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24
novembre
2011 - 27
Cheshwan 5772 |
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Riccardo
Di Segni, rabbino capo di Roma
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La
Gialappa's band ha chiesto pubblicamente scusa per aver usato la parola
"rabbino" come sinonimo di "tirchio". Un uso evidentemente improprio e
offensivo. Ma in altra forma, forse non offensiva, ma certamente
impropria e perlomeno equivoca, si fa ampio uso anche da noi della
parola rabbino. Dovrebbe essere chiaro che questo titolo compete a chi
ha svolto un determinato percorso di studi e che si comporta
coerentemente. Esistono tante scuole e tante regole, dentro e fuori
dell'ortodossia, per cui dire rabbino spesso non basta. Tanto più nel
nostro sistema, dove l'Unione delle Comunità ha il compito
istituzionale di gestire le scuole di formazione rabbinica, di
controllarne i titoli (che non vengono regalati) ed esercitare la
vigilanza sull'attività dei rabbini. Eppure accade che persone che non
potrebbero in alcun modo essere accettate seconde le regole condivise
vengano presentati come "rabbini" dagli stessi organi di informazione
dell'Unione (come questa testata) o delle Comunità. Insomma chi
dovrebbe controllare non controlla e l'informazione è equivoca. Quando
si parla di un "rav" riformista dovrebbe essere chiaro al lettore che è
riformista; quando si parla di una "rabbinessa ortodossa" (in Mosaico,
sito ufficiale della Comunità di Milano) o si dice di
lei che "è una delle rarissime donne al mondo ad aver
ottenuto da autorità rabbiniche ortodosse un'ordinazione al femminile"
(Ucei informa) l'informazione è parziale e fuorviante perché non
chiarisce chi sarebbero queste presunte autorità ortodosse e perché
omette la circostanza che questa autorevole professoressa ha esercitato
il suo "rabbinato" in una comunità liberal. E' chiaro che su questi
temi c'è discussione e dissenso, ma finché le regole ci sono, bisogna
rispettarle.
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Guido Vitale, giornalista
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Il Rabbino
capo di Roma, che non solo dal sottoscritto, ma anche dalla maggioranza
degli ebrei italiani è visto come il punto di riferimento e la massima
autorità rabbinica operante in Italia, teme che "chi dovrebbe
controllare non controlli". Fortunatamente anche nella Capitale
dell'infallibilità i rabbini possono perdere di vista alcuni dettagli
importanti. Per tranquillizzare lui e il lettore, va ricordato che
proprio in risposta al violento attacco di un leader spirituale
riformato, sul giornale dell'ebraismo italiano Pagine Ebraiche sono
state messe nero su bianco le seguenti chiarissime parole: "In Italia
portano il titolo di Rav i componenti dell’Assemblea rabbinica italiana
e i rabbini da essa riconosciuti". La redazione si è sempre,
immancabilmente, attenuta a tale regola. Per la redazione il titolo di
Rav spetta esclusivamente ai rabbini iscritti all'Assemblea rabbinica,
esattamente come il titolo di avvocato o di medico spetta
esclusivamente agli iscritti di uno specifico Ordine professionale.
Solo l'Assemblea rabbinica e le autorità rabbiniche ufficiali, non
certo i giornalisti, possono dispensare tali riconoscimenti. Solo
l'Assemblea rabbinica e le autorità rabbiniche ufficiali, non certo i
giornalisti, possono eventualmente metterne in questione la validità.
Questa redazione, che spende molte energie per dare voce e rilievo al
rabbinato italiano, ne è ben consapevole. Altro è dire che anche in
Italia esistono individui che si riuniscono spontaneamente in sinagoghe
non ortodosse e sotto la loro responsabilità attribuiscono di loro
iniziativa autorevolezza rabbinica a persone non iscritte all'Assemblea
rabbinica. I giornalisti hanno certo il dovere di controllare, oltre a
quello di informare correttamente il lettore. Ben più difficilmente
esercitano il potere di modificare a proprio piacimento la realtà.
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La mediazione Ucei e
l'indirizzo del Tribunale rabbinico
Fermo richiamo al rispetto reciproco nel confronto delle idee
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Tornando
nuovamente sulla vicenda dopo la conclusione di un lungo dibattito
sulla stampa ebraica italiana, il giornale comunitario romano Shalom,
pubblica nel numero di novembre attualmente in distribuzione due
documenti che lasciano intendere la possibilità di un confronto più
disteso e rispettoso fra persone di opinioni diverse. Eccone i
testi.
Gentile Direttore, ci sembra giusto e doveroso informare te e,
attraverso Shalom, i lettori di un fatto che riteniamo positivo. Nella
vigilia di Rosh Ha-Shanà, mercoledì 28 settembre u.s., si è svolta una
riunione convocata dal Presidente dell’Ucei Renzo Gattegna, alla quale
hanno partecipato Giorgio Gomel, Angelo Sermoneta, Joseph Di Porto e
Victor Magiar, per un confronto diretto sulla nota vicenda della
contestazione di una lettera di Gomel apparsa sul mensile da te
diretto, che ha poi ospitato anche la lettera a firma del “Gruppo il
‘48”.
Il confronto è stato difficile, franco e utile, in primo luogo a meglio
esporre ognuno il proprio punto di vista e, conseguentemente, a
comprendere meglio gli argomenti altrui.
Ti preghiamo, quindi, di pubblicare questa lettera insieme al testo
integrale della decisione presa dal Tribunale Rabbinico di Roma, in
osservanza della quale vorremmo affrontare serenamente e
costruttivamente il nuovo anno, anche continuando a “litigare”, ma con
il massimo rispetto reciproco. Nel ringraziare inviamo un cordiale
shalom.
Giorgio
Gomel, Angelo Sermoneta, Joseph Di Porto, Victor Magiar, Renzo Gattegna
Tribunale Rabbinico di Roma. 18 Tammuz 5771 (20 luglio 2011)
Il dott. Giorgio Gomel si è rivolto al BD con lettera del 2 giugno 2011
denunciando alcuni atti offensivi nei suoi confronti e chiedendo un
intervento del Beth Din volto ad interrompere una grave campagna
diffamatoria nei suoi confronti.
Il BD in proposito rileva:
1) I vari atti denunciati sono evidentemente correlati all’articolo del
dott Gomel, pubblicato su Shalom del maggio 2011, nel quale l’autore
dichiarava che “i coloni che vi si sono insediati non sono
innocentemente e sentimentalmente i ‘nostri fratelli’”.
2) Secondo i nostri Maestri chi si comporta male torna ad essere
fratello dopo che ha accettato la punizione (Makkot 23 a). Quindi
teoricamente la fratellanza, prima, è sospesa. Negare il rapporto di
fratellanza con altri ebrei, perché non se condivide il comportamento,
può essere un atto talvolta lecito. Ma è evidente che non è un atto da
fare con leggerezza, soprattutto in un contesto politico.
3) Il manifesto affisso da ignoti sulle mura scolastiche riprende in
termini sostanzialmente sovrapponibili le parole usate dal dr. Gomel
(“ogni ebreo è nostro fratello...Giorgio Gomel no”). Per questo non può
essere motivo di lagnanza da parte del dr. Gomel. Ad una negazione di
fratellanza è corrisposta una negazione di fratellanza. Entrambe
discutibili ed arbitrarie.
4) Ben diverso è il caso della scritta offensiva a vernice sui muri
della scuola che non è ammissibile prima di tutto per il contenuto e
poi per il luogo. Il Rabbino Capo, e Presidente di questo BD, appena ne
è venuto a conoscenza, ne ha chiesta lo sollecita cancellazione, con un
messaggio circolare diretto a tutto il Consiglio della CER.
5) Non può essere tollerato l’uso degli edifici comunitari come luogo
incontrollato di affissione e di scrittura murale.
6) La scritta firmata “48” comparsa su un altro muro dell’area del
Ghetto invoca una ‘espulsione’ che, se riferita al contesto
comunitario, non ha senso perché l’organizzazione comunitaria non lo
prevede. In ogni caso è espressione di un basso livello di tolleranza,
e come tale deprecabile, al pari delle parole che l’hanno provocata. Il
BD chiede che si abbassino i toni della polemica e che si rimanga
sempre nell’ambito del rispetto reciproco anche nella divergenza di
vedute.
Il Beth Din
di Roma
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Eurolega - Maccabi vs
Olimpia, una notte di grande basket
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Olimpia Milano-Maccabi Tel Aviv
atto secondo. A distanza di un mese dalla clamorosa vittoria interna
del quintetto meneghino nel match di apertura del gruppo C di Eurolega,
la Coppa Campioni del basket, i due team tornano a incontrarsi stasera
nella caldissima Nokia Arena di Tel Aviv. Il pronostico è tutto per i
padroni di casa capaci, dopo la debacle iniziale, di rifarsi con
quattro vittorie consecutive. Per l'Olimpia tira invece aria da ultima
spiaggia: lo scarno ruolino di marcia registra finora due successi
(incluso quello con il Maccabi) e tre sconfitte. Un altro ko potrebbe
quindi rivelarsi letale ai fini della qualificazione alla TOP 16 cui
accedono le prime quattro squadre di ogni raggruppamento.
Consapevoli entrambi dell'importanza della posta in gioco, i coach di
Olimpia e Maccabi predicano massima concentrazione e agonismo. Sergio
Scariolo, guida di Milano, cerca di essere fiducioso: “Fuori casa –
dice – abbiamo disputato fin qua buone partite anche se con opposti
risultati. A Tel Aviv dovremo imporci di giocarne una ottima, senza
cali di tensione e con grande controllo dei nervi e del ritmo di gara”.
David Blatt, tecnico del Maccabi finalista della passata edizione di
Eurolega, confida nel 'fattore Nokia Arena':“L'obiettivo deve essere
quello di cancellare la sconfitta di Milano e consolidare il primato in
classifica. Sono sicuro che il calore del nostro pubblico potrà darci
una mano per portare a compimento l'impresa”.
Classifica girone C di Eurolega (tra parentesi gli incontri disputati)
Maccabi Tel Aviv 8 (5)
Partizan Belgrado 6 (6)
Efes Pilsen 6 (6)
Real Madrid 6 (5)
Olimpia Milano 4 (5)
Belgacom Spirou 2 (5)
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Sergio Romano, il voto e il calendario ebraico
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Nella sua rubrica settimanale
di cose ebraiche e israeliane sul Corriere della Sera di ieri Sergio
Romano spiegava come mai solamente in Italia viga l'inutile sperpero
delle elezioni la domenica e il lunedì mattina, mentre negli altri
paesi civili il voto dura solo una giornata. Come si poteva intuire, è
tutta colpa degli ebrei. La tornata elettorale di domenica 27 marzo
1994 coincideva, infatti, con la festa ebraica di Pesach, cosicché "il
rabbino Toaff e altri esponenti della sua comunità protestarono
denunciando la scelta della data". Prontamente il premier Ciampi,
livornese come Toaff, "si scusò pubblicamente con il rabbino e preparò
un decreto che avrebbe permesso l’apertura dei seggi nella giornata di
lunedì". Da allora si è votato in Italia al lunedì per il Parlamento
nel 1996, nel 2001, nel 2006, e nel 2008, e numerose altre volte per le
Municipali, le Provinciali, le Regionali, e le Europee. Non ci risulta
che fosse Pesach o un'altra ricorrenza ebraica. Ma forse Romano conosce
il calendario ebraico meglio di noi.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
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Il posto delle donne
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Vorrei offrire un commento
sull'esternazione di Donatella Di Cesare su donne, riformati,
femminilità e modelli di consumo. Non desidero entrare nel merito di
una questione che mi sembra più di "credo" che di pensiero e pertanto
completamente personale. Piuttosto vorrei chiedere a cosa si riferisce quando parla di "disagio femminile", "ultimi
anni", o "euforia riformatrice". Che gli esseri umani si siano
rapportati alle strutture sociali di genere con livelli diversi di
acquiescenza e complessità non è una novità degli ultimi anni. Di
figure femminili che mettono in discussione l'autorità (maschile e non)
sono piene la letteratura biblica e la storia con risultati di cui
probabilmente la "she-rabbi" newyorkese non è uno dei più originali. In
secondo luogo, il movimento riformato ha più o meno 180 anni e di
euforia direi che ne ha ben poca avendo ormai in gran parte esaurito
quello che aveva da dire non solo sulle donne ma anche sugli uomini.
Mi scuso fin d'ora se sbaglio ma il lanciare l'allarme del
disorientamento non appena si mette in discussione lo status quo,
catalogare le donne in oppresse e puttane all'unico scopo di offrire la
via della salvezza è un argomento classico della letteratura
agiografica femminile cristiana. Usarlo all'interno di un dibattito,
che - piaccia o no - esiste e va rispettato come
tale, è un modo condiscendente di sottrarsi ad un lavoro intellettuale
che è interessante sia per gli uomini che per le donne, specialmente in
un campo, quello del rapporto tra rito, ruolo e diritto, in cui abbiamo
il lusso di non dover sottostare ai moralismi della politica.
Se proprio vogliamo usare la logica dell'esempio, bisogna che gli
esempi addotti siano presentati nella loro precisa collocazione storica
e non come massimi sistemi. Proporre alle donne italiane il
modello americano "modern orthodox" vale tanto quanto proporre quello
riformato. Sono prodotti di culture molto diverse da quella italiana,
possono benissimo ispirare un dibattito purché ne venga compresa o
quanto meno discussa la realtà di origine. Quello che da lontano può
sembrare un coinvolgimento della donna "modern orthodox", da vicino ha
piuttosto l'aspetto di una brillante trovata di marketing che
colloca la donna ad un incrocio strategico del mondo del consumo
conferendole un piccolo potere controllato e un tocco di "sexy look"
per trasformarla in guardia di se stessa. Una ricetta d'oltre-oceano il
cui successo non inizia né finisce nel mondo ebraico.
E' chiaro che non è possibile generalizzare nessuna di queste
valutazioni perché per fortuna ognuno di noi è una persona a sé e le
forme sociali ci condizionano in misure diverse. Sarebbe però
auspicabile affrontare ogni dibattito senza sussumerlo a priori alle
nostre convinzioni e usando per quanto possibile tutti gli strumenti
critici e intellettuali che abbiamo a disposizione.
Natalia
Indrimi, Centro Primo Levi - New York
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La
professoressa Donatella Di Cesare ha comunicato con il messaggio che
segue la decisione di sospendere la propria regolare collaborazione con
il notiziario quotidiano per proseguire la pubblicazione dei suoi
scritti su altre testate. La redazione ne prende atto con rammarico,
auspicando di poter tornare presto a ospitare i suoi contributi e
riconfermando, a ciascuno degli oltre 120 collaboratori del notiziario
quotidiano "l'Unione informa", del Portale dell'ebraismo italiano
www.moked.it e del giornale Pagine Ebraiche, i propri sentimenti di
stima, amicizia e gratitudine per condurre, giorno dopo giorno, un
impegnativo rapporto rigorosamente libero e volontario, non retribuito,
e fermamente ancorato ai principi di pluralismo, libertà d'espressione
e rispetto delle opinioni altrui che appartengono al patrimonio
dell'ebraismo italiano.
Da
questa settimana non scriverò più per la newsletter del Moked.
Troverete i miei interventi pubblicati nel sito www.romaebraica.it e
sul mensile Shalom. Desidero ringraziarvi per le vostre domande, le
vostre obiezioni, i vostri suggerimenti, per quel dialogo che è stato
per me importantissimo, nel corso di mesi e anni, e che spero potrà
proseguire. (Donatella Di Cesare)
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notizieflash |
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rassegna
stampa |
Incontro Hamas - Fatah,
preoccupazione in Israele
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Leggi la rassegna |
Riconoscimento di Israele, rispetto degli impegni internazionali e
ripudio del terrorismo. “Se i palestinesi daranno vita a un governo
unitario con Hamas e Al-Fatah, dovranno accettare in maniera esplicita
e chiara questi punti, altrimenti Israele non li riconoscerà e non avrà
con loro nessun dialogo”. Ad affermarlo il ministro degli Esteri
israeliano Avigdor Lieberman che guarda con attenzione e preoccupazione
agli sviluppi dell’incontro di riconciliazione al Cairo tra Abu Mazen,
presidente dell’Autorità nazionale palestinese, e il leader di Hamas
Khaled Meshaal.
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è il giornale dell'ebraismo
italiano |
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L'Unione
delle Comunità Ebraiche Italiane sviluppa mezzi di comunicazione che
incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli
articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente
indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di
posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone
che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Gli utenti
che fossero interessati a offrire un
proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo desk@ucei.it
Avete ricevuto questo
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