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16 novembre 2011 - 19 Cheshwan 5772
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Adolfo Locci Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

‘Efron rispose ad Avraham: un terreno da quattrocento sicli d’argento, tra me e te cosa vuoi che sia...e pagò Avraham ad ‘Efron il denaro che gli aveva chiesto...corrente fra i mercanti. (Bereshit 23:14-16). Sembra che ‘Efron faccia un piacere ad Avraham; gli vende il terreno per seppellire Sara a un prezzo favorevole e amichevole. A questo prezzo è come se fosse regalato. Ma la Torà, proprio in questo punto, presenta il nome di ‘Efron in forma difettiva (chaser, senza la “waw”) mentre prima era stato scritto sempre in forma completa (malè, con la “waw”). ‘Efron, forse, non è stato “completamente” onesto con Avraham e per questo anche il suo nome risulta incompleto...

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Dunque ci siamo, in Europa siamo alla partita decisiva, il momento in cui ognuno si svela per ciò che è. Da un lato le forze politiche e sociali che, arrendendosi all’amara realtà dei conti, sostengono politiche di risanamento e di riforme strutturali nella speranza di alimentare una crescita economica. Dall’altro i populisti peggiori, che, ben contenti di far fare agli altri i compiti, alimentano la rabbia popolare e la ricerca del capro espiatorio, col solo scopo di ritagliarsi spazi elettorali e perpetuare la propria esistenza istituzionale. Bisogna stare molto attenti alle future campagne elettorali europee (soprattutto alle tornate per il Parlamento di Bruxelles). Attenti all’Austria di Strache e soprattutto alla Francia di Marie Le Pen, sempre più in corsa dopo la probabile perdita della tripla A che incombe sul governo di Sarkozy. Cerchiamo tutti di essere all’altezza del compito etico implicito in ogni minoranza sociale, cerchiamo di accorgercene prima che qualcuno proponga altri disegni di legge, magari sulla circoncisione, accampando giustificazioni salutiste. Anche altri iniziarono con esigenze di salute pubblica.

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davar
Qui Torino - "La Memoria è patrimonio nazionale"
La polis non è solo nelle azioni dei grandi Stati, ma vive soprattutto nelle comunità intermedie, ciascuna con il suo particolare tessuto storico culturale. Si potrebbe riassumere così l’incontro alla Comunità ebraica di Torino, che ha avuto l’obiettivo di diffondere sul territorio “ Storia di famiglie”, la Campagna nazionale di raccolta materiali e documenti sulla Shoah. Gli spot andati in onda fino al 30 giugno 2011 – con i testimonial Piero Angela, Massimo Ranieri, Giovanni Maria Flick e Alain Elkann – invitavano tutti i cittadini italiani a consegnare alle Prefetture i documenti collegati alla Shoah in loro possesso (foto, lettere, cartoline, diari…). Terminata questa possibilità di raccolta, la Fondazione Museo della Shoah, anche collaborando con gli altri enti ebraici che hanno partecipato alla Campagna, in particolare CDEC e UCEI, si rivolge direttamente sul territorio ai cittadini e agli iscritti delle singole Comunità ebraiche, affinché condividano l’importanza della raccolta per il Museo della Shoah che sorgerà nella Capitale. Ha introdotto la conferenza il Presidente della Comunità ebraica di Torino, Giuseppe Segre, che ha donato al Museo della Shoah documenti appartenuti a Vittorio Segre (una carta d’identità falsa, un lascia passare e un cartellino d’ingresso al campo forzato), soffermandosi poi sull’importanza di collegare singole vicende umane all’interno della Shoah, anche per contrastare il negazionismo e le farneticazioni dei fondamentalismi.
Il sindaco di Torino Piero Fassino, presente insieme al prefetto Alberto Di Pace, ha sottolineato il forte radicamento della cultura e della presenza ebraica all’interno della Comunità torinese a cominciare dal simbolo di Torino, la Mole Antonelliana, e ha dichiarato la disponibilità da parte dell’amministrazione comunale ad avviare la collaborazione, fatta di scambio di documenti e ricerca presso gli archivi torinesi, con la Fondazione Museo della Shoah. Robert Hassan, coordinatore della Campagna di raccolta, ha evidenziato la necessità di trasmettere, attraverso la condivisione sul territorio per mezzo della ricerca di legami, la Shoah quale pezzo della storia d’Italia, di creare quindi comunicazione dopo l’avvio dell’informazione avvenuta con la diffusione degli spot.
Collaborazione tra gli enti ebraici deputati alla catalogazione e archiviazione di documenti storici e la Fondazione Museo della Shoah è stata la richiesta, condivisa e accolta, di Lia Tagliacozzo, presidente dell’Archivio delle tradizioni e del costume ebraici Benvenuto e Alessandro Terracini. “Dopo settanta anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale è indispensabile che la memoria venga rinnovata e diventi patrimonio nazionale anche con la realizzazione del Museo di Roma dove i materiali e documenti che stiamo cercando e raccogliendo troveranno loro specifico spazio e utilizzo condiviso” ha dichiarato Leone Paserman, presidente della Fondazione Museo della Shoah.
Marcello Pezzetti, direttore scientifico della Fondazione, ha più dettagliatamente descritto alcuni dei materiali consegnati. Particolarmente toccante la storia di una famiglia di ebrei romani che ha donato il vestitino della Mishmarà della piccola Emma prima della sua deportazione. “Ecco come - ha ribadito Pezzetti - attraverso gli oggetti ed i documenti, le foto, le cartoline, si riesce a dare un nome, che era andato perduto nel grande buco nero della storia che è la Shoah, anche uscendo dalla realtà esclusivamente romana visto che il Museo della Shoah avrà portata non solo italiana ma ancor più europea. Non è un caso infatti che lo stesso staff della Fondazione proviene da diversi Paesi europei ed è composto da ebrei e non ebrei”.
Alla vicepresidente UCEI, Claudia De Benedetti, sono state affidate le conclusioni della conferenza. Dopo aver ricordato la miracolosa conservazione dei documenti della propria famiglia, avvenuta con il singolare occultamento di un’autovettura Topolino che li conteneva, e i riferimenti ad altre positive esperienze di musei della Shoah che raccolgono documenti come quello Washington, per confermare il sostegno dell’UCEI all’iniziativa De Benedetti ha dichiarato: “Dietro a ogni oggetto c’è un uomo e quello che interessa non è solo l’oggetto in sé, ma la storia di quell’uomo, che permette ai posteri di esserne partecipe”.

Chi volesse contribuire può contattare la Fondazione Museo della Shoah al numero: 06.99700929 o inviare una email a: info@museodellashoah.it

Benedetta Rubin

Qui Firenze - Italia-Israele: primavere e incertezze 
Il ventiduesimo congresso nazionale della federazione delle associazioni di amicizia Italia-Israele ha avuto luogo a Firenze il 12-13 novembre con la partecipazione di due ambasciatori israeliani: Gideon Meir, attuale ambasciatore a Roma, e Oded Ben Hur, dal 2003 al 2008 ambasciatore presso la Santa Sede e attualmente coordinatore delle consultazioni intergovernative presso il ministero degli esteri a Gerusalemme. Ambedue, anche se in modi diversi, hanno parlato della cosiddetta “primavera araba”, delle incertezze, delle ambiguità e del rafforzamento dei movimenti islamici anti israeliani nonché delle difficoltà in cui si trovano anche altri regimi arabi. Entrambi hanno sottolineato il pericolo per Israele ma anche per l’Occidente di armamenti nucleari in mano al regime degli Ayatollah iraniani.
Al congresso, durante il quale è tra gli altri intervenuto il presidente della Comunità ebraica di Firenze Guidobaldo Passigli per un messaggio di saluto, hanno partecipato una sessantina di delegati dalle varie associazioni. Il presidente della Federazione, Carlo Benigni di Cuneo (nella foto), mi spiega che la stragrande maggioranza degli oltre tremila iscritti sono non ebrei che desiderano dare un attivo sostegno ai valori della democrazia israeliana. "Scopo dell’associazioni - afferma - è promuovere la conoscenza di Israele nella sua eccellenza”. Come, fra l’altro, la sensibilità per i diritto dell’uomo e il ruolo in questo campo della magistratura. Non è un’associazione con legami politici particolari. “Gli scenari politici in evoluzione nel Medio Oriente - dice Benigni - sono molto preoccupanti anche perché in corso un’azione sistematica di delegittimazione di Israele nell’ambito delle organizzazioni internazionali. In Italia, in più, sono emersi dati davvero angoscianti del nuovo insorgente antisemitismo. In questo contesto le associazioni Italia-Israele riunite a Firenze hanno riaffermato l’impegno a fianco dello Stato ebraico”. I compiti delle associazioni, mi spiega ancora, sono evidentemente distinti rispetto a quelli delle comunità; la loro missione è quella di parlare all’opinione pubblica, informarla su Israele, sugli scenari politici internazionali. Si tratta di un mondo particolarmente attivo nelle regioni del nord, anche in centri minori come le stessa Cuneo dove da anni l’associazione organizza per studenti delle scuole superiori un corso su Israele al quale partecipano molti giovani. Affrontato un esame scritto e orale, i due migliori ricevono come premo un viaggio in Israele.

Hulda Liberanome


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pilpul
La minaccia atomica e le altre minacce
Francesco LucreziNon passa quasi giorno, ormai, senza che la stampa non riferisca qualche nuova indiscrezione, notizia, intervista, previsione riguardo alla drammatica eventualità di un intervento armato volto a neutralizzare, per quanto possibile, la minaccia atomica iraniana. Se perfino un uomo di proverbiale prudenza e saggezza, come il Presidente Peres, ha avvertito l’esigenza, in più di un’occasione, dall’alto della sua carica istituzionale, di fare esplicito riferimento alla possibilità dell’opzione militare, ciò vuol dire, senza ombra di dubbio, che il livello di guardia è stato ampiamente superato, e che lo scenario tende a diventare, di giorno in giorno, sempre più fosco. D’altronde, il rapporto AIEA parla chiaro: l’Iran sembra vicinissimo alla possibilità di dotarsi di armi nucleari, così come parlano chiaro anche le autorità della Repubblica islamica: nessun passo indietro. La tragica escalation solleva diverse emozioni e considerazioni.
Innanzitutto, un senso di profonda angoscia per l’incubo rappresentato da un Iran in grado di usare armi atomiche e animato da espliciti propositi distruttivi verso lo Stato ebraico. A distanza di quasi settant’anni dalla Shoah e da Hiroshima e Nagasaki, c’è qualcuno che potrebbe e (molto verosimilmente) vorrebbe coniugare entrambe le cose, e si impegna per rendere possibile la realizzazione di un nuovo Olocausto atomico del popolo ebraico. Tale idea appare talmente spaventosa, talmente inaccettabile che si fa fatica a considerarla come vera. Eppure, lo è. E tornano alla mente le terribili parole di Primo Levi: “è accaduto, quindi può accadere ancora”.
All’angoscia, si accompagna poi un senso di incredulità, di smarrimento di fronte all’assoluta irrazionalità, insensatezza della deriva iraniana. Uno storico del futuro farà fatica a spiegare perché mai, a un certo momento, la cancellazione di Israele è diventato un obiettivo primario di Teheran. Esiste forse un contenzioso territoriale tra i due Paesi? L’Iran trarrebbe qualche vantaggio da un siffatto evento, sul piano politico, economico, strategico, energetico? Perché, dunque? Perché? Come spiegare la follia in cui pare caduto questo grande Paese, che vanta una gloriosa, millenaria civiltà? Ed è proprio l’assoluta mancanza di un “perché” a lasciare avviliti, sconcertati, attoniti. Come fare a ragionare, a cercare una soluzione, uno spiraglio, una via d’uscita in quella che pare una notte della ragione, un oscuramento dell’umana intelligenza?
All’angoscia, all’incredulità e alla trepidazione si aggiunge un enorme sentimento di rabbia, di frustrazione, di indignazione per la solitudine in cui, ancora una volta, come sempre, viene lasciato lo Stato ebraico. Teheran, ha ricordato, l’altro giorno, Peres, può colpire non solo Israele, “ma anche New York, la Cecenia o Mosca”, e il mondo civile dovrebbe fare fronte comune per sventare tale insopportabile minaccia. Ed è certo, infatti, che molti Paesi, se non tutti, guardano con preoccupazione alla prospettiva di un Iran dotato di armi nucleari. Ma, se New York, la Cecenia o Mosca possono essere, prima o poi, nel mirino, è convinzione diffusa (e certamente fondata) che si tratti, comunque, di bersagli di “seconda scelta”. Al primo posto, si sa, c’è Israele. Che sia Israele, quindi, a levare le castagne dal fuoco. E’ quanto è stato detto esplicitamente in diverse delle conversazioni diplomatiche abusivamente intercettate e divulgate da Wikileaks. Se lo farà, ovviamente, sarà condannato, ma, come si dice, “cosa fatta capo ha”.
Un pensiero, per finire, ai palestinesi e ai loro tanti supporter: la prospettiva della possibile esplosione di qualche bomba atomica a pochi chilometri, o a poche centinaia di metri, da casa propria non suscita nessuna preoccupazione? E gli innumerevoli “Forum Palestina”, “Free Gaza”, “Flotilla fighters” ecc. ecc. sono così poco interessati alla sorte e alla sicurezza della loro prediletta?

Francesco Lucrezi, storico

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Qui Torino - Quattordici sindaci per la pace
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È Torino il luogo di ripresa del dialogo tra sindaci israeliani e palestinesi, da troppo tempo sospeso, ed è lo stesso sindaco della città, Piero Fassino, che parteciperà, insieme a quattordici sindaci provenienti da Israele e dai Territori palestinesi da oggi fino a domani sera per un evento organizzato dal Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo), con l'obiettivo di trovare nuovi canali di contatto e collaborazione.

 

In una giornata al momento priva di grandi novità politiche vanno messe in primo piano alcune affermazioni che, ahimé, ritornano regolarmente in Occidente. Riporto testualmente il sottotitolo di Rinascita: “Il sogno di dominazione del mondo, come si è visto, non lascia spazio alla sopravvivenza di Israele o di qualsiasi altra nazione”. »

Emanuel Segre Amar











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