se non visualizzi correttamente questo messaggio, fai click qui

28 settembre 2011 - 29 Elul 5771
linea
l'Unione informa
ucei 
moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
alef/tav
linea
elia richetti
Elia Richetti presidente dell'Assemblea rabbinica italiana


Nella cantica intonata da Moshè ed insegnata in punto di morte al popolo, compare un verso introduttivo: "Quando proclamerò il Nome del Signore, riconoscerete grandezza al nostro D.o". I Maestri ne ricavano che quando si sente una Berakhà (la proclamazione del Nome del Signore), bisogna rispondere "Amèn". Questa parola non solo significa "così è", ossia "è vero", ma è anche l'acronimo di "E-l Mélekh Neemàn" (D.o, Re costante), e come valore numerico assomma quello del Nome tetragrammato con quello del suo sostitutivo. Tanto è importante la parola "Amèn" che la definizione biblica di Israele come "shomèr emunìm" (che mantiene la fedeltà) viene letta dai Maestri come "shomèr Amenìm" (che mantiene l'uso di dire "Amèn"), ad indicare che che un Amèn detto con convinzione è testimonianza di fedeltà a Ha-Qadòsh Barùkh Hu.

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Rimango molto perplesso quando si parla di democrazia nel mondo arabo come naturale sbocco delle rivolte di questi mesi. Mi viene in mente Gorge W. Bush, che si diceva avesse sul comodino un libro di un noto analista russo che descriveva l’effetto domino che ha portato alla caduta dei regimi comunisti, con l’idea di applicare la stessa logica al mondo islamico. Gli eventi di questi mesi ci hanno mostrato come le cose siano assai più complicate, fino a rivedere la convinzione tutta occidentale, per cui, se non ostacolato da fattori esterni quali le dittature, l’uomo tende naturalmente verso la libertà. E, se non bastasse, l’attuale crisi economica ci ha spinto a ripensare i fondamenti del nostro modello politico e sociale: quale democrazia immaginiamo per il mondo arabo? Quella strutturata sul debito con conseguenti bolle speculative cicliche? Oppure una di tipo egualitario in salsa socialista di cui è già stato decretato il fallimento? Penso che la storia davanti a noi sia molto più impervia di schemini dal vago sapore hegeliano (oppure cristiano) che individuano un punto finale a cui tutti dovrebbero adeguarsi. 

torna su ˄
davar
Qui Milano - Un anno per realizzare nuovi progetti
Siamo alla vigilia del nuovo anno e, come d'abitudine, si fanno previsioni e programmi, si formulano auguri, ci si propone di riparare agli errori e di migliorare noi stessi. La nostra Comunità, come tutto l'ebraismo italiano, si dibatte tra le difficoltà economiche contingenti, le necessità di sostenere le fasce più deboli degli iscritti, la volontà di poter fare qualcosa per lo Stato d'Israele ed i nostri fratelli costantemente minacciati dal terrorismo e dalll'ostracismo di molti paesi. L'augurio migliore che mi sento di fare è quello di rafforzare l'unità, la coesione e la collaborazione all'interno delle nostre istituzioni per fare fronte comune contro le difficoltà e prepararci a fronteggiare l'auspicata ripresa sostenendoci gli uni con gli altri. A livello locale, superata l'emergenza gestionale, occorre proiettarci nuovamente verso il sostegno a chi ha più bisogno e verso nuove iniziative che rafforzino i legami interni e ci consentano di elevare le capacità di soddisfacimento delle esigenze spirituali e non solo di quelle materiali. Ce la stiamo mettendo tutta e sono fiducioso nei risultati che verranno.  Shanà Tovà Umtukà.

Roberto Jarach, presidente della Comunità ebraica di Milano


Qui Torino - Un anno per meditare sul passato e costruire il futuro


Rosh HaShanà indica la conclusione di un anno e anticipa quello nuovo. Che cosa ci rallegra in questa festa? La fine dell’anno e l’addio da esso oppure l’inizio di un anno nuovo? A Rosh HaShanà noi colleghiamo l’anno passato, il bene, le attività e le azioni racchiuse in esso  con l’anno in arrivo, colmo di sfide, aspettative e novità. Rosh HaShanà simboleggia per noi il compimento di un percorso ma soprattutto l’inizio di un nuovo processo che continua fino al capodanno seguente, haba alenu le tovà. Nei giorni della festa meditiamo sulle azioni passate e dedichiamo un pensiero al futuro, giacché sta scritto “tutto segue il principio, ovvero il capo”. Ci auguriamo in questi giorni, che ci conducono a Rosh Hashanà, di beneficiare del privilegio e della possibilità di imparare dal passato e meditare sul futuro. Di approfondire le nostre radici nella storia del popolo ebraico e trarre da essa ispirazione per il lavoro futuro nelle comunità italiane; un impegno che nasca dal pensiero profondo e da una speciale attenzione per ogni singolo ebreo. Shanà Tovà, Ketivà vakhatimà tovà a tutte le comunità in Italia, a tutte le famiglie e ad ogni ebreo.

Rav Eliahu Birnbaum, rabbino capo di Torino


Qui Pisa - Un anno per l'orgoglio

A tutti voi che ci leggete giunga da Pisa l’augurio di un bel 5772. Siamo già arrivati al nuovo anno ebraico e siamo pronti a voltare pagina. Sono belli gli inizi, perché consentono di cercare e vedere nuovi orizzonti. Ed è altrettanto bello poterli trovare nelle nostre tradizioni e nella nostra vita comunitaria.  Per quel che riguarda Pisa, poi, è una gran soddisfazione, soprattutto di questi tempi, quando sembra che molte difficoltà ce le siamo lasciate alle spalle.

Guido Cava, presidente della Comunità ebraica di Pisa


Qui Livorno -  Un anno per la sapienza e per il sentimento

La festa di Rosh Hashanà è il giorno in cui il Signore giudica tutto il mondo, il Giorno del Giudizio. In questo giorno noi suoniamo lo Shofar, come è scritto nella Torà, e i Maestri spiegano che ciò avviene per ricordare il sacrificio di Isacco, il quale andò per morire nel nome del Signore. Perché proprio lo Shofar e non altri oggetti, come magari il coltello o la corda con cui veniva legato il sacrificando, oggetti più attinenti alla cruenta cerimonia?

Yair Didi, rabbino capo della Comunità ebraica di Livorno


Qui Ferrara - Un anno per Israele                                                       



Da Gerusalemme shanà tovà a tutti.




Michele Sacerdoti, presidente della Comunità ebraica di Ferrara     



Qui Trieste - Un anno per le buone azioni


Dal testo della preghiera "Untane Toqef" "E aprirai il libro delle memorie ed esso verrà letto e la firma di ognuno vi sarà apposta". Che cos'è questo libro delle memorie? E' il libro nel quale vengono scritte tutte le azioni della persona durante l'anno. Ma perché aggiungere le parole " ella firma di ognuno vi sarà apposta? La parola firma possiede un doppio significato; il primo è, come dice la parola stessa, la firma di proprio pugno di una persona e significa che ognuno sottoscrive le proprie azioni scritte nel libro. Il significato ulteriore viene dall'espressione "lasciare il proprio sigillo."

Ytschak David Margalit. rabbino capo della Comunità ebraica di Trieste


torna su ˄
pilpul
Il migliore dei mondi possibili
gianfranco di segniStasera è Rosh Hashana, il capodanno ebraico, che ricorda anche la creazione del mondo. A essere precisi, come ha ricordato ieri A.M. Rabello su questa colonna, il 1° di Tishrì (Rosh Hashana) corrisponde al sesto giorno della creazione, in cui fu creato l’Uomo (insieme a tutti gli animali superiori), mentre il primo giorno della creazione corrisponde al 25 di Elul (sabato scorso). Nel Qaddish (o Kaddish), la preghiera forse più famosa del popolo d’Israele, citata varie volte anche qui, ci sono due riferimenti alla creazione del mondo, uno esplicito e l’altro alluso. Quest’ultimo sta nelle dieci espressioni di lode al Signore Iddio (yitgaddal ve-yitqaddash e poi, più avanti, yitbarakh ve-yishtabbach ve-yitpaar ecc.: cioè sia magnificato e santificato… e sia benedetto, lodato, glorificato ecc.), che alluderebbero – secondo l’autore dello Shibbolè Ha-Leqet, il rabbino romano medioevale Tzidqiyà Anav – ai dieci detti con cui il mondo fu creato. Il riferimento esplicito alla creazione sta all’inizio del Qaddish, nelle parole aramaiche “di verà khir’utè”. La traduzione corrente di queste parole è “(il mondo) che ha creato secondo la Sua volontà” – equivalente all’ebraico she-barà kirtzonò. Questa traduzione pone alcuni problemi, anche se probabilmente esprime esattamente quello che gli antichi Maestri autori del Qaddish intendevano dire. L’Universo è preordinato? È stato disegnato seguendo un progetto? Il Midrash, in effetti, afferma proprio questo. Il progetto era la Torah e D-o l’avrebbe usata come fa un architetto per costruire una casa. Tuttavia, le evidenze scientifiche, da quelle fisiche a quelle biologiche, ci dicono che il mondo, e in particolare la vita, appare in evoluzione, in un modo che è difficilmente assimilabile a un progetto pre-esistente. Le parole aramaiche “di verà khir’utè” possono però essere tradotte diversamente, se pur con una leggera forzatura, come “(il mondo) che ha creato a Suo gradimento”. Come a dire, e anche qui c’è un midrash a sostegno, questo mondo è gradito a D-o, quelli precedenti non lo erano e sono quindi stati scartati. In questo senso, le ripetute parole dell’inizio di Bereshit “e D-o vide che era buono” e, nel sesto giorno, “molto buono” assumono tutto un altro significato. Detto in parole povere, si direbbe: “Poteva andare peggio”. I più raffinati direbbero: “Questo è il migliore dei mondi possibili”. Shanà tovà.

Gianfranco Di Segni – Collegio Rabbinico Italiano 


Gli auguri che ci facciamo
sciunnachSiamo oramai giunti alla fine dell’anno ed all’inizio di un nuovo ciclo che si aprirà questa sera con le Tefilloth di Rosh ha-Shanà. Lo scambio di auguri che ci rivolgiamo e che ci propiziamo è già iniziato da qualche giorno, e nel riflettere proprio su questi auguri che ci rivolgiamo ogni anno in modo ripetitivo e spesso senza neanche riflettere sul significato di questi auguri ho fatto una considerazione. Sentiamo dire spesso:“che questo nuovo anno sia buono dall’inizio alla fine, che abbia solo momenti di gioia e di prosperità”. Ma questo come ben sappiamo è impossibile, forse nel  mondo futuro, ma qui in questo mondo in questa realtà non è possibile. Questo perché noi come esseri umani veniamo mandati dal nostro Creatore in questo mondo per crescere ed evolverci spiritualmente, e questo può avvenire solamente venendo messi alla prova, con le difficoltà della vita quotidiana. E allora ci dobbiamo domandare che tipo di auguri dovremo rivolgerci in questi momenti di grande riflessione. Secondo me l’augurio che dovremmo rivolgerci è il seguente: che Dio ci dia la forza fisica e spirituale per superare tutte le prove e le difficoltà del nuovo anno affrontandole con serenità coraggio e stabilità, e che queste siano per noi un mezzo per crescere ed evolverci sia sul piano materiale sia su quello spirituale.
Tichklè Shanà vekilelotea, Tachèl Shanà uvirkotèa. Termini l’anno con le sue maledizioni, inizi l’anno con le sue benedizioni.

David Sciunnach, rabbino

Wishful thinking
Francesco LucreziCredo, in tutta franchezza, che sia umanamente difficile trovare nella storia della diplomazia internazionale (ma anche della politica, delle relazioni sociali e umane di ogni tipo) un caso di malafede più lampante di questa storia infinita del riconoscimento dello Stato di Palestina. Un risoluzione di questo tipo già c’è stata, nel lontano 1947, ed è stata accolta da parte araba e palestinese nel modo che sappiamo. Il 14 maggio del 1948, che avrebbe dovuto sancire la nascita dei due Stati, è diventato, per i palestinesi, la Naqba, la catastrofe. E ora, - come abbiamo già scritto, sulla newsletter dello scorso 27 aprile - fremono per avere la Naqba bis. Probabilmente, quella del 1947-1948 fu una catastrofe perché, accanto allo Stato di Palestina, avrebbe dovuto nascere, come nacque, uno Stato ebraico. Cosa che non si voleva e, con tutta evidenza, si continua a non volere, come attestano, al di là di qualsiasi possibilità di equivoco, i reiterati rifiuti a qualsiasi concessione sul riconoscimento di Israele come Stato ebraico. Questa è la realtà. Nella richiesta palestinese non c’è un solo granello di spirito conciliante, neanche l’ombra di una sia pur timida, minima apertura a un possibile, ipotetico, immaginario futuro di pacifica coesistenza e collaborazione. Solo un muro di ostilità.
Il fatto che la maggioranza dei Paesi del mondo siano d’accordo su questo riconoscimento “a prescindere” dà la misura, in modo drammatico, di quali siano i sentimenti prevalenti nella comunità delle nazioni nei confronti di Israele. Alcuni pensano che la responsabilità di ciò, almeno in parte, sia della stessa politica israeliana. Dico solo, al riguardo, che mi piacerebbe molto se fosse così, perché basterebbe un cambio di politica per ottenere un miglioramento della situazione. Ma, purtroppo, non credo che sia così. Ed è una constatazione molto amara. E credo che sia proprio l’insopportabile durezza di questa idea a indurre non pochi israeliani e sostenitori di Israele a dirsi favorevoli alla risoluzione, come mezzo per raggiungere la pace. Uno Stato di Palestina accanto a uno Stato di Israele, la famosa formula dei “due popoli, due Stati”, l’agognata pace. Sarebbe bello, certo. Ma non è così. E il “wishful thinking” è pericoloso, non ha mai aiutato nessuno lo scambiare i propri desideri per la realtà.
Una menzione particolare merita la posizione degli Stati Uniti, che rappresenta un motivo insieme di consolazione e di preoccupazione. La consolazione deriva dal fatto che l’America ha confermato il sostegno a Israele, spendendo in tal senso, ancora una volta, la sua influenza e il suo potere di veto nel Consiglio di Sicurezza. Ed è bene ricordare che l’amicizia degli USA nei confronti di Israele e, più in generale, la solidarietà verso il popolo ebraico e la simpatia per il sionismo non sono degli irreversibili “doni di natura”, sempre esistiti e dati per sempre. Sono noti i sentimenti antisemiti di alcuni fra i grandi protagonisti della storia americana del ‘900 (come Ford o Lindbergh), il Presidente Roosevelt non fece nulla per impedire la Shoah, Eisenhower non amava Israele. Ma l’opzione filo-israeliana, nata, nella guerra fredda, con Kennedy, e poi consolidatasi con Nixon, è stata confermata dal presidente Obama, nonostante la sua provenienza da una comunità, quella afroamericana, nella quale si sono spesso registrati umori non amichevoli (talvolta apertamene ostili) nei confronti degli ebrei. E nonostante anche nelle file delle comunità ebraiche statunitensi siano andati sensibilmente montando, negli ultimi anni, sentimenti di distacco o freddezza nei confronti di Israele. La famosa “lobby ebraica” non è mai esistita (e, se esistesse, non sarebbe comunque composta solo da amici di Israele), ma il sostegno a Israele continua a essere fortemente sentito come un valore dalla maggioranza dell’opinione pubblica statunitense. È questa la consolazione.
Quanto alla preoccupazione, scaturisce dal fatto che la protezione americana brilla, per la sua unicità, come una candela nella notte. E la sola idea che possa, un domani, spegnersi, è certamente inquietante.

Francesco Lucrezi, storico

notizieflash   rassegna stampa
Israele: online i manoscritti
più antichi del mondo
  Leggi la rassegna

Grazie ad un progetto del Museo israeliano di Gerusalemme, realizzato con la tecnologia di Google i rotoli del Mar Morto sono ora online ."Con l'alta risoluzione c'è la possibilità di guardare i manoscritti comodamente - spiega James S. Snyder direttore dell'Israel Museum - si possono ingrandire, leggere la traduzione dall'ebraico all'inglese, cercare parole o versi particolari".
 

Nella rassegna stampa di oggi riguardo al Medio Oriente lo spazio più largo è dedicato all'approvazione preliminare da parte del Ministero degli Interni israeliano di un progetto edilizio di cui si era peraltro molte volte parlato, per la costruzione di un migliaio di appartamenti a Gilo, che è un sobborgo ebraico di Gerusalemme, quello che qualche anno fa era stato oggetto di un sistematico fuoco di fucileria a partire da un vicino villaggio arabo, tanto da dover essere protetto da un apposito muro.


Ugo Volli












torna su ˄
linee
Pagine Ebraiche 
è il giornale dell'ebraismo italiano
ucei
linee
Dafdaf
Dafdaf
  è il giornale ebraico per bambini
L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it  Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: desk@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio “cancella” o “modifica”. © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.