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15 novembre 2011 - 18 Cheshwan 5772
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Roberto Della Rocca
Roberto
Della Rocca,
rabbino

Dalla distruzione di Sodoma vengono portati in salvo solamente Lot, sua moglie e due delle sue quattro figlie. Ai fuggiaschi viene intimato di non voltarsi indietro ma la moglie di Lot disubbidisce e si trasforma in una statua di sale. Sembra tuttavia aver avuto una buona ragione per girarsi a guardare Sodoma che bruciava. Due delle sue quattro figlie sono rimaste a Sodoma, sposate a uomini malvagi, protagonisti del sistema corrotto di quella società. Questo drammatico episodio ci mostra come in alcune situazioni è necessario guardare avanti. Se ci voltiamo  indietro, quando è il momento di proiettarci in avanti, rischiamo di mineralizzarci e trasformarci in statue.

Dario
 Calimani,
 anglista


Dario Calimani
Forse siamo a una svolta. Abbiamo finalmente la possibilità di restituire al linguaggio della vita sociale e politica i suoi doveri e i suoi diritti, usando le parole per ciò che effettivamente significano, e non per i significati arbitrari e virtuali che possa assegnar loro il singolo. E possiamo riconquistare un po’ di reciproco rispetto, anche se il recupero sul terreno dell’etica non sarà rapido, e la fatica non sarà lieve. Al peggio ci si vizia facilmente, ma vi si rinuncia con estrema difficoltà. Bisogna ricomporre un sistema annientato, lasciandosi alle spalle il tempo dei privilegi per ricostruire un modello sociale umano ed equo, e un modello politico corretto.

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Qui Livorno - Adei Wizo, una giornata per la letteratura
Platea delle grandi occasioni, ieri sera all’Accademia Navale di Livorno, per l’undicesima edizione del Premio Letterario Adei Wizo intitolato alla memoria di Adelina Della Pergola. L’israeliano Eshkol Nevo, vincitore nella categoria principale con La simmetria dei desideri, e lo statunitense Kenneth Wishnia, cui è andato il Premio Ragazzi attribuitogli dalle scolaresche per Il quinto servitore, si sono più volte soffermati sull’origine e sul significato delle loro opere con i critici Stas Gawronski e Giorgia Greco. Insieme a loro il giornalista Massimo Lomonaco, classificatosi al secondo posto nel Premio Ragazzi con il romanzo La caccia di Salomon Klein. L’iniziativa, onorata dalla presenza in sala di una targa di rappresentanza inviata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha portato il pubblico a viaggiare sulle ali della fantasia e della storia. I tre lavori in questione, cui Pagine Ebraiche di novembre dedica alcune pagine di approfondimento, spalancano infatti le porte a molti e diversificati scenari: dalle
i
ndagini di Benyamin Ben Akiva nella Praga misteriosa di fine Cinquecento passando per la Palestina del mandato britannico sotto minaccia nazista in cui si muove Salomon Klein e arrivare ai sogni e alle inquietudini dei trentenni israeliani di oggi. Tre iniziative letterarie sul filo dell’identità, del coraggio e della speranza che hanno riscosso l’approvazione della giuria chiamata ad esprimersi nel merito.
Soddisfatte per la significativa partecipazione di pubblico alla cerimonia, le due organizzatrici del Premio Patrizia Ottolenghi e Laura Vofsi, parlano di “crescita sempre più significativa di interesse da parte dei lettori e dei media verso questo evento”. Recensioni e articoli di giornale, spiega Ottolenghi, sono apparsi non solo sulla stampa ebraica ma anche su molte testate nazionali e locali. La serata, conclusasi nei locali della Comunità ebraica di Livorno per una cena assieme agli scrittori, ha visto molti interventi tra cui quelli dell’ammiraglio Giuseppe Dragone, del presidente Adei Roberta Nahum (cui succederà a breve Ester Silvana Israel, eletta in occasione dell’assemblea nazionale svoltasi nella città labronica negli scorsi giorni), del presidente della sezione livornese Silvia Ottolenghi Bedarida e del presidente della Comunità ebraica Samuel Zarrough. Questa mattina infine Wishnia e Lomonaco sono stati protagonisti di un intenso dibattito al Liceo scientifico Enriques assieme ad alcune scolaresche – non solo livornesi, ma provenienti anche da Milano e Piacenza – che hanno partecipato alla votazione del Premio Ragazzi. A dialogare con gli autori e con i giovanissimi giurati Giorgia Greco e l’insegnante Daniela Sarfatti Mosseri.

a.s.


Piersandro Vanzan (1934-2011)
Si è spento a Roma, a Villa Malta, nella sede della Civiltà cattolica di cui era redattore, Padre Piersandro Vanzan. Aveva appena settantasette anni. Era un ometto mite e gentile, ma capace di fermezza e di una straordinaria forza interiore. Quando combatteva per un’idea si illuminava tutto e sembrava trasformarsi. Solo negli ultimi tempi la malattia lo aveva come un poco smorzato, togliendogli ogni giorno un pezzetto di quella sua forza. Ed era questo il suo grande cruccio, non trovare più l’energia di scrivere, di elaborare le idee, di impegnarsi nelle sue battaglie culturali ed ideali. Erano tanti i suoi amici e le sue amiche, che avevano imparato ad amarlo oltre che a stimarlo, e io mi onoro di essere fra loro.
Era un intellettuale raffinato, un uomo di grande cultura, uno studioso al tempo stesso rigoroso ed aperto alle problematiche dell’oggi, un saggio non privo di ironia. Era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1952, era stato ordinato sacerdote nel 1963. Aveva insegnato Teologia pastorale alla Facoltà teologica di Napoli, e aveva poi insegnato all’Università Gregoriana. Faceva parte del Collegio degli scrittori della Civiltà Cattolica, di cui era stato anche vice-direttore. Collaborava attivamente a varie riviste e giornali, fra cui Vita Pastorale e Prospettiva Persona. Era autore di numerosissimi volumi e saggi, troppi per ricordarli tutti. I suoi nuclei d’interesse erano infatti variegati: si è occupato dello sviluppo della dottrina sociale della Chiesa in America Latina, della questione femminile nella Chiesa e del problema della differenza, del dialogo interreligioso, di santità laicale, della Shoah. Amava ricostruire vite obliate dalla Chiesa di figure eroiche di cattolici, e avviarle alla beatificazione, quali Joseph Mayr-Nusser, un altoatesino che fece obiezione di coscienza ad Hitler e morì sul vagone per Dachau, o Giovanni Palatucci, l’ultimo questore di Fiume che salvò migliaia di ebrei e morì anch’egli a Dachau. Le pagine di Civiltà Cattolica sono fitte di suoi articoli su questi temi e varrebbe, credo, la pena di raccoglierli in volume.
Su Giovanni Palatucci, sulla sua memoria, sulla sua causa di beatificazione, Padre Vanzan si era gettato con passione e cuore. Aveva scritto con Mariella Scatena un libro, Giovanni Palatucci. Il Questore ”giusto”, che dal 2001 ha conosciuto numerose edizioni e ha diffuso oltre quindicimila copie. Era l’anima, insieme a Monsignor Pietro Iotti e alla Polizia di Stato, dell’Associazione Palatucci. Si era impegnato con generosità nel recupero dell’edificio del vecchio convento domenicano di San Bartolomeo, a Campagna - in provincia di Salerno ma forse è meglio dire vicino all’Eboli di Carlo Levi - che fra il 1940 e il 1943 fu trasformato in un campo di internamento per ebrei stranieri, e dove Giovanni Palatucci fece arrivare per salvarli molti ebrei fiumani, in accordo con suo zio, vescovo appunto di Campagna. Se l’edificio del vecchio campo di internamento è ora un Museo, lo si deve in gran parte al suo entusiasmo e alla sua energia. Ci mancherà molto.

Anna Foa, storica (L'Avvenire, 15 novembre 2011)

pilpul
Segnali inquietanti
Commentando su Sportmediaset il trasferimento di Javier Pastore, ex-regista del Palermo, e l’operato del suo procuratore, il presidente Maurizio Zamparini ha pensato bene di dichiarare che «una cosa simile accade in America, dove ci sono avvocati di estrazione ebraica che aspettano i clienti fuori dai tribunali e dagli ospedali, promettendo consulenze gratuite che poi si rivelano con provvigioni altissime». Il personaggio è noto per le sue intemerate calcistiche, ed è probabile che non sia affatto antisemita, visto che l’estate scorsa ha comprato il cartellino di Eran Zahavi, unico giocatore israeliano della Serie A.
Ma, come rilevato giustamente da Vittorio Pavoncello, presidente del Maccabi Italia, è proprio l’inconsapevolezza di Zamparini – che si è peraltro scusato in seguito all’intervento della Federazione Italiana Giuoco Calcio – a rendere questo episodio inquietante, perché rivelatore di un pregiudizio diffuso e non ritenuto pericoloso. In un’unica frase il patron del Palermo ha condensato una serie davvero notevole di stereotipi: gli ebrei sarebbero avidi, senza scrupoli, potenti, organizzati in una lobby, in grado di condizionare le istituzioni e la finanza. Personalmente sono contrario a drammatizzare situazioni simili, perché occorre dare il peso debito anche alla stupidità e all’ignoranza. Tuttavia una ragione di allarme c’è, perché queste posizioni possono acquisire maggiore spazio con l’aggravarsi di una crisi economica innescata da spregiudicate operazioni finanziarie. Bisogna prestare grande attenzione al linguaggio veicolato dai media e dagli opinion maker: quando si parla di «tecnocrazia», di «Europa delle banche», di «finanza internazionale», si finisce facilmente, temo, a parlare di ebrei.

Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas 


notizie flash   rassegna stampa
Simon Peres: "Contro l'Iran ora serve
un attacco morale non militare"
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In un'intervista alla Cnn un cui stralcio è riportato oggi dall'edizione online del quotidiano Haaretz il presidente israeliano Shimon Peres ha affermato che la minaccia attribuita ai piani nucleari di Teheran e alla politica del regime degli ayatollah impone, almeno come prima carta, "un attacco morale", non militare nei confronti dell'Iran.

 

La questione dell'atomica iraniana è di nuovo all'ordine del giorno, dopo il rapporto dell'agenzia atomica internazionale che ha certificato che gli ayatollah sono vicinissimi alla costruzione della Bomba.

Ugo Volli












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