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23 novembre 2011 - 26 Cheshwan 5772
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Adolfo Locci Adolfo
Locci
rabbino capo
di Padova

E questa è la storia-toledot di Ytzchak... (Bereshit 25:19). Ytzchak è il primo ebreo della storia figlio di genitori ebrei. È il patriarca il cui nome tende al futuro, e affinché la nostra storia abbia un futuro dobbiamo essere consapevoli delle conseguenze-toladot delle nostre scelte, che devono essere fondate sulla Torah e la Halakhah...

 Davide  Assael,
ricercatore



davide Assael
Le parole scritte recentemente da Anna Foa riguardo alla odierna condizione scolastica mi hanno molto stimolato e vorrei tornarci su anche a distanza di un mese abbondante. La professoressa Foa lamentava in particolar modo l’impreparazione degli insegnanti, incapaci di offrire un qualunque orizzonte di interesse ai propri alunni, anzitutto perché sono loro stessi a non averlo. In primo luogo, credo che la diagnosi non vada evitata per incorrere nel rischio di urtare sensibilità professionali: le nostre scuole medie e superiori hanno docenti che più ignoranti è difficile immaginare. Credo, però, che la responsabilità prima vada attribuita alla politica perché la scuola riflette le logiche di qualunque sistema: se trascurato collassa. In un contesto così desolante e mal pagato, è normale che i migliori si dirigano altrove. E’ un processo che in Italia presenta senza dubbio particolari criticità, ma che riguarda, in diversi modi, tutti i Paesi occidentali, incapaci di conciliare un’istruzione di massa con un adeguato livello di preparazione. Forse, questo, è stato il vero fondamento della crisi che stiamo vivendo. Se avessimo avuto una società civile più preparata, saremmo stati meno sensibili ad una politica che si è nel tempo ridotta a campagna elettorale permanente senza misurarsi con le conseguenze della propria azione.

davar
Qui Roma - C'era una volta il viale Parioli
Presentazione libro Claudio CoenUn Woody Allen in salsa carciofi alla giudia. Un po’ scalognato e goffo ma anche ironico, affettuoso e profondo. L’autobiografia sui generis di Claudio Coen emerge come una testimonianza divertita del suo passato non privo di difficoltà e note amare; è una confessione personale quanto un affresco della comunità ebraica romana. E la dimostrazione dell’affetto e del successo del libro di Coen, nella vita dottore commercialista, è stata la serata di ieri. Per la presentazione di “C’era una volta…viale Parioli, i Coen e un turbante tra loro” oltre duecento persone si sono raccolte al Pitigliani di Roma. Un’occasione dal sapore famigliare, animata dalla pungente ironia del giornalista David Parenzo in veste di presentatore e showman dell’evento.
Il libro, come è stato messo in luce durante la serata, è carico di ironia, “quasi fino all’autoflagellazione; è la parabola agrodolce di un uomo la cui identità pubblica, di serio e ligio professionista, contrasta fortemente con quella privata, con le sue storie da autostoppista a Kabul o i flirt improbabili” scrive il giornalista Maurizio Molinari. Un’opera sincera, anche coraggiosa, in cui Coen racconta le proprie disavventure, personali e famigliari, narra il particolare rapporto che lo lega ai fratelli, Roberto e Dario, immortala spaccati della comunità ebraica romana. Il tutto per lasciare una testimonianza ai propri discendenti.
Sorrisi e divertimento lasciano poi il campo al fine nobile dell'iniziativa. I proventi delle vendite, secondo indicazione dell'autore, saranno infatti interamente devoluti alla Deputazione Ebraica di Roma. Un gesto di solidarietà, un pensiero ai meno fortunati molto apprezzato dal pubblico che ha risposto comprando diverse copie del libro.
d.r

Deputazione, un campanello d'allarme che va ascoltato

Deputazione ebraicaL'immaginario comune vuole una Comunità ebraica di Roma ricca e spensierata. L'ex Ghetto, ora meta ghiotta per i turisti, gremito di persone ben vestite e operose. Una bolla di vetro che non fa permeare al suo interno le brutture del mondo. I problemi che sopraggiungono si risolvono magicamente e tutto segue il ritmo di un musical di Broadway. E qui troviamo l'errore. L'idillio non c'è, la bolla di vetro si frantuma in mille pezzi. Alcolismo, depressione, tossicodipendenza, crisi economiche, fallimenti, disagi di vario genere non risparmiano nessuno. Questo è quanto si apprende visitando la Deputazione ebraica. Questo è quanto ci racconta il suo presidente Piero Bonfiglioli che con la Deputazione ha un legame affettivo particolare e che prosegue il lavoro del padre Vittorio. Guardare in faccia l'esistenza del problema, non cedere a facili surrogati di felicità, denunciare la grave situazione di un gran numero di ebrei a Roma, è paradossalmente l'inizio della soluzione.  Le donazioni all'ente sono aumentate negli ultimi anni, ma la strada è lunga e la crisi del 2009 si acuisce sempre più. Ma cosa è la Deputazione? Cosa avviene al suo interno? Chi lavora per migliorare le condizioni dei suoi utenti? La sua storia è una storia lunga 126 anni, un mix esplosivo di filantropi appassionati e trame complesse. Una vicenda che corre parallela e spesso si interseca con i grandi cambiamenti del paese. Le guerre, il '68, le prime trasgressioni sono penetrate anche nella Comunità. Ma facciamo un po' di ordine.  L'ente nasce nel 1885 dal confluire di diverse confraternite che circolavano nel Ghetto. Vi era chi si occupava dei corredi per fanciulle meno abbienti, chi contribuiva a trovare luoghi nei quali ospitare coloro che non avevano una abitazione. Il tragico arrivo della Seconda Guerra Mondiale porta alla sospensione di queste opere buone. Anche gli ebrei che si occupavano di aiutare i correligionari in difficoltà sono inevitabilmente in pericolo. Nel dopoguerra l'American Jewish Joint Distribution Committee invia materiale e fondi per rimettere in piedi la Deputazione che nel 1953 ha la sua prima assistente sociale: Carla di Nepi. Bastano una assistente sociale, una segretaria e un usciere camminatore (si occupa di mansioni come recapitare lettere o portare pacchi) per far riaccendere la piccola luce di speranza data dalla solidarietà. Nel 1977 viene inclusa la figura dello psicologo in ambito terapeutico e scolastico. Un salto poi ci porta agli ultimi vent'anni con la nascita dell'ufficio lavoro, della gestione dei fondi della Claims Conference per i superstiti della Shoah e di tante iniziative per la raccolta fondi. La Deputazione ha inoltre prestato aiuto per eventi di carattere nazionale, ad esempio il terremoto di Messina del 1908, e internazionale, la guerra in Jugoslavia. Un lungo percorso fatto di continuità e innovazione, non perdendo mai di vista il focus: aiutare il prossimo. La struttura negli anni ha dovuto specializzarsi sempre più per individuare i diversi problemi, oggi sopratutto all'interno del nucleo familiare e di carattere economico e psicologico (molte volte strettamente legati). Sarebbe riduttivo dire che solo persone che hanno perso ogni cosa si rivolgono per chiedere assistenza. Sarebbe ipocrita negare la precarietà sulla quale poggia la nostra società al momento. Lo scopo non è quello di creare una dipendenza tra l'ente e l'utente. Lo scopo è reinserire chi ha perduto un lavoro, ascoltare chi si sente perduto, riportare gradualmente la persona a uno stato che la soddisfi. Lo scopo sono le singole storie dietro i calcoli e le cifre che molte volte sembrano solo file di numeri. Significa valutare il caso direttamente e indirettamente. Essere razionali ma vedere l'individuo. Capire quanto c'è di manifesto e quanto viene nascosto, forse per pudore. Il Consiglio, formato da undici persone, si riunisce mensilmente ed è suddiviso in diverse commissioni. Quello che preme al presidente è mostrare chi c'è dietro tutto, far luce sull'ingranaggio che permette alla Deputazione di funzionare correttamente. Anna Palagi, che fin da giovanissima ha iniziato la sua collaborazione e si emoziona sfogliando dei mitici e polverosi verbali del 1889, e Ronit Chaim si occupano dell'assistenza sociale. Un ambito complesso e che fornisce il primo aiuto e si trova a fronteggiare le situazioni più disparate: da chi non riesce a pagare la bolletta del telefono a chi deve fare una costosa operazione. La missione è quella di non rendere l'utente un assistito a vita ma di fornire le basi sulle quali costruire la scala per la risalita. Le assistenti sociali collaborano a stretto contatto con il ramo delle Deputazione di consulenza psicologica. Settore nel quale operano le psicologhe e psicoterapeute Dafne Arbib e Regina Schapirer. Il servizio si muove in due direzioni: il lavoro in Deputazione e quello a scuola. Il primo si rivolge al singolo, alla coppia e alla famiglia. Inizia con una serie di colloqui conoscitivi che portano a valutare la necessità di un trattamento psicologico breve o prolungato che coinvolge strutture territoriali o interne alla Comunità. Disagi generazionali, problemi di coppia e traumi dati da lutti, perdita del lavoro o malattie sono al centro dell'attenzione. A scuola è in collaborazione con il Servizio di Psicologia Scolastica della Comunità ebraica di Roma. Lavora all'interno di una equipe specializzata in età evolutiva. Cura principalmente uno sportello di ascolto psicologico che coinvolge studenti, genitori e insegnanti. Saltuariamente intervengono operatori domiciliari che supportano i genitori nelle attività che occupano la vita del bambino. Sandra Piperno dirige un altro settore importante, quello degli anziani, diviso in due progetti. 'Radici', si occupa di assistenza e ha previsto la formazione di dieci OSS (Operatore socio sanitario) e 'Meglio ben accompagnati che soli' che organizza attività ricreative in collaborazione con il Centro Pitigliani e si serve di un pulmino per i trasporti.  Angelo di Porto dell'Ufficio lavoro ha un ruolo centrale. Indirizza infatti, giovani e meno giovani nel mondo del lavoro, incrociando offerte e richieste. Sottolinea l'importanza della formazione e di come si organizzano corsi volti a dare i requisiti necessari a chi è in cerca di lavoro (ultimo quello di computer). Fortunee Habib si occupa invece della sopracitata Claims Conference  per aiutare gli anziani aventi diritto di aiuti in quanto sopravvissuti della Shoah, mantenendo uno stretto contatto con Israele. Infine Carola Caviglia, cui è assegnato uno dei nuovissimi ruoli della Deputazione. Lavorando a stretto contatto con il presidente, Carola si occupa della partecipazione a eventuali bandi regionali, a iniziative promozionali e fund raising. Cura quindi l'immagine ma anche l'effettivo funzionamento dell'ente (che necessità una continua ricerca di fondi). Tra le ultime proposte quella delle bomboniere solidali che allargano il campo dei benefattori avvicinandosi a una fascia più giovane. Un’attività febbrile quella della Deputazione, una signora centenaria arzilla come non mai. 

Rachel Silvera (Pagine Ebraiche, dicembre 2011)

Qui Roma - Tel Aviv, la primavera infinita
Mostra Tel AvivCento anni (più due) e non sentirli. Tel Aviv, il cuore pulsante di Israele, la “collina della primavera” che non sfiorisce mai. Una straordinaria mostra fotografica, inaugurata ieri pomeriggio al Museo di Roma in piazza Sant’Egidio, omaggia la storia unica ed entusiasmante di questa città, trasformatasi nel giro di appena un secolo da modesto insediamento urbano a centro internazionale della movida, della cultura e della sperimentazione artistica. La rassegna, disposta in più sale lungo un suggestivo e continuo confronto tra la Tel Aviv di ieri e quella di oggi negli scatti di Avraham Soskin e Viviana Tagar, è organizzata da Roly Kornblit in collaborazione con Francesca Barbi Marinetti e sarà visitabile fino a inizio gennaio 2012. Numeroso il pubblico affluito ieri in Trastevere per la cerimonia di apertura svoltasi alla presenza tra gli altri dell’ambasciatore dello Stato di Israele Gideon Meir, di rappresentanti della Sovrintendenza, del Comune di Roma e dei vertici della Comunità ebraica capitolina.

"Rabbino" in diretta televisiva, la Gialappa's Band si scusa
Gialappa's BandOltre un ventennio di sketch rovinati da una battuta di pessimo gusto. Nel corso di Mai Dire Grande Fratello, programma televisivo che prende di mira gli inquilini della casa più mediatica d’Italia, la Gialappa’s Band – noto trio satirico del piccolo schermo –  ha utilizzato il termine “rabbino” per biasimare la tirchieria di uno dei concorrenti. Uno scivolone, una amara defaillance che ha suscitato la reazione del consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Vittorio Pavoncello, autore di un duro comunicato in cui si legge che “d’ora in poi non avremo più alcuna tolleranza nei riguardi di gente che continua imperterrita a usare pregiudizi volgari e irreali nei confronti degli ebrei”. Particolarmente grave, ha sottolineato il consigliere UCEI, il fatto che l’episodio sia avvenuto nel corso di una trasmissione molto seguita dai giovani amplificando così un luogo comune che tante drammatiche conseguenze ha avuto nella storia. Alla Gialappa’s Band, ha affermato Pavoncello, “oltre alla nostra esaurita pazienza va tutta la nostra disistima e un invito a un approfondimento sul piano culturale”. Immediata, nella serata di ieri, la replica del terzetto. “Hanno assolutamente ragione e per questo chiediamo scusa” ha ammesso Marco Santin includendo nelle scuse anche gli altri due 'gialappini' Giorgio Gherarducci e Carlo Taranto. “Abbiamo usato un luogo comune ed è una cosa che facciamo raramente. Ovviamente sappiamo benissimo cosa sia un rabbino e per questo siamo ancora più avviliti”.

pilpul
Poteri forti e complotti
Francesco LucreziÈ degno di attenzione il segnale d’allarme lanciato da Tobia Zevi, su questa newsletter, lo scorso 15 novembre, a proposito di una sgradevole ‘gaffe’ pronunciata dal Presidente di una squadra di calcio (per la quale sono state però presentate opportune scuse), che ha fatto riferimento, giorni fa – nel generale quadro della crisi economica mondiale  al pericolo di insidiose trappole tese da furbi e spregiudicati avvocati ebrei, ai danni di sprovveduti clienti. Esiste il rischio di una sorta di deriva ‘complottista’ che, dalla generica denuncia dei condizionamenti esercitati dai grandi potentati economici e finanziari, man mano scivoli fino a puntare il dito, come tante altre volte nella storia, contro gli ebrei, da additare alle masse come i veri responsabili di tutti i problemi?
È un dato di fatto, com’è noto, che la difficile situazione economica ha scatenato, in tutto il mondo, un vasto movimento di protesta, volto a esprimere la contrarietà di una presunta, larghissima maggioranza della popolazione (il “99 %”) contro il presunto prepotere di una piccolissima minoranza di cd. “poteri forti”: termine alquanto generico e approssimativo, con cui si vuole principalmente indicare, a quanto pare, il grosso capitale, e, soprattutto, le banche, tanto pubbliche quanto private.
Per quanto riguarda, in particolare, l’Italia, il malumore contro queste forze occulte ha trovato un’ulteriore, propizia occasione per esprimersi nella recente formazione del nuovo governo, in cui (o dietro di cui) molti, a destra come a sinistra (la destra più populista e la sinistra più radicale) hanno voluto vedere la “longa manus” di potenti banchieri, spregiudicati finanzieri, avidi plutocrati. I quali, come sempre, non si vedono, ma “ci sono”.
Anche se non si parla (ancora) di un “complotto plutocratico”, pare, insomma, che molti ci pensino. E non sorprende, in questo contesto, che, in almeno un paio di occasioni, autorevoli politici abbiano fatto riferimento a uno specifico ruolo giocato, in tali vicende, dalla massoneria (la quale, quantunque ‘decaduta’, è sempre andata a braccetto, nell’immaginario popolare, con la plutocrazia).
Stiamo dunque tornando ai tempi dei “complotti demo-masso-giudo-pluto”? (Anche stavolta, fra l’altro, a tramare contro di noi ci sarebbero delle potenze straniere, con la Francia e la Germania al posto della “perfida Albione”). E anche gli ebrei, per caso, fanno parte del ‘complotto’?
Al momento, per fortuna, tale idea non pare consolidarsi e, se pur circola, talvolta, qualche parola a vanvera, non fa proseliti, né viene poi consapevolmente rivendicata o ribadita. Ma esiste o no il pericolo che, un domani, la teoria del ‘complotto’ cresca e si allarghi, fino a tornare ai tristi stereotipi dei tempi andati, e a completare, con l’inserimento degli ebrei (ricchi ebrei, banchieri ebrei, avvocati ebrei…), il “quadro di famiglia” degli oscuri “complottisti”?
Al riguardo, ci può essere una risposta ottimistica e una pessimistica.
L’ottimista dice: no, non c’è pericolo, la democrazia italiana è solida e matura, ci si può permettere di parlare di complotti dei “poteri forti” senza arrivare, come in passato, a tirare in ballo gli ebrei.
Il pessimista dice: attenzione, si tratta di un piano inclinato, il pericolo c’è.
Personalmente, sono indeciso tra le due opzioni. Ma, nel dubbio, preferirei che di ‘complotti’ e di “poteri forti”, in ogni caso, non si parlasse mai, con o senza ebrei.


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L'ex ministro Frattini in Israele
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È in svolgimento a Tel Aviv la conferenza “Lo sviluppo della relazioni tra Russia, Unione Europea e Israele”. Tra gli ospiti l’ex ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, coordinatore dei ministri dell'Ue e neo presidente della Fondazione Alcide De Gasperi. Assieme a lui il segretario della commissione Esteri della Camera Michaela Biancofiore.

 

Quasi un anno è passato da quel giorno di dicembre nel quale un povero tunisino disperato si è bruciato vivo, dando inconsciamente inizio ad un terremoto politico che ancora non si placa, e le cui conseguenze sembrano, a molti, ricordare quanto successe nella Persia poi diventata Iran(...)

Emanuel Segre Amar











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