Un Woody Allen in salsa
carciofi alla giudia. Un po’ scalognato e goffo ma anche ironico,
affettuoso e profondo. L’autobiografia sui generis di Claudio Coen
emerge come una testimonianza divertita del suo passato non privo di
difficoltà e note amare; è una confessione personale quanto un affresco
della comunità ebraica romana. E la dimostrazione dell’affetto e del
successo del libro di Coen, nella vita dottore commercialista, è stata
la serata di ieri. Per la presentazione di “C’era una volta…viale
Parioli, i Coen e un turbante tra loro” oltre duecento persone si sono
raccolte al Pitigliani di Roma. Un’occasione dal sapore famigliare,
animata dalla pungente ironia del giornalista David Parenzo in veste di
presentatore e showman dell’evento.
Il libro, come è stato messo in luce durante la serata, è
carico di ironia, “quasi fino all’autoflagellazione; è la parabola
agrodolce di un uomo la cui identità pubblica, di serio e ligio
professionista, contrasta fortemente con quella privata, con le sue
storie da autostoppista a Kabul o i flirt improbabili” scrive il
giornalista Maurizio Molinari. Un’opera sincera, anche coraggiosa, in
cui Coen racconta le proprie disavventure, personali e famigliari,
narra il particolare rapporto che lo lega ai fratelli, Roberto e Dario,
immortala spaccati della comunità ebraica romana. Il tutto per lasciare
una testimonianza ai propri discendenti.
Sorrisi e divertimento lasciano poi il campo al fine nobile
dell'iniziativa. I proventi delle vendite, secondo indicazione
dell'autore, saranno infatti interamente devoluti alla Deputazione
Ebraica di Roma. Un gesto di solidarietà, un pensiero ai meno fortunati
molto apprezzato dal pubblico che ha risposto comprando diverse copie
del libro. d.r
Deputazione, un campanello
d'allarme che va ascoltato
L'immaginario
comune vuole una Comunità ebraica di Roma ricca e spensierata. L'ex
Ghetto, ora meta ghiotta per i turisti, gremito di persone ben vestite
e operose. Una bolla di vetro che non fa permeare al suo interno le
brutture del mondo. I problemi che sopraggiungono si risolvono
magicamente e tutto segue il ritmo di un musical di Broadway. E qui
troviamo l'errore. L'idillio non c'è, la bolla di vetro si frantuma in
mille pezzi. Alcolismo, depressione, tossicodipendenza, crisi
economiche, fallimenti, disagi di vario genere non risparmiano nessuno.
Questo è quanto si apprende visitando la Deputazione ebraica. Questo è quanto ci racconta
il suo presidente Piero Bonfiglioli che con la Deputazione ha un legame
affettivo particolare e che prosegue il lavoro del padre Vittorio.
Guardare in faccia l'esistenza del problema, non cedere a facili
surrogati di felicità, denunciare la grave situazione di un gran numero
di ebrei a Roma, è paradossalmente l'inizio della soluzione.
Le donazioni all'ente sono aumentate negli ultimi anni, ma la strada è
lunga e la crisi del 2009 si acuisce sempre più. Ma cosa è la
Deputazione? Cosa avviene al suo interno? Chi lavora per migliorare le
condizioni dei suoi utenti? La sua storia è una storia lunga 126 anni,
un mix esplosivo di filantropi appassionati e trame complesse. Una
vicenda che corre parallela e spesso si interseca con i grandi
cambiamenti del paese. Le guerre, il '68, le prime trasgressioni sono
penetrate anche nella Comunità. Ma facciamo un po' di ordine.
L'ente nasce nel 1885 dal confluire di diverse confraternite che
circolavano nel Ghetto. Vi era chi si occupava dei corredi per
fanciulle meno abbienti, chi contribuiva a trovare luoghi nei quali
ospitare coloro che non avevano una abitazione. Il tragico arrivo della
Seconda Guerra Mondiale porta alla sospensione di queste opere buone.
Anche gli ebrei che si occupavano di aiutare i correligionari in
difficoltà sono inevitabilmente in pericolo. Nel dopoguerra l'American
Jewish Joint Distribution Committee invia materiale e fondi per
rimettere in piedi la Deputazione che nel 1953 ha la sua prima
assistente sociale: Carla di Nepi. Bastano una assistente sociale, una
segretaria e un usciere camminatore (si occupa di mansioni come
recapitare lettere o portare pacchi) per far riaccendere la piccola
luce di speranza data dalla solidarietà. Nel 1977 viene inclusa la
figura dello psicologo in ambito terapeutico e scolastico. Un salto poi
ci porta agli ultimi vent'anni con la nascita dell'ufficio lavoro,
della gestione dei fondi della Claims Conference per i superstiti della
Shoah e di tante iniziative per la raccolta fondi. La Deputazione ha
inoltre prestato aiuto per eventi di carattere nazionale, ad esempio il
terremoto di Messina del 1908, e internazionale, la guerra in
Jugoslavia. Un lungo percorso fatto di continuità e innovazione, non
perdendo mai di vista il focus: aiutare il prossimo. La struttura negli
anni ha dovuto specializzarsi sempre più per individuare i diversi
problemi, oggi sopratutto all'interno del nucleo familiare e di
carattere economico e psicologico (molte volte strettamente legati).
Sarebbe riduttivo dire che solo persone che hanno perso ogni cosa si
rivolgono per chiedere assistenza. Sarebbe ipocrita negare la
precarietà sulla quale poggia la nostra società al momento. Lo scopo
non è quello di creare una dipendenza tra l'ente e l'utente. Lo scopo è
reinserire chi ha perduto un lavoro, ascoltare chi si sente perduto,
riportare gradualmente la persona a uno stato che la soddisfi. Lo scopo
sono le singole storie dietro i calcoli e le cifre che molte volte
sembrano solo file di numeri. Significa valutare il caso direttamente e
indirettamente. Essere razionali ma vedere l'individuo. Capire quanto
c'è di manifesto e quanto viene nascosto, forse per pudore. Il
Consiglio, formato da undici persone, si riunisce mensilmente ed è
suddiviso in diverse commissioni. Quello che preme al presidente è
mostrare chi c'è dietro tutto, far luce sull'ingranaggio che permette
alla Deputazione di funzionare correttamente. Anna Palagi, che fin da
giovanissima ha iniziato la sua collaborazione e si emoziona sfogliando
dei mitici e polverosi verbali del 1889, e Ronit Chaim si occupano
dell'assistenza sociale. Un ambito complesso e che fornisce il primo
aiuto e si trova a fronteggiare le situazioni più disparate: da chi non
riesce a pagare la bolletta del telefono a chi deve fare una costosa
operazione. La missione è quella di non rendere l'utente un assistito a
vita ma di fornire le basi sulle quali costruire la scala per la
risalita. Le assistenti sociali collaborano a stretto contatto con il
ramo delle Deputazione di consulenza psicologica. Settore nel quale
operano le psicologhe e psicoterapeute Dafne Arbib e Regina Schapirer.
Il servizio si muove in due direzioni: il lavoro in Deputazione e
quello a scuola. Il primo si rivolge al singolo, alla coppia e alla
famiglia. Inizia con una serie di colloqui conoscitivi che portano a
valutare la necessità di un trattamento psicologico breve o prolungato
che coinvolge strutture territoriali o interne alla Comunità. Disagi
generazionali, problemi di coppia e traumi dati da lutti, perdita del
lavoro o malattie sono al centro dell'attenzione. A scuola è in
collaborazione con il Servizio di Psicologia Scolastica della Comunità
ebraica di Roma. Lavora all'interno di una equipe specializzata in età
evolutiva. Cura principalmente uno sportello di ascolto psicologico che
coinvolge studenti, genitori e insegnanti. Saltuariamente intervengono
operatori domiciliari che supportano i genitori nelle attività che
occupano la vita del bambino. Sandra Piperno dirige un altro settore
importante, quello degli anziani, diviso in due progetti. 'Radici', si
occupa di assistenza e ha previsto la formazione di dieci OSS
(Operatore socio sanitario) e 'Meglio ben accompagnati che soli' che
organizza attività ricreative in collaborazione con il Centro
Pitigliani e si serve di un pulmino per i trasporti. Angelo
di Porto dell'Ufficio lavoro ha un ruolo centrale. Indirizza infatti,
giovani e meno giovani nel mondo del lavoro, incrociando offerte e
richieste. Sottolinea l'importanza della formazione e di come si
organizzano corsi volti a dare i requisiti necessari a chi è in cerca
di lavoro (ultimo quello di computer). Fortunee Habib si occupa invece
della sopracitata Claims Conference per aiutare gli anziani
aventi diritto di aiuti in quanto sopravvissuti della Shoah, mantenendo
uno stretto contatto con Israele. Infine Carola Caviglia, cui è
assegnato uno dei nuovissimi ruoli della Deputazione. Lavorando a
stretto contatto con il presidente, Carola si occupa della
partecipazione a eventuali bandi regionali, a iniziative promozionali e
fund raising. Cura quindi l'immagine ma anche l'effettivo funzionamento
dell'ente (che necessità una continua ricerca di fondi). Tra le ultime
proposte quella delle bomboniere solidali che allargano il campo dei
benefattori avvicinandosi a una fascia più giovane. Un’attività
febbrile quella della Deputazione, una signora centenaria arzilla come
non mai.
Rachel Silvera (Pagine Ebraiche, dicembre 2011)
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Qui
Roma - Tel Aviv, la primavera infinita |
Cento anni (più due) e non
sentirli. Tel Aviv, il cuore pulsante di Israele, la “collina della
primavera” che non sfiorisce mai. Una straordinaria mostra fotografica,
inaugurata ieri pomeriggio al Museo di Roma in piazza Sant’Egidio,
omaggia la storia unica ed entusiasmante di questa città, trasformatasi
nel giro di appena un secolo da modesto insediamento urbano a centro
internazionale della movida, della cultura e della sperimentazione
artistica. La rassegna, disposta in più sale lungo un suggestivo e
continuo confronto tra la Tel Aviv di ieri e quella di oggi negli
scatti di Avraham Soskin e Viviana Tagar, è organizzata da Roly
Kornblit in collaborazione con Francesca Barbi Marinetti e sarà
visitabile fino a inizio gennaio 2012. Numeroso il pubblico affluito
ieri in Trastevere per la cerimonia di apertura svoltasi alla presenza
tra gli altri dell’ambasciatore dello Stato di Israele Gideon Meir, di
rappresentanti della Sovrintendenza, del Comune di Roma e dei vertici
della Comunità ebraica capitolina.
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"Rabbino"
in diretta televisiva, la Gialappa's Band si scusa |
Oltre un ventennio di sketch rovinati da una battuta di pessimo gusto. Nel corso di Mai
Dire Grande Fratello, programma televisivo che prende di mira gli
inquilini della casa più mediatica d’Italia, la Gialappa’s Band – noto
trio satirico del piccolo schermo – ha utilizzato il termine
“rabbino” per biasimare la tirchieria di uno dei concorrenti. Uno
scivolone, una amara defaillance che ha suscitato la reazione del
consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Vittorio
Pavoncello, autore di un duro comunicato in cui si legge che “d’ora in
poi non avremo più alcuna tolleranza nei riguardi di gente che continua
imperterrita a usare pregiudizi volgari e irreali nei confronti degli
ebrei”. Particolarmente grave, ha sottolineato il consigliere UCEI, il
fatto che l’episodio sia avvenuto nel corso di una trasmissione molto
seguita dai giovani amplificando così un luogo comune che tante
drammatiche conseguenze ha avuto nella storia. Alla Gialappa’s Band, ha
affermato Pavoncello, “oltre alla nostra esaurita pazienza va tutta la
nostra disistima e un invito a un approfondimento sul piano culturale”.
Immediata, nella serata di ieri, la replica del terzetto. “Hanno
assolutamente ragione e per questo chiediamo scusa” ha ammesso Marco
Santin includendo nelle scuse anche gli altri due 'gialappini' Giorgio
Gherarducci e Carlo Taranto. “Abbiamo usato un luogo comune ed è una cosa che facciamo
raramente. Ovviamente sappiamo benissimo cosa sia un rabbino e per
questo siamo ancora più avviliti”.
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Poteri forti e complotti
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È degno di attenzione il
segnale d’allarme lanciato da Tobia Zevi, su questa newsletter,
lo
scorso 15 novembre, a proposito di una sgradevole ‘gaffe’ pronunciata
dal Presidente di una squadra di calcio (per la quale sono state però
presentate opportune scuse), che ha fatto riferimento, giorni fa – nel
generale quadro della crisi economica mondiale al pericolo di
insidiose trappole tese da furbi e spregiudicati avvocati ebrei, ai
danni di sprovveduti clienti. Esiste il rischio di una sorta di deriva
‘complottista’ che, dalla generica denuncia dei condizionamenti
esercitati dai grandi potentati economici e finanziari, man mano
scivoli fino a puntare il dito, come tante altre volte nella storia,
contro gli ebrei, da additare alle masse come i veri responsabili di
tutti i problemi?
È un dato di fatto, com’è noto, che la difficile situazione economica
ha scatenato, in tutto il mondo, un vasto movimento di protesta, volto
a esprimere la contrarietà di una presunta, larghissima maggioranza
della popolazione (il “99 %”) contro il presunto prepotere di una
piccolissima minoranza di cd. “poteri forti”: termine alquanto generico
e approssimativo, con cui si vuole principalmente indicare, a quanto
pare, il grosso capitale, e, soprattutto, le banche, tanto pubbliche
quanto private.
Per quanto riguarda, in particolare, l’Italia, il malumore contro
queste forze occulte ha trovato un’ulteriore, propizia occasione per
esprimersi nella recente formazione del nuovo governo, in cui (o dietro
di cui) molti, a destra come a sinistra (la destra più populista e la
sinistra più radicale) hanno voluto vedere la “longa manus” di potenti
banchieri, spregiudicati finanzieri, avidi plutocrati. I quali, come
sempre, non si vedono, ma “ci sono”.
Anche se non si parla (ancora) di un “complotto plutocratico”, pare,
insomma, che molti ci pensino. E non sorprende, in questo contesto,
che, in almeno un paio di occasioni, autorevoli politici abbiano fatto
riferimento a uno specifico ruolo giocato, in tali vicende, dalla
massoneria (la quale, quantunque ‘decaduta’, è sempre andata a
braccetto, nell’immaginario popolare, con la plutocrazia).
Stiamo dunque tornando ai tempi dei “complotti demo-masso-giudo-pluto”?
(Anche stavolta, fra l’altro, a tramare contro di noi ci sarebbero
delle potenze straniere, con la Francia e la Germania al posto della
“perfida Albione”). E anche gli ebrei, per caso, fanno parte del
‘complotto’?
Al momento, per fortuna, tale idea non pare consolidarsi e, se pur
circola, talvolta, qualche parola a vanvera, non fa proseliti, né viene
poi consapevolmente rivendicata o ribadita. Ma esiste o no il pericolo
che, un domani, la teoria del ‘complotto’ cresca e si allarghi, fino a
tornare ai tristi stereotipi dei tempi andati, e a completare, con
l’inserimento degli ebrei (ricchi ebrei, banchieri ebrei, avvocati
ebrei…), il “quadro di famiglia” degli oscuri “complottisti”?
Al riguardo, ci può essere una risposta ottimistica e una pessimistica.
L’ottimista dice: no, non c’è pericolo, la democrazia italiana è solida
e matura, ci si può permettere di parlare di complotti dei “poteri
forti” senza arrivare, come in passato, a tirare in ballo gli ebrei.
Il pessimista dice: attenzione, si tratta di un piano inclinato, il
pericolo c’è.
Personalmente, sono indeciso tra le due opzioni. Ma, nel dubbio,
preferirei che di ‘complotti’ e di “poteri forti”, in ogni caso, non si
parlasse mai, con o senza ebrei.
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L'ex ministro Frattini in Israele
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È in svolgimento a Tel Aviv la conferenza “Lo sviluppo della relazioni
tra Russia, Unione Europea e Israele”. Tra gli ospiti l’ex ministro
degli Esteri italiano Franco Frattini, coordinatore dei ministri
dell'Ue e neo presidente della Fondazione Alcide De Gasperi. Assieme a
lui il segretario della commissione Esteri della Camera Michaela
Biancofiore.
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Quasi un anno è passato da quel
giorno di dicembre nel quale un povero tunisino disperato si è bruciato
vivo, dando inconsciamente inizio ad un terremoto politico che ancora
non si placa, e le cui conseguenze sembrano, a molti, ricordare quanto
successe nella Persia poi diventata Iran(...)
Emanuel Segre Amar
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