Qui Roma - Il Museo
ebraico cerca un nuovo direttore
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Istituzione
che racchiude e racconta la millenaria tradizione degli ebrei romani,
il Museo Ebraico di Roma è diventato negli anni un punto di riferimento
nel panorama culturale della Capitale. Ruolo centrale nella
valorizzazione dei tesori del Museo e nella sua affermazione a livello
nazionale e non solo, lo ha avuto Daniela Di Castro z.l.,
prematuramente scomparsa nel 2010. La Di Castro, in veste di
direttrice, con il suo impegno riuscì a rifondare la struttura, ridando
lustro alle preziose esposizioni legate alla tradizione ebraica romana.
Riprendere questo delicato lavoro, oggi affidato a Claudio
Procaccia (direttore del dipartimento cultura della Cer),
sarà il compito del prossimo direttore che verrà individuato attraverso
un bando recentemente indetto dalla Comunità ebraica di Roma. “La
figura professionale ricercata - si legge nel bando - deve possedere
competenze, abilità e motivazioni con l’obiettivo di promuovere e
rafforzare l’identità del Museo, il suo rapporto con le istituzioni
locali, nazionali ed internazionali, nonché di divulgare la rilevanza
universale delle collezioni, ridefinire la struttura organizzativa del
Museo stesso e gestirne il processo di aggiornamento negli anni
futuri”. Tra le competenze richieste, oltre alla padronanza
dell’inglese e buona
conoscenza dell’ebraico, un’ampia preparazione in merito alla cultura
ebraica con speciale attenzione agli aspetti cultuali e storici, romani
ed italiani così come della realtà storico-artistica, con particolare
riferimento alle arti decorative. Aspetti formali, l’età, compresa tra
i 25 e i 55 anni, ed essere in possesso dei requisiti per l'iscrizione
alla Comunità ebraica di Roma ai sensi dello Statuto UCEI.
Il termine per la presentazione delle domande, da inviare a mezzo
raccomandata e/o con email PEC all’indirizzo info@romaebraica.it, è il
31 gennaio 2012.
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Qui Milano - Quando il dialogo si fa a teatro
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Il
primo lunedì davvero freddo di questo autunno ritardato ci ha trovato
raccolti al Conservatorio di Milano a scaldarci con il nuovo spettacolo
teatrale proposto dalla compagnia di Beresheet LaShalom, diretta da
Angelica Edna Calò Livnè (nella foto) e da suo marito Yehuda
Livnè. Grazie
all’Associazione Italia Israele di Milano sono arrivati con i loro
ragazzi dal kibbutz Sasa (Alta Galilea), dove entrambi lavorano come
educatori con un progetto meraviglioso che ormai da anni avvicina le
tante giovani anime di Israele in cerca di convivenza e di pace
consapevole (...)
continua
>>
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Fraternità
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Nel
febbraio 1945, nella mia vallata vicina ai confini della Francia,
avevamo superato tutti i pericoli, anche quello dei cosacchi al
servizio dei tedeschi. E invece ne arrivò un altro, un nuovo terrore: i
francesi colmi d’ira per la pugnalata alle spalle del 1940
nell’immaginario dei montanari scendevano la vallata in cerca di
vendette. E allora la mia mamma mi insegnò le prime parole di francese.
Dovevo ripeterle se avessi incontrato un maquis: “Je suis juif, je suis
juif, je suis juif”.
Nella barca a vela naufragata a Brindisi, un ragazzo afgano ripete le
sole parole italiane che conosca : « Io ho 16 anni , io ho 16 anni, io
ho 16 anni »
Forse quelle parole gliele ha insegnate la sua mamma, ma certamente
quel ragazzo è mio fratello.
Aldo
Zargani
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Generazioni
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Come
ha ricordato rav Gianfranco Di Segni - in una breve nota esplicativa,
apparsa su Pagine Ebraiche di novembre – la parola toledòt,
“generazioni”, assume, nella Torah, un significato particolarmente
importante, dal momento che è proprio attraverso il susseguirsi delle
toledòt che prende forma il divenire dell’universo (Genesi 2.4:
“toledòt del cielo e della terra”, nel probabile senso di “origini”),
poi del genere umano (toledòt di Adamo [Genesi 5.1] e poi di Noè
[6.9]), e, infine, del popolo ebraico, generato da Abramo, Isacco e
Giacobbe (toledòt è, appunto, il titolo della parashah del Bereshìt
dedicata alle vicende di Giacobbe ed Esaù). Nel prosieguo del testo
biblico, spiega ancora il Rav, la parola va ad allargare il proprio
senso, acquistando il più ampio significato, presente nell’ebraico
moderno, di “storia”. Toledòt am Israel, quindi, è la storia del popolo
d’Israele. Ma, anche nell’ebraico moderno, in tale parola continua
sempre a risuonare un’eco del senso primigenio, dal momento che il
concetto di ‘storia’ conserva un’accezione fortemente ‘umana’,
rimandando non a un ‘neutro’ e astratto susseguirsi di anni, date e
vicende, ma al concreto avvicendarsi delle vite vissute dagli uomini:
di tutti gli uomini, uno per uno, che, col loro vivere e agire, hanno,
in qualche modo, contribuito (da protagonisti o comparse, da vittime o
carnefici, con le loro opere, le loro colpe e le loro sofferenze) al
formarsi dell’incessante flusso delle toledòt.
Non a caso proprio la traduzione in italiano di questa parola è stata
scelta per dare il titolo a un pregevole romanzo, scritto da Gabriele
Rubini, che, oltre a rappresentare un godibile testo di narrativa, può
essere considerato a pieno titolo – per l’accuratezza della
documentazione, la precisione dei riferimenti, la verosimiglianza
dell’ambientazione – un vero e proprio testo di storia: Generazioni.
1881-1907 (Phasar, Firenze, World Hub Press, pp. 648).
Attraverso l’avventurosa e drammatica saga di cinque famiglie ebraiche,
l’autore ricostruisce le tragiche vicende che hanno scosso, a cavallo
tra il XIX e il XX secolo, l’ebraismo europeo, lacerandone le
millenarie abitudini, per sospingerlo (sull’onda delle violente ondate
antisemite, ma anche di nuove, inedite speranze di riscatto e
rigenerazione) verso inesplorati e rischiosi lidi, chiamati
emancipazione, emigrazione, rivoluzione, sionismo. Strade spesso
dolorosamente divaricate, comportanti drammatiche rotture familiari,
abbandoni senza ritorno, cocenti delusioni, irrimarginabili ferite.
Intrecciando sapientemente – nella tradizione del miglior romanzo
storico - vicende inventate e reali fatti storici (dall’assassinio
dello zar Alessandro II alla prima Aliyah, dal Risorgimento italiano
all’affaire Dreyfuss, dal caso Mortara ai primi conflitti tra ebrei e
arabi in Palestina), Rubini mette il lettore di fronte ad alcuni
passaggi fondamentali della storia europea sullo scorcio tra Otto e
Novecento; al primo, incerto compiersi di scelte che avrebbero poi
determinato conseguenze di incalcolabile portata. Con la solidità di
puntuali dati documentali, permette di riconsiderare fallaci “verità
acquisite” (per esempio, quella secondo cui l’idea sionista sarebbe
iniziata solo con Theodor Herzl, anziché, molto prima, con Moses Hess,
il cui Roma e Gerusalemme, del 1962, precede di ben 34 anni Der
Judenstaat) e, con la suggestione dell’invenzione, dà alle sue pagine
la forza, il sapore e il colore della storia ‘vera’. D’altronde, come
ebbe a dire il grande storico Eduard Meyer, è proprio all’immaginazione
che, nella conoscenza storica, va assegnato il compito ultimo di
“scoprire la verità”; le stesse fonti storiche antiche, dalla Bibbia a
Tito Livio, rappresentano, in grande misura, forme di racconto, di
invenzione fantastica, al pari dei racconti su di esse costruiti nelle
età successive (tanto che, a proposito delle Memorie di Adriano, della
Yourcenar, ci si è addirittura chiesto, sul filo del paradosso, se, e
in che misura, esse possano essere ormai considerate alla stregua una
vera e propria ‘fonte’ di storia romana); ed è comunque un dato di
fatto che molta parte della narrativa del Novecento è anche, spesso,
ottima storiografia del Novecento. Se ciò vale in generale, ci sembra
valere particolarmente per la storia ebraica, almeno per chi voglia
appunto intenderla, ‘biblicamente’, come storia di toledòt, di uomini
veri: cosa sapremmo mai di essa senza i fratelli Singer, Fred Uhlman,
Leon Uris, Amos Oz, Abraham B. Yehoshua, Vasilj Grossman?
Un libro da leggere, dunque, e su cui riflettere.
Francesco Lucrezi, storico
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rassegna
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Scongelati i fondi
destinati all'Anp
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Leggi la
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Cento
milioni di dollari. E’ la somma che il governo israeliano ha deciso di
scongelare e che verrà versata nelle casse dell’Autorità Nazionale
Palestinese. La decisione di bloccare i fondi, provenienti dalla
raccolta dei dazi doganali di ottobre e novembre e destinati all’Anp,
era stata presa da Israele in seguito alla richiesta di riconoscimento
da parte dell’autorità palestinese all’Onu e all’Unesco.
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A
32 anni da quando i seguaci di Khomeini occuparono l’ambasciata
americana sequestrando tutti i diplomatici per 44 giorni, a Teheran
un’altra ambasciata è stata assalita. Oggi, tuttavia, gli inglesi sono
stati quasi subito liberati, addirittura con “parole di scuse” espresse
dal ministro degli esteri iraniano al suo omologo inglese, e ulteriori
“parole di rammarico” espresse a commento di quanto accaduto.
Emanuel Segre Amar
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