Qui Trieste - A lezione di leadership
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Si
sono appena conclusi a Trieste i lavori della seconda tappa del Corso
di Studi e Formazione organizzato dal Dipartimento Educazione e Cultura
UCEI. Un'iniziativa di respiro nazionale, diretta dal rav Roberto Della
Rocca, che è rivolta a dirigenti e professionali delle 21 Comunità
ebraiche d'Italia e che sta attraversando il Paese. Dopo Milano e
Trieste, le prossime sessioni sono in programma a Napoli (6-8
dicembre), Torino (15-16 gennaio) e Firenze (18-19 marzo).
Ora serve fare rete
A
leggerla con gli occhi di un rabbino la formazione della leadership
ebraica assume una sfaccettatura particolare. Anche qui i temi del
management hanno un forte rilievo, ma a coinvolgere sono soprattutto
gli aspetti legati al rapporto con la Comunità, alla capacità di
viverne le dinamiche e di interpretarne gli scenari della possibile
evoluzione futura. “Gli approfondimenti della sezione dedicata ai
rabbanim si sono rivelati estremamente interessanti e attuali anche per
la capacità dei docenti di gestire il confronto tra i partecipanti –
spiega rav Adolfo Locci, rabbino capo di Padova –. Sono incontri
importanti perché ci consentono di mettere a confronto i risultati
delle nostre attività nelle Comunità, di allargare la prospettiva e
valutare se certe metodologie sono efficaci o vanno in qualche modo
corrette”. In questa nuova rete di scambi sempre più si fa
sentire la necessità di un vero e proprio network nazionale. “Il
dialogo tra le diverse realtà è presente da tempo – sottolinea rav
Locci – ma si basa essenzialmente sui rapporti che intercorrono tra le
Comunità e rimane in ogni caso estemporaneo. L’auspicio è che possa
venire strutturato in maniera più organizzata, con un momento di
collegamento a livello nazionale, così da poter divenire più costante e
produttivo”. E la medesima costanza dovrebbe, secondo rav Locci,
contraddistinguere anche la formazione dei leader ebraici. In assenza
di nuove progettualità, dice, rischiamo di rimanere fermi all’oggi e di
non comprendere affatto verso quali orizzonti si stanno orientando le
nostre Comunità.
Oltre il campanile
“Il
progetto del Dec? Una novità assoluta, un passo avanti per uscire
dall’immobilismo”. Emanuele Viterbo, dal 1988 segretario della Comunità
ebraica di Firenze, non nasconde il suo entusiasmo per l’avvio del
programma d’incontri e seminari. “Un’iniziativa di questo tipo è
normale nel mondo del lavoro ma per noi rappresenta un qualcosa di
eccezionale e mai fatto prima. Anche per questo l’ho valutata in molto
positivo fin dagli esordi”. All’indomani dei primi incontri non
mancano però alcune perplessità e qualche suggerimento per sviluppare
al meglio il programma. “Dal mio punto di vista questo progetto è una
sorta di treno in corsa, l’auspicio è che ci si salga tutti. Mi
è spiaciuto invece vedere che la partecipazione dei miei colleghi e più
in generale dei dipendenti delle Comunità è alquanto ridotto, almeno
nella prima fase”. Quanto all’impostazione, sottolinea, un progetto di questo tipo ha senso solo in un’ottica nazionale. “Nel
mondo della globalizzazione non ha più senso rimanere ancorati alla
mentalità localistica e campanilistica che troppo spesso continua a
contraddistinguere le nostre realtà. è su questo contesto che si deve
intervenire per migliorare l’organizzazione delle Comunità, costruendo
una visione innovativa complessiva”. E dunque ben vengano gli
strumenti per gestire al meglio la struttura, purché li si inquadri in
un quadro più ampio. Un esempio concreto e molto attuale, dice Viterbo,
è quello della Shechitah che potrà trovare una soluzione adeguata solo
in una logica nazionale così come tanti altri aspetti organizzativi e
gestionali.
Il coraggio di voltare pagina
“È
arrivato il momento di superare molte logiche usate finora, basate su
schemi ormai sorpassati e su esperienze non più attuali e di disegnare
nuovi approcci, adeguati alle esigenze comunitarie e alle sfide che ci
attendono”. Alessandro Salonichio, presidente della Comunità di Trieste
che ha ospitato il secondo modulo del progetto formativo, ha ben chiari
gli obiettivi che attendono la realtà ebraica. “Bisogna avere il
coraggio di cambiare e di mettersi al passo con i tempi, rendendo le
nostre strutture più efficienti, moderne e funzionali: sia nel rapporto
con gli iscritti sia in quello con l’esterno. è uno sforzo che deve
essere condiviso al massimo per consentirci di superare le resistenze
fondate sulla convinzione che, se fino ad oggi tutto è funzionato in
quel modo, nulla deve essere cambiato”. In questo senso il
progetto di formazione rivolto alla leadership può fornire strumenti
preziosi: in termini di maggiore professionalità, ma non solo. “La mia
speranza è che opportunità d’incontro come queste ci offrano
l’occasione di conoscerci meglio, di mettere a confronto le nostre
pratiche e le nostre esperienze alla luce di una formazione al passo
con i tempi. Sono certo che questa preparazione ci aiuterà ad
approfondire la nostra comprensione delle dinamiche comunitarie e a
interpretare meglio gli scenari di cambiamento”. La spinta al
cambiamento porta con sé dei rischi, Alessandro Salonichio ne è ben
consapevole. Idee diverse e innovative, dice possono mettere a rischio
gli equilibri su cui una Comunità si è sempre retta. “L’auspicio è che
il confronto con i colleghi di altre Comunità e con i docenti ci aiuti
a individuare le vie per comprendere meglio le diverse sfaccettature
dei problemi e a prendere decisioni responsabili e rispettose del
mandato conferitoci dagli iscritti”. Anche in direzione di nuove
sinergie e collaborazioni su scala più ampia. “Questi incontri
rappresentano una chance unica per creare momenti di cooperazione tra
le varie Comunità su progetti generali e specifici. Dobbiamo sfruttarla
al massimo: siamo davanti a un’opportunità che possiamo e dobbiamo
cogliere”.
(Daniela Gross, Pagine Ebraiche dicembre 2011)
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Qui Roma - Una Cultura in tante Culture
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“Ho
capito che se vogliamo possiamo credere in una società migliore”
racconta un liceale fiorentino. La possibilità di aprirsi, stringere
nuove amicizie, confrontarsi con realtà diverse attraverso il teatro,
la danza, il gioco. Il senso del progetto Una Cultura in tante Culture,
promosso dall’Adei Wizo e presentato ieri al Convitto Nazionale
Vittorio Emanuele II di Roma, è quello di creare relazioni
durature tra ragazzi di scuole ed età diverse, permettere il
superamento di eventuali barriere culturali o religiose e formare gli
insegnanti su temi didattici e metodologici come la mediazione dei
conflitti. Nata cinque anni fa, l’iniziativa ha coinvolto diverse
scuole italiane e in questi giorni verrà portata avanti con gli
insegnanti del Convitto nazionale. Dopo i saluti inaugurali del
rettore dell’istituto Emilio Fatovic e l'intervento, fra gli altri, di
Ruth Dureghello, assessore alle scuole della Comunità ebraica di Roma,
si è entrati nel vivo del progetto con la presentazione delle attività
da parte di Ziva Fischer, responsabile del progetto per l’Adei Wizo, e
di Angelica Calò Livne, docente del seminario Una Cultura in tante
Culture nonché fondatrice di Beresheet La Shalom, organizzazione che
promuove il dialogo in Israele tra ragazzi di diverse religioni. “L’Adei
Wizo – ha spiegato la Fischer agli alunni e agli insegnanti presenti –
è l’associazione di riferimento per le donne ebree italiane e, fra le
diverse attività che portiamo avanti, molte iniziative sono dedicate ai
giovani, il futuro di questa società. È in quest'ottica che è stato
realizzato il progetto”. Sulle finalità del seminario si è soffermata
Calò Livne: “Gli obbiettivi sono molti, creare un’atmosfera di
accoglienza e di comunicazione positiva all’interno della classe
affinché i ragazzi siano in grado di esprimersi e studiare con
curiosità, rispetto e fiducia verso ogni compagno sviluppando e
consolidando la propria identità”.
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Qui Venezia - Michael Calimani, giornalista professionista
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Anche
Michael Calimani (Venezia), il quinto giovane ebreo italiano ad aver
compiuto il praticantato giornalistico, ha felicemente superato l'esame
di Stato per l'abilitazione professionale ed è ora iscritto all'albo
professionisti dell'Ordine dei giornalisti. Per la redazione del
Portale dell'ebraismo italiano giunge a compimento un significativo
ciclo di lavoro che ha consentito la formazione e l'esito positivo
dell'esame da parte di giovani provenienti da città diverse, tutti
portatori di un grande slancio professionale. L'auspicio è che si possa
rinnovare presto questa esperienza, continuando a formare giornalisti
professionisti capaci di vedere il giornalismo da un punto di vista
ebraico, più che l'ebraismo da un punto di vista giornalistico. Un grande Mazal Tov a Michael da tutti i colleghi della redazione.
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Cittadini del mondo, un po' preoccupati...
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Giovedì
prossimo l’associazione di cultura ebraica Hans Jonas, in
collaborazione con il Pitigliani e la casa editrice Giuntina, presenta
il rapporto sui giovani ebrei italiani curato da Saul Meghnagi. Un
evento particolare, però, perché a ragionare della ricerca non ci
saranno rabbini e dirigenti delle comunità - come pure è già accaduto e
continuerà ad accadere - ma esponenti politici e di categoria. Nicola
Zingaretti (presidente della Provincia di Roma), Giorgia Meloni (già
ministro della Gioventù), Jacopo Morelli (presidente dei Giovani
industriali), Ilaria Lani (responsabile dei giovani Cgil) si
confronteranno, moderati dai giornalisti David Parenzo e Fabio Perugia,
in un dibattito dal titolo «L’Italia non è un paese per giovani?». Una
questione fondamentale per il futuro dell’Italia. La questione è:
perché un’associazione ebraica organizza un talk show di questo tipo? Essenzialmente
per due ragioni. Abbiamo fondato la nostra associazione per essere, nel
nostro piccolo, una cerniera tra la comunità ebraica e il mondo
circostante. Un luogo dove discutere degli ebrei italiani all’interno
della società, ragionando sulle differenze ma anche sui punti di
contatto. Da questo punto di vista i risultati della ricerca sono
decisamente interessanti: le preoccupazioni dei giovani ebrei
coincidono in massima parte con quelle dei loro coetanei, com’è ovvio,
ma presentano anche divergenze significative. Il ruolo delle
comunità e delle associazioni, di ciò che viene chiamato «società
civile», appare ogni giorno più decisivo. Viviamo un’epoca senza luoghi
di confronto e discussione, dove manca il tempo della riflessione e
dell’elaborazione. La sintesi in passato favorita dai partiti, dai
sindacati, dalle categorie, risulta oggi un obiettivo complesso. Il
compito di una comunità diventa fornire spazi di incontro, cioè evitare
di chiudersi in un guscio e pensare solo a se stessi. Un’associazione
ebraica rappresenta certamente un punto di vista particolare, ma non
deve dimenticarsi dei temi di interesse generale e del bene comune.
Tobia Zevi, Associazione Hans Jonas
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rassegna
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Egitto - Terzi: "Basta violenza"
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Leggi la rassegna |
“L’Italia
rispetta il processo politico in atto ma si attende che sia improntato
al pieno rispetto dei diritti umani e delle legittime aspettative
democratiche del popolo egiziano”. È la richiesta del neoministro degli
Esteri Giulio Terzi, che ha espresso in una nota ufficiale forte
preoccupazione per gli sviluppi della situazione egiziana. Il titolare
della Farnesina, impegnato oggi a Kuwait City per un forum tra i Paesi
del G8 e quelli della Lega Araba, si è rivolto “a tutte le parti
affinché cessi ogni violenza”.
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Non
ci sono quasi oggi sui giornali della rassegna notizie che riguardino
direttamente il mondo ebraico e Israele. I temi principali sono la
rinnovata rivolta egiziana, questa volta contro la giunta militare e le
sanzioni all'Iran da parte degli Usa.
Ugo
Volli
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L'Unione
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