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19 ottobre
2011 - 21 Tishri 5772 |
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David Sciunnach,
rabbino
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Spesso ci viene
domandato perché la festa di Simchath Toràh, che è una festa comandata
dai Maestri, sia stata posta proprio alla fine di questo ciclo di
ricorrenze e quale sia il legame tra questa e la festa di Sukkòth. I
Maestri ci insegnano che tutte le ricorrenze del mese di Tishrì sono
legate tra loro, da un rinnovamento spirituale che è la forza e
l’energia per il nuovo anno che stiamo per intraprendere. Durante la
festa di Sukkòth veniva offerta, eccezionalmente per questi sette
giorni, sull’altare del Tempio di Gerusalemme dell’acqua, al fine di
chiedere al Creatore un'abbondanza di acqua per il nuovo anno. Ed è
anche noto a tutti che nel giorno di Sheminì ‘Azèreth viene cambiata la
richiesta all’interno della preghiera, e che da richiesta di rugiada si
passa ad una richiesta di acqua. I Maestri paragonano la Toràh al acqua
perché cosi come un uomo non potrebbe sopravvivere senza acqua, un
ebreo non può sopravvivere senza Toràh. E così come l’acqua che è un
dono che viene dall’alto, e va verso il basso ed irriga, nutre tutti
gli esseri viventi e fa germogliare la terra, la Toràh viene
dall’Altissimo per noi che siamo qui in basso e nutre lo spirito di
ogni essere vivente.
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Davide
Assael,
ricercatore
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Sicuramente, come in ogni
democrazia del mondo, nella liberazione di Gilad Shalit rientreranno
anche elementi di convenienza nei confronti del proprio elettorato ed
il governo Netanyahu avrà gioco facile a presentare il ritorno in
patria del soldato come un proprio successo, cosa peraltro vera. Ai
miei occhi, però, dal momento che ogni governo democratico cerca di
assecondare la sensibilità della cittadinanza, questa sarebbe
un’ulteriore conferma dell’orizzonte etico in cui si è formata la
psicologia ebraica. Un orizzonte che ha visto Moshè Rabbenu andare ad
inseguire la singola pecorella allontanatasi dal gregge e che oggi
valuta il valore di una vita uguale a quello di 1.027. Mi pare davvero
sospetto che i media insistano di più sui contrasti che il caso ha
suscitato in Israele piuttosto che sull’enorme disparità palesatasi
agli occhi di tutti.
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Qui Roma
- "Noi giovani per Shalit"
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Per quel loro sfortunato coetaneo avevano fatto spegnere le luci del
Colosseo in una calda e commovente notte di prima estate che aveva
richiamato migliaia di cittadini romani nel luogo simbolo della Città
Eterna. Tutti stretti, assieme a molti rappresentanti delle istituzioni
e a numerosi leader ebraici, al fianco del padre di Gilad, quel Noam
Shalit che per anni ha condotto assieme alla moglie Aviva una indomita
battaglia per la liberazione del figlio. Oggi Giuseppe Piperno, ex
presidente dell'Unione Giovani Ebrei d'Italia, e Angelo Moscati,
presidente del Benè Berith Giovani Roma, vivono con emozione e
partecipazione la notizia della liberazione del caporale israeliano
dalle mani di Hamas. La mente torna così a quella intensa notte
capitolina. Era il 24 giugno 2010, quarto anniversario del rapimento di
Gilad. Una notte di passione, ricorda Piperno, "in cui gli spiragli
positivi per la sorte di Shalit sembravano ancora pochi". Si combatteva
con la forza della speranza, quella della HaTikwa, inno dello Stato di
Israele, che sarebbe risuonata nell'aria al termine della
manifestazione. Ad infondere coraggio e serenità alla platea un uomo
semplice e straordinario: Noam Shalit. "L'incontro con Noam – spiega
Giuseppe – è stata l'esperienza più toccante di quelle ore. Incredibile
la tenacia di quest'uomo, capace di percorrere ogni strada possibile
per favorire la liberazione del figlio. Eppure, nonostante la tragicità
della situazione, non ha mai perso la calma andando avanti
implacabilmente in questo percorso. Quelle ore trascorse con lui sono e
resteranno per sempre indimenticabili". Angelo Moscati ha il cuore in
gola. Ieri, tra televisione, radio e internet ha seguito tutte le
emozioni e i passaggi di una giornata storica. La sua speranza è quella
di avere presto Gilad a Roma nella sede del Benè Berith Giovani,
sezione Stefano Gay Taché, di cui Shalit era stato nominato, proprio
nelle ore che precedevano la manifestazione al Colosseo, presidente
onorario. “La nomina di Gilad era il minimo che potessimo fare. Un
piccolo ma simbolico gesto che in quella grande notte romana avevamo
proposto fosse emulato dalle altre associazioni presenti, a partire da
quelle ebraiche. Un modo per ricordare, in ogni conferenza, in piazza,
di notte e di giorno, i diritti che gli erano negati. Fortunatamente
ieri l'incubo è finito”. Entusiasta anche Daniele Regard, attuale
presidente Ugei, in piazza come molti altri giovani ebrei romani ieri
alla festa indetta dal sindaco Alemanno in Campidoglio. “La
manifestazione al Colosseo – dice – ha segnato un passaggio
fondamentale per l'Ugei che da allora non ha mai fatto mancare il suo
impegno in azioni di sensibilizzazione e informazione sulla vicenda di
Shalit”. Un impegno, spiega Daniele, che è proseguito con iniziative
finora meno eclatanti ma che prevedeva, per il prossimo 15 dicembre –
data in cui sarebbero ricorsi 2mila giorni di prigionia per Gilad – una
marcia per le strade di Roma da organizzarsi sotto il patrocinio della
presidenza della Repubblica. “Non sono mai stato felice di riporre un
progetto nel cassetto come in questo caso” chiosa Regard.
Adam Smulevich
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Qui Roma
- Nel canto di Hosha'anà un pensiero a Gilad
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È stata una cerimonia di
Hosha'anà Rabbà molto sentita quella che ha raccolto la Comunità ebraica
di Roma questa mattina. In particolare dopo il discorso del rabbino
capo rav Riccardo Di Segni che, dalla tevà del Tempio Maggiore, ha
ricordato come il termine di questi moadim si associ alla gioia per la
liberazione di Gilad Shalit, il soldato dell'esercito israeliano
tornato a casa dopo quasi duemila giorni di prigionia nelle mani dei
miliziani di Hamas. Un evento straordinario festeggiato anche al
Campidoglio con una manifestazione che ha radunato ieri pomeriggio
oltre un migliaio di persone entusiaste assieme a numerosi
rappresentanti delle istituzioni pubbliche ed ebraiche. Nel Tempio
Maggiore, gremito di persone che agitavano i lulavim al canto di
Hosha'anà, il pensiero di tutta la Comunità è andato a quel ragazzo dal
viso sciupato e pallido, ma sorridente che finalmente questa sera potrà
riunirsi, dopo cinque lunghi anni, a tavola con i suoi cari, nella
speranza che nessuna famiglia di Israele sia più privata di questa
gioia in futuro.
Lucilla Efrati
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Qui Roma
- A scuola di prevenzione in Comunità
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“Giornata di prevenzione
delle malattie cardiovascolari: La nostra comunità ci sta a cuore”. E’
il titolo dell’evento organizzato a Roma per il 23 ottobre
dall’Associazione Medica Ebraica. Un’occasione per informarsi e
ottenere delle linee guida su un tema delicato quanto importante come
la prevenzione delle malattie cardiovascolari. Sede dell’evento sarà il
Palazzo della Cultura e la giornata prevederà la distribuzione di
materiale informativo, la possibilità per l'utente di
sottoporsi a semplici misurazioni della pressione e della circonferenza
addominale, e la compilazione di un questionario
specifico per l'individuazione dei fattori di rischio. Le iniziative
interattive, dirette all’intera Comunità, coinvolgeranno anche alcuni
esercizi commerciali. Parteciperanno all’evento ristoranti kosher
che proporranno un piatto del giorno in linea con l'evento, sotto la
supervisione di un nutrizionista clinico. Non bisogna infatti
dimenticare che una corretta educazione alimentare, affiancata dallo
svolgimento di un’attività sportiva, è uno dei capisaldi per la
prevenzione.
L’evento si svolgerà con il patrocinio della CER, dell'Ospedale
Israelitico e dell'Ordine dei Medici di Roma.
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Ricordare Ron Arad |
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Commentando la tragica
detenzione di Gilad Shalit, avevo avuto modo di osservare (sulla
newsletter del 3 febbraio 2010) che ogni ragionamento, sul piano della
Realpolitik e della razionalità, spingeva contro la conclusione
dell’onerosissimo scambio (il cui spropositato prezzo avrebbe
innegabilmente comportato gravi rischi per la sicurezza di Israele,
offrendo ai terroristi un grande successo politico e di immagine, che
ne avrebbe, con ogni verosimiglianza, premiato e rafforzato la
vocazione violenta, senza contare lo scempio di legalità e di giustizia
rappresentato dalla liberazione di centinaia di spietati assassini); ma
che le ragioni del cuore spingevano nella direzione opposta. Ha
prevalso il cuore, come era giusto che fosse, come voleva ogni
cittadino di Israele, ogni ebreo, ogni persona di cuore. E la scelta
del governo di Gerusalemme si rivela quindi giusta e doverosa anche sul
piano della razionalità, perché andare incontro a questo desiderio
profondo del Paese ha significato cementarne l’unità, la fiducia, la
forza d’animo, lo spirito di coesione, rimarcare l’immensa gratitudine
e la totale solidarietà nei confronti dei giovani soldati chiamati,
giorno per giorno, a difendere il Paese. Ossia la vera, unica “arma
segreta” di Israele, quella che ha permesso di superare le prove più
disperate, di prevalere contro qualsiasi nemico.
Nel condividere l’infinita gioia della famiglia di Shalit, ci sentiamo
vicini ai tanti familiari di quelle vittime dei vili atti terroristici
i cui autori tornano oggi in libertà, accolti come eroi. Se la
detenzione degli assassini non era certo di conforto, la loro
liberazione (quantunque compresa e approvata nelle sue motivazioni)
riapre antiche ferite, lacera l’illusione che l’umana giustizia possa,
in qualche modo, rappresentare una risposta al male. E ci sentiamo
vicini, soprattutto, alla famiglia del pilota Ron Arad, anch’egli
rapito (in Libano, nell’ottobre 1986), e di cui i carcerieri (dopo un
video registrato e diffuso nel 1987, in cui si dimostrava che era in
vita) non hanno più fatto sapere nulla. La sua famiglia non solo non ha
una tomba su cui pregare, ma non sa neanche se possa effettivamente
pregare per la sua anima, o non continuare, assurdamente, a sperare che
sia ancora vivo, dopo 25 anni di prigionia. Nato nel 1958, oggi avrebbe
53 anni.
Sul piano politico, gli auspici, formulati anche da autorevoli
cattedre, che lo scambio di prigionieri concluso tra Israele e Hamas
possa avviare una nuova stagione di dialogo e comprensione, fanno
semplicemente sorridere. Mai come in questa occasione Israele e i suoi
nemici sono apparsi separati da un autentico abisso, sul piano non già
politico, ma etico e umano. I palestinesi non sono certo i soli a
volere a casa propria dei concittadini detenuti all’estero. Anche
l’Italia, per esempio, reclama Cesare Battisti. Ma lo fa affinché
sconti la propria pena nelle patrie galere, non certo per portarlo in
trionfo. Ma per i terroristi di Hamas la sola idea che qualcuno di loro
possa essere non già punito, ma neanche blandamente rimproverato per
avere fatto qualcosa contro il popolo d’Israele (neanche i crimini più
orrendi, le strage più efferate) rappresenta qualcosa di inconcepibile.
Su questi presupposti, l’idea che un domani, quantunque lontano, sia
possibile trovare con queste persone un sia pur minimo spazio di
intesa, appare, purtroppo, semplicemente una favola.
Francesco
Lucrezi, storico
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
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Tutti i giornali del mondo
parlano oggi della liberazione di Gilad Shalit, e il sottoscritto che
deve lottare col tempo per leggere decine di articoli si scusa con gli
autori che non sono qui citati non certo per mancato interesse.
Emanuel
Segre Amar
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italiano |
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Dafdaf
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