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2 ottobre 2011 - 4 Tishri 5772
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l'Unione informa
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moked è il portale dell'ebraismo italiano
 
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Benedetto Carucci Viterbi Benedetto
Carucci
Viterbi,
rabbino


Raccontarono a Rabbi Bunam di un uomo che viveva del tutto ritirato dal mondo. "Più di uno" disse "si ritira nel bosco e occhieggia attraverso i cespugli se qualcuno da lontano lo ammira"

David
Bidussa,
storico sociale delle idee


David Bidussa
In molti si sono augurati e hanno augurato su queste pagine un anno pieno di attesa, speranze. E’ giusto, fa parte delle regole. Ma la realtà è che così come abbiamo finito, ricominciamo. Una comunità vive e ha una possibilità di mantenersi nel tempo se riesce a esprimere comprensione e concordia tra i suoi membri. Queste due condizioni riposano sulla conoscenza intima e sull’affezione reciproca che lega i membri di una comunità, ovvero dalla partecipazione reale di ognuno alla vita degli altri. E’ una sfida che abbiamo di fronte non solo in relazione al mantenimento di ciò che siamo stati fin qui, ma ancora più radicalmente in una fase di cambiamento.Se siamo presi da questioni quali il mantenimento della identità, le relazioni con l’esterno, il bisogno di sicurezza dei propri membri, solo per citarne alcune, allora l’innovazione non avverrà e nemmeno un cambiamento concreto può essere intrapreso, perché qualsiasi processo che tenda a mutare lo statu quo ha l’effetto di creare tensioni.

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davar
Opinioni, fatti, garanzie
Continuano da parti diverse a pervenire in redazione messaggi che talvolta propongono di impedire a questo o a quello la possibilità di esprimere liberamente le proprie opinioni, talvolta esprimono allarme per il rischio che questa libertà di espressione venga negata, talvolta si cimentano nell'esercizio di contemperare entrambe tali preoccupazioni, apparentemente antitetiche, in un unico contesto. La pratica consolidata di questa redazione, che pubblica oltre 10 mila articoli l'anno, è ben chiara. L'attività di pubblicare le opinioni pervenute costituisce solo una componente e non la totalità del lavoro di chi fa i giornali, l'elemento essenziale è quello di pubblicare notizie, informazioni, documentazione e approfondimenti. Le opinioni personali, là dove non rappresentano la linea ufficiale dell'ente editore, devono restare ben distinte dal resto del contesto giornalistico. Vengono accolte con grande spirito di tolleranza le opinioni più diverse a condizione che tali espressioni non prefigurino violazioni di legge, della morale ebraica o comunque non costituiscano offesa alla dignità altrui. Questa redazione è ben conscia del dovere di applicare fedelmente le linee guida sull'informazione approvate dalle massime istanze dell'ebraismo italiano (Congresso e Consiglio dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane).
A chiarimento del primo principio (opinioni personali separate dalle prese di posizione ufficiali) il notiziario ricorda quotidianamente e immancabilmente al lettore:
“L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili”.
A garanzia del secondo principio (libertà d'espressione) si applica rigorosamente la seguente indicazione approvata all'unanimità:
“Offrire opportunità di espressione alla realtà ebraica italiana in tutta la sua complessità e varietà, favorendo un sereno confronto fra idee, identità e culture diverse, ponendo come solo confine alla libertà di espressione il rispetto dell'identità di ciascuno”.
E ancora, riguardo al delicatissimo tema della difesa della sicurezza di Israele si applica il seguente principio:
“Controbattere alla politica dei mass media tesa a rappresentare di Israele un volto esclusivamente e perennemente conflittuale, esaltando la vera realtà di Israele, fatta di società civile, di cultura, di economia, di ricerca, di tutela alle categorie più deboli, di capacità di integrazione fra persone diverse per origine e provenienza geografica”.
Nonostante il tentativo di suscitare un clima di eccitazione polemica, i mezzi di comunicazione costruiti attorno a questi chiari principi sono cresciuti e rappresentano oggi un appuntamento cui migliaia e migliaia di lettori fanno riferimento. La grande maggioranza degli utenti legge, ascolta, cerca di comprendere, si astiene dagli esibizionismi quando esprime un'opinione. Vorrebbe dialogare, non monologare. Intende procedere nella scia della tradizione degli ebrei italiani o di coloro che guardano con interesse e convinzione ai valori di cui gli ebrei italiani sono eredi e testimoni.
La redazione è cosciente dei principi dell'etica professionale, saldamente ancorata ai valori ebraici e consapevole dell'esigenza prioritaria di pace e di sicurezza dei nostri fratelli che danno vita a quello straordinario laboratorio di democrazia, di progresso e di libertà d'opinione che è lo Stato di Israele. Per quanto possano piovere incitazioni a emettere veti ed esclusioni, ingiustificate accuse di censure, infondati allarmismi e addirittura sconsiderate minacce, continueremo a compiere il nostro lavoro nella linea di libertà, tolleranza, civile confronto e serena fermezza che ha sempre contrassegnato il lungo cammino degli ebrei italiani.

gv


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pilpul
Qui Roma - Un anno per l'unità di Israele
Il Presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici ha rivolto in occasione di Rosh Hashanà 5772 agli iscritti della prima realtà ebraica italiana il seguente indirizzo di saluto:

“Il primo saluto e grazie lo rivolgo ai volontari ed ai professionali della sicurezza e tutte le Forze dell'ordine, che vigilano i nostri Batei HaKenesset mentre noi siamo in preghiera. E' difficile poter fare un bilancio dettagliato di lavoro nella nostra Comunità. Un anno denso di novità e di eventi. Alcuni lieti ed altri tristi. Pochi giorni fa abbiamo potuto toccare con mano che il rispetto che ci guadagniamo nella società in cui viviamo è superiore al pregiudizio di coloro che ci odiano. La Notte dei musei, la Giornata europea della cultura ebraica, la Notte della Cabbalà, con 30 mila partecipanti e il Festival della Letteratura e cultura ebraica stanno a dimostrare la genuina volontà di tanti cittadini di volerci conoscere condividendo con noi i momenti di gioia. Non solo quindi, amici tradizionali nel Giorno della Memoria o il 16 ottobre per commemorare doverosamente gli "ebrei morti", ma anche comprendere meglio chi sono gli "ebrei vivi". Un rispetto che non è un diritto acquisito o dovuto ma che ogni anno riusciamo a conquistarci vivendo da protagonisti e non da spettatori nella società circostante.
L'anno che ci lasciamo alle spalle è stato caratterizzato dalle modifiche dello Statuto dell'Ucei che, al di là di alcuni "tecnicismi" avvia una fase di rilancio dell'ebraismo italiano con elezione diretta di coloro i quali negli anni a venire saranno i Consiglieri nel cosiddetto “parlamentino degli ebrei italiani”, ma è stato anche l'anno delle elezioni a Roma che al di là della fiducia che mi è stata personalmente rinnovata confermando la mia presidenza, vede oggi sedere intorno al tavolo uomini e donne animati da sincera volontà di trovare insieme e collegialmente soluzioni per il bene della Comunità tutta.
Di questo sono orgoglioso e ringrazio uno ad uno tutti gli assessori e Consiglieri, alcuni neofiti ma generosi ed entusiasti. Un anno quello che affronteremo, denso di sfide, alcune fra queste appassionanti ed entusiasmanti, altre, come quella delle crisi economica, che fanno venire i brividi.
Famiglie scese nella morsa dei debiti e della povertà; famiglie che per questo perdono la loro armonia e sono fonte di separazioni e divorzi fra coniugi. Dove i figli pagano il prezzo più alto. Su questo fronte dobbiamo essere vigili e ci infonde speranza vedere con quale entusiasmo il nuovo Consiglio della Deputazione Ebraica di Assistenza ed i loro professionali stiano avviando nuove iniziative per venire incontro alle famiglie e ai singoli meno fortunati. Cosi come lo stesso impegno viene profuso dalla Dror, il nostro sportello di Gestione del debito e di prevenzione all'usura che trova apprezzamento nella città, visto che eroga assistenza anche ai non iscritti alla Cer, e i cui volontari, commercialisti, avvocati, operatori sociali, bancari, imprenditori di successo dispensano consigli e fanno sentire meno sole le famiglie schiacciate da debiti. A tale scopo faccio appello a chi fra voi è pronto a darci una mano in questo settore dedicando poche ore a settimana per aiutare la Dror.
Sento ancora nelle orecchie la disperazione e il trauma dei familiari, in particolare i figli, di Raffy Coen z.l. strappato a noi tutti da mani assassine. Quel triste evento che ha dato una ribalta non voluta alla nostra Comunità nella cronaca nera è stato uno dei momenti più duri che abbiamo dovuto affrontare.
Contestualmente altri nostri correligionari, a cui vogliamo bene, trovavano la stessa triste “ribalta” per aver subìto gli arresti domiciliari per reati di vario genere e ci auguriamo possano essere confutate le accuse nelle sedi opportune.
Mentre pensavamo di essere usciti da un incubo un’altra notizia ha sconvolto la nostra Comunità ed in particolare quella di origine libica, la malattia e poi decesso dopo pochi mesi di un giovane padre, che fino all'ultimo ha lottato con una malattia terribile. Lascia una moglie e sette figli. Lascia anche tanti amici e mentre scrivo e leggo, le lacrime scendono sul mio viso. Un uomo giusto che voglio ricordare per la sua bontà e rettitudine in famiglia e nel lavoro e che sia di esempio per noi tutti.
Quest'anno è il quinto anno che Gilad Shalit è nelle mani dei terroristi. Noi oggi preghiamo in particolare  per lui affinché torni dai suoi genitori Noam e Aviva. Non finiremo mai di combattere per la sua liberazione.
Israele è oggi più che mai sotto assedio, circondata da nazioni ostili e che vogliono il suo annientamento e distruzione. Una situazione che è speculare a quella del 1948, ma con un distinguo: alcune di queste nazioni, come l'Iran del tiranno Ahmadinejad potrebbero usare l'arma nucleare. La cosiddetta "Primavera Araba" che ha acceso il cuore e l'illusione di molti ingenui fra noi, si è rivelata con il suo vero volto. Un grigio e rigido "inverno" dove i gruppi integralisti, a cominciare dai Fratelli Musulmani riporteranno indietro le lancette del tempo. Ma la forza d'Israele è anche l'unità di tutto Am Israel, dentro Israele e nella Golà, nella Diaspora. Uniti non abbiamo nulla da temere. Siamo tutti fratelli, a Roma, New York, Parigi, Mosca, fino Yerushalaim, Tel Aviv, Haifa, Itamar o Hevron, tanto per fare alcuni esempi.
Kol HaYehudim arevim ze la ze. Ogni ebreo e responsabile dell’altro.
Per questo dobbiamo mobilitarci con ogni mezzo, usando l'arma della verità e della giustizia. Aprendo al mondo intero gli occhi su un Israele faro della sapienza e del progresso in ogni campo, contro il buio dell'oscurantismo e del terrore dei suoi vicini.
Ma oggi è Rosh Hashanà ed è giusto parlare di cose liete che ci aspettano. Israele non è più un rifugio o la nostra "ultima spiaggia" bensì il luogo dove ricominciare una nuova vita, Jonathan, un ebreo romano ferito a 4 anni il 9 ottobre del 1982 dai palestinesi  e che oggi vive in Israele dove ha messo su famiglia, alcuni giorni fa ha scritto un commovente intervento in merito alla discussione sul futuro ebraismo italiano ed il legame con nostre Comunità italiane, prendendo come esempio dal matrimonio di Dany Anav, nipote sabra di Lello con Elinor la figlia del nostro rav Cesare Moscati. A loro un particolare mazal tov.
Israele è meta di tante famiglie della nostra Comunità che "cancellandosi" ci annunciano con loro Alyà questo passo importante. Israele è il paese che nonostante la crisi economica che attanaglia l'umanità ha una crescita quest’anno di più di 5 punti del PIL  e ne sono previsti per l’anno prossimo 7. La maggior parte delle aziende di HiTech quotate al Nasdaq sono israeliane. Un paese giovane che guarda ai giovani nelle sue politiche sociali e della famiglia. Un luogo dove costruire noi tutti le basi e "l'assicurazione" per i nostri figli. Per questo rafforzare e potenziare la lingua ebraica nelle nostre scuole non è più solo un optional, ma una necessità.
Ma se Israele è il nostro futuro, guardiamo anche al presente e rafforzare l'unità dentro la nostra antica e gloriosa Comunità è un obiettivo vicino. Abbiamo bisogno di guardarci negli occhi, abbandonare la voglia della polemica e a volte della maldicenza per intraprendere con coraggio la voglia dell'entusiasmo. Questa Comunità ha bisogno di azione e d’idee innovative. Soprattutto di persone disposte a guardare con ottimismo a ciò che possiamo costruire insieme in ogni campo.
La nostra è una Comunità vitale in ogni settore, a cominciare dalle scuole e a cui sono dedicati i maggiori sforzi finanziari ma ripagati a un crescente numero di alunni e di risultati in termini di profitto scolastico, riconosciuto agli esami finali da tutti i Commissari esterni. Siamo una Comunità vitale e dinamica dove sono infinite le attività in campo educativo, giovanile, sportivo e culturale. Una Comunità dove ogni istituzione ed ente dimostra una crescita costante. Dall'Ospedale Israelitico, fiore all'occhiello della Sanità laziale, alla Casa di riposo che si appresta tra pochi anni a quadruplicare i suoi posti letto anche per anziani non autosufficienti. Vitale con i suoi 15 Batei Hakeneset e circa 20 Minianim per Rosh Hashanà e Kippur. Solo ieri è stato inaugurato un terzo mikvè al Bet Shalom grazie alla donazione di un benefattore e tra pochi mesi ristruttureremo quello di via Balbo, e con una altra famiglia stiamo studiando il luogo dove aprirne un quarto.
Una vitalità oggi espressa anche dal cosiddetto “Ebraismo 2.0” che potete toccare con mano sul sito www.romaebraica.it completamente rinnovato e le nostre newsletter settimanali. In particolare la possibilità di leggere Shalom su un Iphone/Ipad o qualunque Smartphone su piattaforma Android. Una vera e propria rivoluzione che è solo all'inizio e che vi consentirà a breve scaricare la tefillà secondo rito romano, spagnolo o tripolino, di sentire ed imparare la liturgia dei Canti Tradizionali secondo i vari minagghim, poter scaricare l'audio/video della Parashà o Aftarà della settimana.
Entreremo, di fatto, nelle vostre case anche con gli eventi comunitari in video grazie alla collaborazione con la costituenda "Ebraica Channel".
Tra poco nessuno potrà dire che non sapeva ed ognuno di noi non potrà, in particolare,  non dovrà più sentirsi un "ebreo lontano".

Shanà Tovà Vechatimà tovà a tutti"

Davar acher - Alenu leschabeach
Ugo VolliParecchi mesi fa ho scritto su questo sito della difficoltà che un ebreo non può non sentire nel ciclo delle feste invernali cristiane: tutto un mondo intorno che festeggia nelle maniere più diverse, dalla devota messa di mezzanotte alle mutande rosse di chi intende godersi il capodanno nella maniera più libertina, e il senso di essere fuori posto per chi non crede a queste cose e non intende inchinarvisi. In questi giorni, per noi solenni alti o perfino "terribili" (noraim allude a tutte queste cose), la discronia è invertita: per noi ci può essere la gioia, l'augurio, l'esame di coscienza, il pentimento, magari la serenità di una determinazione rinnovata. Tutt'intorno le cose sono normali e pochissimi si accorgono dello sforzo interiore che sono per noi i Moadim, nella migliore delle ipotesi facendoci amabilmente gli auguri e scambiandole per una festona simile a quella del 31 dicembre, altre volte protestando per il suono molesto dello shofar, o non comprendendo perché scompariamo per alcuni giorni. Anche tale situazione crea inevitabilmente una tensione, una forma di disagio, un'estraneità. E' chiaro che questa estraneità fa parte del significato delle feste: infatti, come accade per molte regole ebraiche, al senso teologico e morale che costituiscono una dimensione semiotica, se ne associa una sociologica, un dispositivo che induce alla coesione del gruppo.
E anche se può essere sgradevole, bisogna capire che si tratta di una tensione positiva, un prezzo che si paga per essere se stessi, per non affogare in un'assimilazione dei costumi che è annullamento dell'identità e distruzione culturale. Essere fieri delle nostre feste, dei nostri simboli, della nostra identità, non aver paura della differenza e della contrapposizione dei tempi e dei contenuti che essi veicolano, è una condizione necessaria per continuare nella difficile impresa della vita ebraica. Il fatto storico, ricordato da Rav Cipriani in un commento di questo Rosh Hashanà che la preghiera "Alenu leschabeach", forse la più forte affermazione identitaria dei nostri siddurim, fosse inizialmente stata concepita per il rito di Rosh Hashanà conferma questo pensiero. Perché quel che viviamo in questi giorni è il senso di inchinarci davvero davanti al Signore di tutto, mentre tutt'intorno si adora "il vuoto", che non è oggi l'idolo di qualche politeismo e tantomeno l'intuizione della divinità incarnata del Cristianesimo per quanto lontana da noi; ma piuttosto il culto dei "nuovi riti e nuovi miti", dei consumi e dell'apparire, del consenso e del buon senso che costituisce la vera idolatria assimilatrice del nostro tempo. Sentirsi strani e vivere con orgoglio questa "stranezza", coltivare l'autonomia del nostro pensiero e dei nostri costumi è dunque una buona cosa, induce uno sguardo su noi stessi e su chi condivide il nostro destino, impone una presa di distanza critica dal mondo in cui siamo immersi. E' l'esercizio che i nostri avi hanno proseguito fedelmente per secoli e secoli, diventato materialmente assai più facile ma moralmente più ostico da quando le discriminazioni legali sono cessate e le comunità si sono aperte. Ma la forza di questa differenza perseguita con fierezza è grande, come mostra l'aneddoto di Rosenzweig, richiamato nel seno del popolo ebraico proprio da un Yom Kippur vissuto sulla soglia.
Un'ultima considerazione. Fra i nostri usi migliori di questo tempo – più che un uso, un obbligo – vi è quello di chiedere scusa a chi si sia ferito o offeso nell'anno precedente. So di aver urtato più di qualcuno proprio con i miei scritti e me ne scuso qui. Non ho voluto aggredire delle persone, ma combattere idee che trovo pericolose per Israele e l'ebraismo, parole che danno forza ai nemici che vogliono distruggerci, atteggiamenti autodistruttivi e disfattisti. A tutti chatimà tovà.

Ugo Volli


Qui New York - Il mondo va avanti
andrea fianoNei giorni scorsi ero a Washington per assistere agli incontri del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale. Sono quindi andato a un incontro promosso da Bank Hapoalim, la maggiore banca commerciale israeliana. Si trattava di un breakfast di presentazione della banca e dell'economia israeliana, alla presenza di un ex ambasciatore americano in Israele. Il bello è arrivato subito, quando Yair Serrousi, chairman di Bank Hapoalim, ha cominciato la sua presentazione: "Ringrazio tutti i partecipanti e le autorità presenti, ma un saluto particolare va a un nostro amico presente in sala, che da poche ore e' diventato padre".
E chi era il festeggiato? Hashim Shawa, Chairman e General Manager della Bank of Palestine con sede a Ramallah.
In sala e' scoppiato un grande applauso, mentre Shawa si è alzato per ringraziare.
Molto emozionante, e di ottimo auspicio.
Shawa e' rimasto fino alla conclusione della presentazione e alla fine ha risposto alle domande dei giornalisti facendosi fotografare a piu' riprese con i dirigenti della Bank Hapoalim, mentre le foto venivano spedite in tempo reale alla stampa israealiana.
Ho pensato che il mondo va avanti, a prescindere da quello che si può leggere sui giornali.

Andrea Fiano, New York

Qui Washington - Rosh Hashana all'ombra della Casa Bianca
Shanah tovah Umetukah, un anno buono e dolce da Washington DC. Come si festeggiano i moadim all’ombra della Casa Bianca? Prima di tutto mettendo mano al portafoglio. Già perché i biglietti per le High Holidays, come sono chiamate negli States Rosh Hashanah e Kippur, costano una fortuna. Prendiamo Kesher Israel, splendida e storica sinagoga di Georgetown, chiccosissimo quartiere di Washington dove tra l’altro vivono i (pochi) politici che scelgono di riesedere in città. Kesher pubblica sul suo sito il tariffario. Per i “non members” fra i 28 e i 65 anni, sono 350 dollari, ma se sei uno studente te la cavi con 115. Da DC Minyan si può risparmiare qualcosa: le tariffe sono sui 170 dollari, ma per Kippur è già tutto prenotato.
Ma le High Holiday non sono solo i posti per le tefillot. Una miriade di eventi fioriscono per tutte le numerose sinagoghe e associazioni ebraiche della città: si va dall’ “Apple picking” in un vero frutteto, per raccogliere le stesse mele da intingere nel miele in segno di buon augurio (da cui le mie coinquiline Rachel e Shira tornano talmente cariche che ho il sospetto che quei frutti ci basteranno per un anno intero, altro che per Rosh haShanah), al più classico “Honey cake bakings” al TheShul. Lì ci avvolgiamo in grembiuli di plastica e ci mettiamo a preparare i dolci che saranno serviti alla cena della prima sera. Mentre la moglie del rav ci spiega come sia importante mettere insieme la nostra osservanza religiosa, morale e etica in tutte le situazioni che viviamo, e non essere diversi a seconda delle circostanze (lavoro, casa, tempio, amici), comincio a capire cosa c’è dietro alle torte americane stile “Nonna papera”… Litri e litri di olio, chili di zucchero, vasetti di miele. O meglio, tazze e tazze di tutto ciò che ho appena menzionato, visto che qui l’unità di misura di tutti gli ingredienti, secchi o umidi, sono proprio loro, le “cups”, a cui si aggiungono i “tea spoons” cucchiai da thè (che però sono buoni solo per cose poco caloriche, come la baking powder e la baking soda, che poi chissà quale sarà mai la differenza…). Una cosa è certa, qua l’idea di iniziare l’anno in modo dolce viene presa alla lettera.
Parlando di cucina, mentre finisco di preparare il pollo kasher organico, il mio contributo alla cena della seconda sera organizzata da Shira, mi viene in mente che mi manca solo una cosa da fare per essere pronta per le mie prime High Holidays in stile americano… mandare un’email all’università per chiedere che le lezioni che perderò durante Rosh HaShanah vengano registrate e caricare sul mio portale (una cosa possibile solo per una serie di seri motivi, e le festività religiose sono il primo fra quelli elencati).
Nel frattempo il presidente Barack Obama, come nel 2009 e nel 2010, ha mandato i suoi auguri per Rosh haShanah, sottolineando che la sua amministrazione “sta facendo tutto il possibile per promuovere la prosperità qui nel nostro paese e la sicurezza e la pace in tutto il mondo - e questo comprende la riaffermazione del nostro impegno verso lo Stato d’Israele. Mentre non possiamo sapere cosa ci porterà il Nuovo Anno, sappiamo questo: gli Stati Uniti continueranno a schierarsi a fianco di Israele, perché il legame fra le nostre due nazioni è indistruttibile”.
Chissà se questa dichiarazione riuscirà a fargli riguadagnare simpatia nell’ambito della comunità ebraica americana. Perché, parlando con la gente, non sembra che ne riscuota molta, anche fra gli elettori democratici. Ma questo a un’altra puntata all’ombra della Casa Bianca.

Rossella Tercatin

Prosegue il dibattito su libertà d'opinione e diversità di posizioni riguardo alla situazione in Medio Oriente. Sul Portale dell'ebraismo italiano www.moked.it fra gli interventi pervenuti in redazione quello di Giuseppe Damascelli.

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Fassino: "Il diritto all'esistenza
di Israele è un dovere irrinunciabile"

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"La costante riaffermazione del diritto all'esistenza dello Stato d'Israele rappresenta un dovere morale e storico irrinunciabile per ciascuno di noi e per la cultura politica democratica europea''. Lo ha scritto il sindaco di Torino, Piero Fassino, nel messaggio augurale indirizzato alla Comunità ebraica torinese in occasione di Rosh Ha-Shanà e Yom Kippur. "Guardiamo con attenzione allo scenario mediorientale e confidiamo che tutti i protagonisti abbiamo sempre come obiettivi confronto e dialogo che portino alla pace e alla convivenza - aggiunge Fassino - e so bene che anche da Torino e dalla sua comunità, tra le più antiche e radicate d'Italia, possono arrivare parole di sostegno e favore ad una soluzione di pace negoziata e condivisa". "La storia della presenza ebraica a Torino da più di seicento anni, il radicamento della cultura ebraica nel tessuto della nostra città e del paese intero, i tanti momenti drammatici che hanno visto gli ebrei torinesi e italiani perseguitati e oppressi - conclude il sindaco - devono rimanere per tutti noi un patrimonio comune di monito e di insegnamento ancora più necessario oggi in un mondo che ci chiede sempre più convivenza pacifica e confronto tra diverse culture, religioni ed etnie".














 
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