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7 ottobre
2011 - 9 Tishri 5772 |
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Alfonso Arbib, rabbino capo di
Milano
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Chakhamìm dicono che la vigilia di Kippùr ha quasi la stessa importanza
del giorno di Kippùr e che in questo giorno è mitzvà mangiare: Kippùr è
un momento straordinario e unico dell'anno ebraico. Secondo un famoso
midràsh, a Kippùr noi siamo come angeli. Ma Kippùr è appunto
eccezionale, cioè un'eccezione alla regola. A noi non viene chiesto di
essere angeli ma di essere uomini nel modo migliore. L'obbiettivo da
raggiungere non è trasformare l'anno in un eterno Kippùr ma che questo
giorno ci dia la spinta per santificare la nostra vita quotidiana. Lo
Sfat Emet, commentando il verso dei Salmi "Il cielo appartiene a Dio e
la terra è stata data agli uomini", dice che la terra è stata data agli
uomini per trasformarla in cielo.
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Laura Quercioli
Mincer, slavista
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| Nell’appassionato
libro-pamphlet Se niente importa. Perché mangiamo gli animali? lo
scrittore ebreo americano Jonathan Safran Foer cita questa
conversazione avuta con la nonna, sopravvissuta alla Shoah in Europa,
che introduce il testo e ne spiega il titolo. “Non
era un granché mangiare dai bidoni della spazzatura. Mangiavo quello
che gli altri non erano disposti a mangiare. [...] Mangiavo cose che
non ti direi mai. [...] Il peggio arrivò verso la fine. Moltissime
persone morivano proprio alla fine, e io non sapevo se avrei
resistito un altro giorno. Un contadino, un russo, Dio lo benedica,
vide in che stato ero, entrò in casa e ne uscì con un pezzo di carne
per me”. “Ti salvò la vita”. “Non lo mangiai". “Non lo mangiasti?” “Era maiale. Non ero disposta a mangiare maiale”. “Perché?” “Che vuol dire perché?” “Come? Perché non era kasher”? “Certo”. “Ma neppure per salvarti la vita?” “Se niente importa, non c’è niente da salvare”.
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Yom Kippur - Poche ore al più alto momento di riflessione I rabbini italiani si preparano a lanciare il loro messaggio |
Previsioni
di tempo variabile, fra preoccupazioni e ottimismo, fra nuvole e raggi
di sole, fra speranze e amarezze; critiche, polemiche, delusioni, ma
anche progetti realizzati, nuovi slanci e fermi propositi di impegno e
di rilancio per il nuovo anno, sotto le volte delle sinagoghe italiane.
Ancora poche ore e sarà Yom Kippur, il momento più solenne del
calendario ebraico. Il lungo digiuno in cui si compie un bilancio
dell'anno alle spalle, in cui si chiede perdono per i peccati commessi
e in cui ci si proietta in un futuro che deve diventare un nuovo inizio. Alla
vigilia di questo appuntamento capace tradizionalmente di richiamare
nelle sinagoghe la massima affluenza di ebrei vicini e lontani,
religiosi e laici, viaggiatori e indigeni, che aria tira nelle 21
Comunità ebraiche italiane? E soprattutto, di cosa parleranno, su cosa
metteranno l'accento i rabbini italiani nel loro tradizionale discorso
di Neilà che si va definendo in queste ore, e si terrà a così poca
distanza dalla conclusione della solennità che costituisce uno dei
momenti più sentiti e partecipati della ricorrenza? Per molti
rabbanim sono ore febbrili di preparazione e di meditazione. Abbiamo
cercato di cogliere dai loro umori della vigilia alcuni spunti su quale
messaggio giungerà agli ebrei italiani riuniti in preghiera nella
serata di domani. "Il discorso di Yom Kippur - spiega rav Adolfo
Locci, rabbino capo di Padova - in genere è un discorso più 'religioso'
di quello pronunciato per Rosh HaShanà. Il mio, che prenderà spunto
dalla parashat teshuvà, verterà di conseguenza sul concetto di
pentimento e sulla completa padronanza di esso. Il tutto calato in un
contesto sociale comunitario con la necessità di guardare al passato ma
anche al futuro". Uno sguardo al futuro sarà rivolto anche da rav
Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna, che nel discorso di Rosh
HaShanà aveva allargato la prospettiva alle vicende internazionali e al
futuro di Eretz Israel mentre in questa occasione definirà nello
specifico i concetti di teshuvà, tzedakà e tefillà e le loro
interconnessioni. "La partecipazione nei precedenti giorni di moed è
stata buona quindi posso immaginare che anche per Kippur il Tempio sarà
gremito" aggiunge fiducioso rav Sermoneta. L'analisi della forza
della Teshuvà a partire da gesti semplici e quotidiani: questo al
centro della relazione che viene in queste ore ultimata dal rav Joseph
Levi, rabbino capo di Firenze. "Parlerò - racconta il rav - della
capacità incredibile e sconvolgente della Teshuvà di trasformare la
nostra esistenza da una visione egocentrica a una visione di bontà dove
la capacità di offrirsi all’altro è al centro di tutto. Partirò da
gesti alla portata i tutti. Un sorriso in più la sera, una parola
cordiale in più la mattina". Rav Eliahu Birnbaum, rabbino capo di
Torino, sta pensando di articolare il suo pensiero in tre punti. Nel
primo analizzerà le ragioni per cui ogni anno così tante persone si
ritrovano in sinagoga per Yom Kippur e soprattutto cosa spinge chi non
partecipa abitualmente ad entrare nei Batè Haknesset. Il secondo
verterà sul rapporto che vi è tra ogni uomo e le sue radici culturali e
religiose. Il terzo infine si declinerà sul tema della fiducia e della
speranza specie nel rapporto tra ebraismo diasporico e Israele. Grande
attesa anche a Roma, dove da molti il discorso del rabbino capo rav
Riccardo Di Segni è considerato un testo di riferimento per le
riflessioni di tutto un anno. Ci si attende che a conclusione di un
anno attraversato anche da momenti difficili e incomprensioni fra
gruppi diversi il rav farà riferimento ai tanti modi e alle tante
sensibilità differenti che caratterizzano le straordinarie vicende
dell'ebraismo in questo paese. Una riflessione ad ampio raggio, quella
che tradizionalmente compie il rabbino capo della Capitale, che
toccherà quindi le molte anime della piccola ma vivace comunità ebraica
italiana. Si tratta di una esigenza, quella di trovare un momento di
accordo anche al di là delle profonde diversità, che tra gli altri ben
conosce rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano, il cui discorso si
rivolgerà a una comunità che ha nella varietà di culture, tradizioni e
provenienze una delle caratteristiche essenziali.
Adam Smulevich
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Teshuvà nel racconto |
Siamo
alla vigilia di Kippur, alla conclusione di un processo di riflessione
sul nostro comportamento nell’anno trascorso. In questo stesso periodo
dell’anno mi trovo a introdurre alle nuove classi la Commedia dantesca
e cerco di spiegare come la differenza tra i personaggi delle prime due
cantiche non stia nella gravità dei peccati commessi, ma nella capacità
o meno di pentimento, che si rivela attraverso il racconto della
propria vita che ciascuno propone: quindi - dico ai miei allievi -
dovete fare attenzione ai personaggi dell’Inferno perché non sempre
sono attendibili, non perché non dicano la verità, ma perché la
raccontano in modo tale da nascondere o confondere le proprie
responsabilità. A pensarci bene anche noi, persone in carne ed ossa
vive e vegete e ancora capaci di agire, raccontiamo in continuazione:
chiacchieriamo, mandiamo e-mail, stendiamo relazioni, interveniamo
nelle riunioni, scriviamo articoli; continuamente ci troviamo a
riferire cosa abbiamo fatto e cosa non abbiamo fatto, cosa è andato
secondo i nostri progetti e cosa è andato storto. E’ una continua
prova, difficilissima da superare: spesso ci rendiamo conto di avere
sbagliato, siamo anche disposti a chiedere scusa, e siamo seriamente
intenzionati a non ripetere i nostri errori, ma come ci comportiamo
tutte le volte in cui ci capita l’occasione di raccontare l’accaduto a
terzi? Spesso facciamo come i dannati di Dante: ci soffermiamo sui
particolari che ci fanno fare bella figura, mettiamo in evidenza le
responsabilità degli altri, lasciamo un po’ tra le righe le nostre.
Eppure il racconto dei nostri errori potrebbe aiutare altri a non
commetterli. Dunque non siamo responsabili solo verso le persone
direttamente o indirettamente danneggiate dal nostro comportamento, ma
anche verso tutte quelle a cui abbiamo occasione di raccontarlo. Fa
paura pensarci, ma è anche vero che, se i nostri racconti sono utili
per gli altri, vuol dire che i racconti degli altri sono utili per noi:
in fondo anche le conversazioni più oziose (magari persino quelle che
si fanno a Kippur invece di seguire la tefillà…) potrebbero contenere
un prezioso insegnamento. Chatimà Tovà a tutti
Anna Segre, insegnante
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notizieflash |
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rassegna
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Qui Torino - Ricordando Giorgina |
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Leggi la rassegna |
Un
limmud in ricordo di Giorgina Arian Levi si è svolto ieri, al Centro
sociale della Comunità ebraica di Torino. Parlamentare, giornalista,
insegnante e scrittrice ebrea torinese scomparsa all’inizio di
settembre, Giorgina è stata ricordata dal consigliere David Sorani che
ha sottolineato quanto questa donna non abbia mai esitato a manifestare
(...)
Tommaso De Pas continua
>> |
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Rassegna
stampa asciutta, in un giorno come questo, concedendo al lettore –
anche per l’immediata prossimità del Kippur – un po’ di tregua
dall’abituale affastellarsi di parole concave, tanto rotonde quanto, a
volte, cacofoniche e vuote di contenuto. Peraltro la lettura dei
giornali non ci riserva particolari sorprese(...)
Claudio Vercelli
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