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1 dicembre
2011 - 5 Kislev 5772 |
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Elia
Richetti,
presidente dell'Assemblea rabbinica italiana |
Nelle scorse ore sono stato confermato presidente
dell'Assemblea Rabbinica Italiana. Vorrei esprimere gratitudine ai
colleghi che mi hanno voluto nuovamente alla guida sottolineando come
questa rinnovata responsabilità costituisca per me un impegno a
proseguire sulla strada già intrapresa con l'intenzione, ove possibile,
di migliorare ancora la nostra attività.

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Sergio
Della Pergola,
Università Ebraica
di Gerusalemme
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In
questi tempi tormentati quasi su tutti i fronti, si sentono sempre più
spesso voci euforiche e trionfaliste che con assoluta certezza
deliberano che "le illusioni di Oslo vanno lasciate cadere, non esiste,
fuori dal mondo dei puri desideri, la possibilità di una pace nel breve
ma anche nel medio periodo". "La pace non è oggi nell'ordine delle
possibilità reali, è una parola che ha solo referenza propagandistica".
Supponendo anche che questo sia vero, non è né astuto né redditizio
dirlo da parte ebraica o israeliana. Dettate dall'Italia, poi, queste
massime, unite a panegirici circa le doti insuperabili del governo di
Gerusalemme, sembrano bollicine di champagne aleggianti nel cielo
celeste. In Israele esiste pur sempre un'opposizione civile, leale,
affettivamente legata al proprio paese, che non rinuncia a pensare con
la propria testa, e a volte – o spesso – scorge gravi carenze nella
conduzione della cosa pubblica e fa proposte costruttive per migliorare
la situazione. I giudizi trancianti che individuano nell'impasse
attuale il migliore dei mondi possibili hanno – ne siamo ben
consapevoli – lo scopo primario di opporsi a chi d'altra parte cerca
con tutti i mezzi di delegittimare l'esistenza dello Stato d'Israele e
(en passant) della civiltà ebraica. L'intenzione è forse buona, ma il
risultato è decisamente controproducente. Israele e gli ebrei hanno
urgente necessità di fare meno retorica e più politica. La politica non
si fa con le dichiarazioni auto-elogiative; si fa lavorando
quotidianamente e anche sotterraneamente alla ricerca permanente di
interessi condivisi, scambiando costantemente piccoli benefici con
piccole rinunce. Infine, contano forse non solo, ma anche, i fatti. Un
sondaggio svolto in ottobre in Egitto, Marocco, Giordania, Libano e
Emirati del Golfo rivela un sostegno del 67,5% a favore di un accordo
di pace con Israele (nei confini del 1967) – non poco, anche se in calo
del 6,5% rispetto al 2009. La pace è sì moribonda, ma forse non è
ancora deceduta.
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Ciclismo - Contador, parte da Israele l'assalto al 2012
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È
il Cannibale del ventunesimo secolo, l'erede più accreditato del mitico
Eddy Merckx. Alberto “El Babosa” Contador, il più forte, completo e
discusso ciclista in attività, ha scelto un luogo lontano dalle mete
abituali della grande famiglia sui pedali per tirare il fiato e
progettare l'assalto alla stagione agonistica 2012: Israele. Il
fenomeno madrileno, assieme ad alcuni compagni di formazione e al team
manager di Saxo Bank Bjarne Riis, è atterrato da poche ore in
Galilea per il primo raduno dello squadrone battente bandiera danese.
“Sono felicissimo di essere in Israele, una terra che mi incuriosisce
molto” ha detto Contador in occasione della conferenza stampa di
presentazione nel corso della quale, incalzato a più riprese dai
giornalisti, si è brevemente soffermato a
parlare degli obiettivi per l'anno alle porte: in primis il Tour de
France, competizione che ha già vinto tre volte, ma anche la prova a
cronometro dei Giochi Olimpici di Londra e (se le gambe reggeranno) la
Vuelta. Il
tutto naturalmente vincolato alla sentenza sul “caso clenbuterolo” che
lo vede indagato per doping e che arriverà non prima di metà gennaio.
Nel corso dello stage Saxo Bank e Contador saranno impegnati in varie
iniziative per avvicinare l'opinione pubblica e la cittadinanza
israeliana al ciclismo, sport non molto praticato e che certo riscuote nel paese
meno entusiasmi degli amatissimi calcio e basket. Attività specifiche
saranno rivolte ai giovani e si concentreranno, col
supporto tra gli altri del Centro Peres per la Pace, sulla disciplina
come veicolo per superare le barriere ideologiche, culturali e di
religione. A partire dal weekend, quando atleti della Saxo Bank saranno protagonisti di una sgambata per promuovere
l'apertura di una scuola di ciclismo ad Acco. Ma l'attesa più grande è
per martedì: in quella data re Alberto di Spagna, accompagnato dai suoi
scudieri, sfilerà in bicicletta per le strade della Città Vecchia di
Gerusalemme. Storia, poesia e sudore: lo spettacolo è garantito.
Adam Smulevich
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Fanny e i suoi 1500 gatti di Bat Yam da
sfamare
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Sveglia
alle quattro del mattino, un sacco di cibo in spalla e tanta buona
volontà. Le bocche da sfamare sono tante, un’infinità, e la
cinquantanovenne Fanny Zadok, la regina delle gattare di Israele, non
vuole lasciare indietro nessuno. Sono circa 1500 i gatti che nutre e
accudisce ogni mese nella sua città, Bat Yam. Un numero sconvolgente.
Si alza all’alba per evitare le lamentele, le urla di chi non apprezza
il suo volontariato, e percorre le strade della città per cibare questo
esercito di randagi. Sarà pur vero quanto diceva Konrad Lorenz – il
gatto è una creatura indipendente, che non si considera prigioniera
dell'uomo e stabilisce con lui un rapporto alla pari – ma senza Fanny
centinaia di gatti morirebbero di stenti e fame. “È la mia vita per la
loro – spiegava la Zadok in un’intervista al giornale Haaretz – è un
impegno che mi occupa 18 ore al giorno, se mi fermo i gatti muoiono”.
Così come accade in molte città israeliane: perché la questione dei
randagi ha assunto in questi anni in Israele una proporzione tale da
diventare un problema sociale. Basti pensare che in una Paese di sette
milioni e mezzo di abitanti, la popolazione felina raggiunge le due
milioni di unità. Certo non tutti sono randagi ma la maggior parte sì e
si aggirano senza padrone né casa per le strade di Tel Aviv, Haifa o
Gerusalemme. Tanto che, per la gioia di abitanti e amministrazione, è
impossibile non vederli rovistare nella spazzatura o aggirarsi famelici
nel retro di bar e ristoranti.
E se qualcuno pensa ad un’esagerazione, controlli il sito del ministero
per l’Ambiente israeliano che definisce il sovrappopolamento dei
randagi come uno dei più gravi problemi del Paese. Tre i fattori che
hanno contribuito al “disastro felino”: cattive condizioni sanitarie,
con facile reperibilità di rifiuti e avanzi di cibo; proprietari
irresponsabili che abbandonano i propri gatti e i loro cuccioli in
strada per andare in vacanza o perché non riescono più a tenerli. E
infine dito puntato anche nei confronti dei gattari inesperti, che
distribuiscono cibo senza badare a quantità e numero di gatti nella
zona, sconvolgendo spesso gli equilibri. Fermare l’onda felina appare
complicato. Sarebbe infatti necessaria una sterilizzazione su larga
scala: secondo alcuni studi se non si provvede a sterilizzare il 70%
dei gatti per ciascuna zona, l’impatto della misura è pressoché nullo.
Questa operazione ha però un costo, 150 shekel (30 Euro) a gatto. A Tel
Aviv, per esempio, secondo la dottoranda in zoologia Hilit Finkler
sarebbe necessario per il prossimo anno sterilizzare almeno 15mila
gatti per un costo totale di 450mila euro.
Da anni amministrazioni locali assieme associazioni no-profit e
veterinarie cercano di cooperare per risolvere il problema. Sono
addirittura arrivate due sentenze dell’Alta Corte di Giustizia
israeliana che sancivano i diritti dei gatti randagi, proibendo fra
l’altro ai veterinari l’eutanasia su vasta scala.
Intanto associazioni come la Società israeliana degli amanti dei gatti
(fondata nel 1966) e privati cittadini hanno provveduto a proprie spese
ad avviare un programma di cura e sterilizzazione dei randagi. E c’è
chi, per amore dei gatti, ha addirittura messo in pericolo matrimonio,
unità famigliare e patrimonio. Fanny Zadok è arrivata a farsi concedere
dalla banca un prestito di ventimila euro. “Ha bisogno di un aiuto
psichiatrico – commentava amaro sulle pagine di Haaretz il marito della
Zadok – aiuta solo i più bisognosi, persino a spese dei propri figli”.
Un desiderio patologico di dare affetto che si riversa sui gatti.
Figlia di sopravvissuti alla Shoah, Fanny ha recentemente affermato che
“probabilmente c’è una connessione in tutto questo. Io non posso capire
cosa passarono i miei genitori. A casa mia non si respirava esattamente
la gioia di vivere. In ogni caso non credo che loro sarebbero fieri di
me, di sicuro non capirebbero”. Non capirebbero perché si alza ogni
mattina alle quattro, perché percorre in lungo e in largo la città con
un sacco di cibo in mano, perché dedica la sua vita a salvare dei gatti
mentre quasi abbandona la sua famiglia. “Nella zona industriale di Bat
Yam, un gatto non può sopravvivere – spiegava la regina gattara alla
giornalista Rona Segal – Non riesco a vederli morire di fame. Quando ho
iniziato erano affetti da scabbia, avevano virus nei polmoni. Ora sono
tutti in cura da me. Se mi fa domande sul perché lo faccio,
apparentemente non ascolta il suo cuore. Pensa razionalmente. Io uso
solo il cuore”. Difficile fermare questa vocazione da salvatrice, come
ammette lo stesso marito, che dopo quarant’anni, nonostante tutto, è
ancora al suo fianco.
Altro discorso è quello dei gatti; delle migliaia di randagi che
imperversano nelle città israeliane, spesso malati, oggetto della
stupida violenza umana e comunque pronti a moltiplicarsi. Il loro
numero impressionante altera l’ecosistema. Fermarli è necessario. Il
come resta ancora da definire.
Daniel Reichel (Pagine Ebraiche, dicembre 2011)
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Grandi cambiamenti |
Il ministro
degli esteri russo ha detto che bisogna smettere di usare con la Siria
il linguaggio degli ultimatum. In effetti vista la quantità di
ultimatum utilizzati con Damasco, è assolutamente giunta l’ora di
chiamarli penultimatum.
Il
Tizio della Sera
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Le feste religiose
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Tra
novembre e dicembre le tre religioni monoteistiche per definizione
(ebraismo, cristianesimo e islamismo) condivideranno temporalmente
diversi e importanti momenti religiosi. Il nuovo anno 1433 per gli
islamici e il Muharram, la festa di Chanukkah per gli ebrei e il
Natale per il mondo cristiano (con quello ortodosso a seguire).
Probabilmente una ricerca più approfondita porterebbe alla luce altri
appuntamenti ma, come spesso accade pur essendo diversi i calendari in
uso nelle tre religioni menzionate, dicembre è un mese alquanto
"interreligioso". Da laico lancio anche quest'anno un appello al mondo
dell'informazione e dell'intrattenimento affinché - come accade
negli Usa - ci si ricordi delle varie festività religiose di tutti.
Auguri quindi per tutti, la diversità è una ricchezza
Gadi Polacco, consigliere della Comunità ebraica di Livorno (l'Unità - 1 dicembre 2011)
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La bontà delle intenzioni
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Il
passo di rav
Roberto Della Rocca fa riflettere, ma sembra insistere troppo su un
aspetto ideale della vita, che invece è più complessa di quello che
forse sarebbe desiderabile.
E' vero, le "relazioni forti" consentono atteggiamenti sinceri, ma la
bontà delle intenzioni deve essere sempre il centro delle azioni,
se per intenzione buona si intende la coerenza a lungo termine con gli
insegnamenti della Torah: mettersi sempre nei panni del prossimo e
limitare le sofferenze più che si può. Rebecca fu un essere umano
con le sue debolezze e Isacco fu attratto da lei per la sua bellezza e
non per la loro compatibilità psicologica. Rebecca credette che
favorire il figlio prediletto corrispondesse al volere di Dio e non si
sbagliò di molto. Se si è in buona fede, è l'intuizione che detta il male minore. Nelle
Massime dei Padri, è scritto che avere "un cuore buono" è il pregio
maggiore. Ne parla anche Heschel nel “Dio ha bisogno dell'Uomo”. La kavanah è
sempre il giudice più adatto a scegliere il male minore. La tragedia della Shoah ha raccontato di migliaia di inganni che hanno
salvato migliaia di sofferenze e di tragedie.
Roberto Paggi
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Iran - Barak: "Israele, niente panico"
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No
alla guerra con l’Iran, almeno per il momento. In un’intervista
radiofonica il ministro della difesa israeliano Ehud Barak ha escluso
che Israele stia pensando all’opzione militare nei confronti di
Teheran. “Ogni iniziativa che possa evitare azioni militari è positiva
e le risposte britannica ed europea agli eventi in Iran sono state
corrette” ha spiegato Barak, riferendosi agli attacchi degli scorsi
giorni all'Ambasciata britannica. “Israele - ha concluso il ministro - non è in ogni caso vittima dell panico e agirà con calma di fronte a questa complicata situazione".
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