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20 Novembre 2011 - 23 Cheshvan 5772 |
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| Benedetto Carucci Viterbi, rabbino
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sono i giorni degli anni della vita di Abramo". La vita di chi vive
intensamente e pienamente la propria esistenza, coerente con il compito
che deve svolgere, è contata secondo i suoi giorni oltre che secondo i
suoi anni. Ma quanti sono coloro che possono ragionevolmente aspirare a
questo doppio computo?
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David Bidussa, storico sociale delle idee
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“…Mi
espongo deliberatamente. Quanto alle persone che accuso, non le
conosco, non le ho mai viste, non nutro nei loro confronti, né rancore
né odio. Sono per me solo semplici entità, delle menti socialmente
perniciose. E l’atto che qui compio è soltanto un mezzo per accelerare
l’esplosione della verità e della giustizia. Sono mosso da un’unica
passione: quella di far luce, in nome dell’umanità che ha tanto
sofferto e che ha diritto alla felicità. La mia protesta appassionata
non è che il grido della mia anima. Si osi dunque tradurmi davanti alla
corte d’assise, e che l’inchiesta abbia luogo alla luce del sole!.
Aspetto”. Così Emile Zola nelle ultime righe del suo “J’accuse”, ora
ristampato, insieme a molti altri suoi testi di quella battaglia per la
libertà e il diritto, da Giuntina con una prefazione bruciante di
Roberto Saviano. La scrittura non è mai un atto innocente. Implica una
scelta, significa rischiare e spesso si tratta di sfidare il senso
comune, sapendo che è possibile essere sconfitti. Non ultimo mettendo
nel conto la possibilità di perdere i vantaggi acquisiti. Non è
bizzarro che a più di un secolo di distanza da quella battaglia civile
di Zola, sia Roberto Saviano, la figura pubblica che più di ogni altra
ha messo se stessa a rischio nell’Italia di questi anni grigi, a
invitare rileggere quegli scritti. I classici non sono mai testi che ci
ricordano un passato, sono voci che dal passato possono dire ancora
qualcosa a noi. Per farlo occorre che nel presente ci siano figure che
rappresentano la stessa sfida e rappresentano la stessa rottura,
interrompendo il circolo vizioso della storia, spesso rappresentata dal
fatalismo ironico della filastrocca. C'era una volta un re che disse al
suo popolo 'vi racconterò una storia' e la storia cominciò: c'era una
volta un re che disse al suo popolo 'vi racconterò una storia' e la
storia cominciò: E così all’infinito. Fino a che qualcuno
improvvisamente si alzò e disse: “Oggi la storia la racconto io” e la
storia cambiò.
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Ester Silvana Israel, un nuovo presidente per l'Adei Wizo |
Cambio
al vertice dell'Adei Wizo, l'associazione che rappresenta le donne
ebree d'Italia. Nuovo presidente è infatti la veronese (anche se
milanese d'adozione) Ester Silvana Israel, che subentra nell'incarico
alla leader uscente Roberta Nahum. A decretare la successione delegate
e socie provenienti dalle 20 sezioni dislocate sul territorio
nazionale, ritrovatesi negli scorsi giorni a Livorno per
l'Assemblea Generale e l'assegnazione del Premio Letterario intitolato
alla memoria di Adelina Della Pergola. All'ordine del giorno la
determinazione delle linee programmatiche, l’indirizzo delle attività e
il rinnovo delle cariche sociali. La riunione è stata organizzata a
norma del nuovo Statuto, recentemente approvato in seno all’ente e ha
visto a capo dell’impegnativa macchina logistica Silvia Ottolenghi
Bedarida, presidente della sezione di Livorno. Assieme alla
Israel siederanno in Consiglio le due vicepresidenti Grazia Sciunnach
(Genova) e Susanna Sciaky (Milano), le consiglieri Stefania Zevi
(Milano), Evelina Gabbai (Firenze), Cecilia Benatoff (Milano), Ziva
Fischer (Roma), Carla Guastalla (Livorno), Viviana Levi (Roma), Silvia
Limentani (Roma), Liora Misan (Trieste), Roberta Nahum (Roma), Claudia
Ottolenghi (Roma), Michela Caracciolo Parenzo (Padova) e Miriam Rebhun
(Napoli). Confermata inoltre Carla Falk alla guida del trimestrale Il
Portavoce e nominata responsabile della sezione giovanile Aviv Sylvia
Sabbadini di Milano. Nell’apprendere la composizione del nuovo
organigramma, il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche
Italiane Renzo Gattegna ha rivolto al direttivo Adei il seguente
messaggio di saluto: “Esprimo al nuovo Consiglio delle donne ebree
d’Italia le mie più vive felicitazioni e l’augurio per un mandato ricco
di impegni e soddisfazioni. Sono certo che i vertici dell’associazione
saranno in grado di proseguire la grande tradizione di attivismo e
calore di questo ente che afferma quotidianamente, con passione unita a
serietà e costanza, la centralità assoluta della figura femminile
nell'ebraismo”. Intanto,
ieri sera a Roma, grande successo di pubblico per la sfilata di
beneficenza organizzata dall'Adei Wizo nel suggestivo scenario di Villa
Miani (a fianco una cartolina dal backstage). Sulla pedana oltre
un'ottantina di ragazzi e ragazze, tra il pubblico oltre 700 persone.
L'evento, cui hanno preso parte molte grandi firme della moda italiana,
era l'occasione per sostenere alcune importanti iniziative di
assistenza in Israele.
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| Davar acher - La questione femminile | La
presentazione del libro di rav Haim Cipriani sulla questione femminile
nella legge ebraica ("Ascolta la sua vice", Giuntina, 2011) svoltasi
giovedì scorso a Milano, su cui ha riferito già in questo sito Guido
Vitale l'altro giorno, è particolarmente significativa, non solo per
l'incontro, teso ma sereno, di posizioni ebraiche molto diverse che si
sono parlate in pubblico per la prima volta in Italia: un grande segno
di maturità. Ma anche perché la questione femminile è al centro
dell'evoluzione civile ed etica del nostro tempo. Quando per esempio,
criticando l'integralismo islamico parliamo del velo obbligatorio, dei
matrimoni cui sono costrette le bambine, del diritto negato in certi
paesi a svolgere attività molto basilari come guidare la macchina o a
vestirsi liberamente, non cerchiamo solo argomenti polemici evidenti;
ma sottintendiamo il fatto essenziale che la libertà femminile è la
vera pietra di paragone della modernità e della sua superiorità morale
su quei sistemi politici e religiosi che negano autodeterminazione e
piena dignità umana a metà dell'umanità. L'ebraismo dalle origini
è stato molto più avanzato di altre culture su questo punto. Il diritto
delle donne ad accettare o rifiutare liberamente il loro matrimonio
(dunque a non essere meri oggetti sessuali) è stato fondato
sull'episodio della scelta di Rifkà che abbiamo letto nella porzione di
Torah di ieri; i loro diritti economici sono riconosciuti almeno in
parte nell'episodio delle figlie di Zelofcad (Bemidbar 27); vi sono nel
Tanach qua e là profetesse, comandanti militari, donne che prendono
iniziative politiche e spirituali, decidendo della loro vita e del
futuro dell'ebraismo: Miriam e Ruth, Deborah e Rifkà e tante altre.
Sono piccoli segnali, ma decisivi, rispetto all'universo quasi
esclusivamente maschile delle storie greche, egizie, romane. Vi sono
dunque nella nostra tradizione gli spazi per riconoscere anche
concretamente la libertà femminile ed essi sono stati esaltati subito
appena il nostro popolo ha avuto il suo Stato. Che Golda Meir (insieme
alla cingalese Bandaranaike) sia stata la prima donna capo di governo
al mondo, che oggi in Israele siano donne il capo dell'opposizione e il
presidente della Corte Suprema, senza che questo susciti alcuna
speciale emozione, non è affatto un caso. Sono rari i paesi occidentali
in cui qualcosa del genere è accaduto (Germania, Gran Bretagna). Ciò
non toglie che vi siano filoni dell'ebraismo – le tendenze cosiddette
ultraortodosse – che ancora discriminano palesemente la posizione
femminile, tanto sul piano simbolico che su quello pratico, esprimendo
un evidente bisogno di nascondere la presenza delle donne nella sfera
sociale e il loro corpo; magari giustificando tali discriminazioni con
argomenti analoghi a quelli degli islamisti: che non si tratterebbe di
discriminazione ma di esaltazione e riconoscimento di superiore
spiritualità, che proprio per questa ragione esse non avrebbero bisogno
di "scimmiottare gli uomini" mella pratica religiosa; che le donne
chiuse in casa e obbligatoriamente coperte sarebbero "protette" e non
recluse ecc. Dato che l'ebraismo è di fatto plurale, queste posizioni
convivono con altre assai meno radicali o del tutto liberali. Ma
se è vero quel che affermavo prima, cioè che la cifra specifica e la
conquista etica della modernità è la libertà femminile e la parità dei
diritti, si pone all'ebraismo oggi il problema dell'assorbimento delle
straordinarie energie che la liberazione delle donne ha suscitato e
della sua espressione simbolica, cioè rituale. Prenderne atto e
discuterne è un segno importante di quella capacità di reagire alla
sfida del contesto sociale, accogliendone gli stimoli positivi ma
conservano la propria identità, che è stato fra i segreti della
capacità del nostro popolo e della nostra religione di restare vitale e
di arricchirsi per millenni, pur nell'esilio e fra le persecuzioni.
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| notizieflash | | rassegna stampa | Qui Pisa - Al via Nessiah 2011 | | Leggi la rassegna | Pisa
all’insegna della Grande Madre Russia. Il quindicesimo festival di
cultura e musica ebraica Nessiah aprirà stasera i battenti nella città
toscana. Leitmotiv di questa edizione, patrocinata tra gli altri
dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, la terra di Vasilij
Grossman e Josif Brodskij. Dal Danubio agli Urali, la Russia ha dato
infatti i natali a molti intellettuali ebrei.(...) continua >>
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