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Ebraismo e modernità |
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Nella discussione sul rapporto
tra ebraismo e cultura moderna, svoltasi lo scorso 4 settembre, in
occasione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, alla Comunità
ebraica di Siracusa (alla quale abbiamo già fatto cenno, su queste
pagine, lo scorso mercoledì 14 settembre), un problema
particolarmente
interessante che è stato affrontato è quello dei diversi linguaggi
dell’arte e della scienza che sono stati attraversati, nel corso del
Novecento, dalla creatività ebraica. Essa, come è noto, ha permeato
profondamente di sé tutti i campi della cultura umana, dalla musica
(con Mendelsohn, Mahler, Gershwin, Schönberg, Stockhausen, Berlin,
Dylan…) alla letteratura (Proust, Brecht, Bellow, Kafka, Canetti,
Celan, Miller, Morante, Svevo, Saba, Agnon, Vassily Grossman, Isaak e
Israel Singer, Némirovsky, Carlo e Primo Levi…), dall’arte figurativa
(Chagall, Liechtenstein, Lucien Freud, Rauschenberg…) alle scienze
(Einstein, Freud, Sabin, Gödel, Bettelheim, von Neumann, Oppenheimer,
Durkheim, Lévi-Strauss, Mauss, Levi Montalcini…), dalla filosofia
(Rosenzweig, Buber, Scholem, Adorno, Neher, Aron, Levinas, Barth,
Marcuse, Sartre, Benjamin, Arendt, Derrida…) alla storiografia (Juster,
Lenel, Momigliano, Volterra, Sereni, Finley, Rabello…), dal cinema
(fratelli Marx, Eisenstein, Polansky, Allen, Spielberg, Lewis, Brooks,
Mathau…), all’architettura (Mendelsohn, Neufeld, Liebeskind…) alla
fotografia (Capa, Newton…). Non è certo esagerato affermare che la
cultura moderna, nel suo insieme, è figlia dell’ebraismo: basti
pensare, al riguardo, alla semplice esistenza della psicanalisi e della
teoria della relatività, dell’antropologia e dell’esistenzialismo,
della musica dodecafonica, del cinema sperimentale e dell’arte
informale.
Ma, a voler ripercorrere i tumultuosi e contorti percorsi compiuti, in
Europa e in America, dall’intelligenza ebraica (quantunque
secolarizzata, deviata, eretica, contaminata ecc. ecc.), si potrà
notare che i risultati più prodigiosi si sono registrati, volta per
volta, in campi differenti e in tempi diversi, come se la fiaccola del
genio fosse passata, in una tacita staffetta, dalle mani degli
scienziati a quelle degli artisti, per poi tornare nuovamente sul
terreno della scienza, e così via. Non è, certo, qualcosa che si possa
misurare con esattezza, ma è innegabile, per esempio, che ci siano
stati degli anni in cui i filosofi ebrei hanno rappresentato la punta
più avanzata del pensiero mondiale, e altri anni in cui la genialità
ebraica ha alimentato nuove forme di espressione nelle arti plastiche e
figurative. Ciò, probabilmente, non è dipeso dal caso, ma, almeno in
una certa misura, dalle diverse capacità di ascolto maturate, nei vari
contesti, in determinati momenti storici. Oggi, per esempio, non sembra
essere più il momento di una “filosofia ebraica”, essendosi, forse,
esaurita l’investigazione sul “non senso”, o sul “senso perduto”, e non
essendo stato ancora trovato un nuovo, possibile orizzonte di
significato. O anche perché, forse, la funzione dei filosofi è oggi
affidata agli scrittori, le cui pagine, scritte in America (con Foer,
Krauss, Roth) e in Israele (Oz, Appelfed, Yehoshua), assolvono, sempre
più, quei compiti di ricerca esistenziale e morale (sull’“essere” e il
“dover essere”) un tempo tipico appannaggio della filosofia. L’eterna
oscillazione dell’anima ebraica, per esempio, tra particolarismo e
universalismo, fedeltà a una specifica tradizione e appartenenza
all’umanità tutta, è stata espressa, nel secolo passato, da pensatori
come Neher e Levinas, con parole che restano ancora insuperate. Ma la
stessa rappresentazione emerge oggi, in modo potente, drammatico e
doloroso, negli impietosi romanzi (come Pastorale americana o Il teatro
di Sabbath) di Philip Roth.
Francesco
Lucrezi, storico
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rassegna
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Israele
- Cervelletto robotico impiantato con successo
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Leggi la rassegna |
Innovativa tecnologia presentata dai ricercatori
dell'Università
di Tel Aviv al convegno Strategies for Engineered Negligible Senescence
di Cambridge (Regno Unito): l'impianto in un ratto del primo
cervelletto robotico funzionante. Nel futuro, spiegano i ricercatori,
questa tecnologia potrebbe portare allo sviluppo di impianti
elettronici che rimpiazzino i tessuti danneggiati nel cervello umano,
ad esempio nell'ottica di sostituire arti amputati con protesi
robotiche. Matti Mintz, coordinatore della ricerca, spiega che si
tratta di ''una prova del fatto che possiamo registrare informazioni
dal cervello, analizzarle in modo simile a quello che succede nei
circuiti biologici e rinviarle al cervello''.
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Non vi sono nuove notizie
rilevanti sulla rassegna stampa di oggi. È interessante leggere due
inchieste sull'incendio di una moschea in Glailea che ha
molto appassionato i media (cui peraltro gli incendi delle sinagoghe,
per esempio in Grecia nei mesi scorsi non sono sembrati degni di nota,
e neppure quelli delle chiese, diffusi in tutto il Medio Oriente, per
esempio l'altro giorno in Egitto).
Ugo
Volli
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