani si presentano al paese
e ai media con certi biglietti da visita. Siamo sicuri che le opinioni
di Ovadia e di Gomel siano quelle che ci rappresentano? Il fatto è che
una scelta editoriale strategica della direzione dei media dell'Ucei è
quella del pluralismo, l'idea che tutte le posizioni presenti nel mondo
ebraico trovino spazio nella comunicazione dell'Ucei. Non è questo il
luogo di discutere di questa scelta e non sono probabilmente io la
persona giusta per discuterne, visto che di questa apertura mi è
possibile far uso - ne dò atto al direttore Guido Vitale - con una
notevole libertà. Il titolo stesso di questa rubrica - Davar acher,
l'altro parere - lo chiarisce. Resta il fatto che questo pluralismo
sarebbe più giustificato, più solido se fosse più chiaro lo
schieramento dell'ebraismo italiano. Non è una critica politica
contingente all'attuale gestione: vi è purtroppo una tradizione di
ambiguità a questo riguardo che va indietro nel tempo alle presidenze
Luzzatto e Zevi, e che oggi, quando la lotta contro Israele si incentra
in buona parte sul versanete mediatico, è certamente necessario
superare.
Qui però vi è un terzo punto da evidenziare. Un dibattito efficace
dev'essere sincero, non afflitto da mimetismi, confusioni, entrismi. Si
dà il caso che negli ultimi anni sia molto cresciuto in alcuni settori
del mondo ebraico antisionisti il vizio di presentarsi per ciò che non
si è: amici di Israele. Le Ong israeliane (del "campo della pace")
hanno presentato come liberticida una legge della Knesset che le
obbligava a dichiarare se erano finanziate da governi e organizzazioni
straniere: molte lo sono, e non sono certamente governi amici.
Un'organizzazione che ha rapporti di finanziamento e appoggio da
organizzazioni islamiche e con persone che stranamente nascondono la
loro identità (come è stato ampliamente denunciato sulla stampa nei
mesi scorsi) ma che sostiene di essere "pro Israel, pro peace" è
proprio quella J Street che ha usato tutte le sue forze per contrastare
le iniziative, le proposte e le posizioni dello stato di Israele negli
ultimi anni. Il suo corrispondente europeo si chiama J Call e Giorgio
Gomel, che ne è il coordinatore italiano, assicura di essere "amico" di
Israele, anzi di più - proprio nel momento in cui appoggia il
riconoscimento all'Onu di uno stato palestinese senza trattative con
Israele - contrastando tutta la linea strategica israeliana, non solo
di questo governo ma di tutti i governi israeliani dal '48 a oggi.. In
realtà le sue dichiarazioni, comprese quelle contestate da Pavoncello,
saranno forse amiche di un Israele celeste e impalpabile, di una ideale
Israele che non sia "sporcata" dalla banale necessità di difendersi
contro l'assedio di nemici assai più numerosi e privi di scrupoli; ma
vanno esattamente contro le politiche democraticamente decise da
parlamento e governo di Gerusalemme. Non parlo poi di Ovadia, che
all'Israele reale contrappone una mitica Yiddishkeit, fuori dallo
spazio e dal tempo.
Per onestà intellettuale e chiarezza sarebbe bene che tutti
dichiarassero la propria posizione in gioco. Per questo, scherzando ma
non poi tanto, ho definito tali posizioni "diversamente sioniste",
ironizzando sull'eufemismo di cui si ammantano. E non è che queste
posizioni restino senza conseguenze, siano "opinioni" gratuite e
astratte. Esse indeboliscono - consapevolmente indeboliscono - la
posizione politica e mediatica di Israele, danno forza e argomenti ai
suoi nemici. Basta scorrere sulla rassegna stampa l'avidità con cui
"Manifesto", "Unità", "Internazionale" ecc. intervistano e traducono le
solite Amira Hass, Gideon Levy e i loro equivalenti americani Thomas
Friedman, Roger Cohen, per non parlare allo spazio riservato a J
Street, J Call, alla minuscola Rete Eco (Ebrei contro l'occupazione).
Un'altra condizione per rendere efficiente il pluralismo sarebbe che
fossero evitati i travestimenti e che Gomel fosse presentato per quel
che è: un nemico del sionismo, uno che non ritiene di dover difendere
l'esistenza di uno stato ebraico, o perché si illude che i palestinesi
lascerebbero in pace Israele una volta raggiunti i mitici "confini del
'67" (ma lo negano anche loro, l'"occupazione che deve finire" dura per
Abu Mazen come per Hamas dal '48), o perché vorrebbe, come i vari
Pappé, i Naturei Karta e gli altri nemici ebrei di Israele, lasciare
tutta la Palestina agli arabi che ne sarebbero legittimi proprietari e
comunque maggioranza, perché ne facessero quel che credono, magari
anche conviverci pacificamente con gli ebrei. Sarebbe importante
sapere, insomma, quale sia il grado vero di amicizia di un signore che
ha dichiarato di non sentire affatto come fratelli quelli che gli
sembrano orribili "coloni", anche quando sono ammazzati dagli
"indigeni" alla colpevole età di tre mesi.
Con queste premesse, si capisce perché l'irritazione di Pavoncello sia
condivisibile (e da me condivisa). Non è un problema di libertà di
opinione o di dibattito. E' l'identità dell'ebraismo italiano che ha
bisogno di chiarezza, il suo legame con il corpo vivo e il cuore
battente del popolo ebraico
Ugo
Volli
Prosegue
il dibattito su libertà d'opinione e diversità di posizioni riguardo alla situazione in Medio Oriente. Sul
Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it alcuni fra gli interventi e
la replica del Consigliere UCEI Vittorio Pavoncello.
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notizie
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rassegna
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Un
anno per il Sud |
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L’anno ebraico che ci stiamo
lasciando alle spalle è stato un anno molto, molto difficile per la
nostra piccola comunità di Trani.
Qualche mese fa ci ha lasciati il nostro caro Avraham Zecchillo z.l.,
shammash della splendida sinagoga Scolanova e tra gli artefici della
rinascita dell’ebraismo a Trani e in Puglia.
Francesco
Lotoro
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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 |
Dafdaf
è il giornale ebraico per bambini |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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