Platea
delle grandi occasioni, ieri sera all’Accademia Navale di Livorno, per
l’undicesima edizione del Premio Letterario Adei Wizo intitolato alla
memoria di Adelina Della Pergola. L’israeliano Eshkol Nevo, vincitore
nella categoria principale con La simmetria dei desideri, e lo
statunitense Kenneth Wishnia, cui è andato il Premio Ragazzi
attribuitogli dalle scolaresche per Il quinto servitore, si sono più
volte soffermati sull’origine e sul significato delle loro opere con i
critici Stas Gawronski e Giorgia Greco. Insieme a loro il giornalista
Massimo Lomonaco, classificatosi al secondo posto nel Premio Ragazzi
con il romanzo La caccia di Salomon Klein. L’iniziativa, onorata dalla
presenza in sala di una targa di rappresentanza inviata dal presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano, ha portato il pubblico a viaggiare
sulle ali della fantasia e della storia. I tre lavori in questione, cui
Pagine Ebraiche di novembre dedica alcune pagine di approfondimento,
spalancano infatti le porte a molti e diversificati scenari: dalle indagini
di Benyamin Ben Akiva nella Praga misteriosa di fine Cinquecento
passando per la Palestina del mandato britannico sotto minaccia nazista
in cui si muove Salomon Klein e arrivare ai sogni e alle inquietudini
dei trentenni israeliani di oggi. Tre iniziative letterarie sul filo
dell’identità, del coraggio e della speranza che hanno riscosso
l’approvazione della giuria chiamata ad esprimersi nel merito. Soddisfatte
per la significativa partecipazione di pubblico alla cerimonia, le due
organizzatrici del Premio Patrizia Ottolenghi e Laura Vofsi, parlano di
“crescita sempre più significativa di interesse da parte dei lettori e
dei media verso questo evento”. Recensioni e articoli di giornale, spiega
Ottolenghi, sono apparsi non solo sulla stampa ebraica ma anche su
molte testate nazionali e locali. La serata, conclusasi nei locali
della Comunità ebraica di Livorno per una cena assieme agli scrittori,
ha visto molti interventi tra cui quelli dell’ammiraglio Giuseppe
Dragone, del presidente Adei Roberta Nahum (cui succederà a breve Ester
Silvana Israel, eletta in occasione dell’assemblea nazionale svoltasi
nella città labronica negli scorsi giorni),
del presidente della sezione livornese Silvia Ottolenghi Bedarida e del
presidente della Comunità ebraica Samuel Zarrough. Questa mattina
infine Wishnia e Lomonaco sono stati protagonisti di un intenso
dibattito al Liceo scientifico Enriques assieme ad alcune scolaresche –
non solo livornesi, ma provenienti anche da Milano e Piacenza – che
hanno partecipato alla votazione del Premio Ragazzi. A dialogare con
gli autori e con i giovanissimi giurati Giorgia Greco e l’insegnante
Daniela Sarfatti Mosseri.
a.s.
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Piersandro Vanzan (1934-2011)
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Si
è spento a Roma, a Villa Malta, nella sede della Civiltà cattolica di
cui era redattore, Padre Piersandro Vanzan. Aveva appena settantasette
anni. Era un ometto mite e gentile, ma capace di fermezza e di una
straordinaria forza interiore. Quando combatteva per un’idea si
illuminava tutto e sembrava trasformarsi. Solo negli ultimi tempi la
malattia lo aveva come un poco smorzato, togliendogli ogni giorno un
pezzetto di quella sua forza. Ed era questo il suo grande cruccio, non
trovare più l’energia di scrivere, di elaborare le idee, di impegnarsi
nelle sue battaglie culturali ed ideali. Erano tanti i suoi amici e le
sue amiche, che avevano imparato ad amarlo oltre che a stimarlo, e io
mi onoro di essere fra loro. Era un intellettuale raffinato, un
uomo di grande cultura, uno studioso al tempo stesso rigoroso ed aperto
alle problematiche dell’oggi, un saggio non privo di ironia. Era
entrato nella Compagnia di Gesù nel 1952, era stato ordinato sacerdote
nel 1963. Aveva insegnato Teologia pastorale alla Facoltà teologica di
Napoli, e aveva poi insegnato all’Università Gregoriana. Faceva parte
del Collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica, di cui era stato
anche vice-direttore. Collaborava attivamente a varie riviste e
giornali, fra cui Vita Pastorale e Prospettiva Persona. Era autore di
numerosissimi volumi e saggi, troppi per ricordarli tutti. I suoi
nuclei d’interesse erano infatti variegati: si è occupato dello
sviluppo della dottrina sociale della Chiesa in America Latina, della
questione femminile nella Chiesa e del problema della differenza, del
dialogo interreligioso, di santità laicale, della Shoah. Amava
ricostruire vite obliate dalla Chiesa di figure eroiche di cattolici, e
avviarle alla beatificazione, quali Joseph Mayr-Nusser, un altoatesino
che fece obiezione di coscienza ad Hitler e morì sul vagone per Dachau,
o Giovanni Palatucci, l’ultimo questore di Fiume che salvò migliaia di
ebrei e morì anch’egli a Dachau. Le pagine di Civiltà Cattolica sono
fitte di suoi articoli su questi temi e varrebbe, credo, la pena di
raccoglierli in volume. Su Giovanni Palatucci, sulla sua memoria,
sulla sua causa di beatificazione, Padre Vanzan si era gettato con
passione e cuore. Aveva scritto con Mariella Scatena un libro, Giovanni
Palatucci. Il Questore ”giusto”, che dal 2001 ha conosciuto numerose
edizioni e ha diffuso oltre quindicimila copie. Era l’anima, insieme a
Monsignor Pietro Iotti e alla Polizia di Stato, dell’Associazione
Palatucci. Si era impegnato con generosità nel recupero dell’edificio
del vecchio convento domenicano di San Bartolomeo, a Campagna - in
provincia di Salerno ma forse è meglio dire vicino all’Eboli di Carlo
Levi - che fra il 1940 e il 1943 fu trasformato in un campo di
internamento per ebrei stranieri, e dove Giovanni Palatucci fece
arrivare per salvarli molti ebrei fiumani, in accordo con suo zio,
vescovo appunto di Campagna. Se l’edificio del vecchio campo di
internamento è ora un Museo, lo si deve in gran parte al suo entusiasmo
e alla sua energia. Ci mancherà molto.
Anna Foa, storica (L'Avvenire, 15 novembre 2011)
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Segnali inquietanti
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Commentando
su Sportmediaset il trasferimento di Javier Pastore, ex-regista del
Palermo, e l’operato del suo procuratore, il presidente Maurizio
Zamparini ha pensato bene di dichiarare che «una cosa simile accade in
America, dove ci sono avvocati di estrazione ebraica che aspettano i
clienti fuori dai tribunali e dagli ospedali, promettendo consulenze
gratuite che poi si rivelano con provvigioni altissime». Il personaggio
è noto per le sue intemerate calcistiche, ed è probabile che non sia
affatto antisemita, visto che l’estate scorsa ha comprato il cartellino
di Eran Zahavi, unico giocatore israeliano della Serie A. Ma, come
rilevato giustamente da Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi
Italia, è proprio l’inconsapevolezza di Zamparini – che si è peraltro
scusato in seguito all’intervento della Federazione Italiana Giuoco
Calcio – a rendere questo episodio inquietante, perché rivelatore di un
pregiudizio diffuso e non ritenuto pericoloso. In un’unica frase il
patron del Palermo ha condensato una serie davvero notevole di
stereotipi: gli ebrei sarebbero avidi, senza scrupoli, potenti,
organizzati in una lobby, in grado di condizionare le istituzioni e la
finanza. Personalmente sono contrario a drammatizzare situazioni
simili, perché occorre dare il peso debito anche alla stupidità e
all’ignoranza. Tuttavia una ragione di allarme c’è, perché queste
posizioni possono acquisire maggiore spazio con l’aggravarsi di una
crisi economica innescata da spregiudicate operazioni finanziarie.
Bisogna prestare grande attenzione al linguaggio veicolato dai media e
dagli opinion maker: quando si parla di «tecnocrazia», di «Europa delle
banche», di «finanza internazionale», si finisce facilmente, temo, a
parlare di ebrei.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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Simon Peres: "Contro l'Iran ora serve un attacco morale non militare"
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In
un'intervista alla Cnn un cui stralcio è riportato oggi dall'edizione
online del quotidiano Haaretz il presidente israeliano Shimon Peres ha
affermato che la minaccia attribuita ai piani nucleari di Teheran e
alla politica del regime degli ayatollah impone, almeno come prima
carta, "un attacco morale", non militare nei confronti dell'Iran.
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La
questione dell'atomica iraniana è di nuovo all'ordine del giorno, dopo
il rapporto dell'agenzia atomica internazionale che ha certificato che
gli ayatollah sono vicinissimi alla costruzione della Bomba.
Ugo
Volli
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