Continuano da parti diverse
a pervenire in redazione messaggi che talvolta propongono di impedire a
questo o a quello la possibilità di esprimere liberamente le proprie
opinioni, talvolta esprimono allarme per il rischio che questa libertà
di espressione venga negata, talvolta si cimentano nell'esercizio di
contemperare entrambe tali preoccupazioni, apparentemente antitetiche,
in un unico contesto. La pratica consolidata di questa redazione, che
pubblica oltre 10 mila articoli l'anno, è ben chiara. L'attività di
pubblicare le opinioni pervenute costituisce solo una componente e non
la totalità del lavoro di chi fa i giornali, l'elemento essenziale è
quello di pubblicare notizie, informazioni, documentazione e
approfondimenti. Le opinioni personali, là dove non rappresentano la
linea ufficiale dell'ente editore, devono restare ben distinte dal
resto del contesto giornalistico. Vengono accolte con grande spirito di
tolleranza le opinioni più diverse a condizione che tali espressioni
non prefigurino violazioni di legge, della morale ebraica o comunque
non costituiscano offesa alla dignità altrui. Questa redazione è ben
conscia del dovere di applicare fedelmente le linee guida
sull'informazione approvate dalle massime istanze dell'ebraismo
italiano (Congresso e Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane).
A chiarimento del primo principio (opinioni personali separate dalle
prese di posizione ufficiali) il notiziario ricorda quotidianamente e
immancabilmente al lettore:
“L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili”.
A garanzia del secondo principio (libertà d'espressione) si applica
rigorosamente la seguente indicazione approvata all'unanimità:
“Offrire
opportunità di espressione alla realtà ebraica italiana in tutta la sua
complessità e varietà, favorendo un sereno confronto fra idee, identità
e culture diverse, ponendo come solo confine alla libertà di
espressione il rispetto dell'identità di ciascuno”.
E ancora, riguardo al delicatissimo tema della difesa della sicurezza
di Israele si applica il seguente principio:
“Controbattere
alla politica dei mass media tesa a rappresentare di Israele un volto
esclusivamente e perennemente conflittuale, esaltando la vera realtà di
Israele, fatta di società civile, di cultura, di economia, di ricerca,
di tutela alle categorie più deboli, di capacità di integrazione fra
persone diverse per origine e provenienza geografica”.
Nonostante il tentativo di suscitare un clima di eccitazione polemica,
i mezzi di comunicazione costruiti attorno a questi chiari principi
sono cresciuti e rappresentano oggi un appuntamento cui migliaia e
migliaia di lettori fanno riferimento. La grande maggioranza degli
utenti legge, ascolta, cerca di comprendere, si astiene dagli
esibizionismi quando esprime un'opinione. Vorrebbe dialogare, non
monologare. Intende procedere nella scia della tradizione degli ebrei
italiani o di coloro che guardano con interesse e convinzione ai valori
di cui gli ebrei italiani sono eredi e testimoni.
La redazione è cosciente dei principi dell'etica professionale,
saldamente ancorata ai valori ebraici e consapevole dell'esigenza
prioritaria di pace e di sicurezza dei nostri fratelli che danno vita a
quello straordinario laboratorio di democrazia, di progresso e di
libertà d'opinione che è lo Stato di Israele. Per quanto possano
piovere incitazioni a emettere veti ed esclusioni, ingiustificate
accuse di censure, infondati allarmismi e addirittura sconsiderate
minacce, continueremo a compiere il nostro lavoro nella linea di
libertà, tolleranza, civile confronto e serena fermezza che ha sempre
contrassegnato il lungo cammino degli ebrei italiani.
gv
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Qui Roma - Un anno per
l'unità di Israele |
Il Presidente della Comunità
ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha rivolto in occasione di Rosh
Hashanà 5772 agli iscritti della prima realtà ebraica italiana il
seguente indirizzo di saluto:
“Il primo saluto e grazie lo rivolgo ai
volontari ed ai professionali della sicurezza e tutte le Forze
dell'ordine, che vigilano i nostri Batei HaKenesset mentre noi siamo in
preghiera. E' difficile poter fare un bilancio dettagliato di lavoro
nella nostra Comunità. Un anno denso di novità e di eventi. Alcuni
lieti ed altri tristi. Pochi giorni fa abbiamo potuto toccare con mano
che il rispetto che ci guadagniamo nella società in cui viviamo è
superiore al pregiudizio di coloro che ci odiano. La Notte dei musei,
la Giornata europea della cultura ebraica, la Notte della Cabbalà, con
30 mila partecipanti e il Festival della Letteratura e cultura ebraica
stanno a dimostrare la genuina volontà di tanti cittadini di volerci
conoscere condividendo con noi i momenti di gioia. Non solo quindi,
amici tradizionali nel Giorno della Memoria o il 16 ottobre per
commemorare doverosamente gli "ebrei morti", ma anche comprendere
meglio chi sono gli "ebrei vivi". Un rispetto che non è un diritto
acquisito o dovuto ma che ogni anno riusciamo a conquistarci vivendo da
protagonisti e non da spettatori nella società circostante.
L'anno che ci lasciamo alle spalle è stato
caratterizzato dalle modifiche dello Statuto dell'Ucei che, al di là di
alcuni "tecnicismi" avvia una fase di rilancio dell'ebraismo italiano
con elezione diretta di coloro i quali negli anni a venire saranno i
Consiglieri nel cosiddetto “parlamentino degli ebrei italiani”, ma è
stato anche l'anno delle elezioni a Roma che al di là della fiducia che
mi è stata personalmente rinnovata confermando la mia presidenza, vede
oggi sedere intorno al tavolo uomini e donne animati da sincera volontà
di trovare insieme e collegialmente soluzioni per il bene della
Comunità tutta.
Di questo sono orgoglioso e ringrazio uno ad
uno tutti gli assessori e Consiglieri, alcuni neofiti ma generosi ed
entusiasti. Un anno quello che affronteremo, denso di sfide, alcune fra
queste appassionanti ed entusiasmanti, altre, come quella delle crisi
economica, che fanno venire i brividi.
Famiglie scese nella morsa dei debiti e della povertà; famiglie che per
questo perdono la loro armonia e sono fonte di separazioni e divorzi
fra coniugi. Dove i figli pagano il prezzo più alto. Su questo fronte
dobbiamo essere vigili e ci infonde speranza vedere con quale
entusiasmo il nuovo Consiglio della Deputazione Ebraica di Assistenza
ed i loro professionali stiano avviando nuove iniziative per venire
incontro alle famiglie e ai singoli meno fortunati. Cosi come lo stesso
impegno viene profuso dalla Dror, il nostro sportello di Gestione del
debito e di prevenzione all'usura che trova apprezzamento nella città,
visto che eroga assistenza anche ai non iscritti alla Cer, e i cui
volontari, commercialisti, avvocati, operatori sociali, bancari,
imprenditori di successo dispensano consigli e fanno sentire meno sole
le famiglie schiacciate da debiti. A tale scopo faccio appello a chi
fra voi è pronto a darci una mano in questo settore dedicando poche ore
a settimana per aiutare la Dror.
Sento ancora nelle orecchie la disperazione e il trauma dei familiari,
in particolare i figli, di Raffy Coen z.l. strappato a noi tutti da
mani assassine. Quel triste evento che ha dato una ribalta non voluta
alla nostra Comunità nella cronaca nera è stato uno dei momenti più
duri che abbiamo dovuto affrontare.
Contestualmente altri nostri correligionari, a cui vogliamo bene,
trovavano la stessa triste “ribalta” per aver subìto gli arresti
domiciliari per reati di vario genere e ci auguriamo possano essere
confutate le accuse nelle sedi opportune.
Mentre pensavamo di essere usciti da un incubo un’altra notizia ha
sconvolto la nostra Comunità ed in particolare quella di origine
libica, la malattia e poi decesso dopo pochi mesi di un giovane padre,
che fino all'ultimo ha lottato con una malattia terribile. Lascia una
moglie e sette figli. Lascia anche tanti amici e mentre scrivo e leggo,
le lacrime scendono sul mio viso. Un uomo giusto che voglio ricordare
per la sua bontà e rettitudine in famiglia e nel lavoro e che sia di
esempio per noi tutti.
Quest'anno è il quinto anno che Gilad Shalit è nelle mani dei
terroristi. Noi oggi preghiamo in particolare per lui
affinché torni dai suoi genitori Noam e Aviva. Non finiremo mai di
combattere per la sua liberazione.
Israele è oggi più che mai sotto assedio,
circondata da nazioni ostili e che vogliono il suo annientamento e
distruzione. Una situazione che è speculare a quella del 1948, ma con
un distinguo: alcune di queste nazioni, come l'Iran del tiranno
Ahmadinejad potrebbero usare l'arma nucleare. La cosiddetta "Primavera
Araba" che ha acceso il cuore e l'illusione di molti ingenui fra noi,
si è rivelata con il suo vero volto. Un grigio e rigido "inverno" dove
i gruppi integralisti, a cominciare dai Fratelli Musulmani riporteranno
indietro le lancette del tempo. Ma la forza d'Israele è anche l'unità
di tutto Am Israel, dentro Israele e nella Golà, nella Diaspora. Uniti
non abbiamo nulla da temere. Siamo tutti fratelli, a Roma, New York,
Parigi, Mosca, fino Yerushalaim, Tel Aviv, Haifa, Itamar o Hevron,
tanto per fare alcuni esempi.
Kol HaYehudim arevim ze la ze. Ogni ebreo e responsabile dell’altro.
Per questo dobbiamo mobilitarci con ogni mezzo, usando l'arma della
verità e della giustizia. Aprendo al mondo intero gli occhi su un
Israele faro della sapienza e del progresso in ogni campo, contro il
buio dell'oscurantismo e del terrore dei suoi vicini.
Ma oggi è Rosh Hashanà ed è giusto parlare di cose liete che ci
aspettano. Israele non è più un rifugio o la nostra "ultima spiaggia"
bensì il luogo dove ricominciare una nuova vita, Jonathan, un ebreo
romano ferito a 4 anni il 9 ottobre del 1982 dai palestinesi
e che oggi vive in Israele dove ha messo su famiglia, alcuni giorni fa
ha scritto un commovente intervento in merito alla discussione sul
futuro ebraismo italiano ed il legame con nostre Comunità italiane,
prendendo come esempio dal matrimonio di Dany Anav, nipote sabra di
Lello con Elinor la figlia del nostro rav Cesare Moscati. A loro un
particolare mazal tov.
Israele è meta di tante famiglie della nostra Comunità che
"cancellandosi" ci annunciano con loro Alyà questo passo importante.
Israele è il paese che nonostante la crisi economica che attanaglia
l'umanità ha una crescita quest’anno di più di 5 punti del
PIL e ne sono previsti per l’anno prossimo 7. La maggior
parte delle aziende di HiTech quotate al Nasdaq sono israeliane. Un
paese giovane che guarda ai giovani nelle sue politiche sociali e della
famiglia. Un luogo dove costruire noi tutti le basi e "l'assicurazione"
per i nostri figli. Per questo rafforzare e potenziare la lingua
ebraica nelle nostre scuole non è più solo un optional, ma una
necessità.
Ma se Israele è il nostro futuro, guardiamo anche al presente e
rafforzare l'unità dentro la nostra antica e gloriosa Comunità è un
obiettivo vicino. Abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, abbandonare
la voglia della polemica e a volte della maldicenza per intraprendere
con coraggio la voglia dell'entusiasmo. Questa Comunità ha bisogno di
azione e d’idee innovative. Soprattutto di persone disposte a guardare
con ottimismo a ciò che possiamo costruire insieme in ogni campo.
La nostra è una Comunità vitale in ogni settore, a cominciare dalle
scuole e a cui sono dedicati i maggiori sforzi finanziari ma ripagati a
un crescente numero di alunni e di risultati in termini di profitto
scolastico, riconosciuto agli esami finali da tutti i Commissari
esterni. Siamo una Comunità vitale e dinamica dove sono infinite le
attività in campo educativo, giovanile, sportivo e culturale. Una
Comunità dove ogni istituzione ed ente dimostra una crescita costante.
Dall'Ospedale Israelitico, fiore all'occhiello della Sanità laziale,
alla Casa di riposo che si appresta tra pochi anni a quadruplicare i
suoi posti letto anche per anziani non autosufficienti. Vitale con i
suoi 15 Batei Hakeneset e circa 20 Minianim per Rosh Hashanà e Kippur.
Solo ieri è stato inaugurato un terzo mikvè al Bet Shalom grazie alla
donazione di un benefattore e tra pochi mesi ristruttureremo quello di
via Balbo, e con una altra famiglia stiamo studiando il luogo dove
aprirne un quarto.
Una vitalità oggi espressa anche dal cosiddetto “Ebraismo 2.0” che
potete toccare con mano sul sito www.romaebraica.it completamente
rinnovato e le nostre newsletter settimanali. In particolare la
possibilità di leggere Shalom su un Iphone/Ipad o qualunque Smartphone
su piattaforma Android. Una vera e propria rivoluzione che è solo
all'inizio e che vi consentirà a breve scaricare la tefillà secondo
rito romano, spagnolo o tripolino, di sentire ed imparare la liturgia
dei Canti Tradizionali secondo i vari minagghim, poter scaricare
l'audio/video della Parashà o Aftarà della settimana.
Entreremo, di fatto, nelle vostre case anche con gli eventi comunitari
in video grazie alla collaborazione con la costituenda "Ebraica
Channel".
Tra poco nessuno potrà dire che non sapeva ed ognuno di noi non potrà,
in particolare, non dovrà più sentirsi un "ebreo lontano".
Shanà Tovà Vechatimà tovà a tutti"
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Davar acher - Alenu leschabeach
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Parecchi mesi fa ho scritto su
questo sito della difficoltà che un ebreo non può non sentire nel ciclo
delle feste invernali cristiane: tutto un mondo intorno che festeggia
nelle maniere più diverse, dalla devota messa di mezzanotte alle
mutande rosse di chi intende godersi il capodanno nella maniera più
libertina, e il senso di essere fuori posto per chi non crede a queste
cose e non intende inchinarvisi. In questi giorni, per noi solenni alti
o perfino "terribili" (noraim allude a tutte queste cose), la discronia
è invertita: per noi ci può essere la gioia, l'augurio, l'esame di
coscienza, il pentimento, magari la serenità di una determinazione
rinnovata. Tutt'intorno le cose sono normali e pochissimi si accorgono
dello sforzo interiore che sono per noi i Moadim, nella migliore delle
ipotesi facendoci amabilmente gli auguri e scambiandole per una festona
simile a quella del 31 dicembre, altre volte protestando per il suono
molesto dello shofar, o non comprendendo perché scompariamo per alcuni
giorni. Anche tale situazione crea inevitabilmente una tensione, una
forma di disagio, un'estraneità. E' chiaro che questa estraneità fa
parte del significato delle feste: infatti, come accade per molte
regole ebraiche, al senso teologico e morale che costituiscono una
dimensione semiotica, se ne associa una sociologica, un dispositivo che
induce alla coesione del gruppo.
E anche se può essere sgradevole, bisogna capire che si tratta di una
tensione positiva, un prezzo che si paga per essere se stessi, per non
affogare in un'assimilazione dei costumi che è annullamento
dell'identità e distruzione culturale. Essere fieri delle nostre feste,
dei nostri simboli, della nostra identità, non aver paura della
differenza e della contrapposizione dei tempi e dei contenuti che essi
veicolano, è una condizione necessaria per continuare nella difficile
impresa della vita ebraica. Il fatto storico, ricordato da Rav Cipriani
in un commento di questo Rosh Hashanà che la preghiera "Alenu
leschabeach", forse la più forte affermazione identitaria dei nostri
siddurim, fosse inizialmente stata concepita per il rito di Rosh
Hashanà conferma questo pensiero. Perché quel che viviamo in questi
giorni è il senso di inchinarci davvero davanti al Signore di tutto,
mentre tutt'intorno si adora "il vuoto", che non è oggi l'idolo di
qualche politeismo e tantomeno l'intuizione della divinità incarnata
del Cristianesimo per quanto lontana da noi; ma piuttosto il culto dei
"nuovi riti e nuovi miti", dei consumi e dell'apparire, del consenso e
del buon senso che costituisce la vera idolatria assimilatrice del
nostro tempo. Sentirsi strani e vivere con orgoglio questa "stranezza",
coltivare l'autonomia del nostro pensiero e dei nostri costumi è dunque
una buona cosa, induce uno sguardo su noi stessi e su chi condivide il
nostro destino, impone una presa di distanza critica dal mondo in cui
siamo immersi. E' l'esercizio che i nostri avi hanno proseguito
fedelmente per secoli e secoli, diventato materialmente assai più
facile ma moralmente più ostico da quando le discriminazioni legali
sono cessate e le comunità si sono aperte. Ma la forza di questa
differenza perseguita con fierezza è grande, come mostra l'aneddoto di
Rosenzweig, richiamato nel seno del popolo ebraico proprio da un Yom
Kippur vissuto sulla soglia.
Un'ultima considerazione. Fra i nostri usi migliori di questo tempo –
più che un uso, un obbligo – vi è quello di chiedere scusa a chi si sia
ferito o offeso nell'anno precedente. So di aver urtato più di qualcuno
proprio con i miei scritti e me ne scuso qui. Non ho voluto aggredire
delle persone, ma combattere idee che trovo pericolose per Israele e
l'ebraismo, parole che danno forza ai nemici che vogliono distruggerci,
atteggiamenti autodistruttivi e disfattisti. A tutti chatimà tovà.
Ugo
Volli
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Qui New York - Il mondo va avanti
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Nei giorni scorsi ero a
Washington per assistere agli incontri del Fondo Monetario
Internazionale e della Banca Mondiale. Sono quindi andato a un incontro
promosso da Bank Hapoalim, la maggiore banca commerciale israeliana. Si
trattava di un breakfast di presentazione della banca e dell'economia
israeliana, alla presenza di un ex ambasciatore americano in Israele.
Il bello è arrivato subito, quando Yair Serrousi, chairman di Bank
Hapoalim, ha cominciato la sua presentazione: "Ringrazio tutti i
partecipanti e le autorità presenti, ma un saluto particolare va a un
nostro amico presente in sala, che da poche ore e' diventato padre".
E chi era il festeggiato? Hashim Shawa, Chairman e General Manager
della Bank of Palestine con sede a Ramallah.
In sala e' scoppiato un grande applauso, mentre Shawa si è alzato per
ringraziare.
Molto emozionante, e di ottimo auspicio.
Shawa e' rimasto fino alla conclusione della presentazione e alla fine
ha risposto alle domande dei giornalisti facendosi fotografare a piu'
riprese con i dirigenti della Bank Hapoalim, mentre le foto venivano
spedite in tempo reale alla stampa israealiana.
Ho pensato che il mondo va avanti, a prescindere da quello che si può
leggere sui giornali.
Andrea
Fiano, New York
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Qui Washington - Rosh
Hashana all'ombra della Casa Bianca |
Shanah tovah Umetukah, un
anno buono e dolce da Washington DC. Come si festeggiano i moadim
all’ombra della Casa Bianca? Prima di tutto mettendo mano al
portafoglio. Già perché i biglietti per le High Holidays, come sono
chiamate negli States Rosh Hashanah e Kippur, costano una fortuna.
Prendiamo Kesher Israel, splendida e storica sinagoga di Georgetown,
chiccosissimo quartiere di Washington dove tra l’altro vivono i (pochi)
politici che scelgono di riesedere in città. Kesher pubblica sul suo
sito il tariffario. Per i “non members” fra i 28 e i 65 anni, sono 350
dollari, ma se sei uno studente te la cavi con 115. Da DC Minyan si può
risparmiare qualcosa: le tariffe sono sui 170 dollari, ma per Kippur è
già tutto prenotato.
Ma le High Holiday non sono solo i posti per le tefillot. Una miriade
di eventi fioriscono per tutte le numerose sinagoghe e associazioni
ebraiche della città: si va dall’ “Apple picking” in un vero frutteto,
per raccogliere le stesse mele da intingere nel miele in segno di buon
augurio (da cui le mie coinquiline Rachel e Shira tornano talmente
cariche che ho il sospetto che quei frutti ci basteranno per un anno
intero, altro che per Rosh haShanah), al più classico “Honey cake
bakings” al TheShul. Lì ci avvolgiamo in grembiuli di plastica e ci
mettiamo a preparare i dolci che saranno serviti alla cena della prima
sera. Mentre la moglie del rav ci spiega come sia importante mettere
insieme la nostra osservanza religiosa, morale e etica in tutte le
situazioni che viviamo, e non essere diversi a seconda delle
circostanze (lavoro, casa, tempio, amici), comincio a capire cosa c’è
dietro alle torte americane stile “Nonna papera”… Litri e litri di
olio, chili di zucchero, vasetti di miele. O meglio, tazze e tazze di
tutto ciò che ho appena menzionato, visto che qui l’unità di misura di
tutti gli ingredienti, secchi o umidi, sono proprio loro, le “cups”, a
cui si aggiungono i “tea spoons” cucchiai da thè (che però sono buoni
solo per cose poco caloriche, come la baking powder e la baking soda,
che poi chissà quale sarà mai la differenza…). Una cosa è certa, qua
l’idea di iniziare l’anno in modo dolce viene presa alla lettera.
Parlando di cucina, mentre finisco di preparare il pollo kasher
organico, il mio contributo alla cena della seconda sera organizzata da
Shira, mi viene in mente che mi manca solo una cosa da fare per essere
pronta per le mie prime High Holidays in stile americano… mandare
un’email all’università per chiedere che le lezioni che perderò durante
Rosh HaShanah vengano registrate e caricare sul mio portale (una cosa
possibile solo per una serie di seri motivi, e le festività religiose
sono il primo fra quelli elencati).
Nel frattempo il presidente Barack Obama, come nel 2009 e nel 2010, ha
mandato i suoi auguri per Rosh haShanah, sottolineando che la sua
amministrazione “sta facendo tutto il possibile per promuovere la
prosperità qui nel nostro paese e la sicurezza e la pace in tutto il
mondo - e questo comprende la riaffermazione del nostro impegno verso
lo Stato d’Israele. Mentre non possiamo sapere cosa ci porterà il Nuovo
Anno, sappiamo questo: gli Stati Uniti continueranno a schierarsi a
fianco di Israele, perché il legame fra le nostre due nazioni è
indistruttibile”.
Chissà se questa dichiarazione riuscirà a fargli riguadagnare simpatia
nell’ambito della comunità ebraica americana. Perché, parlando con la
gente, non sembra che ne riscuota molta, anche fra gli elettori
democratici. Ma questo a un’altra puntata all’ombra della Casa Bianca.
Rossella Tercatin
Prosegue il dibattito
su libertà d'opinione e diversità di posizioni riguardo alla situazione
in Medio Oriente. Sul Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it fra
gli interventi pervenuti in redazione quello di Giuseppe Damascelli.
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Fassino:
"Il diritto all'esistenza
di Israele è un dovere irrinunciabile"
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Leggi la rassegna |
"La costante riaffermazione
del diritto all'esistenza dello Stato d'Israele rappresenta un dovere
morale e storico irrinunciabile per ciascuno di noi e per la cultura
politica democratica europea''. Lo ha scritto il sindaco di Torino,
Piero Fassino, nel messaggio augurale indirizzato alla Comunità ebraica
torinese in occasione di Rosh Ha-Shanà e Yom Kippur. "Guardiamo con attenzione allo scenario mediorientale e confidiamo che
tutti i protagonisti abbiamo sempre come obiettivi confronto e dialogo
che portino alla pace e alla convivenza - aggiunge Fassino - e so bene
che anche da Torino e dalla sua comunità, tra le più antiche e radicate
d'Italia, possono arrivare parole di sostegno e favore ad una soluzione
di pace negoziata e condivisa". "La storia della presenza ebraica a
Torino da più di seicento anni, il
radicamento della cultura ebraica nel tessuto della nostra città e del
paese intero, i tanti momenti drammatici che hanno visto gli ebrei
torinesi e italiani perseguitati e oppressi - conclude il sindaco -
devono rimanere per tutti noi un patrimonio comune di monito e di
insegnamento ancora più necessario oggi in un mondo che ci chiede
sempre più convivenza pacifica e confronto tra diverse culture,
religioni ed etnie".
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L'Unione
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incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
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indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
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